Dhulkii hooyo iyo hilmihii aad dhashiyo waxaad dhaafsatay
Italiya dhex joog
Dhabbo jiifsi iyo dhalo alkool ah ayaad dhaafsatay
Dhawrasaney i maqal dhibaato aa jirtaa Itaaliyaa dhex taal
Haddaad dhawri lahayd dhayda saari lahayd dhalaad dhafsan lahayd
Dhowrasanow i maqal dhibaato way dhacdaa
caqli dhawacmoo alkool dhaqdaa
Dhab uma soo noqdee
Dhowrsaney i maqal Ruux dhoofayoo, ilmaha oo dhaliyoo
Dhowrsan jaclaa waxaan dhib iyo dhuuniga u waa
Caqli dhaawacmiyo dhimashaa ka roon
Dhowrsaney i maqal dhibaato aa jirtoo
Sooma dhoofi karo kumana dhigi karee
Dhudhummada aan jaraa
Italiya dhex joog
Dhabbo jiifsi iyo dhalo alkool ah ayaad dhaafsatay
Dhawrasaney i maqal dhibaato aa jirtaa Itaaliyaa dhex taal
Haddaad dhawri lahayd dhayda saari lahayd dhalaad dhafsan lahayd
Dhowrasanow i maqal dhibaato way dhacdaa
caqli dhawacmoo alkool dhaqdaa
Dhab uma soo noqdee
Dhowrsaney i maqal Ruux dhoofayoo, ilmaha oo dhaliyoo
Dhowrsan jaclaa waxaan dhib iyo dhuuniga u waa
Caqli dhaawacmiyo dhimashaa ka roon
Dhowrsaney i maqal dhibaato aa jirtoo
Sooma dhoofi karo kumana dhigi karee
Dhudhummada aan jaraa
inviata da Dq82 - 25/11/2016 - 19:00
Lingua: Italiano
Traduzione italiana da asei.eu
MI TAGLIO LE BRACCIA
Hai scambiato la tua terra madre e i tuoi figli con la vita in Italia
Li hai barattati con una bottiglia di alcol e un giaciglio sulla strada
Ascoltami mia virtuosa, ci sono difficoltà in Italia
Se le avessi viste anche tu avresti scambiato il latte fresco con la bottiglia
Ascoltami mio virtuoso le difficoltà ci sono
il cervello ferito e lavato dall’alcol non torna indietro realmente
Ascoltami mia virtuosa, la persona che parte
Che incontra difficoltà e non trova il nutrimento per l’amata e i suoi figli
Di una mente ferita è meglio la morte
Ascoltami mia virtuosa, ci sono delle difficoltà
Non posso tornare non posso lasciarti
Mi taglio le braccia
Hai scambiato la tua terra madre e i tuoi figli con la vita in Italia
Li hai barattati con una bottiglia di alcol e un giaciglio sulla strada
Ascoltami mia virtuosa, ci sono difficoltà in Italia
Se le avessi viste anche tu avresti scambiato il latte fresco con la bottiglia
Ascoltami mio virtuoso le difficoltà ci sono
il cervello ferito e lavato dall’alcol non torna indietro realmente
Ascoltami mia virtuosa, la persona che parte
Che incontra difficoltà e non trova il nutrimento per l’amata e i suoi figli
Di una mente ferita è meglio la morte
Ascoltami mia virtuosa, ci sono delle difficoltà
Non posso tornare non posso lasciarti
Mi taglio le braccia
inviata da Dq82 - 25/11/2016 - 19:02
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Impronte digitali, frammenti significanti di essere umano. In un racconto di Cristiana Caldas Brito, scrittrice brasiliana che vive in Italia e scrive in italiano, si immagina che “cinquemila quattrocento ventidue polpastrelli, tutti imbrattati di inchiostro” si presentano un giorno alla Questura di Roma: “siamo entrati in questura in modo assolutamente pacifico e in ordinata fila, come si usa dalle nostre parti. Se proprio devo dire la verità, erano loro, i poliziotti, ad essere nervosi. Forse ne avevano ragione. Non tutti i giorni un poliziotto trova davanti a sé seimila polpastrelli separati dalle mani, seimila polpastrelli allontanati dai corpi a cui appartenevano”.
La riduzione dell’essere umano e della sua identità a una parte “allontanata dal corpo a cui appartiene” è sia una metafora del modo in ci le autorità percepiscono i migranti, sia una metafora della frattura profonda di una migrazione che separa il migrante da tutto il suo mondo di provenienza. E infatti anche la canzone di Geedi ricorre alla stessa metafora, di un’identità scritta su una parte del corpo che è l’unica che le istituzioni riconoscano ma che basta a impedirgli di tornare a casa e rientrare in Italia.
Il personaggio di Geedi si taglia le braccia anche per dire che una parte di lui è rimasta laggiù. Geedi canta di una condizione spezzata, sospesa, precaria, insostenibile, sul piano dell’identità e sul piano dei rapporti: non sono africano, non sono europeo; non posso tornare, non posso lasciarti. Se pensiamo alla musica popolare come l’espressione di soggetti non egemoni, oppressi e marginali, la musica popolare in Italia oggi è anche, forse soprattutto, questa. È portatrice di bellezza ma non è un ornamento, un intrattenimento, una spezia esotica, il vagheggiamento romantico del “vagabondo”. La canzone popolare “forestiera”, come tutta la canzone popolare, è vita e storia, carne e sangue di persone concrete.
E parla (come già le nostre canzoni di emigrazione) di ferite, di solitudine, di abbandono – e almeno in un caso di una possibilità alternativa fondata non sulla benevola “accoglienza” verso gli “ospiti” ma sulla condivisione di un progetto di lavoro, di cultura, e soprattutto di politica fra cittadini ed eguali.
asei.eu