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Werkloosheid

Geert Van Istendael
Lingua: Neerlandese


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Poesia di / Gedicht van / A poem by / Poème de: Geert van Istendael/in runo
"Plattegronden", 1987
Musica / Muziek / Music / Musique / Sävel: Luc Wynants (Strijdkoor Kontrarie)

Geert van Istendael (2017)
Geert van Istendael (2017)


Geert van Istendael, nato il 29 marzo 1947 a Ukkel, si chiama in realtà Geert Maria Mauritius Julianus Vanistendael. E' uno scrittore, poeta, saggista e traduttore belga. I belgi, e ne ho conosciuti -fiamminghi o valloni che fossero-, sono in generale persone inclassificabili; è possibile classificare Jacques Brel, per esempio? Ad esempio, Geert van Istendael si definisce ed è un “reazionario” (ad esempio, lui stesso ha intitolato una sua raccolta di saggi del 1994 Bekentenissen van een reactionair “Confessioni di un reazionario”). Di famiglia e formazione cattolica, suo padre August era stato consigliere personale del cancelliere tedesco democristiano Konrad Adenauer e del cardinale Frings van Keulen. Geert van Istendael è un riconosciuto “Orangista”: vale a dire, sostiene l'unione delle Fiandre con il regno dei Paesi Bassi. Al contempo, si dichiara “affascinato” dal Belgio e dalle sue contraddizioni. Nella sua attività letteraria e saggistica, è un oppositore feroce della modernizzazione, dell'industrializzazione e dello strapotere disumanizzante delle innovazioni tecnologiche. Insomma, nulla da dire: un fior di reazionario. Però è belga: e così, ecco che arriva pure il Geert van Istendael assolutamente pervaso di solidarietà, antirazzista e nemico giurato dell'omologazione e dell'oppressione a cui la “disastrosa modernità” ha costretto l'essere umano. Al tempo stesso, Geert van Istendael traduce Bertolt Brecht in neerlandese. Questi sono i dati (alcuni, non tutti). Li lascio così come sono, un po' alla carlona, e lasciando libero un giudizio di massima. Si potranno avere tutte le reazioni: dal “rossobrunismo” alla confusione in testa, dalle contraddizioni a una linearità sui generis. Per quel che mi riguarda, dichiararsi reazionario e contro la società tecnologica industriale, che ha nel “lavoro” il suo caposaldo assoluto operando al contempo la sua distruzione e riduzione a una pura schiavitù, è una contraddizione. La disperata “terra dei disoccupati” di questa composizione potrebbe però essere una semplice descrizione di una situazione oggettiva, un affresco di cause ed effetti. Senza contare che, da belga, il poeta deve avere avuto sotto gli occhi -supponiamo- certe ex aree minerarie o industriali delle quali ho un preciso ricordo pure io, e di quel che comportava ancora a distanza di decenni. Ripeto: quando mi sono trovato di fronte a questa cosa, ho cercato di porla nel contesto sia del suo autore e delle sue particolari posizioni, sia delle circostanze oggettive, o almeno di quelle che mi sembrano essere tali. Fatto sta che, se ha dovuto trovare una musica e degli interpreti, li ha trovati in Luc Wynants e nel suo Strijdkoor Kontrarie, una vecchissima conoscenza di questo sito. Si tratta di un'attiva corale di lotta di Lovanio di cui tutto si può dire, fuorché indulga al reazionarismo, al rossobrunismo, e ad altre simpaticissime cose del genere. La composizione in sé è, a mio parere, impressionante nella sua brevità e secchezza; la propongo qui con tutti i suoi dubbi. Mettendola nel percorso della Destra e Reazionarismo, il che potrebbe far rizzare i capelli allo Strijdkoor Kontrarie; ma il giorno che questo sito avrà perso la capacità di far rizzare i capelli, sarà un brutto giorno. Non siamo nati e non saremo mai per le granitiche purezze ideologiche: “Nulla è sacro, tutto si può dire” (parole di un vicino di casa di Geert van Istendael, tale Raoul Vaneigem – ve lo avevo detto che, coi belgi, non si può ragionare per schemi). [RV]

strijkon
De dagen zijn hier grijze wegen
Aan nergens, nooit en niemandsland.
De dagen zijn hier bleke vlaktes,
Zijn regen die niet zwijgen kan.
En lege vlaktes zijn de dagen,
Doorweekt, doorwaakt zijn alle nachten,
En winternachten zijn de jaren,
Geen morgen die nog wacht,
Geen morgen die nog wacht,
Geen mens, geen mens.

Het werk is dood in deze streken,
De dagen zijn verstuivend zand,
Geen boom, geen bloem, geen licht, geen droom,
Geen boom, geen bloem, geen licht, geen droom

Dit is het land van nodeloos
Dit is het land van waardeloos
Dit is het land van werkeloos.

inviata da Riccardo Venturi - 16/9/2019 - 17:49



Lingua: Italiano

Traduzione italiana / Italiaanse vertaling / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 16-09-2019 17:53
DISOCCUPAZIONE

Qui, i giorni sono grigie strade
Verso il niente [1], il mai e la terra di nessuno,
I giorni, qui, sono pianure smorte,
Sono pioggia che non sa tacere,
Pianure vuote sono i giorni,
Fradicia e in bianco ogni notte
E gli anni sono notti d'inverno,
Non c'è un mattino che ancora attenda,
Non c'è un mattino che ancora attenda,
Nessuno, nessuno.

Il lavoro è morto in queste contrade,
I giorni sono sabbia che riduce tutto in polvere,
Non più alberi, fiori, luce e sogni,
Non più alberi, fiori, luce e sogni.

Questa è la terra degli inutili
Questa è la terra di chi non ha valore
Questa è la terra dei disoccupati.
[1] Nel testo originale, nergens vale "da nessuna parte, in nessun luogo" (qui come avverbio sostantivato). In italiano non esiste un avverbio del genere.

16/9/2019 - 17:54




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