Romeiro hei de ir lonxe ao San Andrés
con herbiñas de namorar,
dareille a quen alén mar está
o aloumiño do meu amor.
Hei de vestir a camisa de liño
Morto ou vivo hei volver á terra
Cabo do mundo, ó pé dun aguillón
Romeiro hei de ir lonxe ao San Andrés
con herbiñas de namorar,
dareille a quen alén mar está
o aloumiño do meu amor.
con herbiñas de namorar,
dareille a quen alén mar está
o aloumiño do meu amor.
Hei de vestir a camisa de liño
que ela teceo para min
con herbiñas de namorar;anda o lagarto azul e souril
a acaroar mapoulas bermellas,nacidas de fusís,
co aloumiño do meu amor,alleo á guerra e ao seu tambor.
Morto ou vivo hei volver á terra
que ela andou canda min
con herbiñas de namorar;chouta o mascato polo cantil
a vela-lo adro familiar,ala lonxe, na fin,
co aloumiño do meu amor.Cabo do mundo, ó pé dun aguillón
doeme a guerra ruín
entre herbiñas de namorar;corvo mariño voa xentil
o amilladoiro a levantare pan santo a colorir
co aloumiño do meu amor.Romeiro hei de ir lonxe ao San Andrés
con herbiñas de namorar,
dareille a quen alén mar está
o aloumiño do meu amor.
envoyé par Riccardo Venturi - 3/7/2017 - 06:26
Langue: italien
Traduzione italiana di Riccardo Venturi
3/4 luglio 2017
3/4 luglio 2017
PELLEGRINO LONTANO
Devo andar lontano, pellegrino a San Andrés
con pianticelle di armèria marittima, [1]
darò a chi sta di là dal mare
la carezza del mio amore.
Devo indossare una camicia di lino
Morto o vivo tornerò alla terra
Il Finis Terrae [5], presso un pruneto
Devo andar lontano, pellegrino a San Andrés
con pianticelle di armèria marittima,
darò a chi sta di là dal mare
la carezza del mio amore.
Devo andar lontano, pellegrino a San Andrés
con pianticelle di armèria marittima, [1]
darò a chi sta di là dal mare
la carezza del mio amore.
Devo indossare una camicia di lino
che lei ha tessuto per me
con pianticelle di armèria marittima;va la lucertola azzurra e vivace [2]
sfiorando papaveri rossinati da fucili,
con la carezza del mio amoreestranea alla guerra e al suo tamburo.
Morto o vivo tornerò alla terra
dove lei camminò insieme a me
con pianticelle di armèria marittima;svolazza la sula bassana [3] sulla falesia
a sorvegliare il sagrato [4] familiarelassù, sul bordo del baratro,
con la carezza del mio amore.Il Finis Terrae [5], presso un pruneto
mi fa male la guerra malvagia
tra pianticelle di armèria marittima;il cormorano vola gentilmente,
l'amilladoiro [6] da costruiree il pane santo da colorare [7]
con la carezza del mio amore.Devo andar lontano, pellegrino a San Andrés
con pianticelle di armèria marittima,
darò a chi sta di là dal mare
la carezza del mio amore.
[1] (Si veda anche l'introduzione alla canzone). L'armèria marittima è una pianticella delle Plumbaginacee diffusa un po' ovunque in Europa. Predilige terreni rocciosi / pietrosi e resiste praticamente a tutto, comprese tempeste e venti impetuosi. Come indica il suo nome, è propria dei litorali marini (il suo stesso nome potrebbe essere derivato da qualcosa di celtico che significa “sul mare”, ad esempio il bretone [w]ar mor); probabilmente per questa sua tenacità è resistenza dev'essere stata associata al matrimonio e al rimedio del mal d'amore. In lingua galiziana è detta per questo popolarmente Herba de namorar “erba per far innamorare”. Ovvia e conseguente l'associazione con la fecondità, tanto che nella stessa lingua galiziana è detta anche empreñadeira (“la pianta che mette incinta”, o “per mettere incinta”). Quanto alla “tecnica”, le tradizioni galiziane dicono le herbas de namorar devono essere raccolte nella notte di San Giovanni (ovvio), mettendole poi sul petto o sotto il guanciale dell'innamorato/a mentre dorme, e senza che costui o costei se ne accorga. L'armèria marittima si occupa poi di fare il servizio, ma la decisione deve essere ferma perché, poi, non è possibile tornare indietro (vale a dire: il matrimonio indissolubile). Tale pratica magica, assai popolare tra i giovani e le giovani di Galizia, fece scandalizzare il severo e devoto padre Sarmiento (1695-1772), che tuonò contro di essa proprio nel santuario di San Andrés de Teixido. Come curiosità incidentale, si potrebbe anche dire che mentre nel "ritornello botanico" di questa canzone c'è la pianticella che mette incinta, nel "mix" di Scarborough Fair c'è il prezzemolo, nota pianta abortiva.
[2] Si tratta della lucertola di Schreiber (Lacerta Schreiberi), assai diffusa in Galizia dov'è detta lagarto das silvas “lucertola dei boschi”. E' un simpatico lucertolone di una quarantina di centimetri e dalla bellissima colorazione: mentre il corpo è verde vivace, la testa è completamente azzurra.
[3] La sula bassana (Morus bassanus) è un grande uccello marino della famiglia delle sule. In galiziano è detta mascato (“mascherato”) a causa della “maschera” nera che ha attorno agli occhi, una sua caratteristica fisica. Nel verso, il verbo choutar, propriamente “saltare, balzare”, è stato reso con “svolazzare” che forse rende meglio l'idea.
[4] Adro (o adral), derivato dal latino atrium è termine generico (anche in portoghese lusitano e in castigliano) per “sagrato”. Nelle parrocchie galiziane, l'adro indica però anche l'intero terreno prospiciente al sagrato, e che era tradizionalmente il luogo dove si svolgeva la riunione settimanale dei parrocchiani per discutere le varie questioni della vita parrocchiale (e quindi del paese o del vicinato). Nelle chiese più antiche non è raro di trovare sull'adro anche il cimitero.
[5] Nel testo della canzone non è chiaro se Cabo do mundo sia qui un termine generico o si riferisca al vero e proprio “Cabo do Mundo”, vale a dire il Cabo Fisterra (o Cabo Finisterre in castigliano). Ritenuto erroneamente ma tradizionalmente il punto più occidentale della Spagna Continentale e della Penisola Iberica, rappresenta il punto di arrivo del Cammino di Compostela. Il fato é che il santuario di San Andrés de Teixido, che è il “locus” di questa canzone, è piuttosto lontano dal Cabo Fisterra; ho preferito quindi, per la traduzione, utilizzare la dicitura latina, “Finis Terrae”, tenendo conto che anche l'intero album da cui proviene questa canzone si chiama proprio Cabo do Mundo. Il “Capodimondo” è denominazione comune in tutte le regioni europee all'estremo occidente: c'è un punto dove la terra finisce e oltre il quale c'è solo l'immensità dell'oceano. E così ecco anche il Finistère in Bretagna, che in bretone si chiama Penn ar Bed, naturalmente “capo del mondo”. Geograficamente, però, il vero e proprio “capodimondo” dell'Europa occidentale è il Cabo da Roca, in Portogallo (vicino a Sintra). Quello che fece scrivere a Camões Aqui... Onde a terra se acaba e o mar começa. (Lusiadi, VIII).
[6] Si tratta di un termine esclusivamente galiziano: un amilladoiro è un tumulo di pietre che vengono accumulate nel tempo l'una sull'altra da chi compie un pellegrinaggio verso un santuario.
In Galizia esistono amilladoiros di mezzo metro di altezza come ne esistono alcuni che oramai sono vere e proprie collinette; ad alcuni è data una forma regolare, mentre altri sono semplici ammassi. Quasi sempre, presso di essi è sistemata una croce (in alcuni casi sopra di essi). La parola (anche nella forma milladoiro) deriva da millar “migliaio”; si tratta infatti spesso di “migliaia” di pietre che si accumulano. Secondo la credenza popolare, gli amilladoiros sono legati al Giorno del Giudizio: un passaggio biblico dice infatti che, nel Giorno del Giudizio, le pietre parleranno e renderanno testimonianza del compimento del pellegrinaggio; per questo motivo, il pellegrino porta e deposita le pietre. Le pietre potrebbero simboleggiare anche le anime che sono in Purgatorio per non aver fatto un'offerta in vita.
Assai più probabilmente, si tratta però di un'usanza risalente a riti funerari preistorici allo scopo di mantenere il legame tra i morti e la comunità (si veda anche la comune usanza di gettare una manciata di terra sulla bara del defunto, prima della sepoltura, oppure l'usanza ebraica di depositare sassi sulla tomba). Sebbene specifico della Galizia, l'amilladoiro appartiene alla stessa ritualità del cairn celtico (e la Galizia è terra anticamente celtica); ma la ritualità dell'accumulo di pietre si ritrova in tutto il mondo, anche in senso spirituale e religioso.
[7] (Si veda anche l'introduzione) I sanandreses rappresentano in realtà delle vere e proprie “attestazioni” del pellegrinaggio a San Andrés de Teixido, se non proprio dei veri e propri souvenir:
[2] Si tratta della lucertola di Schreiber (Lacerta Schreiberi), assai diffusa in Galizia dov'è detta lagarto das silvas “lucertola dei boschi”. E' un simpatico lucertolone di una quarantina di centimetri e dalla bellissima colorazione: mentre il corpo è verde vivace, la testa è completamente azzurra.
[3] La sula bassana (Morus bassanus) è un grande uccello marino della famiglia delle sule. In galiziano è detta mascato (“mascherato”) a causa della “maschera” nera che ha attorno agli occhi, una sua caratteristica fisica. Nel verso, il verbo choutar, propriamente “saltare, balzare”, è stato reso con “svolazzare” che forse rende meglio l'idea.
[4] Adro (o adral), derivato dal latino atrium è termine generico (anche in portoghese lusitano e in castigliano) per “sagrato”. Nelle parrocchie galiziane, l'adro indica però anche l'intero terreno prospiciente al sagrato, e che era tradizionalmente il luogo dove si svolgeva la riunione settimanale dei parrocchiani per discutere le varie questioni della vita parrocchiale (e quindi del paese o del vicinato). Nelle chiese più antiche non è raro di trovare sull'adro anche il cimitero.
[5] Nel testo della canzone non è chiaro se Cabo do mundo sia qui un termine generico o si riferisca al vero e proprio “Cabo do Mundo”, vale a dire il Cabo Fisterra (o Cabo Finisterre in castigliano). Ritenuto erroneamente ma tradizionalmente il punto più occidentale della Spagna Continentale e della Penisola Iberica, rappresenta il punto di arrivo del Cammino di Compostela. Il fato é che il santuario di San Andrés de Teixido, che è il “locus” di questa canzone, è piuttosto lontano dal Cabo Fisterra; ho preferito quindi, per la traduzione, utilizzare la dicitura latina, “Finis Terrae”, tenendo conto che anche l'intero album da cui proviene questa canzone si chiama proprio Cabo do Mundo. Il “Capodimondo” è denominazione comune in tutte le regioni europee all'estremo occidente: c'è un punto dove la terra finisce e oltre il quale c'è solo l'immensità dell'oceano. E così ecco anche il Finistère in Bretagna, che in bretone si chiama Penn ar Bed, naturalmente “capo del mondo”. Geograficamente, però, il vero e proprio “capodimondo” dell'Europa occidentale è il Cabo da Roca, in Portogallo (vicino a Sintra). Quello che fece scrivere a Camões Aqui... Onde a terra se acaba e o mar começa. (Lusiadi, VIII).
[6] Si tratta di un termine esclusivamente galiziano: un amilladoiro è un tumulo di pietre che vengono accumulate nel tempo l'una sull'altra da chi compie un pellegrinaggio verso un santuario.
In Galizia esistono amilladoiros di mezzo metro di altezza come ne esistono alcuni che oramai sono vere e proprie collinette; ad alcuni è data una forma regolare, mentre altri sono semplici ammassi. Quasi sempre, presso di essi è sistemata una croce (in alcuni casi sopra di essi). La parola (anche nella forma milladoiro) deriva da millar “migliaio”; si tratta infatti spesso di “migliaia” di pietre che si accumulano. Secondo la credenza popolare, gli amilladoiros sono legati al Giorno del Giudizio: un passaggio biblico dice infatti che, nel Giorno del Giudizio, le pietre parleranno e renderanno testimonianza del compimento del pellegrinaggio; per questo motivo, il pellegrino porta e deposita le pietre. Le pietre potrebbero simboleggiare anche le anime che sono in Purgatorio per non aver fatto un'offerta in vita.
Assai più probabilmente, si tratta però di un'usanza risalente a riti funerari preistorici allo scopo di mantenere il legame tra i morti e la comunità (si veda anche la comune usanza di gettare una manciata di terra sulla bara del defunto, prima della sepoltura, oppure l'usanza ebraica di depositare sassi sulla tomba). Sebbene specifico della Galizia, l'amilladoiro appartiene alla stessa ritualità del cairn celtico (e la Galizia è terra anticamente celtica); ma la ritualità dell'accumulo di pietre si ritrova in tutto il mondo, anche in senso spirituale e religioso.
[7] (Si veda anche l'introduzione) I sanandreses rappresentano in realtà delle vere e proprie “attestazioni” del pellegrinaggio a San Andrés de Teixido, se non proprio dei veri e propri souvenir:
×
Letra: Xúlio Cuba
Música: Tradicional inglesa
Arranxos: Luar na Lubre
Album: Cabo do Mundo
Testo: Xúlio Cuba
Musica: Tradizionale inglese (Scarborough Fair)
Arrangiamento: Luar na Lubre
Album: Cabo do Mundo
(Luar na Lubre)
Un interessante offspring della “grande famiglia” di Scarborough Fair, del quale utilizza la melodia e la struttura, pur essendo un testo del tutto autonomo; ma uno spirito un po' “da Simon & Garfunkel” aleggia anche nei versi inframezzati, che vanno a formare una vera e propria canzone contro la guerra al pari del Canticle di Paul Simon inframezzato nell'antica canzone tradizionale britannica, ed anche un po' nel "ritornello botanico" dove però il mix di piante aromatiche esoteriche (prezzemolo, salvia, rosmarino e timo) viene sostituito da una pianticella molto più "galiziana" e legata alla sua cultura popolare. Il tutto a cura dei Luar na Lubre (qualcosa come “Luna nella foresta incantata”), famoso gruppo galiziano culturalmente e musicalmente assai legato alla terra di origine di cui spesso ripropone il folk arrangiato in chiave moderna. La Galizia (Gallaecia in latino) è, come tutti sanno, una terra celtica (come dice il suo stesso nome) dove si parla più o meno il portoghese (il portoghese e il galiziano non si distinguevano nella fase medievale, e la lirica gallego-portoghese fa parte della letteratura portoghese, non di quella spagnola); il galiziano (o ga[l]lego) è adesso certamente una lingua autonoma, ma sempre assai più comprensibile ai portoghesi che agli spagnoli nonostante l'ortografia che la avvicina più al castigliano). Le “radici celtiche” sono comunque assai care ai galiziani, nonostante proprio la Galizia abbia dato i natali al celtissimo Francisco Franco; ma, del resto, anche Jean-Marie Le Pen è nato in Bretagna. Nulla da imputare, naturalmente, né alla Galizia, e né tantomeno ai bravi Luar na Lubre tra il folk galiziano, la world music, i bodhrán, le gaitas e questa “rivisitazione” di Scarborough Fair tra sinceri aneliti di fratellanza universale, papaveri rossi nati dai fucili (motivo per cui la canzone è stata messa nell'apposito percorso) e tradizioni popolari galiziane, di cui è quasi una piccola enciclopedia (al pari della flora e della fauna locale). La canzone è del 1999 e fa parte dell'album Cabo do Mundo. [RV]