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Zunë yjet po rrallojnë

anonimo
Lingua: Albanese


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(Rinaldo D'Aquino)


[19° secolo]
Uno dei tanti canti del kurbèt, termine turco che significa emigrazione e che designa la diaspora albanese, raccolti e tradotti in italiano da Gëzim Hajdari (1957-), poeta, scrittore, giornalista ed esule albanese in Italia.
Nella raccolta “I canti del kurbèt - Këngët e kurbetit” (ignoro se sia già stata pubblicata)
Testo trovato su L'Ombra delle Parole - Rivista Letteraria Internazionale

Gëzim Hajdari

I canti del kurbèt rappresentano i canti popolari albanesi della migrazione durante l’occupazione Ottomana (1468–1912, quest’ultimo anno dell’Indipendenza dell’Albania dalla Turchia). Due anni fa, il sottoscritto diede alle stampe I Canti dei nizam (i canti dei soldati albanesi che combattevano per l’Impero dei Sultani di Istanbul), edito da Besa, 2012. Sono due opere monumentali della memoria collettiva del Paese delle Aquile, nonché parte integrante della memoria della cultura europea. I canti del kurbèt appartengono a un periodo buio della storia albanese. Erano secoli di drammi sociali, di tragedie umane e di resistenza per la sopravvivenza della nazione shqiptar. É straordinario come questo piccolo popolo nel cuore del vecchio continente, nonostante il lungo dominio romano, poi quello ottomano, e altre invasioni ancora, sia riuscito a resistere alle temperie della Storia e all’assimilazione forzata degli invasori conservando la propria identità e la propria cultura. Nel 1775, la Patriarcana di Istanbul, guidata da Abdul Hamiti I°, emanò un ferman che proibì per legge l’uso della lingua albanese, imponendo, per un secolo e mezzo, la lingua turca come lingua ufficiale in Albania. É stata proprio la ricca tradizione orale epica e lirica a salvare la lingua, l’anima e l’identità del popolo albanese.

La nave albanese Vlora a Bari nel marzo del 1991


I canti del kurbèt nascono nell’800, all’epoca dei canti dei nizam. Vengono cantati nelle cerimonie e nelle feste sia al nord che al sud del paese. Tuttavia le regioni più ricche di questa tradizione popolare sono quelle del sud, quali Korçë, Kolonjë, Përmet, Gjirokastër, Bregu i Detit e Çamëria. […]
Nei primi decenni dell’800, le mete preferite dei kurbetlì erano i paesi dell’ impero quali Turchia, Serbia, Grecia, Bulgaria, Romania, l’Egitto e lo Yemen. Ma negli ultimi decenni del secolo si spinsero oltre i confini della Turchia Ottomana, approdando in Germania, in Francia, e persino nel continente americano, Argentina e USA. I canti del kurbèt, oltre al loro immenso valore culturale e spirituale, rispecchiano il quadro storico e sociale dell’epoca in cui nacquero e vennero cantati. Esprimono rabbia e protesta contro le condizioni economiche in cui i kurbetlì vivevano denunciando il kurbèt in quanto un fenomeno sociale che portava più disgrazie e sofferenze che fortuna e danaro. Raccontano di separazioni, lamenti, struggimenti, viaggi, attraversamenti, fatiche, dolori, sofferenze, nostalgie, pianti, attese infinite, gemiti e lutto. I kurbetlì erano giovani e uomini contadini che provenivano dai poveri villaggi, costretti ad abbandonare la propria terra, gli affetti per andare a lavorare all’estero in cerca di fortuna.
(Gëzim Hajdari)
Zunë yjet po rrallojnë
zunë gjelat po shpeshojnë
karvanaret po ngarkojnë
zunë kurbetlinjt’ të shkojnë.

- Le të shkojë kush të dojë
Beçja im të mos shkojë.

- Grua mos më fol me gojë!?
do shkoj se kemi nevojë
varfëria na mbuloi.

- Rri, o trim, të shkojmë jetë
kjo jetë sa një fletë.

- Ç’më thua e shuarë
zemër, përvëluarë!

inviata da Bernart Bartleby - 29/3/2017 - 08:09



Lingua: Italiano

Traduzione italiana di Gëzim Hajdari.
TRAMONTANO LE STELLE

Tramontano le stelle
iniziano i galli a cantare
i kurbetlì di buon’ora
caricano le carovane
partono, se ne vanno.

- Che parta chiunque
ma non tu, mio uomo.

- Moglie mia, che dici!?
ne abbiamo bisogno
tanta povertà addosso.

- Resta a casa con me
la vita è un soffio.

- Cosa sono queste parole
mi spezzi il cuore!

inviata da Bernart Bartleby - 29/3/2017 - 08:10




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