U sol'o fatte russ'
u patron' appenn'u muss'
U sol'o calaite
appundangill' la sciurnate
U sol'o fatt' bianghe
u patrone vè sopr'a la banche
Gardeme sol'e strusceme vinde
***
U sé che disse u pòdece alla furmèich?
u sé che disse u pòdece alla furmèich?
Che nou ce n'amm'a scej
ch'am'a scapelèjo
u patron' appenn'u muss'
U sol'o calaite
appundangill' la sciurnate
U sol'o fatt' bianghe
u patrone vè sopr'a la banche
Gardeme sol'e strusceme vinde
***
U sé che disse u pòdece alla furmèich?
u sé che disse u pòdece alla furmèich?
Che nou ce n'amm'a scej
ch'am'a scapelèjo
envoyé par Bernart Bartleby - 19/10/2017 - 15:01
Langue: italien
Traduzione italiana dall’Archivio Sonoro della Puglia
IL SOLE SI È FATTO ROSSO
Il sole si è fatto rosso
E il padrone mette il broncio
Il sole è calato
segnaci la giornata [di lavoro]
Il sole si è fatto bianco
il padrone va alla banca
Ardimi sole e accarezzami vento
***
Lo sai cosa disse la pulce alla formica?
Lo sai cosa disse la pulce alla formica?
Che noi ce ne dobbiamo andare
perché è finito l'orario di lavoro
Il sole si è fatto rosso
E il padrone mette il broncio
Il sole è calato
segnaci la giornata [di lavoro]
Il sole si è fatto bianco
il padrone va alla banca
Ardimi sole e accarezzami vento
***
Lo sai cosa disse la pulce alla formica?
Lo sai cosa disse la pulce alla formica?
Che noi ce ne dobbiamo andare
perché è finito l'orario di lavoro
envoyé par Bernart Bartleby - 19/10/2017 - 15:03
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Registrazioni di Giovanni Rinaldi, Paola Sobrero e Alberto Vasciaveo, raccolte nel territorio della Puglia Settentrionale (Capitanata e Minervino Murge in particolare) dal 1976 al 1979 e selezionate dai nastri magnetici originali da Giovanni Rinaldi.
Dall’Archivio Sonoro della Puglia
Poi in “La memoria che resta. Vita quotidiana mito e storia dei braccianti nel Tavoliere di Puglia”, degli stessi Rinaldi e Sobrero, 1981 (ripubblicato nel 2004)
La registrazione è inclusa nel disco “Il sole si è fatto rosso. Giuseppe Di Vittorio”, a cura di M. L. Betri e F. Coggiola, pubblicato nel 1978 da I Dischi del Sole.
Molta ricerca sul campo ha espresso raccolte importantissime per l’Italia del nord, mentre al Sud le ricerche effettuate fino agli anni ’70 hanno quasi sempre evidenziato il canto popolare "autoctono", "etnico", "originale". Si finiva quindi spesso per non accorgersi o non dare valore ai canti in lingua italiana (sia pure adattata e reinterpretata) e a quelli che, su melodie già note a livello nazionale (di estrazione napoletana o di canti politici della parte avversa), costruivano testi più vicini alla propria condizione culturale e sociale.
Già nelle campagne del Tavoliere (e non solo), nei momenti dello sfruttamento più aspro, agli albori del secolo scorso, i braccianti cantavano, al calar del sole, strofette isolate, per lo più in sequenze libere e non organizzate in senso narrativo, che possiamo definire canti sociali, sia pure nella loro funzione di canti eseguiti sul lavoro. Alcune di queste esprimevano una contrapposizione radicale al padrone, in cui l’ironia dei versi, e talvolta la violenza verbale espressa, era causa e contemporaneamente effetto di una presa di coscienza, allora appena avviata. Al termine della giornata i braccianti di Cerignola cantavano: U sol'o fatt' russ'/ u patroun' appenn'u muss' (il sole diventa rosso e il padrone mette il broncio). In alcuni casi la violenza verbale si faceva invettiva e promessa di vendetta e rivolta per quanto si era subito in precedenza. In questo contesto anche i versi di “Padrone mio”, ripresi dalla tradizione orale e ormai famosissimi nella rielaborazione di Matteo Salvatore, apparentemente segnata da un senso di sottomissione e arrendevolezza, assumono una valenza simbolico-allegorica di tutt’altro segno in alcune varianti delle braccianti di Orsara di Puglia.
Ma è nei canti di rivolta e in quelli nati all’interno o a posteriori di sommosse popolari, che il canto orale assume il ruolo di documento storico, vera e propria "fotografia" o "radiocronaca" di quanto avvenuto e di come è stato vissuto dai protagonisti. In questi canti gli anonimi autori perdono la leggerezza dell’ironia e dell’allegoria e passano a narrare, con nomi e cognomi, il capovolgimento avvenuto: le vittime diventano vendicatori, i vecchi oppressori fuggono dinanzi alla massa inferocita. Uno degli esempi più interessanti è la ballata E lu jurne de la Madonne, raccolta a Minervino Murge, che descrive la rivolta popolare per il pane del 1898, contro i fornai e i loro trucchi per rendere sempre più costoso questo alimento fondamentale per la sopravvivenza. (Archivio Sonoro della Puglia)