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Dal Rojava una voce

Ranjan Giacomo Spinadin
Language: Italian


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Testo contro l’invasione turca nella Siria del Nord per un’offensiva anti-curda.

 Ranjan Giacomo Spinadin


Canzone contro la guerra di Erdogan verso il Rojava.
"Sangue sui civili...sangue... perché volevano la libertà
Sangue sui civili...sangue... loro sono ancora là
La guerra non porta alla pace, ma solo ad una perdita
Loro volevano uno Stato, reclamavano il Kurdistan
Dalla parte di chi risponde alla persecuzione
Dalla parte di chi ad ogni persecuzione lotta senza tremore

Questa non e' una chiamata alle armi, e' una chiamata all'umanità
questa non e' libertà, salviamo l'umanità
questa non e' dignità', salviamo l'umanità

Sangue sui civili...sangue... perché loro son dei terroristi
Sangue sui civili...sangue... ma loro son gli antifascisti
Gli antifascisti sono pronti a difendere la propria terra dall'invasore
Dal Rojava si alza una voce, è una voce piena di dolore

Questa non e' una chiamata alle armi, e' una chiamata all'umanità'
questa non e' libertà, salviamo l'umanità
questa non e' dignità', salviamo l'umanità

La storia ci insegna che quando ti vien negato un diritto
Tu ti alzi in piedi e te lo riprendi senza dover dirlo
I curdi sono pronti a difendere la propria terra dall'invasore
Dal Rojava si alza una voce, è una voce piena di dolore

Questa non e' una chiamata alle armi, e' una chiamata all'umanità'
questa non e' libertà, salviamo l'umanità
questa non e' dignità', salviamo l'umanità"

Contributed by bohhjkk - 2019/10/16 - 22:45


Bella davvero

Krzysiek - 2019/10/19 - 01:46


Gianni Sartori - 2022/1/18 - 19:32


MENTRE I CURDI MUOIONO PER CONTRASTARE DAESH, L’OCCIDENTE CHE FA?

Gianni Sartori

Mentre il bilancio delle vittime dell’attacco islamista del 20 gennaio alla prigione di Ghwayran diventa sempre più tragico, di ora in ora direi, sarebbe forse il caso che l’Occidente (in senso lato) si mettesse una mano sulla coscienza. Così come tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nel contenzioso (eufemismo) che percorre il nord e l’est della Siria e i territori circostanti.

Oltre ai poveri curdi e alla Siria stessa, anche la Turchia, gli USA, la Russia, l’Iran…

E anche in Europa, domandarsi se qualche migliaio di jihadisti di nuovo in circolazione (questo era presumibilmente lo scopo dell’attacco al carcere), oltre a fornire manovalanza a basso costo al governo di Ankara, non avrebbero rappresentato una mina vagante per il vecchio continente.

Esprimendo perlomeno riconoscenza per coloro, i curdi ovviamente, che ieri (nel marzo 2019) avevano sconfitto gli ascari di Daesh in maniera quasi definitiva e ora hanno saputo rimetterli con le spalle al muro.

Come dice il buon Zaia: “Ragioniamoci sopra”.

Stando alle ultime informazioni fornite dall’Osservatorio dei Diritti dell’Uomo (OSDH), l’Isis avrebbe torturato, decapitato e infine dato alle fiamme decine di membri del personale penitenziario. Complessivamente nel corso dei combattimenti sarebbero morti in tutto 373 persone. Di cui 269 jihadisti, 98 militanti delle Forze democratiche siriane (FDS, la coalizione arabo-curda) e 7 civili (presumibilmente volontari che si erano aggregati alle FDS per contrastare l’Isis).

Un’ottantina delle vittime sarebbero membri delle Forze di sicurezza interna (Asayish), ma non è chiaro se siano stati registrati tra i caduti delle FDS.

Un bilancio purtroppo destinato ad aumentare in quanto molti militanti delle FDS risultano feriti gravemente. In ogni caso le verifiche sono in corso sia all’interno del carcere (dove molti corpi rimangono ammassati) che nei quartieri limitrofi dove i mercenari jihadisti si erano trincerati.

E prosegue anche l’indagine dell’AANES per individuare il punto debole, le eventuali complicità che hanno permesso all’Isis di attaccare e invadere la prigione.

Tra le misure urgenti per scongiurare ulteriori riesumazioni del Califfato, ogni Stato (e quelli europei in primis) dovrebbe riprendersi i propri jihadisti che si erano trasferiti in medio-oriente per arruolarsi nei ranghi dello “Stato islamico in Irak e nel Levante”.

Inoltre si dovrebbero allestire dei centri di riabilitazione per i “leoncini del califfato”, i bambini figli di jihadisti che andrebbero curati, rieducati in modo da impedire ulteriori rigurgiti jihadisti in futuro.

In qualche modo quello che seppero fare, egregiamente e anche grazie all’aiuto internazionale (della Svezia in particolare) i Sandinisti (quelli originari, non l’attuale dirigenza) con i ragazzini addestrati a compiere omicidi e torture dal regine di Somoza.

Inoltre il Consiglio di sicurezza dell’ONU non dovrebbe rinviare ulteriormente la costituzione di un tribunale della Corte penale internazionale per giudicare i prigionieri jihadisti (attualmente sotto il controllo delle FDS) per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2022/2/1 - 14:51


5 DICEMBRE 2024: ANCHE HAMA CONQUISTATA DA AL NUSRA
TAGLIAGOLE E “CACCIATORI DI SCALPI” FILO-TURCHI PUNTANO SUL ROJAVA

Gianni Sartori


Mentre al Nusra & C. procede, se pur con qualche intoppo, verso sud (Hama ormai è stata conquistata), l'ANS si va rinforzando (anche con l'uso di tanks) in direzione est, sul fronte di Manbij e Maskanah ancora sotto il controllo delle FDS. Preparandosi ad aggredire il Rojava di cui Manbij (100mila abitanti) rappresenta un nodo strategico all'ovest dell'Eufrate. Sia Manbij che Maskanah, recuperata qualche giorno fa dalle FDS, sono ora terreno di scontro tra il principale proxy di Ankara (ANS) e le FDS (curdi, arabi, armeni, siriaci, turcomanni...).

Intanto sono tornati in azione soggetti apertamente legati a Daesh. In questi giorni hanno ucciso un membro del Partito del Futuro (un partito democratico siriano, già perseguitato dal regime di Damasco, con esponenti eletti nell'Assemblea popolare e che partecipa all'Amministrazione autonoma). Altre vittime sono state provocate dai droni e dall'artiglieria turchi.

Ma al di là della drammatica situazione in movimento, forse è il caso di ricordare quanto accadeva nel decennio scorso quando i terroristi di Daesh attaccarono la regione di Shengal (e l'analogia con quanto potrebbe ora ripetersi mi pare evidente). Massacrando gli uomini e gli anziani, mentre le donne e i bambini venivano catturati e ridotti in schiavitù. Pulizia etnica (o magari genocidio, puro e semplice) che si coniugava con un orrendo femminicidio di massa. Stesso scenario qualche anno dopo (2018) quando i mercenari turchi entrarono in Afrin (“Operazione Ramoscello d'ulivo”).

Compiendo innumerevoli crimini di guerra e crimini contro l'umanità, in seguito ampiamente documentati sia dalle Ong che dalle Nazioni Unite.

Mentre la comunità internazionale assisteva passivamente, oggettivamente complice, ai rapimenti delle ragazze curde, esibite come animali al mercato e destinate a diventare schiave sessuali dei mercenari filo-turchi dell'Esercito Siriano Libero (FSA, ma si trattava di quello riesumato nel 2016 da Ankara – operazione Scudo dell'Eufrate - per evocare una certa continuità con quello originario del 2011). Come è noto migliaia di cittadini furono espulsi, costretti ad andarsene. Non solo curdi naturalmente, ma anche armeni, cristiani, ezidi...

Per tornare ai nostri giorni, tristi e lividi, un aiuto alla comprensione di quanto sta realmente accadendo (mentre i media parlano fantasiosamente dei cacciatori di scalpi filo-turchi come di “ribelli” e “insorti”) viene dai comunicati (per quanto frammentari data la situazione) del Rojava Information Center (RIC, presente sul terreno).

Quantificando in circa 120mila (in base ai dati forniti dall'AADNES) gli sfollati (rifugiati interni) che finora hanno cercato rifugio nel NES (nord e est della Siria). Spesso costretti durante il viaggio (in media tre giorni) a dormire all'aperto o in tende provvisorie nel gelo invernale.

Situazione critica che rischia di aggravarsi per mancanza di cibo, acqua, medicinali essenziali e possibiltà di alloggio.

Mentre l'Esercito Nazionale Siriano infierisce sui civili usciti da Shehba e Tel Rifaat e ora in fuga verso il Rojava (con aggressioni, furti, estorsioni...) crescono i timori per un imminente attacco a Manbij. La città multietnica e governata dall'AADNES, con i suoi 300mila abitanti, in caso di assedio rischia una grave crisi umanitaria.

Invece ad Aleppo, nei quartieri curdi di Sheikh Maqsoud e di Ashrafiyeh, circondati da Hayat Tahrir al-Sham, nella giornata di mercoledì 4 dicembre non si sono registrati scontri. Si teme tuttavia che sia una calma solo apparente. I Centri di accoglienza istituiti dall'AADNES e dai consigli locali a Tabqa e Raqqa hanno accolto finora circa 30mila sfollati, la maggior parte provenienti da Shehba. Utilizzando inizialmente accampamenti temporanei, ma in breve tempo una ventina di scuole venivano trasformate in centri di assistenza mettendo a disposizione dei rifugiati coperte, cibo e vestiti.

L'UYS (Unione Ezidi di Siria) si sta occupando in particolare di assistere gli ezidi fuggiti da Tel Rifaat, ospitandoli in famiglie ezide di Heseke, Amude e Tirbespi (villaggi ezidi, purtroppo talvolta in abbandono). Molti raccontano di aver subito qualche forma di violenza durante il viaggio (ricordo l'assassinio di Ahmed Husso, mentra la moglie e il fratello sono stati feriti). Si ha notizia anche dell'uccisione di qualche membro della comunità ezida di Aleppo. E comunque, raccontava un testimone “molti potrebbero non riuscire ad arrivare fin qui”.

La Mezza Luna Rossa curda ha chiesto a gran voce sostegno, donazioni per affrontare la grave situazione. Così come dal copresidente dell'ufficio per gli Affari dei Rifugiati Interni dell'AADNES è venuta una richiesta alle Nazioni Unite per la riapertura del passaggio di frontiera di Yarubiyah (Tel Kocher), indispensabile per far arrivare aiuti umanitari. Attualmente l'unico operativo resta il passaggio di Semalka (Faysh Khabour), mentre quello di Yaroubiyah resta chiuso dal 2019 per una decisione del Consiglio di Sicurezzza.

Altre informazioni confermano che i metodi dell'Esercito Nazionale Siriano nei confronti della popolazione rimangono brutali.

I miliziani si starebbero infatti appropriando delle abitazioni dei civili curdi in ogni città e villaggio occupato. Compiendo furti, estorsioni, sequestri di persona (ovviamente del tutto illegali) e minacciando i civili. Qualche giorno fa, Amina Hanan, una quarantenne curda disabile, è stata assassinata a Tel Rifaat da membri dell'Esercito Nazionale Siriano.

Sempre a Tel Rifaat, in un video circolato in questi giorni, si vedono combattenti filo-turchi e un uomo che indossava un gilet-stampa (?) aggredire alcune persone prese prigioniere.

Quanto ai curdi che malauguratamente (forse per le difficoltà del viaggio, proibitivo per bambini e anziani) erano rientrati a Afrin, sono stati tutti schedati e almeno una cinquantina arrestati.

Inoltre sessanta autobus che avrebbero dovuto evacuare i profughi e trasportarli verso il NES, rimangono bloccati dai miliziani.

Avevamo ricordato la situazione dei due quartieri curdi di Aleppo. Da un paio di giorni la situazione, per quanto in una città ormai completamente in mano alle milizie jihadiste, sembrerebbe relativamente tranquilla. Nelle trattative tra FDS, AADNES e le milizie jihadiste assedianti di HTS si cerca di garantire agli abitanti (e ai molti cristiani che qui si sono rifugiati) la possibilità di scegliere se andarsene o restare.

Già in passato (soprattutto dal 2012 al 2016) Sheikh Maqsoud e Ashrafiyeh avevano subito gli attacchi delle milizie filo-turche. Ma la gente si era rifiutata di andar via. Ora invece si teme che HTS imponga le sue regole islamiche (come l'hiyab per le donne) e che si assista al bis di quanto fece l'Isis. Per cui molti potrebbero decidere di raggiungere l'est.

E la Turchia ? Partecipa direttamente al conflitto attaccando con aerei senza pilota la città di Dayrik (in siriaco, Dêrika Hemko in curdo). Colpendo un'auto e causando almeno due vittime e alcuni feriti nei pressi della stazione degli autobus (luogo scelto forse intenzionalmente dato che le cooperative degli autisti mettevano i mezzi a disposizione per trasportare i rifugiati).

Dopo quello costato la vita al giovane Aziz Sheikho sulla strada tra Qamishlo e Heseke, si tratta del secondo attacco nella NES di questa settimana.

Per oggi (5 dicembre) direi che basta.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2024/12/5 - 21:09




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