Nave, tu porti un carico
d’intemerata fede,
gente che spera e crede
nel sol di libertà.
Vai verso la vittoria
carica di catene,
navighi fra le pene
verso la libertà.
Fame, torture, scariche,
sibili di staffili,
non ci faranno vili:
viva la libertà!
Sorge la nuova Europa
in mezzo a tanti mali,
e un popolo d’eguali
nasce alla libertà.
d’intemerata fede,
gente che spera e crede
nel sol di libertà.
Vai verso la vittoria
carica di catene,
navighi fra le pene
verso la libertà.
Fame, torture, scariche,
sibili di staffili,
non ci faranno vili:
viva la libertà!
Sorge la nuova Europa
in mezzo a tanti mali,
e un popolo d’eguali
nasce alla libertà.
inviata da Dq82 - 17/1/2019 - 13:26
×
Sull'aria de "Il ponte di Bassano"
La breve storia di una nave, di una canzone e di una associazione
Le torture della Banda Carità, ma nessuno parlò mai. Ogni anno l’incontro tra gli ex detenuti
I padovani conoscono certamente via S. Francesco, percorrendo la quale passano davanti a Palazzo Giusti (al n. 83). Esso fu abitato, a quanto pare, già in epoca medievale da una comunità religiosa. Nel secolo XV fu residenza della famiglia Orsato, e successivamente dei Lazara (una delle più illustri casate della Città), che ospitarono nel 1574 Enrico di Valois – re di Polonia – divenuto Enrico III re di Francia. Nel 1870 lo acquistava il conte veronese Gerolamo Giusti del Giardino. Vi fu ospite Vittorio Emanuele III, durante la sua lunga permanenza a Padova nel 1917-’18.
Nel 1944 il palazzo fu confiscato dalla Banda Carità, corpo speciale segreto e di torturatori della Polizia Fascista.
Su quanto avvenne fra l’ottobre del 1944 e l’aprile del 1945 c’è una ricca bibliografia, opera di quanti si occuparono delle vicende della citata “Banda Carità” e delle violenze (nonché degli assassini) da essa perpetrati. I primi padovani arrestati furono il prof. Adolfo Zamboni e l’avv. Sebastiano Giacomelli; agli uomini della “Banda” va imputata l’uccisione di Otello Pighin “Renato”, di Franco Sabatucci e di Corrado Lubian. In questa sede, come dice il titolo, molto modestamente cercheremo di soddisfare una curiosità: di dove deriva, su una lapide murata di fianco al portone d’ingresso del Palazzo, la figura di una nave, con le quattro strofe di una poesia intitolata La canzone della nave?
Per rispondere alla domanda, dobbiamo fare un passo indietro. Dopo gli arresti di novembre e dicembre 1944 e soprattutto dopo la retata che portò a Palazzo Giusti tutto il CLN Regionale (con in testa il prof. Meneghetti), i prigionieri raggiungevano la settan-tina. Diremo, tra parentesi, che complessivamente il numero degli arrestati raggiunse i 130, anche se le varie ... permanenze furono di pochi giorni (e per taluno di ore), per altri di settimane e mesi. Aumentano i reclusi, mancano le celle. Il maggiore Carità dispone per i lavori necessari. Bisogna aggiungere celle a quelle già esistenti nel palazzo: ecco le scuderie. Si approntano cinque celle, misure m 1,80 x1,10. Ciascuna è destinata a tre persone su cucce sovrapposte. Impossibile passeggiare all’interno: bisognava stare sdraiati sulle nude tavole. Siamo tra la fine di gennaio e i primi di febbraio: si pensa di dare un nome alla nostra dimora. La proposta proviene da qualcuno per il quale le celle ricordavano le cabine di una nave... il nome fu accolto per il momento e per il futuro. Commenta Boscardin: «Siamo a bordo del Conte Giusti, garantito contro il rullio e il beccheggio; ti fanno le cure elettriche contro il mal di mare; viaggi gratis, ecc. ecc.». E aggiunse poi: «Nave era sul serio. Una nave travagliata, ma impavida contro ogni tempesta... E la mèta era luminosa».
Ispirandosi alla “nave”, Egidio Meneghetti improvvisò una canzone sull’aria del Ponte di Bassano che cominciò ad essere cantata dai detenuti alla sera prima del sonno e alla mattina prima del risveglio. Il maggiore Carità che aveva sequestrato a Gino Cerchio il testo della canzone, s’infuriò per il contenuto della terza strofa, che documentava i maltrattamenti e le torture, minacciando rappresaglie. Fu perciò deciso di
sostituire la strofa incriminata.
Al motivo della “nave” si ispirò poi Amleto Sartori per il “sigillo” che più tardi fu consegnato agli ex detenuti e riprodotto nella targa in marmo, affissa di fianco alla porta di ingresso del palazzo Giusti in via S. Francesco, che riproduce il testo della canzone.
Nel 1952 infatti il prof. Meneghetti decide di fare un dono ai suoi compagni di prigionia. Ecco il testo della lettera: «A tutti i ricoverati di Palazzo Giusti mi sono permesso di offrire un distintivo disegnato appositamente dal bravo Amleto Sartori. Sul retro noi, in generale, abbiamo fatto incidere il nostro nome. Le stringo cordialmente la mano.
Padova, maggio 1952
f.to Meneghetti»
Il 14 settembre 1969, nel loro incontro annuale, una buona parte degli ex detenuti, accogliendo il suggerimento dell’avv. Ettore Gallo (futuro Presidente della Corte Costituzionale), decide di costitui
re «formalmente e solennemente una Associazione fra gli ex detenuti politici al fine di conservare il patrimonio ideale che fu alla base di quella detenzione». Nasce così la “Associazione degli ex detenuti antifascisti di Palazzo Giusti”. L’atto istitutivo fu redatto dal notaio dr. Giuseppe Boschetti di Vicenza (n. 1206 di Rep.) e firmato dai delegati Ettore Gallo, Francesco De Vivo, Bruno Campagnolo. Avvenuta la pubblicazione, ne fu mandata copia a tutti i Parlamentari del Veneto (PCI, PSIUP, DC, PLI, PSI), alle varie Autorità e alle Associazioni Partigiane, accompagnata dalla seguente lettera dell’avv. Gallo, che qui pare opportuno riportare: «Egregio Signore, riteniamo di farLe cosa gradita inviandoLe copia dello Statuto della Associazione ex detenuti antifascisti di Palazzo Giusti. Siamo certi che Ella vorrà apprezzare i motivi per i quali abbiamo dato vita alla Associazione stessa: motivi che si riconducono alla esigenza di conservare i valori di giustizia e di libertà, di salvaguardia della dignità della persona umana, della affermazione della vita democratica, in nome dei quali abbiamo lottato e sofferto. La nostra Associazione vuole porsi accanto alle forze democratiche antifasciste del nostro Paese per garantire il patrimonio ideale che sta alla base della nostra Costituzione Repubblicana. Voglia gradire i nostri migliori saluti.
f.ti Presidente Gallo Segretario Campagnolo».
Il previsto Consiglio direttivo era formato dai soci E. Gallo (Presidente), F. De Vivo (V. Presidente), G. Dogo, M. Berion, S. Favaro, G. Quartesan (Consiglieri), B. Campagnolo (Segretario).
È il 14 giugno 1970: gli ex detenuti tornano a Palazzo Giusti; numerosi i presenti, anche per ... festeggiare la nascita della nostra Associazione. La S. Messa è celebrata per noi da mons. Giovanni Apolloni; numerosi i messaggi di adesione da parte di quanti erano impossibilitati a venire. L’incontro ufficiale (era il 25° della Liberazione) finiva con il ricevimento a Palazzo Comunale da parte del Sindaco. Durante la consueta riunione annuale si gettavano le basi per una pubblicazione che avrebbe avuto l’apporto di coloro che avessero desiderato scrivere qualcosa relativamente alla loro detenzione. La raccolta del materiale era affidata a Taina Dogo con la collaborazione di Francesco De Vivo.
Altro momento importante per l’Associazione si ebbe il 30 giugno 1971, quando un numeroso gruppo di associati fu ricevuto dall’allora Presidente della Repubblica Saragat, al Quirinale. A questi fu consegnata da Taina Dogo una copia in bronzo del “sigillo” della “NAVE”. Il messaggio di saluto dell’avv. Gallo, e la risposta del Presidente della Repubblica sono state pubblicate in appendice alla Ristampa del 1974 del volume di A. Zamboni, Il CLN della Provincia di Padova.
Nell’aprile del 1972 usciva, per i tipi della Nuova Italia, a cura di Taina Dogo Baricolo, il volume Ritorno a Palazzo Giusti. Testimonianze dei prigionieri di Carità a Padova (pp. 230).
Diego Valeri, nella presentazione, scrive: «La storia di quel luogo e di quel tempo doveva essere scritta; e non poteva essere scritta che dalle vittime superstiti della follia sanguinaria di quei banditi».
Molto affollato l’incontro, sempre a Palazzo Giusti, in occasione del Trentennale della Liberazione. Non manca uno dei nostri “fedelissimi” amici, Diego Valeri. È presente anche padre Mariano Girotto, il parroco che aveva accolto alcuni di noi il 27 aprile del ’45 all’uscita dalla nostra prigione ...
Un “pieghevole” viene preparato e diffuso da Giovanni Zanocco: la limitatezza dello spazio ci consente soltanto di dire che si tratta di una felice sintesi, quasi di un messaggio rivolto a docenti e discenti, tratto da passi quanto mai significativi di opere da lui stesso pubblicate nella Collana della Resistenza (da Marchesi, da Pierobon, da Todesco, da Boscardin, da Tamassia). Un lutto: il 7 maggio del ’75 muore Erminia Gecchele, la partigiana “Lena”, cantata da Meneghetti ne La partigiana nuda.
E la nostra Associazione deve registrare altri lutti.
Il 13 aprile del ’92 ci lascia Taina Dogo, colei che aveva conservato materiale prezioso per la vita del nostro gruppo. Uno dei figli della dott. Taina mi affida tutte le carte e i documenti della Mamma relativi a Palazzo Giusti.
Dopo aver riordinato il materiale, il 23 ottobre del ’93, alla presenza di un gruppo di Associati, consegno il tutto (due grosse buste) all’Istituto per la Storia della Resistenza con sede a Padova, che costituiranno da quel momento il
“Fondo Dogo”. Trattasi di due buste veramente “preziose”.
Il 25 marzo del ’93 ci lascia mons. Giovanni Apolloni. Questi aveva narrato le proprie ... vicende resistenziali in una serie di articoli apparsi sulla Difesa del Popolo tra il gennaio e il febbraio del 1985 (raccolti successivamente in occasione del suo cinquantesimo sacerdotale).
Eccoci ad un altro Cinquantennale, quello della Liberazione.
Il 9 aprile 1995 riesco a raggiungere quasi tutti i “reduci” ancora in vita: si tratta di una quindicina di persone.
Con la partecipazione veramente affettuosa dell’Amministrazione Comunale attraverso la persona del sindaco Zanonato, i reduci si incontrano davanti a Palazzo Giusti per un ricordo anche degli amici scomparsi, e successivamente sono ricevuti dal Sindaco che consegna a ciascuno dei presenti il sigillo della Città.
Il nuovo secolo vede la scomparsa di colui che fu una delle colonne di Palazzo Giusti, Giovanni Zanocco: il suo nome rimarrà legato al famoso “Pinocchio”, alla Collana della Resistenza da lui promossa e curata, alla costante disponibilità accompagnata da una invidiabile serenità di spirito.
E ci lascia anche il nostro Presidente Ettore Gallo. L’Associazione finisce per mancanza di ... soci (attualmente risultano due padovani e quattro vicentini).
Nel chiudere queste note mi si consenta di rivolgermi ai giovani: a loro ricorderei il messaggio di Concetto Marchesi, il quale diceva (in Pagine all’ombra) che i giovani
«vogliono un passato che divenga presente, una scienza che divenga arte, una verità che sia vita». E Sergio Boscardin, nel suo Palazzo Giusti, rivolto al lettore scrive:
«Quando passerai sotto alle finestre del Palazzo, pensa e ascolta. Ti arriverà l’eco spenta di un grido di donna o il gemito di un uomo, ma non proverai mai ciò che essi provarono nell’animo e nel corpo. Ti rimanga però quell’eco, come un ammonimento per il futuro: Ricordati!».
ANPI