Des Abends nach dem Fraße:
Die andern gehn zum Spaße
Spiel mit Schach und Karten
Den Nachtschluß zu erwarten.
Ihr Tausend wollt zu fressen
Wir haben´s abgesessen
Wir schnipselten sehr fleißig
Der eine und noch dreißig
Wir legen weg den Teller
Wir Dreißig ziehn zum Keller
Vorbei das Zähnestockem
Wir sitzen auf den Hockern
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Und fangen an, zu wetzen
Wir lassen uns nicht hetzen
Denn niemand will sich quälen
Nur langsam gehts zum Schälen
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Es gibt so viele Stoffe
Beim Schälen der Kartoffel
Es gibt nur wen´ge Meister
Sie werden immer dreister
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Und führen große Reden
Und spinnen lange Fäden
Von Pontius bis Pilatus
Kennst Du bald jeden Status
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Gelächter und Geknurre
Geschiebe und Geschurre:
Um 12 gehts in die Klappe
Der Tag war nicht von Pappe
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Verstummt ist unser Lachen
Jetzt gehts ans Reinemachen
Und dann in Reih und Glieder
Zurück zum Stalle wieder
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Der Schlaf in uns´rer Mitte
In mildern Schritt und Tritte
Sie gehen nicht, sie schleichen
Die dreißig Arbeitsleichen
Einst springt Ihr aus den Betten
Es fallen Eure Ketten!
Die andern sind dann fleißig!
Es sind dreihundertdreißig!
Die andern gehn zum Spaße
Spiel mit Schach und Karten
Den Nachtschluß zu erwarten.
Ihr Tausend wollt zu fressen
Wir haben´s abgesessen
Wir schnipselten sehr fleißig
Der eine und noch dreißig
Wir legen weg den Teller
Wir Dreißig ziehn zum Keller
Vorbei das Zähnestockem
Wir sitzen auf den Hockern
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Und fangen an, zu wetzen
Wir lassen uns nicht hetzen
Denn niemand will sich quälen
Nur langsam gehts zum Schälen
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Es gibt so viele Stoffe
Beim Schälen der Kartoffel
Es gibt nur wen´ge Meister
Sie werden immer dreister
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Und führen große Reden
Und spinnen lange Fäden
Von Pontius bis Pilatus
Kennst Du bald jeden Status
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Gelächter und Geknurre
Geschiebe und Geschurre:
Um 12 gehts in die Klappe
Der Tag war nicht von Pappe
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Verstummt ist unser Lachen
Jetzt gehts ans Reinemachen
Und dann in Reih und Glieder
Zurück zum Stalle wieder
Ihr Tausend wollt zu fressen!
Der Schlaf in uns´rer Mitte
In mildern Schritt und Tritte
Sie gehen nicht, sie schleichen
Die dreißig Arbeitsleichen
Einst springt Ihr aus den Betten
Es fallen Eure Ketten!
Die andern sind dann fleißig!
Es sind dreihundertdreißig!
envoyé par Bernart Bartleby - 24/8/2016 - 21:32
Langue: français
Traduzione francese della prima strofa del pastore Yves Kéler, curatore del sito Chants Protestants
LE SOIR APRES LA BOUFFE
Le soir après la bouffe,
Les autres pour l’esbroufe
Jouent aux échecs, aux cartes,
Avant la clôture des gardes.
Tous veulent de la bouffe,
Nous l’avons chiée en touffes,
En bouts petits et ronds,
Seuls ou à trente, selon.
[...]
Le soir après la bouffe,
Les autres pour l’esbroufe
Jouent aux échecs, aux cartes,
Avant la clôture des gardes.
Tous veulent de la bouffe,
Nous l’avons chiée en touffes,
En bouts petits et ronds,
Seuls ou à trente, selon.
[...]
envoyé par Bernart Bartleby - 24/8/2016 - 21:39
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Versi di Ludwig Bendix (1877-1954), avvocato e notaio ebreo tedesco.
Su di una qualche melodia non nota o composta dallo stesso Bendix
Testo trovato sul dal Volks Lieder Archiv e compreso, almeno in parte, grazie alla traduzione della prima strofa offerta dal pastore Yves Kéler, curatore del sito Chansons Protestants.
Nel volume intitolato “Des Lagers Stimme - Musik im KZ. Alltag und Häftlingskultur in den Konzentrationslagern 1933 bis 1936”, a cura di Guido Fackler, edizioni Temmen, Brema, 2000.
Laureato in legge, avvocato in Berlino dal 1907, notaio dal 1923, fondatore e direttore della rivista giuridica “Die Justiz”, Ludwig Bendix perse tutto con l’avvento del nazismo e nel 1935 fu internato in uno dei primi campi di concentramento allestiti dai nazisti, quello ospitato nel castello di Lichtenburg, in Sassonia. In seguito fu trasferito a Dachau, da dove nel 1937 fu liberato con l’obbligo di abbandonare la Germania (all’epoca i nazisti consentivano ancora questa soluzione, specie se si trattava di personaggi di un certo calibro). Ludwig Bendix si trasferì in Palestina e poi nel 1947 negli USA.
Il figlio di Bendix, Reinhard (1916-1991), fece brevemente parte della Widerstand, la Resistenza antinazista, in gruppi come “Neu Beginnen” (Miles-Gruppe) e “Hashomer Hatzair”, organizzazione socialista sionista. Poi nel 1938 fuggì negli USA, dove divenne un eminente sociologo, con cattedre a Berkeley ma anche a Berlino, Costanza e Gerusalemme.
Un'altra Bendix famosa fu Alice (1894-1943), maestra d'asilo e assistente sociale che per tutta la vita si occupò di piccoli orfani. La troviamo a Monaco di Baviera nel 1935, ebrea relegata ad occuparsi di bambini ebrei, in un “kinderheim” chiamato “Antonienheim”. Come Ludwig e come Reinhard, anche Alice avrebbe avuto l'opportunità di fuggire all'estero, ma preferì rimanere accanto ai suoi bambini. Nel 1942 l'Antonienheim venne “liquidato” - e sappiamo cosa il termine significasse – e Alice seguì ancora una volta i suoi piccoli, prima nel campo di Berg am Laim, poi a Theresienstadt e infine ad Auschwitz, nel 1943, dove probabilmente fu avviata alle camere a gas non appena arrivata.
Dopo questa lunga introduzione sull'autore ed il suo entourage familiare, vengo al testo della canzone.
Come ho detto, per fortuna ci ha pensato il pastore luterano Yves Kéler ad inquadrarla. Io mi limito a tradurre il suo contributo esplicativo:
Dans la seconde moitié du texte, l’auteur revient sur la nourriture, avec le même mot «fressen.» Vous voulez le la bouffe? Nous l’avons déjà chiée, en petits bouts, allusion à la dysenterie, ou au fait que les faméliques ne chient pas de gros tas, seuls ou à trente, allusion aux latrines collectives, où des dizaines de détenus se soulageaient ensemble sans intimité.
Le côté vulgaire et rigolard du chant est typique des corvées, à l’armée ou dans les camps. Les peleurs de patates deviennent subitement une communauté, qui se moque des autres.
Questa canzone descrive la vita nelle baracche [del campo di Dachau, io credo, visto che a Lichtenburg si trattava di un castello-prigione, e visto che Bendix scrisse in ebraico un libro di memorie sulla sua pur breve permanenza a Dachau, ndr] dopo il pasto della “sbobba” serale. "Frasse" è il cibo degli animali, "fressen-mangiare". Applicato all'uomo, è peggiorativo in relazione al cibo servito, buono per i maiali. Di notte i prigionieri giocano, ma non così l'autore. Ho tradotto "Nachtschluss" come "chiusura del recinto" [come per gli animali, la notte, ndr] Le guardie chiudono le baracche a chiave la sera e lasciano i prigionieri lì. Per essi era l'unico momento di libertà.
Nella seconda parte del testo, l'autore ritorna sul cibo, con la stessa parola "fressen": volete la sbobba? Noi l'abbiamo già cagata a tocchi, con riferimento alla dissenteria, o al fatto che la fame portava ad ingurgitare tutto più che a masticarlo; e prosegue [Noi l'abbiamo già cagata], da soli o insieme ad una trentina di altri compagni, con riferimento alle orride latrine comuni, dove decine di detenuti cronicamente dissenterici evacuavano continuamente, tutti insieme.
L'attitudine volgare e satirica del brano ha a che vedere con i canti tipici delle corvées e degli accampamenti militari. Da considerare anche che i “pelapatate”, dai quali dipendeva il pasto (sic!) quotidiano di centinaia, migliaia di prigionieri, si trovavano tutto sommato in una posizione privilegiata, con un osservatorio sul resto del campo dal quale non disdegnavano di prendersi gioco degli altri. [Un altro dei terribili effetti collaterali dell'istituzione totale e di quella concetrazionaria in particolare, ndr]