Chão nosso
Labutado
Pão-a-pão
No teu ventre semeado.
Dia-em-dia
Te daremos
A vontade
Do nosso corpo ainda acorrentado.
Contigo
Nos libertaremos
Das ofensas que não perdoamos.
Chão nosso
Desvendado
Sol-a-sol
Pelo fogo do arado.
Pela mão
Oprimida
Da razão
Luta de morte e de vida.
Chão nosso
Da nossa batalha
Glória, glória
A quem o trabalha.
Chão nosso
Da nossa batalha
Glória, glória
A quem o trabalha.
Chão nosso fecundado
De amor e suor
A manhã sem perigo
Clamor dos servos cravos
Camponeses sem terra.
E de ti chão nosso
Se levantará liberto
Nas mãos obreiras
Nosso pão de cada dia.
Chão nosso fecundado
De amor e suor
A manhã sem perigo
Clamor dos servos cravos
Camponeses sem terra.
E de ti chão nosso
Se levantará liberto
Nas mãos obreiras
Nosso pão de cada dia...
Labutado
Pão-a-pão
No teu ventre semeado.
Dia-em-dia
Te daremos
A vontade
Do nosso corpo ainda acorrentado.
Contigo
Nos libertaremos
Das ofensas que não perdoamos.
Chão nosso
Desvendado
Sol-a-sol
Pelo fogo do arado.
Pela mão
Oprimida
Da razão
Luta de morte e de vida.
Chão nosso
Da nossa batalha
Glória, glória
A quem o trabalha.
Chão nosso
Da nossa batalha
Glória, glória
A quem o trabalha.
Chão nosso fecundado
De amor e suor
A manhã sem perigo
Clamor dos servos cravos
Camponeses sem terra.
E de ti chão nosso
Se levantará liberto
Nas mãos obreiras
Nosso pão de cada dia.
Chão nosso fecundado
De amor e suor
A manhã sem perigo
Clamor dos servos cravos
Camponeses sem terra.
E de ti chão nosso
Se levantará liberto
Nas mãos obreiras
Nosso pão de cada dia...
Contributed by Bernart Bartleby - 2020/2/17 - 20:07
Language: Italian
Traduzione italiana / Tradução italiana / Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 18-02-2020 19:45
Riccardo Venturi, 18-02-2020 19:45
Terra nostra
Terra nostra
dissodata
di pane in pane
nel tuo ventre seminato.
Di giorno in giorno
ti daremo
la volontà
del nostro corpo ancora incatenato.
Con te
ci libereremo
dalle offese che non perdoniamo.
Terra nostra
disvelata
di sole in sole
dal fuoco dell'aratro.
Dalla mano
oppressa
dalla ragione
lotta di morte e di vita
Terra nostra
della nostra battaglia
gloria, gloria
a chi la lavora.
Terra nostra
della nostra battaglia
gloria, gloria
a chi la lavora.
Terra nostra fecondata
dall'amore e dal sudore
la mattina senza pericolo
grida dei servi garofani
contadini senza terra.
E da te, terra nostra,
si alzerà liberato
nelle mani operaie
il nostro pane quotidiano.
Terra nostra fecondata
dall'amore e dal sudore
la mattina senza pericolo
grida dei servi garofani
contadini senza terra.
E da te, terra nostra,
si alzerà liberato
nelle mani operaie
il nostro pane quotidiano...
Terra nostra
dissodata
di pane in pane
nel tuo ventre seminato.
Di giorno in giorno
ti daremo
la volontà
del nostro corpo ancora incatenato.
Con te
ci libereremo
dalle offese che non perdoniamo.
Terra nostra
disvelata
di sole in sole
dal fuoco dell'aratro.
Dalla mano
oppressa
dalla ragione
lotta di morte e di vita
Terra nostra
della nostra battaglia
gloria, gloria
a chi la lavora.
Terra nostra
della nostra battaglia
gloria, gloria
a chi la lavora.
Terra nostra fecondata
dall'amore e dal sudore
la mattina senza pericolo
grida dei servi garofani
contadini senza terra.
E da te, terra nostra,
si alzerà liberato
nelle mani operaie
il nostro pane quotidiano.
Terra nostra fecondata
dall'amore e dal sudore
la mattina senza pericolo
grida dei servi garofani
contadini senza terra.
E da te, terra nostra,
si alzerà liberato
nelle mani operaie
il nostro pane quotidiano...
L’opera più conosciuta ed apprezzata di questa band portoghese è sicuramente la terza della sua discografia e cioè “Baile no bosque”, pubblicata nel 1981; sarebbe comunque un grave errore sottovalutare, o addirittura ignorare, i due album che la precedono, impreziositi da slanci sinfonici più timidi e contenuti, ma dotati comunque di un proprio fascino. Non stupitevi della datazione di questo esordio: se il 1977 è considerato da molti come il momento in cui cala il sipario sul palcoscenico mondiale del Progressive Rock, in Portogallo, dove la dittatura politica si era dissolta completamente solo nel 1974, tutto il grande formicaio di artisti che fino ad allora era rimasto nascosto, pian piano è uscito allo scoperto, donandoci opere che sul piano estetico non sembrano collocarsi al termine di nessun movimento artistico, né per entusiasmo né tantomeno per la scelta dei suoni e dei modelli di riferimento.
“Chão nosso”, la nostra terra, scava nelle radici della musica lusitana, come sembra indicare la copertina bruna in cui si vedono affondare le radici di un tronco robusto, e suona come un disco del suo tempo in un Portogallo che sembra quasi voler recuperare tutto il tempo perso con esplosioni musicali che traboccano di gioia ed entusiasmo per una ritrovata libertà. La tradizione popolare è proprio il perno su cui viene costruita la musica che, forse anche per la profondità di questa impronta, sfugge, come poco più sopra accennato, alle mode che allora imperversavano in altri paesi europei, non anticipando affatto o poco degli anni Ottanta, praticamente alle porte. Se questo album guarda in una particolare direzione, esso volge lo sguardo indietro, e in quest’ottica non sembrerà forse neanche tanto fuori luogo la deliziosa parafrasi di “Firth of Fifth” che apre in maniera trionfante e senza falsi pudori “Alto e bom som”, il primo pezzo del disco. Si tratta comunque di uno dei pochi guizzi sinfonici che illuminano l’album che, a partire già dal prosieguo di questo stesso pezzo, sceglie subito altri linguaggi, incentrati sugli strumenti acustici ma soprattutto sulle belle polifonie vocali. La voce solista, incisiva e calibrata, come quella di un perfetto fadista, è quella di Luís Represas che suona anche il bandolim e la viola. Al suo si intrecciano i canti degli altri tre musicisti di età compresa tra i 19 e i 22 anni: João Gil (viola, bandolim e percussioni), João Nuno Represas (percussioni e flauto) e Manuel Faria (piano e synth).
Altrettanto importanti nell’ottica di queste canzoni sono i testi di stampo politico del poeta Francisco Viana che, nel 1966, aveva pubblicato il libro di poesie, intitolato proprio “Chão nosso”, dal quale sono state tratte le liriche di questo album. Iscritto al Partito Comunista Portoghese (PCP) in un’epoca in cui ciò poteva essere fatto solo clandestinamente e imprigionato dalla PIDE, la polizia politica di regime, la sua casa rappresentò un vero e proprio rifugio per i funzionari politici. Non deve essere un caso che la copia del disco in mio possesso riporti una dedica scritta a penna proprio durante la “Festa da Alegria” del PCP, il quale tra l’altro ha offerto ai Trovante, tramite le feste di partito, lo spazio per molte importanti occasioni, come l’ultima reunion del gruppo avvenuta nel 2011.
Se queste canzoni possono spesso somigliare ad inni, non hanno comunque l’aspetto di marce patriottiche o di protesta ma conservano un delizioso aspetto cantautoriale, con parti corali eleganti e piene di sentimento e linee melodiche liriche e delicate. Le contaminazioni folk le riempiono di carattere e di particolari colorati mentre gli aliti sinfonici, seppure leggeri, come abbiamo detto, conferiscono loro un aspetto aggraziato. La seconda traccia del lato A, colmato da un totale di sei brevi canzoni, è la title track. L’incipit, a cappella, è solenne ed energico e prelude a ritmici tamburi di marcia che esplodono sul finale e accompagnano il canto che si è fatto più vivace. “Hoje” è una brevissima ballata accompagnata da bandolim, flauto e piano, un acquerello impalpabile che anticipa questa volta una festosa ed allegra “Igual ao mesmo”, in cui torna il tamburo a disegnare un ritmo che sembra di danza agreste, arricchito nuovamente dal flauto e dal bandolim. In “Engrenagem” le atmosfere si fanno più soft e serpeggianti e sembrano quasi trasportarci oltreoceano, in Sudamerica. La scanzonata “Mais e mais agora” chiude in maniera festosa la prima metà del vinile che nel lato B dà comunque il meglio di sé. “À flor da vida”, la traccia di apertura, dedicata alla memoria del compagno José Dias Coelho”, assassinato dalla PIDE [si veda anche A morte saiu à rua di José Afonso, ndr], è forse la più bella dell’intero album. Si fanno sentire nuovamente le atmosfere sinfoniche che riempiono a ondate un pezzo abbellito da ricami gentili di Moog e piano, deliziose polifonie vocali e squisiti riferimenti a Genesis e PFM. Di buon livello e molto evocativa, con il suo incipit recitato su una vibrante trama di piano, è anche la centrale “Amanhecendo”, dominata da toni cantautoriali e screziature sinfoniche molto eleganti. Con “Muralha de ombros” tornano infine i ritmi di festa a chiudere un album impegnativo per i suoi contenuti ma dallo spirito leggero, ottimistico e gioioso.
L’anno successivo l’album “Em nome da vida” si sbilancia verso sonorità più intimistiche, fragili ed acustiche. “Baile no bosque”, uscito in piena epoca d’oro del rock portoghese, è, come accennato all’inizio, l’opera meglio riuscita dei Trovante, riuscendo a mescolare in maniera equilibrata aromi folk, elementi sinfonici solari e più sporadiche cadenze jazz. L’album fu anche un successo commerciale in patria. La vita del gruppo continua con la pubblicazione di altri dischi fino al 1990 ma l’alchimia si va ormai diluendo ed i fasti degli esordi non saranno più raggiunti. Di questo album esiste anche una ristampa editata nel 2002 dalla Strauss ma purtroppo si tratta di qualcosa che si può reperire con difficoltà, meglio forse puntare al vinile, non costosissimo in verità, che potrà regalarvi ampie soddisfazioni. (Jessica Attene su Arlequins)
“Chão nosso”, la nostra terra, scava nelle radici della musica lusitana, come sembra indicare la copertina bruna in cui si vedono affondare le radici di un tronco robusto, e suona come un disco del suo tempo in un Portogallo che sembra quasi voler recuperare tutto il tempo perso con esplosioni musicali che traboccano di gioia ed entusiasmo per una ritrovata libertà. La tradizione popolare è proprio il perno su cui viene costruita la musica che, forse anche per la profondità di questa impronta, sfugge, come poco più sopra accennato, alle mode che allora imperversavano in altri paesi europei, non anticipando affatto o poco degli anni Ottanta, praticamente alle porte. Se questo album guarda in una particolare direzione, esso volge lo sguardo indietro, e in quest’ottica non sembrerà forse neanche tanto fuori luogo la deliziosa parafrasi di “Firth of Fifth” che apre in maniera trionfante e senza falsi pudori “Alto e bom som”, il primo pezzo del disco. Si tratta comunque di uno dei pochi guizzi sinfonici che illuminano l’album che, a partire già dal prosieguo di questo stesso pezzo, sceglie subito altri linguaggi, incentrati sugli strumenti acustici ma soprattutto sulle belle polifonie vocali. La voce solista, incisiva e calibrata, come quella di un perfetto fadista, è quella di Luís Represas che suona anche il bandolim e la viola. Al suo si intrecciano i canti degli altri tre musicisti di età compresa tra i 19 e i 22 anni: João Gil (viola, bandolim e percussioni), João Nuno Represas (percussioni e flauto) e Manuel Faria (piano e synth).
Altrettanto importanti nell’ottica di queste canzoni sono i testi di stampo politico del poeta Francisco Viana che, nel 1966, aveva pubblicato il libro di poesie, intitolato proprio “Chão nosso”, dal quale sono state tratte le liriche di questo album. Iscritto al Partito Comunista Portoghese (PCP) in un’epoca in cui ciò poteva essere fatto solo clandestinamente e imprigionato dalla PIDE, la polizia politica di regime, la sua casa rappresentò un vero e proprio rifugio per i funzionari politici. Non deve essere un caso che la copia del disco in mio possesso riporti una dedica scritta a penna proprio durante la “Festa da Alegria” del PCP, il quale tra l’altro ha offerto ai Trovante, tramite le feste di partito, lo spazio per molte importanti occasioni, come l’ultima reunion del gruppo avvenuta nel 2011.
Se queste canzoni possono spesso somigliare ad inni, non hanno comunque l’aspetto di marce patriottiche o di protesta ma conservano un delizioso aspetto cantautoriale, con parti corali eleganti e piene di sentimento e linee melodiche liriche e delicate. Le contaminazioni folk le riempiono di carattere e di particolari colorati mentre gli aliti sinfonici, seppure leggeri, come abbiamo detto, conferiscono loro un aspetto aggraziato. La seconda traccia del lato A, colmato da un totale di sei brevi canzoni, è la title track. L’incipit, a cappella, è solenne ed energico e prelude a ritmici tamburi di marcia che esplodono sul finale e accompagnano il canto che si è fatto più vivace. “Hoje” è una brevissima ballata accompagnata da bandolim, flauto e piano, un acquerello impalpabile che anticipa questa volta una festosa ed allegra “Igual ao mesmo”, in cui torna il tamburo a disegnare un ritmo che sembra di danza agreste, arricchito nuovamente dal flauto e dal bandolim. In “Engrenagem” le atmosfere si fanno più soft e serpeggianti e sembrano quasi trasportarci oltreoceano, in Sudamerica. La scanzonata “Mais e mais agora” chiude in maniera festosa la prima metà del vinile che nel lato B dà comunque il meglio di sé. “À flor da vida”, la traccia di apertura, dedicata alla memoria del compagno José Dias Coelho”, assassinato dalla PIDE [si veda anche A morte saiu à rua di José Afonso, ndr], è forse la più bella dell’intero album. Si fanno sentire nuovamente le atmosfere sinfoniche che riempiono a ondate un pezzo abbellito da ricami gentili di Moog e piano, deliziose polifonie vocali e squisiti riferimenti a Genesis e PFM. Di buon livello e molto evocativa, con il suo incipit recitato su una vibrante trama di piano, è anche la centrale “Amanhecendo”, dominata da toni cantautoriali e screziature sinfoniche molto eleganti. Con “Muralha de ombros” tornano infine i ritmi di festa a chiudere un album impegnativo per i suoi contenuti ma dallo spirito leggero, ottimistico e gioioso.
L’anno successivo l’album “Em nome da vida” si sbilancia verso sonorità più intimistiche, fragili ed acustiche. “Baile no bosque”, uscito in piena epoca d’oro del rock portoghese, è, come accennato all’inizio, l’opera meglio riuscita dei Trovante, riuscendo a mescolare in maniera equilibrata aromi folk, elementi sinfonici solari e più sporadiche cadenze jazz. L’album fu anche un successo commerciale in patria. La vita del gruppo continua con la pubblicazione di altri dischi fino al 1990 ma l’alchimia si va ormai diluendo ed i fasti degli esordi non saranno più raggiunti. Di questo album esiste anche una ristampa editata nel 2002 dalla Strauss ma purtroppo si tratta di qualcosa che si può reperire con difficoltà, meglio forse puntare al vinile, non costosissimo in verità, che potrà regalarvi ampie soddisfazioni. (Jessica Attene su Arlequins)
B.B. - 2020/2/17 - 20:38
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Versi del poeta Francisco Viana, la poesia che intitola la sua raccolta del 1966
Musica del gruppo Trovante
In "Chão nosso" (1977), album d'esordio di questa band portoghese, attiva tra il 1976 e i primi anni 90.