I’m out of the game
If you are the healer
Means I’m broken and lame
If thine is the glory
Then mine must be the shame
You want it darker
We kill the flame
Magnified and sanctified
Be Thy Holy Name
Vilified and crucified
In the human frame
A million candles burning
For the help that never came
You want it darker (1)
Hineni Hineni (2)
I’m ready, my Lord
There’s a lover in the story
But the story’s still the same
There’s a lullaby for suffering
And a paradox to blame
But it’s written in the scriptures
And it’s not some idle claim
You want it darker
We kill the flame
They’re lining up the prisoners
And the guards are taking aim
I struggled with some demons
They were middle-class and tame
I didn’t know I had permission
To murder and to maim
You want it darker
Hineni Hineni
I’m ready, my Lord
Magnified and sanctified
Be Thy Holy Name (3)
Vilified and crucified
In the human frame
A million candles burning
For the love that never came
You want it darker
We kill the flame
If you are the dealer
let me out of the game
If you are the healer
I’m broken and lame
If thine is the glory
Mine must be the shame
You want it darker
Hineni Hineni
I’m ready, my Lord
(1) ‘Darker’ è termine polisemico che è praticamente impossibile tradurre. ‘Dark’ letteralmente significa ‘scuro’ (come in ‘The Dark Side of The Moon’), ma la parola ‘dark’ viene usata con molti altri significati metaforici: come ad esempio in ‘he moved to dark side’ (‘ha abbracciato il lato oscuro’), ‘it’s a dark day’ (‘è un giorno infausto’), ‘dark age’ (‘età buia’), ‘dark humour’ (‘umore tetro’ o anche semplicemente ‘dark’, ormai acclimatato in italiano). Qui l’uso che Cohen sembra farne è simile a quello in Darkness, da Old Ideas, con un riferimento (qui più velato) alla depressione – ma anche a un mondo immorale, in sfacelo. Il tono, insomma, come da più parti già rimarcato, è quello apocalittico di The Future. Noi abbiamo scelto ‘buio’ per creare una specie di contrasto con l’immagine delle candele e della fiamma che viene spenta (evidentemente per volontà del Signore).
(2) Hineni è parola dell’ebraico biblico (הִנְנִי) che significa letteralmente ‘eccomi qui’. In ebraico sono due le parole che con cui si può rendere l’idea di ‘eccomi': פֹּה poh e per l’appunto הִנְנִי, Hineni. La prima indica la semplice presenza fisica, la seconda indica una presenza completa, emotiva e spirituale oltreché fisica, e rappresenta uno dei concetti più profondi dell’ebraismo.
La parola Hineni viene utilizzato solamente otto volte nell’Antico Testamento (sette volte in Genesi e una in Esodo) e in ogni occasione è segno di presenza assoluta al cospetto del Signore. L’episodio più noto è certamente quello di Abramo e Isacco, in cui Hineni viene utilizzata tre volte: quando Dio lo chiama per metterlo alla prova (Genesi 22,1), mentre si appresta al sacrificio del figlio (in risposta alla chiamata di questi), e da ultimo mentre sta per levare il coltello contro Isacco e Dio lo chiama per mostrargli il montone da sacrificare.
Hineni (heani mimaas) è anche il verso iniziale della preghiera che viene cantata dal cantore (hazan) durante i riti ashkenaziti di Rosh Hashanah, il capodanno ebraico, e, dieci giorni dopo, di Yom Kippur, il Giorno dell’Espiazione, in entrambi i casi durante il musaf. La preghiera non viene cantata alla congrega, bensì per conto della congrega – tanto che il cantore viene elevato al ruolo di sheliach tzibbur, ossia messaggero della congregazione –e richiede al cantore umiltà e presenza assoluta. Ciascuna congregazione sceglie il proprio hazan per recitare l’Hinei heami mimaas, e tale servigio alla comunità viene ritenuto un grande onore e, allo stesso tempo, una grande responsabilità. Non è inopportuno ricordare che a quel punto il cantore avrà digiunato (niente cibo e, soprattutto, niente acqua) per circa 16 ore, cosicché il compito non è certo dei più facili.
(3) I versi sono la traduzione quasi letterale dell’inizio del kaddish, una delle preghiere ebraiche più antiche: יִתְגַּדַּל וְיִתְקַדַּשׁ שְׁמֵהּ רַבָּא, Yitgaddal veyitqaddash shmeh rabba (“sia magnificato e santificato il suo grande nome”). Si noti come, contrariamente alle sue abitudini sempre tese al femminile, Cohen abbia scelto per questa canzone un coro di voci maschili (quella della sua sinagoga d’infanzia), quasi a voler riprodurre il minian necessario per recitare il kaddish.
inviata da Bernart Bartleby - 19/10/2016 - 23:03
Se tu dai le carte
Io non starò al gioco
Se sei il guaritore
Significa che sono zoppo e a pezzi
Se tua è la gloria
Allora mia dev’essere la vergogna
Tu vuoi più buio
Noi spegniamo la fiamma
Magnificato e santificato
Sia il Santo Nome
Vilipeso e crocefisso
Nelle sue sembianze umane
Un milione di candele accese
Per quell’aiuto mai giunto
Tu vuoi più buio
Hineni Hineni
Sono pronto, mio Signore
C’è un amante nella storia
Ma la storia è sempre la stessa
C’è una ninna nanna per chi soffre
E un paradosso cui dar colpa
Ma è inciso nelle Scritture
E non è un’affermazione vuota
Tu vuoi più buio
Noi spegniamo la fiamma
Stanno allineando i prigionieri
E le guardie prendono la mira
Ho lottato con alcuni demoni
Erano borghesi e mansueti
Non sapevo di avere il permesso
Di uccidere e mutilare
Tu vuoi più buio
Hineni Hineni
Sono pronto, mio Signore
Magnificato e santificato
Sia il Santo Nome
Vilipeso e crocefisso
Nelle sue sembianze umane
Un milione di candele accese
Per quell’amore mai giunto
Tu vuoi più buio
Noi spegniamo la fiamma
Se tu dai le carte
Non farmi giocare
Se sei il guaritore
Io sono zoppo e a pezzi
Se tua è la gloria
Mia dev’essere la vergogna
Tu vuoi più buio
Hineni Hineni
Sono pronto, mio Signore
inviata da Bernart Bartleby - 19/10/2016 - 23:09
Si tú eres quien reparte las cartas,
yo estoy fuera del juego.
Si tú eres el que cura,
significa que estoy maltrecho y cojo.
Si tuya es la gloria,
entonces mía debe ser la deshonra.
Quieres más oscuridad,
apagemos la llama.
Magnificado, santificado,
sea Tú Nombre Sagrado,
Denigrado y crucificado,
en el cuerpo humano.
Un millón de velas ardiendo
por la ayuda que nunca llegó.
Quieres más oscuridad.
Hineni, hineni
("Aquí estoy, aquí estoy" en hebreo)
estoy listo, mi Señor.
Hay un amante en la historia,
pero la historia sigue siendo la misma.
Hay una canción de cuna para el sufrimiento,
y una paradoja a la que culpar.
Pero está en las Escrituras,
y no es ninguna afirmación inútil.
Quieres más oscuridad,
apaguemos la llama.
Están poniendo a los prisioneros en fila,
y los guardias están apuntando.
Yo luché contra algunos demonios,
eran mansos y de clase media.
No sabía que tenía permiso
para asesinar y mutilar.
Quieres más oscuridad.
Hinéni, hinéni,
estoy listo, mi Señor.
Magnificado, santificado,
sea Tú Nombre Sagrado,
Denigrado y crucificado,
en el cuerpo humano.
Un millón de velas ardiendo
por la ayuda que nunca llegó.
Quieres más oscuridad,
apaguemos la llama.
Si eres tú quien reparte las cartas,
déjame salir del juego.
Si tú eres el que cura,
significa que estoy maltrecho y cojo.
Si tuya es la gloria,
entonces mía debe ser la deshonra.
Quieres más oscuridad,
Hinéni, hinéni.
Hinéni, hinéni.
Estoy listo, mi Señor.
inviata da Santiago - 12/11/2016 - 04:26
Tekst pochodzi z https://www.tekstowo.pl/piosenka,leona...
(fanno cosy amichetti di Tekstowo, da un branco di stronzi)
Saluti (a tutti, anche agli stronzi tekstowo)
Ja znikam z tej gry
Ty ciało uzdrawiasz
Ja chromym chcę być
Gdy chwała cię zdobi
Ja wstydem kryję się
Ty ściemniasz barwy
My zdławmy skrę
Wywyższone niechaj trwa
Święte Imię Twe
Umęczony krzyżem znak
Oto człowiek jest
Nie przybył nikt, by pomóc
Choć płonęło milion świec
Ty ściemniasz barwy
My zdławmy skrę
Hineni Hineni
Mój Panie, już czas
Była miłość w tej historii
Której wszyscy znamy treść
Coś przynosi sen cierpiącym
Gdzieś paradoks zły ma kres
Ale tako rzecze Pismo
I to nie są słowa czcze
Ty ściemniasz barwy
My zdławmy skrę
W szeregu stoją winni
A straż namierza cel
Stoczyłem parę bitew
Z demonami klasy B
Nie wiedziałem wszak, że wolno
Kaleczyć, zadać śmierć
Ty ściemniasz barwy
Hineni Hineni
Mój Panie, już czas
Wywyższone niechaj trwa
Święte Imię Twe
Umęczony krzyżem znak
Oto człowiek jest
Nie przybył nikt, by kochać
Choć płonęło milion świec
Ty ściemniasz barwy
My zdławmy skrę
Ty karty rozdajesz
Ja znikam z tej gry
Ty ciało uzdrawiasz
Ja chromym chcę być
Gdy chwała cię zdobi
Ja wstydem kryję się
Ty ściemniasz barwy
My zdławmy skrę
Hineni Hineni
Mój Panie, już czas
inviata da krzyś Ѡ - 21/9/2021 - 22:27
Se mi permetti, simili diciture sono tra le cose che più mi fanno *inkazzare* al mondo. Talmente tanto, da avere posposto l'inserimento di questa canzone di Leonard Cohen: mi ero infatti riproposto di pensare a fare una traduzione io stesso, per bypassare il sig. Yuri Garrett e i suoi "previ permessi" (dal cognome che porta, spero che non ti prenda per Billy the Kid). Questo sia detto da uno che, di sue traduzioni, ne ha viste a centinaia sparse per la Rete, spesso e volentieri senza manco il proprio nome citato (e a volte persino utilizzate per spettacoli, come in questo ultimo caso), ed è ben lieto che circolino e che ci siano perché la conoscenza è libera e non deve avere né copyright né "previ permessi". Questo non per muoverti un appunto, ma perché temo che -prima o poi- il sito "LeonardCohen.it" si farà vivo (a meno che tu non gli abbia chiesto il "Previo permesso", ovviamente).
Perdonami per questa che potrà forse sembrarti una questione di lana caprina, però sono e rimango un fiero nemico dei copyright, delle autorizzazioni, dei paletti, delle "proprietà intellettuali" e di quant'altro, anche a prezzo di rinunciare ad una (peraltro ottima) traduzione da Leonard Cohen. Salud!
Riccardo Venturi - 20/10/2016 - 00:01
Detto questo, io non aspetterei la querela del sig. Garrett e sostituirei da subito la sua traduzione, bella o brutta che sia, con quella fatta da te. Credo che anche con le note sul lessico ebraico tu possa fare infinitamente meglio di lui.
E in culo al copirait ma anche agli scrocconi!
Saluzzi
PS Si potrebbe però lasciare un rinvio alla pagina del Garrett, in suo omaggio e per conservare traccia di questa discussione un pò del ©
B.B. - 20/10/2016 - 19:51
Ma saprà spiegarci meglio il nostro Uebmaste'...
B.B. - 25/10/2016 - 21:16
il webmastro - 25/10/2016 - 21:31
In You Want It Darker, Leonard Cohen sings “Hineni, hineni; I’m ready, my lord," which was Abraham's response when God called on him to sacrifice his son Isaac. It is also the name of a prayer of preparation and humility, addressed to God, sung by the cantor on behalf of the congregation on Rosh Hashanah. At the Oct 13, 2016 L.A., press event, Leonard talked about using "hineni" in the lyrics of his new album's title song to reference a "willingness to serve" that is - in the right circumstances - universal to humanity.
That–Hineni, that declaration of readiness no matter what the outcome, that’s a part of everyone’s soul. We all are motivated by deep impulses and deep appetites to serve, even though we may not be able to locate that which we are willing to serve. So, this is just a part of my nature, and I think everybody else’s nature, to offer oneself at the moment, at the critical moment when the emergency becomes articulate. It’s only when the emergency becomes articulate that we can locate that willingness to serve.
cohencentric
Leonard Cohen
It is with profound sorrow we report that legendary poet, songwriter and artist, Leonard Cohen has passed away.
We have lost one of music’s most revered and prolific visionaries.
A memorial will take place in Los Angeles at a later date. The family requests privacy during their time of grief.
C’est avec une profonde tristesse que nous vous annonçons que le poète, auteur-compositeur et artiste légendaire, Leonard Cohen est décédé.
Le monde de la musique a perdu un de ses visionnaires les plus prolifiques et vénérés.
Une cérémonie aura lieu à Los Angeles dans les prochains jours. La famille souhaite vivre le deuil en toute intimité.
https://www.leonardcohen.com
Bernart Bartleby - 11/11/2016 - 08:03
יְהֵא שְׁמֵהּ רַבָּא מְבָרַךְ לְעָלַם וּלְעָלְמֵי עָלְמַיָּא: יִתְבָּרַךְ וְיִשְׁתַּבַּח וְיִתְפָּאַר וְיִתְרוֹמַם וְיִתְנַשֵּׂא וְיִתְהַדָּר וְיִתְעַלֶּה וְיִתְהַלָּל שְׁמֵהּ דְּקֻדְשָׁא בְּרִיךְ הוּא לְעֵֽלָּא מִן כָּל בִּרְכָתָא וְשִׁירָתָא תֻּשְׁבְּחָתָא וְנֶחֱמָתָא, דַּאֲמִירָן בְּעָלְמָא, וְאִמְרוּ אָמֵן:
יְהֵא שְׁלָמָא רַבָּא מִן שְׁמַיָּא וְחַיִּים עָלֵֽינוּ וְעַל כָּל יִשְׂרָאֵל, וְאִמְרוּ : אָמֵן. עֹשֶׂה שָׁלוֹם בִּמְרוֹמָיו, הוּא יַעֲשֶׂה שָׁלוֹם עָלֵיֽנוּ וְעַל כָּל יִשְׂרָאֵל, וְאִמְרוּ : אָמֵן
inviata da ריקרדו װנטורי - 11/11/2016 - 09:20
Flavio Poltronieri
Flavio Poltronieri - 11/11/2016 - 17:20
L'unica cosa che mi sembra di riuscire a cogliere è che questo brano tira le fila del rapporto che Leonard Cohen ha avuto con la spiritualità, con Dio - durante tutta la sua vita.
So che può sembrare puerile, ma in questi giorni non riesco a cercare di capire, riesco solo a provare dolore e gratitudine infinita
Grazie a voi per le vostre belle riflessioni (sempre belle e interessanti, anche quando non le condivido) e grazie sempre a Leonard Cohen
Isabel Archer - 15/11/2016 - 20:22
«E' una cosa, quella di citare sempre dettagliatamente le fonti, che in Rete in pochi hanno l'abitudine di fare (...). Questo credo possa essere uno dei motivi che spingono quelli come il sig. Yuri Garrett a fare gli antipatici.»
Chi fa «inkazzare» è naturalmente anche «antipatico». Antipatico perché chiede di verificare l'uso che viene fatto delle sue traduzioni (che non vorrebbe venissero sfruttate a scopi commerciali, come peraltro è successo) e di citare la fonte. Evidentemente è troppo per chi fa la guerra alle multinazionali innalzando il vessillo della guerra al copirait, ma in realtà abbatte solo i piccoli che lavorano onestamente e con passione perché a loro sì, ai piccoli, si può prendere tutto. Chissà perché poi, il lavoro della mente non deve valere come quello delle mani… Forse un giorno qualcuno – e meglio se il Sig. Riccardo – ci spiegherà perché chi lavora con le parole deve morire di fame mentre l’idraulico può comprarsi la villa. Ma lottiamo, lottiamo contro il copirait!
Nello specifico, questo «antipatico» sig. Yuri Garrett che fa «inkazzare» è un piccolo che «ha messo la sua traduzione, completa di note piuttosto dotte, in Rete, a disposizione del Mondo» senza chiedere nulla in cambio se non una citazione di fonte e autore. Un piccolo che pensa, senza dubbio, «in culo (...) agli scrocconi» e per questo antipatico! Antipatico, sì. Anzi, insopportabile!
Il sig. Yuri Garrett è un piccolo che, evidentemente, fa «inkazzare» perché chiede di non scroccare. Un piccolo che se ne farà una ragione, ma non può che notare che oltre 500 siti (ad oggi) hanno rubato la sua traduzione di Hallelujah (senza citare nessuno ovviamente, e spesso copiando anche le note interpretative) e altre migliaia di altri siti e pagine Facebook hanno pescato qua e là nel suo lavoro costato anni di studi e fatica - un lavoro talmente facile che i grandi fin qui non avevano osato affrontarlo, se non con risultati molto modesti.
Eh già. Abbasso il copirait. Abbasso gli antipatici che fanno inkazzare. E viva gli scrocconi.
Amen.
PS: Grazie Sig. Bartleby per le sue parole di buonsenso e per aver colto il senso dell'indicazione del copyright. E, non secondariamente, per l'invito a migliorare i commenti sull'ebraico, che spero vengano raccolti presto. In fondo, l'idea di LeonardCohen.it è diffondere conoscenza e se avremo spinto qualcuno a migliorare il nostro lavoro, e non solo a copiarlo, avremo senz’altro raggiunto l’obiettivo!
PS2: Non tema Sig. Bartleby: il Garrett che scrive è del tutto inoffensivo e non ha mai brandito, né verosimilmente brandirà una pistola in vita sua! Tanto meno nei confronti di chi, come lei, mostra sensibilità verso le sue fatiche.
YG - 22/11/2016 - 20:49
Ora mi dispiace un po' per quell'"antipatico", che però era da intendersi per l'appunto tra virgolette.
Per quanto riguarda il tema non facile del copirait, penso semplicemente che voglio che chiunque abbia la libertà di copiare=diffondere ciò che di bello, e di vero, c'è nell'infinita Rete, purchè si citino per benino autori e fonti (per rispetto alle persone e alla verità) e purchè nessuno guadagni sul sudore di un altro.
Penso che lei sia d'accordo con me.
Un caro saluto.
PS Grazie di avermi risparmiato la vita...
Bernart Bartleby - 22/11/2016 - 21:18
Riccardo Venturi - 22/11/2016 - 22:36
in effetti in tutta questa storia c'è del paradossale...
Il cattivo predone sono io, e son passato per buono e sono stato pure ringraziato...
Il buono eri tu, Riccardo, che mi hai messo inutilmente in guardia dall'infrangere copirait, anche se non ne condividi il concetto...
La vittima è lei, Garrett, che però il fin dei conti non è stato defraudato proprio di nulla e, forse, su questo sito ha trovato più rispetto che negli altri 500 che davvero l'hanno depredato... Di fatto la sua traduzione ed il suo sito, trasudante di amore per Cohen, hanno avuto qui un'occasione in più per incrementare l'attenzione che meritano...
Quindi, alla fine, nessuno ha fatto del male a nessuno, anzi... E quindi, di cosa stiamo parlando?
Saluti
Bernart Bartleby - 22/11/2016 - 23:21
I’m out of the game,
You are the healer
Of my tap broken and lame.
If thine is the glory
Then mine must be the shame,
You want my tap tighter,
And I pay all the same.
Hineni, Hineni!
And I'm left sans le penny.
(Salud)
Riccardo Venturi - 23/11/2016 - 00:41
Flavio Poltronieri - 26/11/2016 - 13:56
The Village Voice, by Jonathan Bernstein
“Leonard Cohen has a pill for every illness,” said Josh Ritter shortly before Tuesday night’s tribute to the Canadian songwriter—titled “Sincerely L. Cohen”—at the Music Hall of Williamsburg. Less than three months after Cohen’s death, a group of more than a dozen songwriters and musicians gathered in Brooklyn for a loving, thoughtful tribute to Cohen’s life in music and poetry.
With a first-rate collection of local musicians led by Josh Kaufman, and including Walter Martin (keys), Annie Nero (bass) and Ray Rizzo (drums) serving as the house band, a parade of artists ranging from Elvis Perkins to Lee Ranaldo took the stage during the two-plus hour performance.
The backing band was modeled, roughly, after the extensive, impeccable touring outfit Cohen had gathered over the last decade of his career, right down to the three backup singers. Comprised of Cassandra Jenkins, Leslie Mendelson, and Jocie Adams, the trio added phenomenal depth and richness to many of the evening’s finest performances.
The show’s boldest decision came early, when Delicate Steve opened proceedings with an instrumental version of Cohen’s signature tune “Hallelujah,” a song with which fellow performer Lenny Kaye shares a deeply personal connection.
“When my daughter was in Junior High School, she did a dance routine to Jeff Buckley’s version of ‘Hallelujah’ the same year Jeff disappeared. That’s my favorite memory of her,” Kaye shared prior to the show, before reflecting on the legacy of Cohen's art. “Leonard used his music and his words to plumb the depths of his soul and to try to find his place in the universe.”
After offering a moving reading of Cohen’s profane 1966 novel Beautiful Losers, a book Lou Reed had recommended to Kaye in the early 70’s, the legendary guitarist provided a mid-show highlight with his raucous rendition of 1977’s “Don’t Go Home With Your Hard-On,” a song Kaye describes as the most “brutally honest song Leonard ever wrote.”
Cohen, the lifelong poet, has always been appreciated for his lyricism, but Kaye’s performance, with its ecstatic Bo Diddley beat, highlighted one of the most noteworthy running themes of last night’s tribute: the primacy of Leonard Cohen’s sheer musicality. Cohen’s complex sense of melody and rhythm was evident in the disparate range of styles on display, from the robotic funk of Steve Salett’s “First We Take Manhattan,” to the reggae-folk of Osei Essed’s “Diamonds in the Mine,” to the rootsy country of Teddy Thompson’s “Tower of Song,” to the deep soul of Amy Helm’s “Hey, That’s No Way To Say Goodbye.”
Helm based her rendition on Roberta Flack’s 1969 version of the song. “Digging into this tune I realized, wow, it’s a very simple but very difficult melody. It’s very tricky to sing,” Helm said the day before the concert.
During the second half of the twenty-song show, however, a more familiar model of solo-acoustic showmanship provided the biggest highlights. Josh Ritter’s “Chelsea Hotel #2” was the evening’s most impassioned performance, while Richard Thompson, the only performer on the bill who could claim to be a bona fide folk contemporary of Cohen’s, offered note-perfect performances of “Bird on the Wire” and “Story of Isaac,” two songs from Cohen’s 1969 masterpiece Songs From a Room.
“Leonard is a great lyricist,” Thompson told The Voice. “He keeps it simple and direct, but uses the poet’s full palette of language. At a time when the pop and folk lyric were beginning to express a lot more, this was pioneering.”
With their laundry lists of rapidly rotating performers, tribute shows can fall victim to a lack of a unifying theme, but Tuesday night’s show was a carefully constructed, expertly structured production, complete with tasteful snippets of poignant Cohen interviews interspersed throughout.
“What is the proper behavior in a catastrophe?” Cohen asked over the P.A. during one such moment, in an interview from 1992. “You say, I’m conservative? I’m liberal? I’m pro-abortion? I’m against it? It seems to be completely inappropriate to the gravity of the situation.” Immediately following the interview, Adam Weiner launched into an irreverent rendition of the prescient apocalyptic tale “Everybody Knows.”
“Everybody knows that the boat is leaking,” he sang. “Everybody knows that the captain lied.”
That Cohen’s music has never felt more timely, or more necessary, was not lost on many of the night’s performers. “What I will forever have from Leonard is a comrade in the loving, peaceful resistance,” explained Holly Miranda, who performed “I’m Your Man,” before Sincerely L. Cohen, which also served as a benefit for the Preemptive Love Coalition, an organization that aids Syrian and Iraqi refugees. “He’s taught me to be vigilantly thoughtful and ferociously kind. To let the light shine through the cracks. To care more, and forgive more.”
“Leonard’s taught me that a perfect mixture of cynicism and optimism is at the heart of great things,” Ritter added. Cohen’s sense of bitter optimism was on full display during the joyful encore ensemble performance of “So Long Marianne,” complete with a full crowd sing-along led by Will Sheff.
Speaking for every single performer and fan in attendance, Sheff ended the special evening with a simple display of gratitude: “Thanks for the songs, Mr. Cohen.”
Flavio Poltronieri - 1/2/2017 - 14:16
Quando mi fermo a riflettere sul testo di You want it darker, mi colpisce sempre (come sempre nelle poesie di Leonard Cohen) l'incredibile connubio tra la limpidezza delle visioni metaforiche e la totale mancanza di certezze: trovo che le sue metafore siano chiare, potenti ma che l'interpretazione che possiamo farne non sia univoca. Forse perché ognuno di noi ci vede qualcosa di sé, forse perché lo stesso Leonard Cohen aveva più domande che risposte, forse perché così è e basta - rispetto a certi temi.
Ed ecco qui il link all'articolo
Being Leonard Cohen’s rabbi - Jewish Journal
Isabel Archer - 27/6/2017 - 12:44
Lui sosteneva che per vivere in eterno bastasse scrivere una riga o due. E' una bella frase, ma non sò se è la verità. La verità è che lui ha vissuto una vita meravigliosa, quasi una vita intera accanto alla brace viva, avvinghiato ad un dèmone che lo ha nutrito e avvelenato col suo mistero. Una vita di privilegi inarrivabili per molti di noi. La verità è che era cortese e gentile e davvero non usò mai intossicanti con i suoi amici e la sua ospitalità fu davvero semplice e formale: iniziò mentendo come tutti, con Suzanne non ci disse la verità, salvo per il thè all'arancio proveniente dall'Oriente, ma, a differenza di quasi tutti gli altri, subito dopo si spogliò nell'essenza umana senza pudore, attaccando quei trattati di psicanalisi che sono Master Song, The Stranger Song, Teachers, Avalanche, Last Year's Man, Sing Another Song Boys, Death Of A Ladies' Man. Fece la sua parte, non si sposò mai, condivise le pene di molti, donò poesia senza risparmiarsi. Le sue canzoni sono le garanzie per il nostro futuro. Era vecchio anche quando fu giovane e per questo in lui il passato e il futuro si incontrarono....
Flavio Poltronieri
Flavio Poltronieri - 21/9/2017 - 09:31
Flavio Poltronieri
Flavio Poltronieri - 7/11/2017 - 06:15
Rainy Night House
It was a rainy night
We took a taxi to your mother's home
She went to Florida and left you
With your father's gun alone
Upon her small white bed
I fell into a dream
You sat up all the night and watched me
To see who in the world I might be
I am from the Sunday school
I sing soprano in the upstairs choir
You are a holy man
On the F.M. radio
I sat up all the night and watched thee
To see who in the world you might be
You called me beautiful
You called your mother, she was very tanned
So you packed your tent and you went
To live out in the Arizona sand
You are a refugee
From a wealthy family
You gave up all the golden factories
To see who in the world you might be
Flavio Poltronieri - 7/11/2017 - 19:20
è il primo tributo mondiale contenente unicamente canzoni tratte dagli ultimi tre dischi di Cohen, quindi nessuna Suzanne o Halleluja. Le traduzioni in polacco sono inedite e ad opera di Marcin (ricordiamo che lo storico traduttore polacco Maciej Zembaty è purtroppo defunto nel 2011). Il titolo "Mi piace parlare con Leonard" parafrasa la prima riga di Going Home che apriva Old Ideas nel 2012.
Flavio Poltronieri - 26/11/2017 - 12:32
with love
Flavio
PS
IL 22 NOVEMBRE ESCE L’ALBUM POSTUMO DI INEDITI “THANKS FOR THE DANCE”
DA OGGI ONLINE IL VIDEO DEL NUOVO BRANO “THE GOAL"
Il videoclip del brano è online qui, il primo di una serie di video che accompagneranno l’uscita dell’album.
Il 22 novembre esce “Thanks for the Dance”, album postumo di inediti di LEONARD COHEN, realizzato grazie all’impegno e alla passione del figlio Adam, con la collaborazione di illustri amici e colleghi che hanno lavorato con Leonard negli anni.“Thanks for the Dance” non è una raccolta commemorativa di B sides e di tracce scartate, ma un vero e proprio disco che esce a sorpresa, composto da nuove canzoni.
Sette mesi dopo la morte di suo padre, Adam Cohen si era ritirato nel garage in cortile, vicino alla casa di Leonard, per lavorare di nuovo con il padre e per stare in compagnia della sua voce. Della loro precedente collaborazione in "You Want It Darker" erano rimasti dei bozzetti musicali, a volte poco più delle semplici tracce vocali. Leonard al tempo aveva chiesto a suo figlio di portare a termine questo lavoro e così è stato.
Questo nuovo album è stato realizzato in vari luoghi: il grande musicista spagnolo Javier Mas, che ha accompagnato Leonard sul palco negli ultimi otto anni di tour, è volato da Barcellona a Los Angeles. A Berlino, durante un evento musicale chiamato "People Festival", Adam ha invitato amici e colleghi a prestare il loro talento: Damien Rice e Leslie Feist hanno cantato, Richard Reed Parry degli Arcade Fire ha suonato il basso, Bryce Dessner dei The National ha suonato la chitarra, il compositore Dustin O’Halloran ha suonato il piano. Hanno partecipato anche il coro berlinese Cantus Domus e l'orchestra s t a r g a z e. A Montreal è intervenuto il celebre produttore Daniel Lanois, che ha arricchito gli arrangiamenti.Il coro Shaar Hashomayim, che ha avuto un ruolo importante nel caratterizzare il sound dell'ultimo album di Leonard Cohen, ha contribuito a una canzone, e Patrick Watson ha co-prodotto un brano.A Los Angeles, Jennifer Warnes, amica e collaboratrice di vecchia data di Leonard, ha registrato le secondi voci, mentre Beck ha contribuito alla chitarra e all'armonica a bocca.Michael Chaves, che aveva elegantemente registrato e mixato "You Want It Darker", ha curato la registrazione e il missaggio.
Grazie a tutto questo, è nato “Thanks For The Dance”, il nuovo album di Leonard Cohen che riesce misteriosamente a ricreare davvero l'essenza del suono dell’artista.
«Nel comporre e arrangiare la musica affinché si adattasse alle sue parole, abbiamo seguito la sua impronta musicale, tenendolo così con noi» racconta Adam Cohen «Ciò che mi ha davvero commosso è stata la sorpresa di coloro che hanno ascoltato questo album, "Leonard è vivo!" hanno esclamato uno dopo l’altro»
“Thanks for the Dance” è un’inaspettata benedizione, un dono che rappresenta sia la bellezza che la forza. La voce di Leonard Cohen non è stata zittita.
Questi sono i brani:
1. Happens to the Heart
2. Moving On
3. The Night of Santiago
4. Thanks for the Dance
5. It's Torn
6. The Goal
7. Puppets
8. The Hills
9. Listen to the Hummingbird
Flavio Poltronieri - 21/9/2019 - 15:19
Sono convinto che nella nostra vita tutti noi incontriamo Elena, Marianne, Giovanna d'Arco e dobbiamo sforzarci a cercare la nostra maschera reale tra le tenebre nella molteplicità delle figure umane. La poesia di Cohen, tra tutti i linguaggi che mi hanno protetto dalla violenza con la loro maschera di parole, è quella che più ha colmato i vuoti della mia vita.
Flavio Poltronieri
Flavio Poltronieri - 22/11/2019 - 08:10
Leonard Cohen – Thanks For The Dance (Sony/Columbia Records, 2019)
Leonard Cohen, La Fiamma. Poesie e pagine scelte dai quaderni, Bompiani 2019, pp. 320, Euro 24,00
Flavio Poltronieri
Flavio Poltronieri - 29/11/2019 - 09:45
Il mio inchiostro troppo sottile
Il giorno non vuol scrivere
Quel che la notte ha tracciato a matita"
Buon Compleanno Leonard.
Flavio Poltronieri - 21/9/2021 - 10:42
Parole di Leonard Cohen
Musica di Patrick Ray Leonard
La canzone che dà il titolo al suo nuovo album
Non so, quando ho letto il testo di questa canzone, prima ancora della sua traduzione in italiano da LeonardCohen.it, mi è venuta subito in mente una citazione di Heinrich Heine che il nostro Riccardo Venturi fece nel “distruggere” una pia donna di nome Maria Rosaria, intervenuta a commento di Canzone fra le guerre di Antonella Ruggiero. La citazione era la seguente:
"Maledetto il buon Dio! Noi lo pregammo
nelle misere fami, nei freddi inverni;
lo pregammo, e sperammo, ed aspettammo:
ed egli, il buon Dio, ci saziò di scherni."
Quel santo nome, tanto magnificato e glorificato, è invece sempre stato vilipeso e crocefisso nel suo corpo mortale. E è Dio che ha voluto il buio, l'Uomo che spesso ha eseguito la sua volontà spegnendo la fiamma. E quando la fiamma è rimasta accesa, non sono bastate milioni di candele perchè Dio intervenisse in soccorso dei giusti, imprigionati, massacrati e mutilati da demoni di crudeltà inarrivabile, che però fino ad un momento prima altro non erano che borghesi quieti, egoisti e benpensanti, scopertisi quasi per caso, quasi increduli, assassini di massa, i carnefici della porta accanto...
Giusto oggi pomeriggio, passeggiavo a Torino in zona piazza Statuto e in via Passalacqua 6 mi sono trovato ad inciampare sulle “pietre di inciampo” dedicate a tre appartenenti alla nota famiglia torinese Lattes, tutti e tre deportati perchè ebrei ed assassinati ad Auschwitz tra il 1943 ed il 1944... Maledetto il Buon Dio che vuole il buio! Maledetti gli uomini che fanno la sua volontà!
Non è certo un caso se le voci che accompagnano quella profondissima, recitante di Cohen siano quelle del cantore Gideon Zelermyer e del coro della sinagoga aschenazita Shaar Hashomayim di Montreal.
Non so per nulla se ho colto, anche solo di striscio, il significato di questa toccante canzone... Dite la vostra, che ho detto la mia...