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Anarkistmarsch

Victor Arendorff
Lingua: Svedese


Victor Arendorff

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Text / Testo / Lyrics / Paroles / Sanat: Victor Arendorff (1878-1958)
Musik / Musica / Music / Musique / Sävel: Socialisternas Marsch [?]

La foto segnaletica di Victor Arendorff, prigioniero n° 1093<br />
Victor Arendorff's mugshot, prisoner nr 1093
La foto segnaletica di Victor Arendorff, prigioniero n° 1093
Victor Arendorff's mugshot, prisoner nr 1093


Victor Arendorff era nato il 27 aprile 1878 a Stoccolma da una famiglia borghese; suo padre era uno stimato commerciante di pellicce in un paese dove fa freddo e le pellicce si vendono bene. Succede a volte che i figli della borghesia mandino tutto al diavolo, e così successe al giovane Arendorff, che ruppe tutti i legami con il suo ambiente diventando un anarcosindacalista convinto. In un primo momento lavorò come giornalista, nel 1896, per il quotidiano Stockholms Dagblad, che era orientato a destra; se ne stancò presto, cominciando a scrivere per riviste sindacali, socialiste e anarchiche (tra le quali il famoso Brand e il socialista Arbetaren). Rotto ogni legame con la famiglia, non aveva di che campare e dove vivere: non molto dopo fu arrestato per vagabondaggio e condannato a sei mesi di carcere. Uscito, adottò lo pseudonimo di “Captivus” (“prigioniero” in latino).

Victor Arendorff divenne uno dei primi “Klarabohemer”, divenendo una sorta di istituzione nel quartiere Klara di Stoccolma, il “rione anarchico” dove si riunivano poeti, scrittori, bevitori, gli emarginati dell'epoca; tra di loro, autori come Helmer Grundström, Emil Hagström e il più celebre di tutti, Nils Ferlin. Nils Ferlin era non solo uno dei migliori amici di Victor Arendorff, ma anche un suo ammiratore entusiasta. Nel frattempo, però, Victor Arendorff viveva letteralmente come un barbone, dormendo spesso su panchine al parco Haga di Solna. Gran bevitore di birra, era perennemente indebitato coi caffè e i bar di Klara. Per fare qualche soldo, escogitò un sistema degno di lui: vendette al Dagens Nyheter, il più importante quotidiano di Stoccolma, la notizia della sua “dipartita” (bortgång), compreso l'annuncio funerario. Alcuni giorni dopo andò all'Arbetaren, quotidiano per il quale aveva scritto in gioventù, e gli vendette la notizia della sua resurrezione. La quale fu pubblicata. Alla fine fu messo in un ospizio pubblico a Stureby, dove morì il 16 febbraio 1958.

La data di composizione della “Marcia Anarchica” è ignota, ma deve appartenere alla gioventù di Victor Arendorff. Si indovinano le pulsioni e le speranze di un ventenne. Pur costretta, com'era usuale all'epoca per tutti i canti anarchici di ogni paese (si pensi anche a quelli italiani!) da un linguaggio poetico e arcaico, la Anarkistmarsch (nota anche, interscambiabilmente, come Socialistmarsch) ha una forza infuocata. Se non ci credete, ascoltatela nella versione dei Delegaterna, che è del 2014. E si guardi bene la copertina dell'album. E un bicchierone di qualcosa (che non sia acqua) alla salute di Victor Arendorff, anarchico e beone svedese senza un soldo e con tutta la ricchezza del mondo. [RV]
Vi veta vår väg och vi veta vårt mål,
där marschen av oss skall gå fram.
Mot hinder vi resa vår vilja av stål,
ty rygga tillbaka är skam,
och aldrig vi tröttna, fast vägen är svår,
som leder till frihet och vår.

Kamrater, vi samlas och länkas ihop
av tron, att vi segra en gång.
På frihet vi höja vårt skallande rop,
-om frihet skall sjunga vår sång.
Vi gå som i fjättrar. Snart resa vi oss
och fjättrarna spränga vi loss.

Vi föddes till världen och världen oss bjöd
att träla för andra, men vi
ha tröttnat att leva i svält och i nöd.
Vi kunna ej slavar förbli!
Vi blygas att veta som människor, hur
vi sämre behandlas än djur.

De händer, som valkats i möda och id,
ej räckas att tigga om lön,
men -gäller det! -kunna de knytas till strid,
och striden blir härlig och skön!
Ty rätt är att slåss, när som penningemakt
vår rätt har med bojor belagt.

Vi vilja istället för mörker ha ljus.
Vi veta, att livet är rikt.
Vi gå dock i armod. -Kamrater i blus,
hur kunna vi tåla väl slikt?
Ack, söner och döttrar av träldom, -vår jord
oss bjuder sitt dukade bord!

Vår lära är inte en blå fantasi
av tomma och frasgranna ord.
En dröm är den dock, som skall verklighet bli
med frihet och rätt på vår jord.
Den drömmen ger styrka och märg åt vårt hopp,
att snart skall vi resa oss opp.

Var man, som får slava i armod och brist,
var kvinna som härjas i nöd! -
stig in i vår här som en sann anarkist
och kämpa för frihet och bröd!
Ty inget man vinner, om inget man vill
och reser sig upp att slå till.

Vi fattiga äro, men rika på hopp:
vår seger är given till slut,
så sant som ur spädaste, vårfrusna knopp
den fagraste blomma slår ut.
Det är anarkismens, vår kärleks, idé
att frihet åt människorna ge!

inviata da Riccardo Venturi - 28/5/2019 - 12:37



Lingua: Italiano

Traduzione italiana / Italiensk översättning / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 28-05-2019 12:38

MARCIA ANARCHICA

Sappiamo la nostra strada, sappiamo il nostro scopo,
dove continuerà ad avanzare la nostra marcia.
Contro gli ostacoli innalziamo la nostra volontà d'acciaio
perché indietreggiare è una vergogna,
e mai ci stanchiamo benché sia duro il cammino
che mena alla libertà e alla primavera.

Compagni, ci raccogliamo e uniamo assieme
nella fede che un giorno vinceremo.
Alla libertà innalziamo il nostro grido rombante,
- canteremo la nostra canzone di libertà.
Andiamo come in catene. Presto insorgeremo
E le catene le spezzeremo.

Siamo nati al mondi, e il mondo ci ha offerto
di essere schiavi altrui, ma noi
siamo stanchi di vivere nella fame e nel bisogno.
Non possiamo restare schiavi!
Come esseri umani, ci vergogniamo di sapere
Che saremo trattati peggio di animali.

Le mani incallite faticando e sgobbando
non devono essere tese per mendicare un salario,
ma, è importante!, possono unirsi nella lotta
e la lotta diverrà possente e bella!
Perché è giusto combattere quando il potere finanziario
ha messo il nostro diritto in catene.

Invece delle tenebre vogliamo la luce.
Sappiamo che la vita è ricca.
Eppure, andiamo in miseria. Compagni in camicia, [1]
come possiamo sopportare una cosa del genere?
Ah, figli e figlie della schiavitù, la nostra terra
ci offre la sua tavola imbandita!

Quello in cui crediamo non è una fantasticheria
fatta di vuoti paroloni.
Eppure è un sogno che si farà realtà
con libertà e diritto sulla nostra terra.
Quel sogno dà forza e midollo alla speranza che abbiamo
che presto insorgeremo.

Ognuno che è schiavo nella miseria nera,
ogni donna devastata dal bisogno! -
entri nelle nostre schiere come vero anarchico
e combatta per la libertà e per il pane!
Perché non si ottiene nulla se nulla si vuole
e non si insorge per lottare.

Noi poveri siamo, ma ricchi di speranza:
è certo che alla fine vinceremo,
così come è certo che dal boccio più tenero
e gelato in primavera spunta il più bel fiore.
Questa è l'idea anarchica, l'idea del nostro amore
che alla gente dona libertà!
[1] Nel senso: "che hanno solo la camicia".

28/5/2019 - 12:39




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