Il soldato non si distingueva
dagli altri della sua serie
alto biondo giovane
col solito portamento di fanatismo militare
del mondo sapeva quasi niente
di nome faceva Gunther
L'avevano scaricato a Roma
un giorno di gennaio del '41
l'ultima tappa di una coscienza elastica
la mèta sconosciuta forse l'Africa.
Oltre la muraglia che chiude
l'enorme cimitero del Verano
le fabbriche tombali mi sembrarono da lì
Gli storici sepolcri dei Cesari.
Cercò un bordello, non fu mai trovato
l'andatura marziale, lo sguardo da disperato.
Il soldato ora pretendeva
quell'obbligata gentilezza dal paese alleato
dentro un seminterrato un'osteria poi trovò:
c'era un garzone scortese, ed un oste ancora di più.
Oltre le rovine la storia
l'attesa il giorno il come il dove e l'ora
le morti intermittenti disvelavano così
le lucide memorie degli uomini
Restò in piedi al banco ordinando vino
poi minaccioso trascinò
da invasore assassino
Nel putrido scirocco della strada
quel vino gli salì
tradì ogni azione
quando una donna rincasò
lui la vide arrivare
e con occhio disumano
riconobbe l'orrore
In lei c'era una dolcezza passiva
di una barbarie profondissima e incurabile
Che somigliava ad una precondizione
e la stranezza negli occhi
ricordava certi animali
che sanno passato e futuro di ogni destino
Il senso del sacro, il potere
che può mangiarli e annientati
per la sola colpa di essere nati
dagli altri della sua serie
alto biondo giovane
col solito portamento di fanatismo militare
del mondo sapeva quasi niente
di nome faceva Gunther
L'avevano scaricato a Roma
un giorno di gennaio del '41
l'ultima tappa di una coscienza elastica
la mèta sconosciuta forse l'Africa.
Oltre la muraglia che chiude
l'enorme cimitero del Verano
le fabbriche tombali mi sembrarono da lì
Gli storici sepolcri dei Cesari.
Cercò un bordello, non fu mai trovato
l'andatura marziale, lo sguardo da disperato.
Il soldato ora pretendeva
quell'obbligata gentilezza dal paese alleato
dentro un seminterrato un'osteria poi trovò:
c'era un garzone scortese, ed un oste ancora di più.
Oltre le rovine la storia
l'attesa il giorno il come il dove e l'ora
le morti intermittenti disvelavano così
le lucide memorie degli uomini
Restò in piedi al banco ordinando vino
poi minaccioso trascinò
da invasore assassino
Nel putrido scirocco della strada
quel vino gli salì
tradì ogni azione
quando una donna rincasò
lui la vide arrivare
e con occhio disumano
riconobbe l'orrore
In lei c'era una dolcezza passiva
di una barbarie profondissima e incurabile
Che somigliava ad una precondizione
e la stranezza negli occhi
ricordava certi animali
che sanno passato e futuro di ogni destino
Il senso del sacro, il potere
che può mangiarli e annientati
per la sola colpa di essere nati
Contributed by Dq82 - 2019/1/11 - 18:45
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La febbre incendiaria
Liberamente tratto dal romanzo "La Storia" di Elsa Morante
Marco Cantini: voce e chitarra acustica
Sara Benvenuti: voce
Francesco "Fry" Moneti (Modena City Ramblers): violino
Riccardo Galardini: chitarre elettrica e acustica
Lorenzo Forti: basso elettrico
Fabrizio Morganti: batteria
Lele Fontana: hammond
Gianfilippo Boni: piano
Claudio Giovagnoli: sax tenore
La canzone descrive l’episodio iniziale del romanzo della Morante: nel gennaio del ‘41 il giovane soldato tedesco Gunther – una semplice recluta – si aggira malinconico per il quartiere San Lorenzo nella vana ricerca di un bordello. Il suo girovagare lo conduce ben presto in un’osteria, dove si ubriaca di vino. Stordito dall’alcool, esce dal locale riprendendo a camminare per le strade del rione: quando vede Ida Ramundo incamminarsi verso il portone di casa, le si avvicina risoluto. Per lei – convinta che l’uomo sia giunto lì per arrestarla a causa delle sue origini ebree – quel soldato è la materializzazione riconoscibile dell’orrore.
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