E abbasseremo gli occhi
Pesanti di vergogna
E tu ballerai sola
Vestita dalla pioggia
E abbasseremo gli occhi
E tu volerai piano
Sopra i nostri relitti
Sfiorandoci la mano
Sarà una bella sera
Finita la tempesta
Riprenderai parola
Sarai quel che ti basta
Senza doverti sentire madre
Senza doverti sentire moglie
Senza doverti sentire serva
Senza doverti calmar le voglie
Senza doverti sentire troia
Senza doverti sentire pura
Senza doverti sposare un boia
Senza doverci provare ancora
E cresceremo anche noi
Imperatori del niente
Maschi ingrassati alla corte
Appassionati di serve
E impareremo anche noi
Che non si comprano, i doni
Per ritrovarci più umani
E un poco meno padroni
E sarà una bella sera
E spazzerò per far largo ai tuoi passi
Saprò stirarti un maglione
E potrò dire d’amarti
Senza doverti chiamare madre
Senza doverti chiamare moglie
Senza doverti volere serva
Senza doverti calmar le voglie
Senza doverti volere troia
Senza doverti volere pura
Senza dovermi sentire un boia
Senza volerci provare ancora
Pesanti di vergogna
E tu ballerai sola
Vestita dalla pioggia
E abbasseremo gli occhi
E tu volerai piano
Sopra i nostri relitti
Sfiorandoci la mano
Sarà una bella sera
Finita la tempesta
Riprenderai parola
Sarai quel che ti basta
Senza doverti sentire madre
Senza doverti sentire moglie
Senza doverti sentire serva
Senza doverti calmar le voglie
Senza doverti sentire troia
Senza doverti sentire pura
Senza doverti sposare un boia
Senza doverci provare ancora
E cresceremo anche noi
Imperatori del niente
Maschi ingrassati alla corte
Appassionati di serve
E impareremo anche noi
Che non si comprano, i doni
Per ritrovarci più umani
E un poco meno padroni
E sarà una bella sera
E spazzerò per far largo ai tuoi passi
Saprò stirarti un maglione
E potrò dire d’amarti
Senza doverti chiamare madre
Senza doverti chiamare moglie
Senza doverti volere serva
Senza doverti calmar le voglie
Senza doverti volere troia
Senza doverti volere pura
Senza dovermi sentire un boia
Senza volerci provare ancora
envoyé par Dq82 - 22/3/2018 - 11:43
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Eresie
“Il privato è politico” recitava un vecchio slogan femminista, volendo sottolineare come lo spazio domestico fosse il più brutale ed occulto terreno del dominio maschile sulla donna.Il brano è allo stesso tempo una carezza, una lettera di scuse ed un accorato tentativo di restituzione del maltolto all’universo femminile.