Di mondi che infiniti stanno ai cieli,
di terre che infinite ho attraversato,
fu la mia vita tutta via di corsa
cercando quella quiete che ho schivato
Città che rinascevano di segni,
di fiamme che la mente fomentava
uomini empi, crocifissi e indegni
nel dogma che il pensiero imprigionava
Le mie parole come una scommessa
che, detta, non la puoi più rimangiare
un marchio sulla pelle, la premessa
delle prigioni che qui sto a scontare
Poi fu Venezia e la laguna quieta,
a farmi intrappolare come un topo
fra odori delle spezie e della seta
fu come un lampo quel che accadde dopo
Fu come un lampo, eppure sono otto anni
furono otto anni, eppur ne paion cento
e mi chiedevan conto dei miei inganni
eppure quando parlo, io non mento
Campo de' Fiori, e pare un dì di festa,
fiori di fiamma a cingere le grida
non penso a ciò che lascio o a ciò che resta,
non chiedo cosa pensi chi m'uccide
Non penso a quella croce che ho davanti,
ma mentre il corpo cuoce e il grasso cola
come già accadde ad altri, che son tanti,
che avevan come colpa la parola
Mi ruba di Mercurio svelto l'ala,
ritorna il mio pensiero al lieto ventre
del monte che ha quel nome che è Cicala,
e che, bambino, mi ombreggiava mentre
Porgendo l'uva dolce alla mia mano
lui m'indicava tra le lunghe brume
quel suo fratello monte, quel vulcano
che alle paure mie faceva lume
Monte di fuoco, cumulo di braci
e fresco dolmi, ed edera il Cicala
alla sua pietra i miei ultimi baci
mentre mi ruba di Mercurio l'ala.
di terre che infinite ho attraversato,
fu la mia vita tutta via di corsa
cercando quella quiete che ho schivato
Città che rinascevano di segni,
di fiamme che la mente fomentava
uomini empi, crocifissi e indegni
nel dogma che il pensiero imprigionava
Le mie parole come una scommessa
che, detta, non la puoi più rimangiare
un marchio sulla pelle, la premessa
delle prigioni che qui sto a scontare
Poi fu Venezia e la laguna quieta,
a farmi intrappolare come un topo
fra odori delle spezie e della seta
fu come un lampo quel che accadde dopo
Fu come un lampo, eppure sono otto anni
furono otto anni, eppur ne paion cento
e mi chiedevan conto dei miei inganni
eppure quando parlo, io non mento
Campo de' Fiori, e pare un dì di festa,
fiori di fiamma a cingere le grida
non penso a ciò che lascio o a ciò che resta,
non chiedo cosa pensi chi m'uccide
Non penso a quella croce che ho davanti,
ma mentre il corpo cuoce e il grasso cola
come già accadde ad altri, che son tanti,
che avevan come colpa la parola
Mi ruba di Mercurio svelto l'ala,
ritorna il mio pensiero al lieto ventre
del monte che ha quel nome che è Cicala,
e che, bambino, mi ombreggiava mentre
Porgendo l'uva dolce alla mia mano
lui m'indicava tra le lunghe brume
quel suo fratello monte, quel vulcano
che alle paure mie faceva lume
Monte di fuoco, cumulo di braci
e fresco dolmi, ed edera il Cicala
alla sua pietra i miei ultimi baci
mentre mi ruba di Mercurio l'ala.
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