C’erano una volta sai qui le quattro stagioni
Divise solo in tempi piu’ cattivi e tempi buoni
Tempi di lavoro e tempi di buona raccolta
Tempi dove il tempo mai non torna un'altra volta
E nonno a me mi raccontava tutte le sue guerre
Lui povero falegname senza casa e senza terre lui
Che il semplice pensiero di avere un giorno un tetto
Lo fece solamente al ritorno da Caporetto
Dove i solchi dell’aratro divennero trincee
Con il ghiaccio dentro al cuore ed i piedi nella neve
Dove i canti di stagione e l’amore di maria
Cadevano sotto i colpi secchi dell’artiglieria
Così l’ ebbe anche mio nonno falegname e poveretto
I piedi nella neve ed in spalla il suo moschetto
Per difendere una linea una linea di confine
Tra gli uomini e non certo certo per le stelle alpine
Che son l‘unico ricordo che io ho della sua guerra
Le riportò al suo amore alla sua gente alla sua terra
E li nel tempo del raccolto nonna fece quattro figli
Gli diede un bacio e volo” Via a coltivare gigli
C’erano una volta sai qui le quattro stagioni
Divise solo in tempi più cattivi e tempi buoni
Tempi di lavoro e tempi di buona raccolta
Tempi dove il tempo mai non torna un'altra volta
Io nonno lo ricordo sai davvero come un saggio
Di semplici certezze il lavoro ed il coraggio
Ma non è tanto facile da prendere ad esempio
Per noi figli di mercanti e di ladroni dentro al tempio
Le sue stagioni furono la povertà e la guerra
Un grappolo di figli e una moglie sotto terra
Bastavano ad abbattere la forza di un vitello
Ma i semi germogliavano e nonno era tanto bello
Chiudeva dolcemente nonno il ciclo delle stagioni
Ed ecco finalmente arrivare i tempi buoni
Mio nonno lo ricordo suonatore di bombardino
Dedicare questa musica al sole del mattino
Divise solo in tempi piu’ cattivi e tempi buoni
Tempi di lavoro e tempi di buona raccolta
Tempi dove il tempo mai non torna un'altra volta
E nonno a me mi raccontava tutte le sue guerre
Lui povero falegname senza casa e senza terre lui
Che il semplice pensiero di avere un giorno un tetto
Lo fece solamente al ritorno da Caporetto
Dove i solchi dell’aratro divennero trincee
Con il ghiaccio dentro al cuore ed i piedi nella neve
Dove i canti di stagione e l’amore di maria
Cadevano sotto i colpi secchi dell’artiglieria
Così l’ ebbe anche mio nonno falegname e poveretto
I piedi nella neve ed in spalla il suo moschetto
Per difendere una linea una linea di confine
Tra gli uomini e non certo certo per le stelle alpine
Che son l‘unico ricordo che io ho della sua guerra
Le riportò al suo amore alla sua gente alla sua terra
E li nel tempo del raccolto nonna fece quattro figli
Gli diede un bacio e volo” Via a coltivare gigli
C’erano una volta sai qui le quattro stagioni
Divise solo in tempi più cattivi e tempi buoni
Tempi di lavoro e tempi di buona raccolta
Tempi dove il tempo mai non torna un'altra volta
Io nonno lo ricordo sai davvero come un saggio
Di semplici certezze il lavoro ed il coraggio
Ma non è tanto facile da prendere ad esempio
Per noi figli di mercanti e di ladroni dentro al tempio
Le sue stagioni furono la povertà e la guerra
Un grappolo di figli e una moglie sotto terra
Bastavano ad abbattere la forza di un vitello
Ma i semi germogliavano e nonno era tanto bello
Chiudeva dolcemente nonno il ciclo delle stagioni
Ed ecco finalmente arrivare i tempi buoni
Mio nonno lo ricordo suonatore di bombardino
Dedicare questa musica al sole del mattino
envoyé par Dq82 - 1/11/2018 - 11:50
Langue: italien
2018
Tratturo zero
Massimo Liberatori aveva già registrato questa canzone con lo stesso titolo e la stessa musica, ma con parole leggermente differenti. in questa versione cita "La canzone del Piave (Il Piave mormorava...)", ma aggiungendovi delle parole qui e là, ad es. "per far contro il nemico di corpi una bandiera" anziché "per far contro il nemico una barriera" la trasforma da una canzone retorica in canzone decisamente antimilitarista. Sembra suggerirlo Liberatori stesso nei versi E le parole cambiano nel senso e nell'estetica/con dentro un pezzo d'anima, la truffa di una predica
Tratturo zero
Massimo Liberatori aveva già registrato questa canzone con lo stesso titolo e la stessa musica, ma con parole leggermente differenti. in questa versione cita "La canzone del Piave (Il Piave mormorava...)", ma aggiungendovi delle parole qui e là, ad es. "per far contro il nemico di corpi una bandiera" anziché "per far contro il nemico una barriera" la trasforma da una canzone retorica in canzone decisamente antimilitarista. Sembra suggerirlo Liberatori stesso nei versi E le parole cambiano nel senso e nell'estetica/con dentro un pezzo d'anima, la truffa di una predica
No a tutte le guerre, è il primo grido di battaglia
Ma tu asino cammina e tira su questa mitraglia
il Piave mormorava là placido al passaggio
dei primi fanti il 24 maggio
Nonno a me mi raccontava tutte le sue guerre
lui povero falegname senza casa e senza terre
lui che il pensiero di avere un giorno un tetto
lo fece solamente al ritorno da Caporetto
Dove i solchi dell'aratro divennero trincee
con il ghiaccio dentro al cuore ed i piedi nella neve
con i canti di stagione e l'amore di Maria
cadevano sotto i colpi secchi dell'artiglieria
Così l'ebbe anche mio nonno falegname poveretto
i piedi nella neve ed in spalla il suo moschetto
per difendere una linea una linea di confine
per gli uomini e non certo per le stelle alpine
Muti passarono di lì quella notte i fanti:
tacere bisognava tutti quanti andare avanti.
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico di corpi una barriera
S'udì tutto d'un tratto dalle violate sponde,
un sommesso e triste canto il mormorìo dell'onde.
i profughi eran giunti qui ovunque dai quei monti
venivano a gremire del Piave tutti i ponti
E le parole cambiano nel senso e nell'estetica
con dentro un pezzo d'anima, la truffa di una predica
ed i cavalli intanto di frisia sul confine
cambiavano la scena divorando stelle alpine...
Che son l'unico ricordo di nonno che va in guerra
le riportò al suo amore, alla sua gente alla sua terra
nel suo cuore una trincea da Tripoli all'impero
"Aiuto Gesù mio, io pure sono uno straniero"
Chiudeva dolcemente nonno il ciclo delle stagioni
con dentro la speranza di vedere i tempi buoni
Mio nonno lo ricordo suonatore di Bombardino
dedicare questa musica al sole del mattino
Ma tu asino cammina e tira su questa mitraglia
il Piave mormorava là placido al passaggio
dei primi fanti il 24 maggio
Nonno a me mi raccontava tutte le sue guerre
lui povero falegname senza casa e senza terre
lui che il pensiero di avere un giorno un tetto
lo fece solamente al ritorno da Caporetto
Dove i solchi dell'aratro divennero trincee
con il ghiaccio dentro al cuore ed i piedi nella neve
con i canti di stagione e l'amore di Maria
cadevano sotto i colpi secchi dell'artiglieria
Così l'ebbe anche mio nonno falegname poveretto
i piedi nella neve ed in spalla il suo moschetto
per difendere una linea una linea di confine
per gli uomini e non certo per le stelle alpine
Muti passarono di lì quella notte i fanti:
tacere bisognava tutti quanti andare avanti.
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico di corpi una barriera
S'udì tutto d'un tratto dalle violate sponde,
un sommesso e triste canto il mormorìo dell'onde.
i profughi eran giunti qui ovunque dai quei monti
venivano a gremire del Piave tutti i ponti
E le parole cambiano nel senso e nell'estetica
con dentro un pezzo d'anima, la truffa di una predica
ed i cavalli intanto di frisia sul confine
cambiavano la scena divorando stelle alpine...
Che son l'unico ricordo di nonno che va in guerra
le riportò al suo amore, alla sua gente alla sua terra
nel suo cuore una trincea da Tripoli all'impero
"Aiuto Gesù mio, io pure sono uno straniero"
Chiudeva dolcemente nonno il ciclo delle stagioni
con dentro la speranza di vedere i tempi buoni
Mio nonno lo ricordo suonatore di Bombardino
dedicare questa musica al sole del mattino
envoyé par Dq82 - 1/11/2018 - 12:01
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2007
Deragliamenti
Io, per esempio, avevo conosciuto l'Umbria da bambino perché, essendo orfano di babbo, finì in collegio a Spoleto, e dunque questa terra tanto bella l'avevo odiata e amata e desideravo riconciliarmici. Quando mio nonno morì mi lasciò il mazzetto di stelle alpine e una piccolissima eredità, che mi sarei mangiato presto senza cambiare nulla nella mia vita. E allora, siccome sono molto sentimentale, pensai di comprarmi degli ulivi, e li trovai a Spello, qualche anno dopo ho finito per andarci a vivere.»
A rivista anarchica