"Surfin Gaza" è un titolo piuttosto particolare, specialmente pensando che si tratta di un disco italiano. Siete mai a Gaza o nei territori occupati? (in alternativa, avete mai fatto surf?)
Il titolo parla del concetto che sta dietro al "Surf 4 Peace" a Gaza. In particolare dell’idea che palestinesi e israeliani surfino insieme lasciandosi alle spalle problematiche di tipo sociale o religioso, riconoscendo il mare come porto franco. E il fatto che sia il surf, piuttosto che uno sport diversamente competitivo come il calcio o il basket, lo rende ancora più interessante. Noi personalmente non siamo mai stati a Gaza, almeno finora; e non abbiamo mai fatto surf.
In che modo questa iniziativa di pace influenza il concept del disco?
Il concept del disco gravita attorno al tema dell’abbandono e della deriva come ricerca dell’altrove; del mare come luogo neutro, lontano da ogni tipo di volontà di supremazia, o di ideali di guerra e di morte (siano essi di carattere sociale o religioso). Questo è quello che nel caso specifico di Gaza e del suo surf club ci ha colpiti. Questo immenso tributo alla vita, al desiderio di sopravvivenza sopra ogni cosa, all’abbandono delle armi sulle spiagge (così come recita la traccia da cui ha preso il nome l’album).
Vedevamo foto di uomini in mare, ognuno con la sua tavola da surf, qualcuno con la bandiera stampata sul dorso della tavola, quasi a dichiarare la propria identità e a farlo in quel contesto specifico che non è quello della morte, per condividere invece la natura del mare insieme a un amico possibilmente palestinese, mentre dietro di loro, in città, le scie dei razzi vagavano in cielo disegnando strisce quasi come in un dripping di Pollock.
Album: Surfin' Gaza
Il titolo parla del concetto che sta dietro al "Surf 4 Peace" a Gaza. In particolare dell’idea che palestinesi e israeliani surfino insieme lasciandosi alle spalle problematiche di tipo sociale o religioso, riconoscendo il mare come porto franco. E il fatto che sia il surf, piuttosto che uno sport diversamente competitivo come il calcio o il basket, lo rende ancora più interessante. Noi personalmente non siamo mai stati a Gaza, almeno finora; e non abbiamo mai fatto surf.
In che modo questa iniziativa di pace influenza il concept del disco?
Il concept del disco gravita attorno al tema dell’abbandono e della deriva come ricerca dell’altrove; del mare come luogo neutro, lontano da ogni tipo di volontà di supremazia, o di ideali di guerra e di morte (siano essi di carattere sociale o religioso). Questo è quello che nel caso specifico di Gaza e del suo surf club ci ha colpiti. Questo immenso tributo alla vita, al desiderio di sopravvivenza sopra ogni cosa, all’abbandono delle armi sulle spiagge (così come recita la traccia da cui ha preso il nome l’album).
Vedevamo foto di uomini in mare, ognuno con la sua tavola da surf, qualcuno con la bandiera stampata sul dorso della tavola, quasi a dichiarare la propria identità e a farlo in quel contesto specifico che non è quello della morte, per condividere invece la natura del mare insieme a un amico possibilmente palestinese, mentre dietro di loro, in città, le scie dei razzi vagavano in cielo disegnando strisce quasi come in un dripping di Pollock.
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