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E con la cicca in bocca

anonyme
Langue: italien (Lombardo Milanese)


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[primi del 900]
Canzone milanese riportata in “La mia morosa cara. Canzoni popolari milanesi e lombarde”, a cura di Nanni Svampa, 1977 (ultima riedizione 2007)
Nel repertorio dello stesso Svampa, in particolare nel volume 3 (“La mala e l’osteria”, 1970) della “Milanese – Antologia della canzone lombarda”.

Milanese – Antologia della canzone lombarda

La mala a Milano si chiamava anche “ligera” o “lingera”, che sarebbe l'equivalente di “miseria”, secondo Arturo Frizzi che cosi l'ha definita nel suo Dizionario del Gergo dei Girovaghi (in “Il ciarlatano”, Mantova 1902). Il Frizzi era nato a Mantova nel 1864 e si definiva "ciarlatano e fierante con mercerie”. Persona estrosa (che dovrà poi diventare socialista militante e compilare parecchi canzonieri politici), il Frizzi scrisse le sue memorie (Il ciarlatano) nel 1902 insieme con un burlesco Passaporto della Leggera di cui riportiamo l’introduzione: “Passaporto della Leggera, rilasciato dall'Impero della Miseria, Mandamento della Povertà, Distretto del Bisogno, Circondario della Sete, Comune della Fame. Il Sindaco del Comune della Fame avverte le Autorità e non Autorità, Osti e non Osti, di lasciar passare liberamente il detto Senza Soldi, figlio del fu Tasca Rotta e della vivente Camicia Straccia, di professione imbroglione”. Seguivano poi le Regole della Leggera redatte sullo stesso tono. Di questo Passaporto esiste anche un foglio volante anonimo riprodotto nel monumentale “Un secolo di canzoni” di Francesco Rocchi, 1961.

L'etimologia del termine "ligera" o “lingera" è però assai controversa. Alcuni, come il Frizzi, fanno derivare il termine dall’aggettivo "leggero”, ma ne danno varie interpretazioni: leggero di tasca (cioè senza soldi): leggero di cervello (cioè farfallone o anche balordo); “alleggeritore" di portafogli (cioè borsaiolo). Più interessante ci sembra però l'ipotesi che fa derivare il termine dal francese “lingerie” (biancheria): i "lingera” sarebbero quindi persone che posseggono solo la camicia. Questa ipotesi spiegherebbe meglio di altre il passaggio dal significato di lavoratore povero, migrante. avventizio a quello di vagabondo e poi di mascalzone (vedi lo studio di Roberto Leydi e Bruno Pianta “Brescia e il suo territorio”, 1976).

Anche queste sono strofette della “ligera”, cioè di quel certo "tipo di malavita cittadina e di piccolo cabotaggio, popolare, quello che appunto vive ai margini della società e tende ad esprimersi in suoi modi particolari, con gerghi, canzoni, princìpi propri e propria visione del mondo" (Michele L. Straniero), si possono far risalire ai primi anni del '900 per l'accenno a “tutti i tram che ci sono”.
La “roeuda del pan de mèj” è la pagnotta rotonda di pane di miglio che gli operai si portavano sul lavoro. La "ligera” si paragona qui ai poveri manovali che portano i “quadrej”, cioè i mattoni, quasi a definirsi la manovalanza della malavita. Oppure queste strofe, che vengono normalmente attribuite al repertorio della 'mala', si riferiscono invece a quei tipo di “ligera" o “lingera" che abbiamo già incontrato nelle canzoni di lavoro, cioè agli operai.
La “ligera" che “marcia a pè” può essere un riferimento al citato Passaporto della Leggera del Frizzi, nel quale è detto fra l’altro che “il socio della Leggera deve camminare sempre a piedi e non mai in vettura”.
E con la cicca in bocca è riportata in Canzoni popolari milanesi, a cura di Attilio Frescura e Giovanni Re, 1938, ed è incisa con le altre canzoni della “mala” qui riportate nella Milanese, Vol. 3 (v.).
(da “La mia morosa cara. Canzoni popolari milanesi e lombarde”, a cura di Nanni Svampa, 1977 (ultima riedizione 2007)
E con la cicca in bocca
e la roeuda del pan de méj
la povera ligera la povera ligera
e con la cicca in bocca
e la roeuda del pan de mèj
la povera ligera la va a portà i quadrej

E con tucc i tram che gh’è
la ligera la marcia a pè
amór amór amór amór amór amór
e con tucc i tram che gh’è
la ligera la marcia a pè
amór amór amór e la rosa l’è on bell fior

E con la cicca in bocca
e la roeuda del pan de mèj
la povera ligera la povera ligera
e con la cicca in bocca
e la roeuda del pan de mèj
la povera ligera la va a portà i quadrej

E i scarpètt che l’ée la gh’ha
gh’i ha pagàa el padrón de cà
amór amór amór amór amór amór
e i scarpètt che l’ée la gh’ha
gh’i ha pagàa el padron de cà
amór amór amór e la rosa l’è on bell fior

E con la cicca in bocca
e la roeuda del pan de mèj
la povera ligera la povera ligera
e con la cicca in bocca
e la roeuda del pan de mèj la
povera ligera la va a portà i quadrej.

envoyé par Bernart Bartleby - 17/8/2016 - 09:43


Sulla "leggera", credo vada citata anche la versione di Caterina Bueno, che l'aveva studiata sulle montagne Pistoiesi e dell'Amiata. (la trovate anche su questo stesso sito, https://www.antiwarsongs.org/canzone.p... )

Dice Caterina che con questa parola si definivano gli stagionali, i disoccupati, i migranti. Però è una parola che ha un senso dispregiativo, è anche uno che passa il tempo a bere all'osteria, al limite uno che vive di espedienti, di accatonaggio. La strofa che è cantata è già paradossale di per sé "alla leggera, che poco gliene importa, la prende la sporta, e via la se ne va", la sporta, perché alla leggera basta una sporta per viaggiare
Più semplicemente, così si chiamava la scombinata compagnia di lavoratori che d'inverno, per sbarcare il lunario, scendeva dalle inospitali montagne per cervare lavoro in pianura, senz'altra risorsa che le braccia per lavorare e una sporta con poche cose.

illuminanti su questa canzone sono alcuni versi (gli ultimi qui riportati) cantati da Caterina che per qualche motivo non fanno parte della versione (successina) di Ginevra di Marco:

Fa' debito, fa' debito, non ti lascia' patì
se devito non fai, ti toccherà morì

Con che che lsi vacilla, vacillerà il governo
ma non vacilla mai, la leggera nell'inverno

Fa' debito, fa' debito, non ti lascia' patì
se debito non fai, ti toccherà morì

[parlato]
a chi lavora una tartina, a chi non lavora una gallina
e col promettere e poi col rimandare,
c'hanno insegnato a sta' senza mangiare
coi nostri figli si vive d'acqua fresca e di sbadigli

e alla leggera, che poco gliene importa,
la prende la sporta, e via la se ne va

la forza leggera, la forza leggera
fa forza in su e in giù
verrà la primavera, verrà la primavera
la forza leggera, la forza leggera
fa forza in su e in giù
verrà la primavera e canterà il cucù

e alla leggera, che poco gliene importa,
la prende la sporta, e via la se ne va

fa forza leggera, la forza leggera
fa forza del mai più
verrà la primavera, verrà la primavera
la forza leggera, la forza leggera
fa forza del mai più
verrà la primavera e canterà il cucù

Senza stivali, e tutti accaponai (accapponati ndr)
la leggera giù a tremare, e a suonare il campanel

e alla leggera, che poco gliene importa,
la prende la sporta, e via la se ne va

https://www.youtube.com/watch?v=u_4ulPVJYgE
Un soldo di cicca in tasca, un pezzo di pane in tre
e la leggera, e la leggera
Un soldo di cicca in tasca, un pezzo di pane in tre
e la leggera, la marcia a pè


insomma, mi pare probabile che la versione milanese sia in realtà un adattamento della canzone recuperata da Caterina Bueno (i cui rapporti con Dario Fo, Jannacci e compagnia sono ben documentati: fu lei ad esempio ad ispirare il famoso "ah beh, si beh" in Ho visto un re https://www.youtube.com/watch?v=QvDeqhls0iA) nel suo lavoro di raccolta col magnetofono nelle montagne toscane

Piersante Sestini - 5/8/2019 - 23:45


Un'altra testimonianza sul ruolo di Caterina Bueno anche sulla scena musicale milanese di quegli anni (la scrittura di "ho visto un re")

Piersante Sestini - 9/9/2019 - 22:53




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