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Le luneux

Malicorne
Langue: français


Malicorne

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[1973]
Canzone popolare francese / A French traditional folksong / Chanson traditionnelle française / Ranskalainen kansanlaulu
Canto / Singing / Chant / Laulaa: Marie Yacoub
Album / Albumi: Almanach

Illustrazione dall'album originale.
Illustrazione dall'album originale.


A parte il recente escamotage dell'islandese, era un bel po' di tempo che non tornavo agli amatissimi Malicorne. Ci torno rivolgendomi ancora all'Almanach del 1973, con una canzone popolare probabilmente originaria dei dintorni di Angoulême, quindi della Charente. Vi si parla di un mendicante cieco; ed è, ovviamente, una canzone tristissima. I Malicorne, va detto, avevano una tendenza piuttosto spiccata per le storie tristi; ma, del resto, riprendendo e reinterpretando à leur façon tutto un patrimonio di canzoni e ballate popolari tra il medioevo e, in grandi linee, l'età barocca, è difficile aspettarsi grandi gioie e allegrie in una società rurale dove le condizioni di vita non erano certo ispiratrici di felicità. Oltre a ciò, la canzone popolare tradizionale, in ogni paese, predilige comunque le storie tristi, i fattacci di cronaca, gli amori finiti male, e la miseria. Miseria nera e senza remissione. E così, perlomeno fin quando i Malicorne si indirizzarono a quel repertorio, fu tutto un profluvio di tristi nozze, di studenti assassini, di locande sanguinose, di fidanzate ammazzate alla vigilia delle nozze, di disertori fucilati, di innamorati impiccati e via discorrendo. Sono questi gli argomenti usuali delle ballate popolari autentiche, e le eccezioni non sono moltissime. La malattia, l'infermità e la mendicità (il cieco, il lebbroso, lo storpio) vi hanno ovviamente la loro bella parte; così per Le luneux che vado a proporre alla vostra gentile attenzione.

Devo fare, a questo punto, un inciso. Quando reperisco una canzone su YouTube, vado sempre a vedere i “commenti degli utenti”, specialmente se la canzone in questione risale a qualche tempo fa. E' sempre interessante, e anche istruttivo, leggere i commenti, ovvero le percezioni, che una data cosa provoca nella cosiddetta “era digitale”. Nella fattispecie, di fronte ai Malicorne che, quarantasei anni fa, interpretano a modo loro (ed inserita in tutto il loro discorso musicale e culturale, figlio degli anni '70) una canzone del genere, molti commenti indicano una percezione che, invece, è figlia di questo tempo. E' un tempo, questo, in cui la carogneria generalizzata, la vuotezza pneumatica dei cervelli, l'odio per ogni cosa che sia “diversa”, la riduzione a macchinette da social e quant'altro, provocano come contrappasso tutta una serie di ciance a base di “magia”, “poesia”, “visioni interiori”, “meditazioni” e chi più ne ha, più ne metta. Così, nei commenti presenti nel video utilizzato per questa canzone, non manca veramente nulla al riguardo: si va dalle immancabili “magiche atmosfere” alla “vera poesia da non dimenticare”, dall' “ode alla magia della visione interiore” alle “fragranze evocate” (fragranze de che? Di formaggio, verrebbe da dire, visto che nel testo viene nominato...) all' “ode alla meditazione e alla libertà del viaggiare”.

Ai nostri commentatori contemporanei sfugge però una cosa fondamentale: questa è una canzone che parla di un disgraziato. O meglio, è un disgraziato che parla, un disgraziato nero. Certo, la bellezza rarefatta dell'arrangiamento e la voce di Marie Yacoub sono, come dire, un po' fuorvianti. Le luneux è la canzone di uno dei tanti relitti umani che hanno attraversato le epoche arrivando, naturalmente, alla nostra. E' certamente una canzone tristissima; ma, a differenza di altre, possiede un'ironia graffiante, distruttiva. Sembra un rovesciamento totale: di fronte all'indifferenza travestita da “carità”, ché tanto t'importa un fico (tu t'en moques...), il mendicante cieco della canzone mette di fronte a tutti i presupposti “vantaggi” della sua condizione: è lui che compiange tutti quanti, quelli che ci vedono. Se ne va di paese in paese col cane che lo guida e un bastone; qualcuno gli butta qualcosa da mangiare (un pezzo di pane o di formaggio, qualche volta di lardo...); non ha bisogno di niente, né di vestiti, né di carta e né -naturalmente- di occhiali... Insomma, come dire, una vita piacevole e meravigliosa -e, aggiungeremmo noialtri, senza essere costretto a sgobbare e vivendo della famosa “carità”. Che c'è di meglio? Il protagonista si augura persino che, putacaso gli venisse di fare un figliolo, la Madonna gli facesse scoppiare gli occhi trasformandolo in un vecchio cieco...

E' la sua risposta alla sua disgrazia e a chi gli fa la “carità” fregandosene altamente. Pare dire: non mi compiangete tanto, ché in fondo non siete meno disgraziati di me. Qui siamo tutti quanti dei disgraziati, solo che a me è toccata la sventura di essere cieco e me ne approfitto per quel che posso. Si tratta, quindi, di una canzone di disperazione generalizzata, e di una canzone terribile nella sua ironia devastante. Se proprio si ha voglia di “meditazione”, come gli utenti di YouTube, occorrerebbe secondo me meditare su questo, viste le reazioni che abbiamo ai giorni nostri verso chi è infermo, sventurato, disabile, povero in canna e affamato. In mezzo a tutta questa “poesia”, bisognerebbe ripensare -che so io- a quelli che calpestano i panini destinati ai Rom. Il cieco della canzone lo sa benissimo in che condizione vive; non gli resta che uno sberleffo, e di quegli sberleffi che arrivano. Ci potrebbe essere, infine, un'interpretazione parallela e altrettanto terribile: che la canzone non sia “scritta” dal cieco, nonostante la prima persona, ma dagli “altri”. Gli “altri”, i “normali” che, in una vita di stenti, di fame e di sgobbo, arrivano a invidiare il cieco che, perlomeno, ha un buon pretesto per non dover faticare. E' una considerazione di cui tenere conto.

Un'ultima osservazione sul termine luneux. Non lo si vada a cercare nei comuni dizionari francesi, non lo si troverebbe. “Ad sensum” si interpreta come sinonimo di “cieco”; ma la cosa deve essere un po' spiegata per cogliere meglio cosa esattamente voglia dire. Derivato evidente di lune, ha una connotazione decisamente mistica: il senso profondo sembra rimandare piuttosto a “indovino”. Fin dalla più remota antichità, l'associazione tra i ciechi e la divinazione è comunissima: si pensi a Tiresia, l'indovino omerico che è, appunto, cieco (e cieco è, tradizionalmente, anche Omero). Il cieco ha “la luna dentro”: qualcosa che rischiara e che gli fa avere un sesto senso, la chiaroveggenza. Ai ciechi, girovaghi o meno, nelle campagne si chiedeva non di rado una preveggenza: sui raccolti, su una malattia, su un matrimonio. Era un modo, pure quello, per guadagnarsi una moneta, una gallina, un pezzo di pane o una zuppa calda. O un sacco di legnate se la preveggenza era infausta, o non andava a buon fine. [RV]

Je suis aveugle, on me plaint
Et moi je plains tout le monde,
Mes deux yeux ne sont plus pleins
Car ils ont perdu leur bombe.
Dans un malheur comme le mien
Tu t'en, tu t'en, tu t'en moques
La chandelle ne vaut rien.

Je me lève dès le matin,
Je m'en vais d'village en village,
L'un me donne un bout de pain,
L'autre un morceau de fromage.
Et quelques fois, par hasard,
Tu t'en, tu t'en, tu t'en moques
Un petit morceau de lard.

Je me moque du mercier
Et de toutes ses cassettes,
Je n'use point de papier,
Encore moins de lunettes.
J'ai pour peigne mes dix doigts,
Tu t'en, tu t'en, tu t'en moques
Mes deux manches pour mouchoir.

J'ai mon chien et mon bâton,
Mes deux compagnons fidèles,
L'un me mène à tâton,
L'autre au bout d'une ficelle.
N'aimeriez-vous pas bien mieux
Tu t'en, tu t'en, tu t'en moques
Ces deux guides que deux yeux.

Si jamais me venait un fils
Dans cette agréable vie,
Je prierais bien le Bon Dieu,
Aussi la Vierge Marie
Qu'ils lui crèvent les deux yeux
Tu t'en, tu t'en, tu t'en moques
Pour en faire un vieux luneux.

envoyé par Riccardo Venturi - 29/10/2019 - 15:13




Langue: italien

Traduzione italiana / Traduction italienne / Italian translation / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 29-10-2019 15:21

Marie Sauvet, o Marie Yacoub, o Marie de Malicorne
Marie Sauvet, o Marie Yacoub, o Marie de Malicorne
IL CIECO

Sono cieco, mi si compiange
E io compiango tutti quanti,
I miei occhi non sono più pieni,
Ché non sono più rotondi.
In una disgrazia come la mia
Te ne, te ne, te ne freghi
La candela non serve a niente. [1]

Sono in piedi già dal mattino,
Me ne vo di paese in paese,
Chi mi dà un tozzo di pane,
Chi un pezzo di formaggio
E qualche volta, per caso,
Te ne, te ne, te ne freghi
Un pezzetto di pancetta.

Che mi frega del merciaio
E delle sue scatolette,
Non adopero la carta
E ancor meno gli occhiali.
Per pettine ho le mie dieci dita
Te ne, te ne, te ne freghi
E le mie due maniche per fazzoletto.

Ho il mio cane e il mio bastone,
I miei due compagni fedeli,
Uno mi mena a tastoni,
L'altro al guinzaglio d'uno spago.
Non potreste preferire
Te ne, te ne, te ne freghi
Queste due guide a due occhi.

Se per caso avessi un figlio
In questa piacevol vita,
Pregherei il buon Dio
E pure la Madonna
Che gli trapassino gli occhi
Te ne, te ne, te ne freghi
Per farne un vecchio cieco.
[1] Il verso ha senz'altro un senso letterale: ad un cieco, una candela non serve per forza a niente. Ma si tenga presente anche un possibile doppio senso: le jeu ne vaut pas la chandelle, in italiano “il gioco non vale la candela”. Come dire: non vale la pena prendersela.

29/10/2019 - 15:23




Langue: anglais

English translation / Traduzione inglese / Traduction anglaise / Englanninkielinen käännös:
Riccardo Venturi, 29-10-2019 15:59
THE BLIND MAN

I am blind, others pity me
Yet I pity all the others,
My eyes are no longer full,
They've lost their roundedness.
In a tragedy like mine
You couldn't, couldn't care less
A candle isn't that useful.

I rise up in the morning
The I wander on from village to village,
The one gives me a piece of bread,
The other, a chunk of cheese,
And, sometimes, on occasions
You couldn't, couldn't care less
A morsel of bacon.

I don't care for the peddler
And for all his small boxes,
I have no need of paper
And I don't use glasses.
I have for comb my ten fingers,
You couldn't, couldn't care less
My two sleeves for handkerchief.

I have my dog and my stick,
My two faithful companions,
The one leads me by feeling the ground,
The other at the end of a string.
Would you not like better
You couldn't, couldn't care less
These two guides than two eyes.

If ever a son came to me
In this pleasant life,
I would pray the holy God
And also the Virgin Mary
That they pierce his two eyes
You couldn't, couldn't care less
And turn him into an old blind man.

29/10/2019 - 16:01




Langue: polonais

Traduzione polacca di Krzysiek Wrona
Polskie tłumaczenie: Krzysiek Wrona
Polish translation by Krzysiek Wrona
Traduction polonaise de Krzysiek Wrona
Krzysiek Wronan puolankielinen käännös


[[https://i.4static.pl/JNuGIQsAJQw5NGr6QEjsDHrVRWo=/960x540/smart/img1.papilot.pl/2019/09/w-piatek-13-go-czeka-nas-wyjatkowo-dziwna-pelniaksiezyca-czy-jest-sie-czego-obawiac_5d77d897.jpeg|Lune]
ŚLEPY DZIAD

Jestem ślepcem, budzę litość
I lituję się nad wami
Puste miejsca oczu moich
Co straciły dawno krągłość
Zważ, że w moim położeniu
Idź już, cóż cię to obchodzi
Świeca jest bezużyteczna

Budzę się z samego rana
Włóczę się z wioski do wioski
Ktoś mi wciska piętkę chleba
A ktoś inny ser przynosi
Przez przypadek się przydarzy
Idź już, cóż cię to obchodzi
Skrawek boczku lub słoniny

Nie obchodzą mnie handlarze
Ich stragany i towary
Nie jest mi potrzebny papier
A tym bardziej okulary
Miast grzebienia mam swe palce
Idź już, cóż cię to obchodzi
Za chusteczkę zaś rękawy

Mam psa swego i swój kostur
Moich wiernych towarzyszy
Jeden tłucze mnie po głowie
Drugi szarpie koniec sznurka
Czy nie lepiej mieć kompanów
Idź już, cóż cię to obchodzi
Zdanych na tę parę oczu

Gdyby syn mi się przytrafił
W moim życiu tak wspaniałym
Prosiłbym dobrego Boga
Wznosił modły do Dziewicy
By mu wzrok odjęli razem
Idź już, cóż cię to obchodzi
Aby został ślepym dziadem.

envoyé par Krzysiek - 10/11/2019 - 22:57




Langue: serbe

Traduzione montenegrina / Montenegrin translation / Traduction monténégrine / Montenegronkielinen käännös:
Kadmos (L. Trans.)

Nota. L'autore della traduzione la attribuisce alla lingua montenegrina; la quale è, naturalmente, una variante del sistema linguistico serbocroato. Il nostro sito non riconosce per ora la lingua montenegrina con il suo codice (cnr) e quindi, in attesa di ovviare a questo inconveniente, attribuiamo la traduzione al serbo. [CCG/AWS Staff]
Mjesečar

Slijepa sam, sažaljevaju me
A i ja žalim svakog
Moje dvije duplje više nijesu pune
Jer su izgubile svoje jabučice
U nesreći poput ove moje
Rugaj se ti rugaj
Svijeća ne vrijedi ništa

Ustanem ujutro
Pa idi od sela do sela
Neko mi da parče hljeba
Drugi komad sira
A ponekad se zalomi
Rugaj se ti rugaj
I komadić sala

Ja se rugam galanteristi
Na svoj toj njegovoj raboti
Ja nikad ne koristim papir
Još manje naočare
Mjesto češlja imam deset prsti
Rugaj se ti rugaj
Dva rukava umjesto maramice

Imam psa i štap
Dva moja vjerna drugara
Jedan me vodi napipavajući
Drugi na kraj uzice
Zar i Vi ne biste radije
Rugaj se ti rugaj
Ta dva vodiča no dva oka

Ako bi mi ikad došao sin
U ovako prijatan život
Molila bih dragog Boga
I Mariju Djevu
Da mu iskopaju oba oka
Rugaj se ti rugaj
I da od njega naparave starog mjesečara.

envoyé par Riccardo Venturi - 14/4/2021 - 07:54




Langue: français

La versione contenente una strofa aggiuntiva trovata su Chants Populaires Français
A version with an extra stanza, from Chants Populaires Français
Version avec une strophe extra, tirée de Chants Populaires Français


Pablo Picasso, Vecchio cieco con ragazzo, 1903.
Pablo Picasso, Vecchio cieco con ragazzo, 1903.
Le luneux (Aveugle)

Je suis aveugle, l'on me plaint,
Et moi je plaint tout le monde.
Mes deux yeux ne sont plus pleins,
Car ils ont perdu leur bombe [1].
Dans un malheur comme le mien,
Tu t'en tu, t'en moques,
Hem ! hem ! hem !
Dans un malheur comme le mien,
La chandelle ne vaut rien.

Je me lève dès le matin,
J'm'en vais d'village en village :
L'un me donne un morceau de pain,
L'autre un morceau de fromage;
Quelquefois aussi par hasard
Tu t'en tu, t'en moques,
Hem ! hem ! hem !
Quelquefois aussi par hasard
Un petit morceau de lard.

Je me moque du mercier
Avec toutes ses cassettes,
Je n'use point de papier,
Encore moins de lunettes.
J'ai pour peigne mes dix doigts
Tu t'en tu, t'en moques,
Hem ! hem ! hem !
J'ai pour peigne mes dix doigts
Mes deux manches pour mouchoi'.

J'ai mon chien et mon bâton,
Mes deux compagnons fidèles;
L'un me conduit à tâtons,
L'autre au bout d'une ficelle,
Hé ! n'aimeriez-vous pas bien mieux
Tu t'en tu, t'en moques,
Hem ! hem ! hem !
Hé! n'aimeriez-vous pas bien mieux
Ces deux guides que deux yeux ?

Jamais je n'ai peur de mon lit
De tomber dans la venelle, [2]
Et ni que la chaleur du lit
Puisse m'engendrer la gravelle :
Je couche à plat sur le carreau
Tu t'en tu, t'en moques,
Hem ! hem ! hem !
Je couche à plat sur le carreau
Abrié [3] de mon manteau.

Si jamais i' m'venait un fils
Dans cette agréable vie,
Je prierai bien le bon Dieu,
Ainsi qu'la vierge Marie,
Pour qu'ils lui crèvent les deux yeux,
Tu t'en tu, t'en moques,
Hem ! hem ! hem !
Pour qu'ils lui crèvent les deux yeux,
Pour en faire un vieux luneux.
[1] Bombe : convexité.
[2] Venelle : ruelle.
[3] Abrier : abriter.

envoyé par k - 14/6/2021 - 19:01




Langue: italien

Versione italo-toscana di Riccardo Venturi
Italo-Tuscan version by Riccardo Venturi
Version italo-toscane de Riccardo Venturi
Riccardo Venturin Italia-toskanankielinen versio

9-5-2023

Ragazzo dona una moneta a un mendicante cieco. Parma: Complesso Monumentale della Pilotta
Ragazzo dona una moneta a un mendicante cieco. Parma: Complesso Monumentale della Pilotta


La versione procede da quella ampliata di una strofa proposta a suo tempo da Krzysztof Wrona, ma segue la struttura ritmica di quella dei Malicorne, e come tale è stata intesa per un eventuale canto. Le soluzioni adottate differiscono in alcuni punti dal testo originale; il linguaggio è un italiano venato di numerosi toscanismi, o meglio fiorentinismi. Per il titolo si è ricorsi all’opportuna precisazione e spiegazione fatta a suo tempo da Flavio Poltronieri. [RV]
Illuminato dalla luna (Il cieco)

Sono cieco, fo pietà,
E io ho pietà di tutto il mondo.
Occhio privo di realtà,
Non più pieno né rotondo.
Della mia disgrazia, tu
Non ti curi, non ti curi...
Candele non servon più.

Mi sono alzato stamane,
Vo di paese in paese :
Chi mi dà un tozzo di pane,
Chi un pezzo di Belpaese;
E talvolta un po’ di strutto,
Non ti curi, non ti curi...
O una fetta di presciutto.

‘Mportasega di’ merciajo
Con tutti i su’ be’ scaffali,
Non ho carta o calamajo,
Che me ne fo degli occhiali?
Mi pettino colle mani,
Non ti curi, non ti curi…
La fo in terra come i cani.

Ciò i’ mi’ cane e i’ mi’ bastone,
Son compagni assai fidati,
Uno mi mena a tastone,
L’altro mi guida a latrati.
Non vi garberebbe, sciocchi
Non ti curi, non ti curi...
D’avélli ai’ posto dell’ occhi?

Io non temo di cascar
Giù dai’ letto se m’accuccio,
Né io temo di pigliar
La renella dal calduccio.
Dormo steso sul selciato,
Non ti curi, non ti curi…
Da’ mi’ cenci riscaldato.

Mi pigliasse la pazzia
Di fa’ un figlio co’ una donna,
Prego Iddio e Santa Lucia,
Prego pure la Madonna
Che gli accèchin pure lui
Non ti curi, non ti curi…
Che i suoi occhi siano bui.

9/5/2023 - 10:18


Cover de La Dama e l'Unicorno (piano e voce: Anastasia Giusti)"

Riccardo Venturi - 29/10/2019 - 16:24


Quasi in tempo reale mi associo a tutto quanto così bene sopraddétto a riguardo questo insuperabile capolavoro, dal dottor, professor Riccardo Venturi (tutt'altro che truffatore e imbroglione).

La rassegnazione di questo disgraziato mendicante è davvero stupefacente. I ciechi vagabondi suscitarono un po' ovunque canzoni popolari animate spesso da sentimenti anche uni opposti agli altri e, nel pieno rispetto di questa tradizione, i Malicorne propongono in questo caso un testo proveniente dal Bas-Poitou e una musica da un'altra provincia. L'hanno fatto spesso. La melodia in questione è quella di "Amour et Mantille", originariamente cantata in berrichon ovvero la langue d'oïl medioevale parlata nella regione del Berry, che suppongo a ben ragione essere la più amata da Gabriel Yacoub. Questo struggente lamento, raccolto all'inizio del 1900, è quasi sicuramente opera di un qualche letterato e sarà stato poi venduto, come spesso accadeva, dai venditori di canzoni nel diciannovesimo secolo. Marie la interpreta con una voce cristallina che unita agli ultrasuoni del dulcimer elettrico ci trasporta in uno stato onirico. Voce e musica vennero registrate contemporaneamente e a luci spente, le poche note di organo furono aggiunte in seguito e in fase di missaggio vennero fatte apparire e scomparire. Una vera magia sonora all'ascolto.

Quasi 40 anni dopo, Marie non è più così bella come allora, (maledizione!!). Dopo Malicorne non ha neppure proseguito una carriera musicale. Ma provate a fermarvi ad ascoltare al minuto 49:30 del loro Concert exceptionnel aux Francofolies de la Rochelle in Bretagna: l'accompagnamento discreto di Hughes De Courson alla tastiera e due tocchi di dulcimer di Laurent Vercambre senza più riccioli e senza neanche le scarpe, più un filo della sua voce davanti alla platea totalmente ammaliata e ammutolita. Più di 5 minuti in cui il tempo si immobilizza, quanti di quelli che salgono su un palco oggi potrebbero permetterselo? Se l'intenzione è che la gente abbia scarpe belle lucide, bisogna scrivere istruzioni ben precise sulle confezioni. Per far risplendere altre parti di sé invece c'è bisogno di canzoni così. Viva Malicorne.



Flavio Poltronieri

Flavio Poltronieri - 29/10/2019 - 17:29


Marie Sauvet/Yacoub/De Malicorne non avrà, certo, più i 21 anni dell'Almanach; ne ha 67 ma secondo il mio modesto parere è sempre bellissima. Per non parlare della sua voce, nonostante qualche lievissimo arrochimento; ma 67 - 21 fa quarantasei. Chissà che la sua voce non sia trasmigrata in quella della ragazzina di cui ho messo il video...intanto stasera mi guardo tutto il concerto, grazie "Flavíusar" per averlo messo...!

Riccardo Venturi - 29/10/2019 - 17:58


Il concerto che ha messo Flavio è del 2011 quando Marie aveva 59 anni, 38 anni dopo Almanach. Ma al giorno d'oggi fanno ancora concerti? Io purtroppo me lo sono persi quando sono venuti in Svizzera nel 2015...

Lorenzo - 29/10/2019 - 18:06


Dopo la separazione ognuno ha seguito la sua strada. Ogni tanto qualcuno li esortava in qualche modo a ritornare, ricordo di averlo fatto anch'io: senza risposta e senza ritorni. Oltrettutto Gabriel amava solo le canzoni macabre e sconfortate (più o meno come me: forse entrambi avremmo avuto bisogno di un analista!) e Laurent Vercambre non sopportava più le canzoni tristi dei Malicorne e ha iniziato a fare infatti il pagliaccio in giro. Dal 2005 Yacoub ha avuto i diritti sul patrimonio Malicorne (tranne Les Cathédrales, che non gli appartiene più)e nel 2010 ha accettato la proposta di Gérard Pont, direttore del Festival des Francofolies de La Rochelle di invitare all'interno di un suo concerto gli antichi compagni malicorniani per il tempo di una unica serata, tutti risposero di si compreso Hughes de Courson che abitava in Malesia. Furono invitati anche dei rappresentanti della scena recente per unire due generazioni. Evidentemente c'hanno preso gusto perchè poi hanno fatto vari concerti ma nel 2015 la situazione con Laurent è tornata quella del 1976 e del 1978 e si sono separati definitivamente. Era uscita in Francia più volte la notizia di un disco nuovo in studio, era stato anche annunciato, ma purtroppo non ne ho più saputo niente.

Passerai una serata veramente emozionante se ti guardi il concerto intero.

Flavio Poltronieri - 29/10/2019 - 18:40


Pensavo fosse quello del 2017 che è stato, fra l'altro, anche l'ultimo. Per il resto, pensa a me che conosco i Malicorne da quando te tu ti facevi la piscia a letto; e non li ho mai visti. A differenza di Flavíusar Póltróníeri, che secondo me non si limita ai Malicorne; voci di corridoio dicono che era quello che aveva dato il pezzo di formaggio al "luneux"...

Riccardo Venturi - 29/10/2019 - 18:47


In realtà in questo periodo mi sento piuttosto "il pezzo di formaggio".

Li ho anche registrati a Milano, al Teatro Cristallo il 26 ottobre del 1979, in quel periodo naturalmente non proponevano questa chanson de colporteur ma la chasse gallery, alexandre, la danse des damnés, jean des loups però non mancarono l'écolier assassin e le prince d'orange. Con loro c'era addirittura Brian Gulland al basson che io ricordavo nei fantastici Gryphon....ah, che tempi gloriosi: ero sempre innamorato e quando (spesso) la sera si andava ad ascoltare un concerto dovevi scegliere tra John Martyn, Bert Jansch, Ornette, Stivell, Don Cherry, John Renbourn, Embryo, Fairport Convention, Inti Illimani, Dollar Brand, Richard Thompson....
Aiuto!!!!

Flavio Poltronieri - 29/10/2019 - 19:28


A rafforzare quanto detto da Riccardo alla fine della sua dotta presentazione:

Luneux, -euse, adj. Éclairé par la lune. (Soirées étoilées, ou luneuses, ou éclairées par les rayons bleus des lampes électriques) (Mille,Barnavaux,1908, p. 266)

il titolo in italiano andrebbe inteso quindi come "ILLUMINATO DALLA LUNA", nel testo è il protagonista medesimo che si presenta immediatamente come CIECO.

P.S. Ma davvero pensate che a qualcuno interessino tutte 'ste informazioni?

(Un dubbioso) Flavio Poltronieri

Flavio Poltronieri - 30/10/2019 - 22:00


Beh, se per questo io sono il primo ad essere convinto che interessino pochi, pochissimi. Però, che dirti: dei telefonini non me ne cale, Instagram per me potrebbe essere un ottimo nome per una minestrina dietetica istantanea, il ràppe e la tràppe mi fanno venire la cacaiola, col rock sono fermo agli anni '70 (e ci resto volentieri; comunque il rock è un cadavere, attualmente), vado al bar per un caffeino e mi becco pensionati e ragazzotti che improvvisano comizi pro-Salvini, nelle sale d'attesa degli ospedali faccio traduzioni in islandese, non rispondo mai alle mail, poso una penna su un tavolo e poi sto un quarto d'ora a cercarla, come a te mi garbano antiche e tristissime canzoni contenenti termini rari, e così via. Tutto quel che ho fatto e continuo a fare nella vita, non interessa a molti. Ma chi se ne frega. Magari, a qualcuno, anche sì. E anche quello che fai tu. Quindi, fàllo. Un saluto e W l'Anarchia.

Riccardo Venturi - 30/10/2019 - 22:29


E così sia:
W l'Anarchia!
(e anche la poesia)


concludi tu con un'altra terzina in rima
e finiamola così

Flavio Poltronieri - 30/10/2019 - 22:40


E così sia!
W l'Anarchia
(e anche mia zia!)

Salud!

Riccardo Venturi - 30/10/2019 - 23:14


Una strofa aggiuntiva del traduttore che in maniera sfacciata ha provato sintetizzare il significato di questo antico canto in sette versi in polacco.


Jestem ślepym łysym starcem
Starym księżycowym dziadem
Widzę więcej niż niejeden
Który dzisiaj dzierży władzę
Dziś już ludzie nie szanują
Idź już, cóż cię to obchodzi
Tych co widzą sercem głębiej

Krzysiek - 10/11/2019 - 23:05


E una delle mie più riuscite traduzioni (con bonus) di quasi un anno fa...

k - 22/9/2020 - 00:00


Riccardo Venturi - 22/9/2020 - 09:54


Bella, non la conoscevo. Raro trovare qualcuno che sia attratto dal fare una cover di un brano così. Complimenti davvero! Così adesso abbiamo un testo originario del Bas-Poitou, unito alla melodia del Berry più che centenaria di "Amour et mantille" con l'interpretazione di un gruppo italiano degli anni 2000 che prende il nome da un romanzo di Tommaso Landolfi

Flavio Poltronieri - 22/9/2020 - 11:28


Le luneux in tempi di Covid: L'esecuzione de La Rioule des Compagnons du Monde in lockdown (1° maggio 2020)



(Si notino gli occhi della cantante.)

Riccardo Venturi - 14/4/2021 - 08:33


Le luneux alla lira gallica (Atelier Skald)

Riccardo Venturi - 8/5/2023 - 23:46


questo liutaio opera a Morlaix, la città delle tre colline, dove ogni mercoledì d'estate gli artisti di strada si impossessano di ogni angolo della città, magari qualche volta ci va anche lui con questi strumenti meravigliosi che crea...

Flavio Poltronieri - 9/5/2023 - 21:06




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