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História pra ninar gente grande

Estação Primeira de Mangueira
Lingua: Portoghese (Brasiliano/Brasileiro)


Estação Primeira de Mangueira

Lista delle versioni e commenti


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2019
marielle

«Mio caro/nero Brasile lascia che ti racconti / La storia che la storia non racconta / Il rovescio dello stesso luogo / È nella lotta che ci troviamo». Comincia con queste parole il nuovo samba vincitore del titolo di campione del Carnevale di Rio 2019 e che già metà ottobre dell’anno scorso la Estação Primeira de Mangueira aveva deciso che avrebbe presentato a febbraio e marzo 2019 nel Sambódromo “Marquês de Sapucaí“ di Rio de Janeiro. Il titolo è significativo: “História pra ninar gente grande”, ossia “Storia per cullare persone grandi” ed ha visto la collaborazione di sei autori: Danilo Firmino, Deivid Domênico, Mamá, Márcio Bola, Ronie Oliveira, Tomaz Miranda. Quest’ultimo aveva presentato il samba con queste parole: «Siamo stati scelti a Mangueira per onorare la memoria di Marielle Franco e dell’autista Anderson Gomes e per cantare tutta la lotta che deve ancora venire». La notte del 14 marzo 2018, Marielle Franco e Anderson Gomes erano stati assassinati da uomini armati che avevano assaltato l’auto della consigliera comunale di Rio incaricata proprio dal Consiglio comunale di relazionare sulle violenze nelle zone più povere di Rio. Fondatrice e partecipante di un gruppo di samba, Se Benze que Dá, con ritrovo nel Bar Lilás (Maré), Marielle Franco era molto conosciuta per il suo attivismo in difesa dei più poveri e dei diritti delle donne, della popolazione nera e LGBTQ, Marielle è anche l’esempio di chi, nata nella favela Maré, è riuscita, nel 2014, a completare una laurea magistrale presso l’Università Federale Fluminense e a lavorare in modo coraggioso e costruttivo per le comunità discriminate di Rio. La sua tesi affronta proprio l’impatto delle cosiddette “unità di pacificazione” sulle “favelas” di Rio: “UPP a redução da favela a três letras: uma análise da política de segurança pública do Estado do Rio de Janeiro”, scaricabile gratuitamente da uno dei più prestigiosi portali delle scienze sociali latinoamericane. 

Il fatto che i quattro colpi di mitragliatrice HK MP5 che l’hanno assassinata indichino armi in dotazione alle forze speciali di Polizia e che, a quasi un anno di distanza, l’inchiesta ufficiale non abbia identificato né mandanti né esecutori. Ben venga, quindi, il samba, allegro nella musica e di chiara denuncia nel testo, da Mangueira porta a Sapucaí e all’attenzione generale questi omicidi e più in generale il clima di repressione che sta vivendo Rio de Janeiro con il sindaco evangelico Marcelo Crivella e il Brasile con il governo a guida militarista, razzista ed omofobica di Jaír Bolsonaro. Anche la vedova di Marielle Franco, Mônica Benício ha partecipato al lancio del brano. Nell’occasione, una delle ballerine della scuola di samba, Claudiene Esteves ha così riassunto un sentire comune: "Per la prima volta scegliamo di essere rappresentate da un bel samba che parla di donne che lottano e narra una storia che non viene narrata nei libri di storia del Brasile". La storia stessa della Estação Primeira de Mangueira merita di essere meglio conosciuta. Fondata, con bandiera verde-rosa, nel 1928 in una delle zone più povere del nord di Rio, non lontano dallo stadio Maracanã. Fra i fondatori c’erano personaggi chiave della storia del samba come il compositore Carlos Cachaça e il giornalista e “giudice” delle sfilate Zé Espinguela. Come primo direttore venne scelto l’allora ventenne Angenor de Oliveira “Cartola”, da molti considerato il più importante musicista e compositore di samba, autore di classici come “As Rosas não Falam” e “O Mundo É um Moinho”. Proprio con le sue composizioni, fin dagli anni ‘30 questa scuola di samba si è guadagnata premi e posizioni di primo piano nel carnevale di Rio. Il cantante simbolo della Estação Primeira de Mangueira rimane José Bispo Clementino dos Santos, “Jamelão”, morto nel 2008 a 95 anni. Dal 1949 al 2006, la sua voce potente ha condotto i samba-enredo di Mangueira (il samba con cui la scuola si presenta e compete con le altre nella sfilata di carnevale) guadagnandosi nel 2001 dalla Presidenza della Repubblica una medaglia per meriti culturali. 

Resta mitica l’edizione del Supercampionato, del 1984 che inaugurò il nuovo Sambódromo. Le due scuole più competitive conquistarono un premio (di campione) a testa, Portela la domenica con “Contos de areia” e Mangueira il lunedì di carnevale con “Yes, Nós temos Braguinha”. A riprova che si fa fatica a chiudere il periodo di carnevale, queste due scuole e la Mocidade Independente con “Mamãe, eu quero Manaus” furono invitate il sabato successivo ad una nuova sfilata in cui si disputarono il Supercampionato: vinse Mangueira che ebbe un tale successo da non fermarsi nella Praça da Apoteose dove era previsto l’arrivo e fu spinta a ripercorrere l’avenida della sfilata. Portela vanta, però, di essere stata scelta ben 22 volte come campione del carnevale rispetto alle 20 volte di Mangueira (la penultima nel 2016 con “A menina dos olhos de Oyá” dedicata a Maria Bethânia). Anche a São Paulo, la scuola di samba più medagliata, la Vai-Vai, dalla zona popolare di Bixiga, ha dedicato a Marielle Franco, il suo “O Quilombo do Futuro”, interpretato da Grazzi Brasil: Vai-Vai ospita nel proprio sito un video-messaggio della sorella di Marielle, Anielle, e ha invitato i membri della sua famiglia nella propria sfilata. Già il carnevale del 2018 era stato caratterizzato a da molti samba di critica sociale: a Rio la scuola di Beija Flor conquistò il suo 14° campionato denunciando la corruzione; Paraíso do Tuiuti si classificò vice-campione nel “gruppo speciale” affrontando il tema della schiavitù e criticando l’allora governo governo Temer e l’ ”impeachment” dell’ex-presidentessa Dilma Rousseff; al terzo posto si classificò Salgueiro, denunciando la condizione delle donne nere. In quell’occasione, la Estação Primeira de Mangueira si classificò quinta criticando severamente il sindaco di Rio Marcelo Crivella. 
blogfoolk.com
Brasil, meu négo
Deixa eu te contar
A história que a história não conta
O avêsso do mesmo lugar
Na luta é que a gente se encontra

Brasil, meu dengo
A Mangueira chegou
Com versos que o livro apagou
Desde 1500
Tem mais invasão do que descobrimento
Tem sangue retinto pisado
Atrás do herói emoldurado
Mulheres, tamoios, mulatos
Eu quero um país que não está no retrato

Brasil, o teu nome é Dandara
Tua cara é de cariri
Não veio do céu
Nem das mãos de Isabel
A liberdade é um dragão no mar de Aracati

Salve os Caboclos de Julho
Quem foi de aço nos anos de chumbo
Brasil, chegou a vez
De ouvir as Marias, Mahins, Marielles, Malês

Mangueira, tira a poeira dos porões
Ô, abre alas pros teus heróis de barracões
Dos Brasis que se faz um país de Lecis, Jamelões
São verde-e-rosa as multidões

inviata da Dq82 - 9/3/2019 - 23:05



Lingua: Italiano

Traduzione italiana e note / Tradução italiana e notas / Italian translation and notes / Traduction italienne et notes / Italiankielinen käännös ja huomautukset:
Riccardo Venturi, 13-3-2019 00:07

Due parole del traduttore. Si tratta di un testo difficilissimo, non tanto per il linguaggio (un normale brasiliano carioca con venature del Nord), quanto per i riferimenti storici e culturali ad eventi e personaggi “cancellati dai libri” e che, quindi, sono probabilmente poco noti alla maggior parte dei brasiliani stessi. Ma l'intento del brano è proprio quello di rimetterli in vasto circolo in un Brasile caduto in preda al bolsonarismo. Da qui la moltitudine e l'ampiezza delle note, che mi sono costate giorni di ricerche. Vi potranno ovviamente essere imperfezioni, ma si tratta probabilmente anche della prima traduzione integrale annotata fatta di questo brano in una qualsiasi lingua: feci quod potui. In generale, mi sembra che sia passata fuori dal Brasile l'idea che sia un testo incentrato su Marielle Franco, che resta comunque una delle figure presenti nel testo; ma si tratta di molto di più. E' la “storia cancellata” del Brasile, la storia di popolazioni indigene che hanno lottato contro la colonizzazione e che sono state eliminate, sterminate. Una storia che non è cessata. In ultimo, un'avvertenza: chiunque desiderasse tradurre questo testo in una qualche altra lingua, dovrà tradurre integralmente anche le note, senza le quali risulterebbe del tutto incomprensibile.
NINNA NANNA PER ADULTI

Brasile, tesoro mio,
Lascia che ti racconti
La storia che la Storia non racconta
L'opposto dello stesso posto
È nella lotta che ci si trova

Brasile, dolcezza mia
È arrivata la Mangueira
Con versi cancellati dai libri
Fin dal 1500
C'è più invasione che scoperta
C'è sangue negro calpestato
Dietro l'eroe incorniciato
Donne, tamoios [1], mulatti
Voglio un paese non da cartolina

Brasile, il tuo nome è Dandara [2]
Hai la faccia da cariri [3]
Non è venuta dal cielo
E né dalle mani di Isabel [4]
La libertà è un drago nel mare di Aracati [5]

Salve, Meticci di Luglio [6]
Ecco chi fu d'acciaio in quegli anni plumbei
Brasile, stavolta è ora
Di Ascoltare le Marie, le Mahin, le Marielle, i Malês [7]

Mangueira, spolvera gli scantinati
Oh, apri i porticati dei templi ai tuoi eroi da baraccone
Del multiforme Brasile [8] che diventa un paese di Leci [9], di Jamelão [10],
Sono verdi e rosa, le folle.
[1] I Tamoios erano la tribù indigena che abitava la costa da Santos a Espírito Santo (ci andarono giù pesi i colonizzatori portoghesi con la nuova toponomastica cattolica...) al tempo della “scoperta”, nell'esatto anno 1500. I Tamoios erano una tribù di etnia Tupi: tutte le tribù (Tupiniquim, Tupinambá, Potiguara, Tabajara, Caetés, Temiminó, Tamoios...) parlavano la medesima lingua, ma non risulta che si riconoscessero in un'identità comune. Praticavano tutte un'agricoltura piuttosto avanzata. Tra tutte le tribù, i Tamoios si facevano notare per il loro spirito bellicoso e per il valore in guerra.

[2] Dandara è stata una guerriera afro-brasiliana del periodo coloniale del Brasile. Faceva parte del Quilombo dos Palmares, un insediamento di afro-brasiliani liberatisi da soli dalla schiavitù nell'attuale stato di Alagoas, dopo una rivolta e una dura lotta. Dandara fu catturata il 6 febbraio 1694, e si suicidò piuttosto che tornare ad essere schiava. Rimane una figura misteriosa: non molto si sa della sua vita, nonostante si siano formate su di lei leggende che narrano tutto e il contrario di tutto. Era la sposa di Zumbi dos Palmares, l'ultimo re del Quilombo, da cui aveva avuto tre figli. La lotta di liberazione del gruppo di schiavi venne condotta da uomini e donne per difendere Palmares, il luogo dove si erano rifugiati e stabiliti nella Serra da Barriga (un'area quasi inaccessibile a causa della vegetazione impenetrabile). Padrona delle tecniche della Capoeira, combatté in parecchie battaglie; si ignora se fosse nata in Brasile o in Africa.

[3] Il riferimento è agli indios della famiglia linguistica cariri (diversa da quella Tupi), formata da diverse etnie che occupavano una grossa area del Nordest brasiliano. Il testo si riferisce più in particolare alla Confederação dos Cariris, nota anche come “Guerra dei Barbari” (Guerra dos Bárbaros), un movimento di resistenza indigena al dominio portoghese a cavallo tra il XVI e il XVII secolo. Furono coinvolte soprattutto etnie cariri dell'attuale stato del Ceará, ma anche del Rio Grande do Norte, del Pernambuco e del Paraíba.

Lo storico Luiz Antônio Simas li ha descritti come “valorosi combattenti contro la presenza portoghese. Furono decimati in una guerra condotta dai bandeirantes comandati da Domingo Jorge il vecchio, lo stesso che combatté a Quilombo dos Palmares” (v. nota 2). Secondo Leandro Vieira, l'autore di questo testo, “I cariri erano talmente coraggiosi e ben organizzati, che lo stato coloniale dovette richiamare le truppe che combattevano a Quilombo dos Palmares per contenere l'avanzata degli indios”.

In ultimo, da segnalare la curiosa evoluzione del termine cariri nei dialetti del Brasile settentrionale: significa “sforzo, fatica”. Un'evoluzione nata probabilmente dalle fatiche durate per sconfiggere i cariri secoli prima.

[4] Nel 1888, l'anno prima della fine dell'Impero Brasiliano (l'imperatore Pedro II fu deposto nel 1889, se ne andò in esilio a Parigi e fu instaurata la Repubblica), la principessa Isabel firmò la cosiddetta Lei Áurea (Legge Aurea) con la quale si aboliva la schiavitù in tutto il Brasile. Ma già quattro anni prima, nel 1884, lo stato del Ceará la aveva abolita motu proprio; rimando a questo punto alla successiva nota 5.

[5] Francisco José do Nascimento, noto come “Chico da Matilde” (“Cecco della Matilde”, si direbbe in italiano; la Matilde era sua madre), di mestiere faceva il pilota di zatteroni. Vissuto tra il 1839 e il 1914 nello stato del Ceará (v. nota 4), fu un combattente per l'abolizione della schiavitù. Si guadagnò l'appellativo di “Drago del Mare” (Dragão do Mar), cui si fa preciso riferimento nel testo, dopo aver guidato una rivolta di piloti di zattere per impedire che i porti del Ceará fossero utilizzati per l'imbarco e lo sbarco degli schiavi. La sua frase più celebre fu: “Nei porti del Ceará non si imbarcano più schiavi”. Era nato a Canoa Quebrada, nel distretto di Aracati (il “Mare di Aracati” nel testo); oltre a guidare la rivolta degli zatteristi, accolse schiavi in casa sua e agì per la diffusione del movimento abolizionista nel Ceará, facendogli acquistare una grande forza e rendendolo una figura mitica. E' grazie a lui, e non alle “mani di Isabel” (v. sempre la nota 4) che la schiavitù fu abolita in Brasile e, primo di tutti (1884) proprio nel Ceará. Chico da Matilde è ancora oggi un simbolo di resistenza popolare. A Fortaleza, il centro artistico e culturale della città è stato chiamato Centro Dragão do Mar in suo onore.

[6] Con “Meticci di Luglio” si fa riferimento agli indigeni che lottarono nella guerra di indipendenza brasiliana nello stato di Bahia. Tuttora, in questo stato, il “caboclo” (propriamente: “bruno, abbronzato”, dal tupi caaboc) è il simbolo dell'indipendenza dalla corona portoghese. Il Brasile la ottenne il 2 luglio 1823 (per questo i meticci, o indigeni, sono “di Luglio”), anche se era stata proclamata un anno prima, nel 1822, da Dom Pedro I che assunse poi nientepopodimeno che il titolo di Imperatore. In quell'anno si svolsero battaglie sanguinose contro i portoghesi che non accettavano la secessione della colonia.

La storica Heloisa Starling ha affermato che “nel Bahia si trattò di un movimento molto interessante, perché ebbe una chiara partecipazione popolare. Il Bahia è orgoglioso di avere riunito indios, schiavi liberati, bianchi e vari settori della società brasiliana nella lotta che portò al 2 luglio. Il meticcio è una rappresentazione simbolica della presenza degli indios in questa lotta.”

[7] Prima di ogni altra cosa, è in questo verso (quasi interamente dedicato a figure femminili) che si fa l'unico reale riferimento a Marielle Franco.

Non ho reperito purtroppo nessun dato certo su “Maria”. Si tratta comunque quasi sicuramente di una schiava.

“Mahin” è Luiza Mahin, considerata come un'importante leader nei movimenti contro la schiavitù nello stato di Bahia all'inizio del XVIII secolo, e combattente nella rivolta dei Malês (v. infra), un'insurrezione di schiavi che scoppiò a Salvador de Bahia nel 1835. “Mahin” non è un cognome, ma un appellativo etnico: si riferisce ai Mahi, popolazione africana del Benin, dalla quale Luiza discendeva. Non si sa se fosse nata in Brasile o nella Costa da Mina, la regione africana sul Golfo di Guinea dalla quale proveniva la maggior parte degli schiavi deportati in Brasile e nel resto dell'America Latina.

La biografia di Luiza Mahin si confonde tra storia e leggenda. Sarebbe stata comunque una schiava che era riuscita a comprarsi la libertà pagandola con il suo commercio di specialità gastronomiche a Salvador, che lei stessa preparava con sapienza culinaria. Luiza Mahin è ritratta nel romanzo storico Um defeito de cor di Ana Maria Gonçalves, e oggetto di studi storici da parte di João José Reis, l'autore del saggio Rebelião escrava no Brasil. Il fatto è che Reis, il maggiore studioso della rivolta dei Malês, non ha reperito alcun riferimento certo su di lei, intendendo un riferimento documentale; a suo parere, Luiza Mahin può essere “un misto tra una figura realmente esistita, fantasia narrativa e mito libertario”.

Il poeta abolizionista Luiz Gama tentò di farla passare per sua madre in una lettera in cui la descriveva come una donna “dalla pelle nerissima e secca” e con “denti bianchissimi come la neve”, “superba, geniale, insofferente e vendicativa”. Ma secondo la storica Heloisa Starling, si tratterebbe di una pura invenzione di Luiz Gama. Luiza Mahin resta comunque una figura simbolica e importante per il movimento abolizionista.
Con Malês (termine derivato dalla lingua hausa málami “professore; signore”, o dallo yoruba imale “musulmano”) si indicavano, nel Brasile del XIX secolo, i negri musulmani che conoscevano la lingua araba e la sapevano scrivere. Quasi sempre erano assai più istruiti e colti dei loro padroni e, nonostante la loro condizione di schiavi, non erano affatto sottomessi. Nella storia brasiliana, sono stati i protagonisti della “Rivolta dei Malês” che ebbe luogo nel 1835 nel Bahia, dove viveva la loro maggior parte.

Tra il XVI e il XIX secolo non esistette alcuna libertà religiosa in Brasile. Chi non era cattolico, doveva convertirsi; la repressione fu durissima. In un primo momento, i Malês resistettero alla conversione forzata, cercando di mantenere la loro fede e la loro cultura. Si servivano principalmente di una resistenza spirituale (dissimulazione religiosa), già utilizzata dai musulmani sciiti: l'al' tagiyya (“guardarsi” in arabo), così chiamata dai teologi islamici.

I Malês erano stati deportati in Brasile a cominciare dalla fine del XVIII secolo, venduti dai vincitori di guerre locali. Una gran quantità arrivò in seguito alla guerra dichiarata nel 1804 dallo sceicco Usman Dan Fodio (1754-1817), leader islamico dei Ful (fulani, fulƂe nella lingua locale) contro gli Hausa. Quasi tutti erano originari del Sudan, ed appartenenti a vari gruppi etnoculturali. In Brasile furono conosciuti, oltre che come Malês, anche come Mussurumim. Si convertirono fintamente al cattolicesimo, continuando a praticare in segreto la loro fede ancestrale.

La rivolta del 1835 scoppiò durante il Ramadan. Sconfitti e massacrati per le strade di Salvador, dovettero lottare in diversi casi anche contro l'ostilità di altri schiavi. Tra i superstiti, molti riuscirono a tornare in Africa, stabilendosi nel Benin. Tra chi rimase in Brasile, alcuni se ne andarono a Rio de Janeiro, e altri rimasero a Salvador dove persero gradualmente la loro identità culturale e religiosa, e la conoscenza dell'arabo.

[8] Così ho reso l'originale dos Brasis, letteralmente “dei Brasili”, che però presenta un verbo al singolare (que se faz um país). E' un Brasile veramente multiforme quello che si presenta qui davanti agli occhi; multiforme ma che è un tutt'uno inestricabile.

[9] Il riferimento è a Leci Brandão.

[10] Qui il riferimento è invece a Jamelão, vale a dire José Bispo Clementino dos Santos (1913-2008), un altro importantissimo e tradizionale interprete di sambas-enredo della scuola Mangueira. Ne fu interprete dal 1949 al 2006, e dal 1952 interprete principale. E' morto all'età di 95 anni pur essendo diabetico grave e iperteso. In queste due figure, Leci e Jamelão, Leandro Vieira riassume il “multiforme Brasile”, la sua storia cancellata e le sue lotte, e contemporaneamente fa un omaggio al samba di scuola Mangueira visto come espressione e fabbrica di resistenza sociale e memoria storica. Non è un caso che a Jaír Bolsonaro il samba piaccia molto poco.

13/3/2019 - 00:08


DUE EX POLIZIOTTI ARRESTATI IN BRASILE PER L'OMICIDIO DI MARIELLE FRANCO
L'attivista, consigliera comunale di Rio, era nota per le sue battaglie in difesa dei diritti civili. I magistrati: "Omicidio premeditato, Franco giustiziata sommariamente a causa delle sue azioni politiche"
Repubblica Online 12-3-2019

marfran


RIO DE JANEIRO - Due ex agenti della Polizia Militare. Gente decisa, famosa per i metodi spicci e per il grilletto facile. Un passato nell’esercito, nei gruppi speciali antisequestri , molti encomi, mai indagati, poi al servizio delle milizie paramilitari di Rio come sicari. Si chiamano Ronnie Lessa, 48 anni, agente in pensione e Elcio Vieira de Queiroz, ex poliziotto cacciato dal corpo. 46. Sono gli assassini di Marielle Franco e Anderson Gomes, la consigliera comunale e attivista per i diritti umani e il suo autista, entrambi fulminati in un agguato nel centro della capitale carioca il 14 marzo del 2018. Sono stati presi stamani alle 4 nelle loro case. Ronnie Lessa viveva nello stesso condominio del presidente Jair Bolsonaro, a Barra de Tijuca, nella zona sud di Rio. Ma è solo una coincidenza.

A due giorni dalla ricorrenza del mortale attentato che scosse in profondità l’intero Brasile, la Divisione Omicidi della Polizia (DH) e il Gruppo di azione speciale per la lotta alla criminalità organizzata (GAECO/MPRJ) imprimono una svolta decisiva ad una inchiesta che sembrava arenata su una landa deserta. Un paio di arresti contestati cinque mesi fa, la certezza che i proiettili usati facevano parte di un lotto di cartucce destinato alla Polizia Militare ma rubato, continui cambi di rotta nelle indagini, scontri tra i diversi corpi di polizia impegnati. L’amara sensazione che il duplice omicidio scoperchiasse complicità e connessioni tra potere politico, milizie e polizia per essere indagato a fondo e risolto. Il lavoro degli inquirenti, coordinati da due coraggiosi magistrati, ha invece restituito parte di giustizia ad una donna che è diventata il simbolo dei diritti degli ultimi e che ha pagato con la vita il suo impegno per denunciare gli abusi della polizia militare nelle favelas. Secondo i Pm Simone Sibilio e Leticia Emile, Lessa avrebbe materialmente sparato a Marielle e Anderson mentre Elcio era alla guida della macchina usata dal commando. A bordo c’era anche un terzo sicario che non è stato ancor individuato. Ma è questione di ore. “È indiscutibile”, scrive il giudice Gustavo Kalil nel provvedimento restrittivo, “che Marielle Francisco da Silva sia stata giustiziata sommariamente a causa delle sue azioni politiche in difesa delle cause che sosteneva. La barbarie praticata nella nonotte del 14 marzo 2018 fu un duro colpo per lo Stato di diritto democratico”.

L’agguato è stato preparato con cura almeno tre mesi prima. Aveva anche un nome in codice: Operação Buraco do Lume, lo stesso usato da Marielle per il suo ufficio dove sorgeva l’Osservatorio sulla violenza da lei creato e il progetto sulle donne Lume Feminista. È stato grazie ad un lavoro lungo e complesso di ricerca dei dati sulla rete cellulare se si è arrivati ai due sicari. Lessa si era munito di un telefono usa e getta, un cosiddetto “cespuglio” acquistato fornendo il codice fiscale (CPF) di un terzo. Rintracciarlo era impossibile. Bisognava immortalare il cellulare dell’ex poliziotto sulla scena del crimine.

Per farlo la squadra informatica ha fatto una triangolazione e tramite l’ERBS, l’antenna che raccoglie i segnali delle celle, hanno individuato tutti i telefoni che erano attivi lungo il percorso fatto da Marielle da quando ha lasciato il Comune fino al luogo dell’agguato. Erano molti. Ma lavorando sui tempi di percorrenza e confrontandoli con le immagini della telecamera di sorveglianza che aveva inquadrato l’auto degli assassini, gli investigatori hanno individuato quello giusto. Corrispondeva a quello in uso a Lessa. Nel momento degli spari il segnale arrivava dalla macchina del commando. Dai dati del cloud, rimasti impressi, sono riusciti ad aprire la memoria dell’assassino e a scoprire che era già stato poche ore prima sotto la casa di una donna dove Marielle Franco aveva tenuto una riunione.

Per dare nuovo impulso alle indagini, l’inchiesta era stata divisa in due tronconi: la prima sui killer, la seconda sui componenti il commando e i mandanti. Gli arresti di stamani sono il frutto del lavoro sulla prima. A molto servite le dichiarazioni di testimoni, le soffiate raccolte in giro, alcune ammissioni di detenuti coinvolti nell’operazione. Ma l’agguato subito da Lessa un mese dopo il duplice omicidio in una trappola con un ex collega dei vigili del fuoco, a Barra de Tijuca, aveva allertato i sospetti degli inquirenti. I due avevano reagito agli spari dell’aggressore mettendolo in fuga a colpi di pistola. Sembrava un’azione per liquidare un killer scomodo. Lessa si era beccato una fucilata ma dopo essere stato curato in ospedale si era dimesso senza lasciare alcuna denuncia. Il suo era un nome noto alla polizia.

Nel 2009 aveva subito un altro attentato a Bento Ribeiro, quartiere difficile di Rio. Gli avevano piazzato una bomba nella Toyota blindata che stava guidando. L’ordigno era esploso, lui se l’era cavata ma aveva perso una gamba che adesso era stata sostituita con una protesi. Le sue condizioni fisiche lo portarono in pensione. Ma era ancora giovane, conosciuto e famoso nell’abilità dell'uso delle armi lunghe, fucili automatici soprattutto. La polizia lo sopportava come ex collega ma gli ha sempre chiuso le porte. Si è aperta la strada più redditizia delle milizie. Lessa aveva tutte le caratteristiche per guidarne una come responsabile militare. Si è fatto valere, ha portato a termine numerosi incarichi. Non deludeva mai. Ci è riuscito anche con Marielle Franco. Ha centrato i suoi obiettivi e ha incassato il compenso da chi gli aveva assegnato l’appalto mortale. Quello rimasto nell’ombra.

Riccardo Venturi - 12/3/2019 - 16:15


Grazie, grazie mille per questo lavoro. Sono emozionata !

Monica Dos Santos - 16/12/2020 - 18:44




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