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Nordest

Francesco Pelosi
Language: Italian (Veneto Goriziano)


Francesco Pelosi

List of versions


Related Songs

1260
(Francesco Pelosi)
Ottave in rima per Lorenzo Bargellini detto "Mao"
(Anonimo Toscano del XXI secolo)
Nel nome della bella
(Massimiliano Larocca)


[2016]
Testo e musica di Francesco Pelosi
Traduzione in goriziano: Michel Torrisi e Francesco Pelosi
Arrangiamento: Davide Giromini e Rocco Marchi
Registrato e mixato da Roberto Passuti allo "Spectrum Studio" di Bologna
Francesco Pelosi: voce
Davide Giromini: fisarmonica e diamonica
Album: Il rito della città [2017]

Francesco Pelosi.
Francesco Pelosi.


Francesco Pelosi: parmigiano nato il giorno d'Ognissanti dell'orwelliano 1984, circa due metri di statura, un paio di torreggianti basette quasi risorgimentali, una voce che svernicia, ottime doti chitarristiche e la capacità di cantare e scrivere in ogni dialetto italiano da Aosta a Capo Passero. Questo in sintesi. Da qualche tempo fa parte di quella che informalmente chiamo la "Banda degli Incliti & Sommersi Cantautori Italiani del XXI Secolo", una banda decisamente mobile e variabile: così il Pelosi da Parma lo si vede in trii col Lega e il Giromini, con il Giromini e Rocco Rosignoli, da solo, a volte c'è l'altro Rocco (Marchi) che suona ogni cosa come Otto e Barnelli (a proposito, un "ciao" eterno a quest'ultimo) ivi compreso quell'arnese che -ho scoperto- si chiama "diamonica" ma che persisto nel chiamare "pippòfono", e via discorrendo.

Il Pelosi Francesco da Parma è l'autore di questa canzone che, così, di prim'acchito, si è beccata il primo premio al 23° Concorso Nazionale "Giovanna Daffini", con questa precisa motivazione: "1° Premio ("Trofeo Giovanna Daffini", sembra un po' una corsa ciclistica amatoriale ma vabbè) per il testo "Nordest", magistrale interpretazione accompagnata da una tavolozza timbrica di forte suggestione". Ricopio così dall'opuscolo + CD consegnato a Motteggiana (MN) lo scorso 4 giugno 2017 in occasione delle premiazioni, in una domenica già torrida di questa torridissima estate e poco più di un'ora prima che mi raggiungesse la notizia della morte di Lorenzo Bargellini. A prescindere dalla "tavolozza timbrica", il Concorso intitolato a Giovanna Daffini nel suo paese natale è importantissimo, e questo fa capire alla perfezione a chi siamo davanti. Senza contare il fatto non secondario che il Pelosi, in certe asfissianti domeniche estive, è bene comunque avercelo davanti perché riesce a far ombra a tutti quanti, persino a me che non sono certo piccinino.

Il testo della canzone è in dialetto veneto-goriziano (lo specifico, dato che presumo che esista anche un dialetto sloveno parlato da quelle parti), in cui Francesco Pelosi s'è fatto aiutare dal goriziano Michel Torrisi. Desdichadamente, non è per ora disponibile nessun video della canzone e in questo chiediamo magari aiuto, se ci legge, al Pelosi medesimo. E qui mi piace calare la sorprésa: in realtà il Pelosi, ebbene sì e tadàn, ce lo avevamo già presente in questo sito e fin dal 2010, nascosto tra le pieghe de La vie s'écoule, la vie s'enfuit, la famosa canzone situazionista di Raoul Vaneigem di cui Francesco Pelosi è autore di una versione italiana che canta tuttora e per la quale abbiamo avuto una interessante e divertente disquisizione a proposito della famosa "datazione situazionista" e degli ancor più famosi "operai belgi in sciopero".

Alla canzone è accompagnata una traduzione in italiano corrente che ugualmente si riprende dall'opuscolo/CD. Però, naturalmente, c'è di più. Stante il desiderio, espresso nel testo stesso, di volerla cantare "in dialeto, in ladin
in furlan, in tedesco, in sloven"
, ci dichiariamo pronti a dare una mano a Francesco per questa sua intenzione. In dialeto è già, in tedesco ci pensiamo noialtri, mentre per il ladin, il furlan e lo sloven si vedrà che cosa fare...[RV]




IL RITO DELLA CITTA'


pelosirito


- O Morte
- 1260
- Nordest
- Il rito della città


Il rito della città, album d’esordio di Francesco Pelosi uscito il 6 ottobre 2017 e anticipato dal singolo O Morte, ha come protagonista la città, luogo di partenza di un’indagine sentimentale e sonora che, più che suggerita, gli è stata costretta per diritto di nascita. Leonard Cohen cantava di non avere scelta, poiché nato con una “golden voice”. Più o meno allo stesso modo, nascere in una città di provincia, stretto fra due fabbriche e inondato di mitologie a basso prezzo (ma costosissime per l’anima), dall’osteria alla resistenza e dal cattolicesimo al mercato globale, non lascia scampo. Bisogna darsi da fare per raccogliere ciò che di vero esiste ancora in quel piccolo mondo nuovo che ci ha accolti. Si scopre così, non senza amarezza o rassegnazione, che esistono spiriti affini, che alcune mitologie sono ancora vive e concrete e che il viaggio, per quanto difficoltoso a arduo, esiste, si manifesta.

Il rito che ne consegue e che abbiamo imparato ad ammansire per non esserne divorati completamente è allora la porta spalancata del passato che ci permette di appoggiarci e dare il colpo di reni verso l’avanti. Il bancone di un bar. Il letto di un amante. Il legno di una chitarra.

Alcuni santi guidano l’impresa, pochi amici si fermano ancora a cantare tutta la notte, molti critici avversano. L’entropia sembra governare. Ma un fiore sboccia ancora tra le labbra e custodito fra un seno e un palmo irradia il mondo di vita. In alto i calici allora (e un goccio a terra per i defunti), il rito della città non è soltanto distruzione servile e malinconico annegamento. È un gesto antico che comprende i nostri giorni, ci guarda nelle viscere e quieto come un orso soffia il suo respiro sui cuori. Di questo si è cercato di cantare. Suggestioni e mitologie. Carne e magia. Materia e Immaginazione.

Canzoni fatte di maglia sdrucita e pasta per le mani. Ricordi, dissolvenze, spietate constatazioni e amore irriducibile. Chi metterà un piede nel cerchio della danza non potrà non partecipare al rito. Costa ben poco: un ascolto dedicato e senza indulgenze, un tempo lento, una coperta, un fuoco, un bicchiere di vino e qualcuno con cui condividerlo.


Canto una dolse canzón per ti
che te son nasuda a Nordest
e volesi cantarla in dialeto, in ladin
in furlan, in tedesco, in sloven,
ma il cuor il me disi: "Monte, bosco,
pianura, laguna e altopian",
il cuor il me conta la tera rubada
il me conta il tuo viso
che la ga consolada.

La Guera Granda me gha cavà i fioj
me gha cavà i monti e i oci tuoi.
La Guera Granda me gha ciapà il nome
la tera, la lingua e i oci tuoi.

E ti che per nome te se vesti
con il nome del vento
che da la Carnia il cori a Venezia,
il va su in Tirolo, il vien so a Gorizia.
Ti che te se ciami come il tramonto,
che il punta Trieste dal mar,
da l'ombra de vin ch'el basa la rabia
e la fa brusar,
e la fa brusar.

La Guera Granda me gha cavà i fioj
me gha cavà i monti e i oci tuoi.
La Guera Granda me gha ciapà il nome
la tera, la lingua e i oci tuoi
e i oci tuoi.

E in che altra maniera podesi cantarte
che te son nasuda a Nordest,
con tuto quel sangue che tuona
da la Jugoslavia, dal Vajont,
da cento e più ani de separazion e trincea,
da una vita per sempre al confin,
per sempre foresta, per sempre foresta,
e volesi lavarte con l'acqua più fresca del mio paese
"Fontana di rustic amoùr
a no è aga pì fres-cia
che tal me paìs."
[1]

La Guera Granda me gha cavà i fioj
me gha cavà i monti e i oci tuoi.
La Guera Granda me gha ciapà il nome
la tera, la lingua e i oci tuoi
e i oci tuoi,
e i oci tuoi.
[1] Da Pier Paolo Pasolini, La nuova gioventù, Einaudi, Torino, 1975 [nda]

Contributed by Riccardo Venturi - 2017/8/9 - 17:07




Language: Italian

Il testo in italiano corrente
(Ripreso dall'opuscolo/CD "Contributi per Giovanna Daffini e la sua terra", Motteggiana /MN/, 4 giugno 2017)

Francesco Pelosi e Rocco Rosignoli ad una festa per le Barricate Antifasciste a Parma.
Francesco Pelosi e Rocco Rosignoli ad una festa per le Barricate Antifasciste a Parma.
NORDEST

Canto una dolce canzone per te
che sei nata a Nordest,
e vorrei cantarla in dialetto, in ladino,
in friulano, in tedesco, in sloveno.
Ma il cuore mi dice: "Monte, bosco,
pianura, laguna e altopiano",
il cuore mi racconta la terra rubata,
mi racconta il tuo viso
che l'ha consolata.

La Grande Guerra mi ha tolto i figli,
mi ha tolto i monti e gli occhi tuoi.
La Grande Guerra mi ha preso il nome,
la terra, la lingua e gli occhi tuoi.

E tu che per nome ti vesti
con il nome del vento
che dalla Carnia corre a Venezia,
sale verso il Tirolo e scende verso Gorizia,
tu che ti chiami come il tramonto
che punta Trieste dal mare,
dall'ombra di vino che bacia la rabbia
e la fa bruciare,
e la fa bruciare.

La Grande Guerra mi ha tolto i figli,
mi ha tolto i monti e gli occhi tuoi.
La Grande Guerra mi ha preso il nome,
la terra, la lingua e gli occhi tuoi,
e gli occhi tuoi.

E in che altro modo potrei cantarti,
tu che sei nata a Nordest?
Con tutto quel sangue che tuona
dalla Jugoslavia, dal Vajont,
da cento e più anni di separazione e trincea,
da una vita per sempre al confine,
per sempre straniera, per sempre straniera,
e vorrei lavarti nell'acqua più fresca del mio paese
"Fontana di rustico amore,
non c'è acqua più fresca
che quella del mio paese".


La Grande Guerra mi ha tolto i figli,
mi ha tolto i monti e gli occhi tuoi.
La Grande Guerra mi ha preso il nome,
la terra, la lingua e gli occhi tuoi
e gli occhi tuoi,
e gli occhi tuoi.

Contributed by Riccardo Venturi - 2017/8/9 - 18:07




Language: German

Deutsche Übersetzung von Riccardo Venturi
10.8.2017 10:21
NORDOST

Ich singe für dich ein süßes Lied,
für dich, die du im Nordost geboren bist,
und ich möcht' es singen auf Mundart, auf ladinisch,
auf friaulisch, auf deutsch, auf slowenisch.
Aber mein Herz sagt mir: “Berg, Wald,
Flachland, Lagune und Hochland”,
mein Herz erzählt mir das gestohlene Land,
erzählt mir dein Gesicht
das es getröstet hat.

Der Große Krieg hat mir die Kinder,
die Berge und deine Augen genommen.
Der Große Krieg hat mir den Namen,
das Land, die Sprache und deine Augen genommen.

Und du, die du heißt wie der Wind
du hast dich damit gekleidet,
der von Karnien hin zu Venedig bläst,
bis Tirol hinauf und zu Görz hinab,
du, die du heißt wie der Sonnenuntergang
der sich vom Meer zu Triest richtet
und von der Spur Wein, die den Zorn küßt
und brennt,
und brennt.

Der Große Krieg hat mir die Kinder,
die Berge und deine Augen genommen.
Der Große Krieg hat mir den Namen,
das Land, die Sprache und deine Augen,
und deine Augen genommen.

Und wie anders sollte ich für dich singen,
für dich, die du im Nordost geboren bist?
Mit all jenem Blut, das von Vajont,
von Jugoslawien blitzt und donnert,
seit mehr als hundert Jahre Trennung und Graben,
von einem Leben immer auf der Grenze,
für ewig fremd, für ewig fremd,
im frischeren Wasser meines Landes möchte ich dich waschen,
”Brunnen ländlicher Liebe,
es gibt keinen frischeren Wasser
als der von meinem Land”.


Der Große Krieg hat mir die Kinder,
die Berge und deine Augen genommen.
Der Große Krieg hat mir den Namen,
das Land, die Sprache und deine Augen,
und deine Augen,
und deine Augen genommen.

2017/8/10 - 10:21




Language: French

Version française – NORDEST – Marco Valdo M.I. – 2017
Chanson italienne (Veneto Goriziano) – Nordest – Francesco Pelosi – 2016

Gorica - Gorizia - Görz en 1900, c'est-à-dire avant l'"urbicide", quand la ville était multiple.
Gorica - Gorizia - Görz en 1900, c'est-à-dire avant l'"urbicide", quand la ville était multiple.


Francesco Pelosi : originaire de Parme, né le jour de la Toussaint de l’orwellienne 1984, haut d’environ deux mètres, nanti d’une paire de rouflaquettes dignes du Risorgimento, une voix qui décape, excellent guitariste et capable de chanter et d’écrire dans tout dialecte italien d’Aoste au Cap Passero. En synthèse. De quelque temps déjà, il fait partie de ce qu’informellement j’appelle la « Banda degli Incliti & Sommersi Cantautori Italiani del XXI Secolo – Bande des Auteurs-compositeurs italiens du XXI Siècle glorieux & méconnus », une bande décidément mobile et variable ; ainsi, on croise Pelosi de Parme en trio avec Lega et Giromini, avec Giromini et Rocco Rosignoli, tout seul, parfois, il y a l’autre Rocco (Marchi) qui joue de tout comme Otto et Barnelli (à propos, un « salut » éternel à ce dernier) y compris de cet instrument dont j’ai découvert qu’on l’appelle « diamonica », mais que je persiste à nommer « pippòfono - pipophone», et ainsi de suite.

Pelosi Francesco de Parme est l’auteur de cette chanson qui, du premier coup, a enlevé le premier prix au 23e Concours National « Giovanna Daffini », avec cette motivation précise : « 1er Prix (« Trophée Giovanna Daffini », semble un peu une course cycliste d’amateurs mais bon) pour le texte « Nordest », magistrale interprétation accompagnée d’une palette sonore de forte suggestion ». Je reprends ceci de l’opuscule + CD délivré à Motteggiana (MN) le 4 juin passé 2017 à l’occasion de la remise des prix, un dimanche déjà torride de ce très torride été et un peu plus qu’une heure avant me parvenait la nouvelle de la mort de Lorenzo Bargellini. Mise à part la « palette sonore », le Concours dédié à Giovanna Daffini dans son pays natal est très important, et cela fait comprendre à la perfection face à quoi nous sommes. Sans compter le fait pas du tout secondaire que lors de certains des dimanches estivaux asphyxiants, il est bon d’avoir Pelosi devant parce qu’il réussit à donner de l’ombre à tous, même à moi qui ne suis certes pas un petit nain.

Le texte de la chanson est en dialecte vénéto-goricien (je le spécifie, vu que je présume qu’il existe aussi un dialecte slovène parlé de ce côté), pour lequel Francesco Pelosi s’est fait aider par le goricien Michel Torrisi. Malheureusement, aucun vidéo de la chanson n’est pour l’instant disponible et de ce fait, nous demandons une aide, s’il nous lit, à Pelosi lui-même. Et ici il me plaît dévoiler la surprise : en réalité, Pelosi, eh bien oui, nous l’avions déjà présent dans ce site et depuis le 2010, caché dans les replis de La vie s’écoule, la vie s’enfuit, la célèbre chanson situationniste de Raoul Vaneigem dont Francesco Pelosi est l’auteur d’une version italienne qu’il chante toujours et pour laquelle avons eu une intéressante et amusante dissertation à propos de la célèbre « datation situationniste » et des encore plus célèbres « ouvriers belges en grève » [parmi lesquels « ouvriers belges en grève figuraient également des employés, des étudiants, des enseignants, dont Raoul Vaneigem, par exemple ; ladite grève étant insurrectionnelle, générale et dura un mois, ce qui laisse plus que le temps nécessaire pour écrire une chanson et la possibilité de la ressortir en publication des années plus tard». Je dis ça afin de nourrir un peu plus la « fameuse dissertation ».MVMI]

La chanson est accompagnée une traduction en italien courant qui est reprise de l’opuscule/CD. Cependant, naturellement, il y a davantage encore. Étant donné le désir, exprimé dans le texte même, de vouloir la chanter « en dialecte, en ladin, en furlan, en allemand, en slovène », nous nous déclarons prêts à donner un coup de main à Francesco pour faire advenir son souhait. En dialecte, ce l’est déjà en allemand nous y avons pourvu nous-mêmes, pendant que pour le ladin, le furlan et le slovène, on verra e qu’on pourra faire… [RV]

Dialogue maïeutique

Voici, Lucien l’âne mon ami, une chanson sur le Nordest…

Lequel ?, dis-moi Marco Valdo M.I. mon ami, car des Nord Est, il y en a beaucoup. Serait-ce le Nordeste brésilien qui a la taille d’une demi-Europe ? Celui de Chine, celui d’Inde, ou que sais-je encore ? Ou plus modeste, le Nord-Est de la France à deux pas de chez nous ?

Arrête-toi, Lucien l’âne mon ami, ne t’emballe pas ainsi. Si tu m’avais laissé finir ma phrase, tu le saurais déjà. Comme c’est une chanson italienne, comme c’est un chanteur italien, il s’agit tout simplement du Nordest italien, un territoire d’une superficie qui n’est pas aussi gigantesque que le Nordeste brésilien, mais un lieu qui recèle une histoire lourde et douloureuse, celle que raconte la chanson ou plus exactement,celle qu’elle évoque n’étant qu’une chanson et pas un savant traité d’histoire politique. En deux mots, c’est cette région au nord-est de Venise, qui partage sa frontière avec la Slovénie actuelle, elle-même partie de l’ancienne Yougoslavie. La région où se trouve Gorice, qui en italien se dit Gorizia, cette ville maudite qu’est la Gorizia de la chanson, intitulée « Ô Gorizia, sois maudite ! ». Souviens-toi de ce qu’elle disait et de ce que disaient les commentaires à son sujet. Je n’en dirai pas plus cette fois. Il me faut juste ajouter une petite parenthèse supplémentaire en ce qui concerne le Vajont et Longarone, où outre tous les massacres militaires, outre l’« urbicide » qui frappa Gorizia après la guerre (la population d’origine chuta de 35000 à environ 3000 habitants) et la politique d’italianisation forcée menée par les fascistes et poursuivie depuis, il faut aussi noter le malheur supplémentaire qui frappa le Nordest le jour où la montagne s’effondra et où le contenu du barrage du Vajont descendit dans la vallée et balaya, notamment, Longarone.

Comme si la bêtise humaine ne suffisait pas, dit Lucien l’âne.

En effet, répond Marco Valdo M.I. ; cependant, cette chanson est aussi une « chanson douce » qui parle, murmure, susurre par-delà les frontières et les déchirures et pour mieux dire, en appelle au poète frioulan qu’était Pier Paolo Pasolini :

Je voudrais te laver dans l’eau la plus fraîche de mon pays :
« Fontaine d’amour rustique,
Il n’y a pas d’eau plus fraîche
Que celle de mon pays ».

Il est temps de conclure ; alors, Marco Valdo M.I. mon ami, une fois encore faisons notre tâche infiniment longue, aussi longue que le malheur, car elle durera tant qu’il y aura la guerre, et tissons le linceul de ce vieux monde malade des frontières, nationaliste, myope, détestable et cacochyme.

Heureusement !

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
NORDEST

Je chante une douce chanson pour toi
Qui dans le Nordest, es née,
Je voudrais la chanter, en ladin, en dialecte
Du Frioul-Vénétie-Julienne, en allemand, en slovène.
Mais mon cœur me dit : « Montagne, bois,
Plateau, lagune et plaine »,
Mon cœur me raconte la terre volée,
Me raconte ton visage
Qui l’a consolée.

La Grande Guerre m’a pris mes fils,
Elle m’a pris mes montagnes et tes yeux.
La Grande Guerre m’a pris mon nom,
Ma terre, ma langue et tes yeux.

Et toi qui te vêts du nom du vent
Du nom du vent
Qui de la Carnie court à Venise,
Monte au Tyrol et descend vers Gorice,
Qui t’appelles comme le crépuscule,
Qui voit Trieste de la mer,
De l’ombre de vin qui baise la rage
Et l’allume,
Et l’allume.

La Grande Guerre m’a pris mes fils,
Elle m’a pris mes montagnes et tes yeux.
La Grande Guerre m’a pris mon nom,
Ma terre, ma langue et tes yeux.

Et de quelle autre façon, pourrais-je te chanter,
Toi qui au Nordest es née ?
Avec tout ce sang qui tonne
De la Yougoslavie, du Vajont à Longarone,
De cent ans et plus de séparation et de tranchées,
D’une vie pour toujours à la frontière,
Toujours étrangère, toujours étrangère,
Je voudrais te laver dans l’eau la plus fraîche de mon pays :
« Fontaine d’amour rustique,
Il n’y a pas d’eau plus fraîche
Que celle de mon pays ».

La Grande Guerre m’a pris mes fils,
Elle m’a pris mes montagnes et tes yeux.
La Grande Guerre m’a pris mon nom,
Ma terre, ma langue et tes yeux.
Et tes yeux,
Et tes yeux.

Contributed by Marco Valdo M.I. - 2017/8/10 - 21:52




Language: Yiddish

ייִדישע איבערזעצונג פֿון ריקאַרדאָ װענטורי
(מיט טראַנסקריבירונג)
12.8.2017 00:24
צפֿון־מיזרח [1]

אַ זיס ליד זינג איך פֿאַר דיך,
פֿאַר דיך, װאָס דו װערסט געבױרן אים צפֿון־מיזרח
און איך װאָלט זיך געפֿרײט, עס צו זינגען אױף דיאַלעקט,
אױף מאַמע־לשון, אױף דײַטש, אױף פּױליש.
אָבער מײַן האַרץ זאָגט מיר: באַרג, װאַלד,
פֿלאַכלאַנד, הױכלאַנד, לאַגונע
און מײַן האַרץ דערצײלט מיר דאָס געגאנבֿטע לאַנד
און דערצײלט מיר דײַן פּניט
װאָס עס האָט געטרײסט.

די גרױזע מלחמה האָט טיר גענומען
די קינדער, די בערג אין דײַנע אױגן.
די גרױזע מלחמה האָט מיר גענומען
דאָס לאַנד, דאָס לשון און דײַנע אױגן.

און דו, װאָס דו הײסט װי דער װינט
װאָס דו האָסט זיך געקלײדט מיט,
װאָס בלאָזט פֿון קאַרניע אַראָפּ צו װענעציע
און אַרױף ביז טיראָל און אַראָפּ ביז גערץ,
דו, װאָס דו הײסט װי די שקיעה
װאָס בלאָזט פֿון דעם ים אױף צו טריעסט,
און פֿון דעם גאָס װײַן, װאָס קושט
און ברענט דעם צאָרן
און ברענט דעם צאָרן

די גרױזע מלחמה האָט טיר גענומען
די קינדער, די בערג אין דײַנע אױגן.
די גרױזע מלחמה האָט מיר גענומען
דאָס לאַנד, דאָס לשון און דײַנע אױגן,
און דײַנג אױגן

און פֿאַר דיך, װי אַניט זאָל איך זינגסן,
פֿאַר דיך, װאָס דו װערסט געבױרן אים צפֿון־מיזרח?
מיט אַלע דעם בלוט, װאָס דונערט
פֿון יוגאָסלאָװיע און װײַאָנט,
פֿון איבער הונדערט יאָרן באַזונדערקײט און שאַנצן,
פֿון אַ לעבן תּמיד אױף דער גרענעץ,
לעולם אַ ייִד, לעולם אַ ייִד,
אים פֿרישערן װַסער פֿון מײַנעם לאַנד װאָלט איך דיך געװאַשן,
“פֿאָנטאַן פֿון פּױער־ליבע,
עס איז קײן פֿרישער װאַסער
װך די פֿון מײַנעם לאַנד"

די גרױזע מלחמה האָט טיר גענומען
די קינדער, די בערג אין דײַנע אױגן.
די גרױזע מלחמה האָט מיר גענומען
דאָס לאַנד, דאָס לשון און דײַנע אױגן,
און דײַנג אױגן,
און דײַנג אױגן.
[1] Trascrizione / Transcription

TSOFN-MIZREKH

A zis lid zing ikh far dikh,
far dikh, vos du verst geboyrn im tsofn-mizrekh
un ikh volt zikh gefreyt, es tsu zingen oyf dyalekt,
oyf mame-loshn, oyf daytsh, oyf poylish.
Ober mayn harts zogt mir: barg, vald,
flakhland, hoykhland, lagune
un mayn harts dertseylt mir dos geganvete land
und dertseylt mir mayn ponem
vos es hot getreyst.

Di groyze milkhome hot mir genumen
di kinder, di berg un dayne oygn.
Di groyze milkhome hot mir genumen
dos land, dos loshn un dayne oygn.

Un du, vos du heyst vi der vint
vos du host zikh gekleydt mit,
vos blozt fun Karnye arop tsu Venetsye
un aroyf biz Tirol un arop biz Gerts,
du, vos du heyst vi di shkiye
vos blozt fun dem yam oyf tsu Triest
un fun dem gos vayn, vos kusht
un brent dem tsorn
un brent dem tsorn

Di groyze milkhome hot mir genumen
di kinder, di berg un dayne oygn.
Di groyze milkhome hot mir genumen
dos land, dos loshn un dayne oygn,
un dayne oygn

Un far dikh, vi anit zol ikh zingen,
far dikh, vos du verst geboyrn im tsofn-mizrekh?
Mit ale dem blut, vus dunert
fun Yugoslavye un Vayont,
fun iber hunder yorn bazunderkeyt und shantsn,
fun a lebn tomid oyf der grenets,
leoylem a yid, leoylem a yid,
im frishern vaser fun maynem land volt ikh dikh gevashn,
“fontan fun poyer-libe,
es iz keyn frisher vaser
vi di fun maynem land”

Di groyze milkhome hot mir genumen
di kinder, di berg un dayne oygn.
Di groyze milkhome hot mir genumen
dos land, dos loshn un dayne oygn,
un dayne oygn,
un dayne oygn.

Contributed by ריקאַרדאָ װענטורי - 2017/8/12 - 00:24




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