Il freddo che abbaiava,
da troppo dietro i vetri
e la neve raccontava,
il passaggio dei soldati,
però non mi dilungo
questo è solo l'antefatto
fu un inverno duro e lungo,
quello del quarantaquattro.
Maria aveva vent'anni,
pochi grilli per la testa
poco tempo per i sogni
solo guerra quel che resta,
poco tempo per sognare,
tra la fabbrica e la terra,
e del tempo che rimane
resta solamente guerra.
Si svegliò quella mattina
con il gelo che affliggeva,
arrivare giù in cucina
era già una bella impresa,
il far del giorno accarezzava
l'orizzonte dolcemente
la legna nella stufa,
sfrigolava lentamente.
Poi sentì passi spediti
che la neve affievoliva,
poi le ombre dietro i vetri,
cinque uomini in divisa...
sulla porta che si apriva
l'alba vinse sull'aurora,
lei si chiese se tremava
per il freddo o la paura.
Maria aveva vent'anni,
pochi grilli per la testa
poco tempo per i sogni
e un vestito per la festa,
era in piedi che tremava,
e non era il freddo cane,
ma il teschio sopra la visiera
e le mostrine con due rune.
Tolse gli occhi dalla porta,
pensò al tepore del cuscino,
che la notte è troppo corta
e che lei odiava il mattino,
poi una voce tuonò cupa
e con un accento strano,
la frase uscì precisa:
«Qui, nascondete un partigiano!»
Ambrogio era un ragazzo,
gli occhi azzurri come il mare,
in tasca un indirizzo
e quattro cicche da fumare,
stretti i pugni e gli occhi chiusi
immaginò per non sentire,
una chiesa con i fiori,
coi parenti ed un altare.
E pensava a farla franca
per potere scappare via,
chiuso in una cassapanca
nella casa di Maria,
con il sangue che pulsava
su quel legno di ciliegio,
nemmeno respirava,
il partigiano Ambrogio.
Maria aveva vent'anni
guardava e non parlava,
ma il soldato andava avanti
e oramai gridava,
poi lo sguardo si fermò
sopra un paio di scarponi
«Qui c'è un uomo!» lui gridò,
con la pistola tra le mani.
«Quale uomo?!» urlò Maria,
che ringhiò come una iena,
«Quella roba, è roba mia
lavoro in fabbrica a Tortona,
cammino quattro ore a piedi
parto quando è ancora buio,
non lo so che cosa credi,
ma con quelli ci lavoro!»
A quel punto sul soldato
si formò uno sguardo umano,
e di colpo ammorbidito
disse, col suo accento strano:
«Se vai in fabbrica ogni giorno
allora tu conosci Piera,
dille che al più presto torno
al più tardi a primavera»
Maria che questa Piera
ignorava chiunque fosse,
non trovò una buona idea
contraddire l'SS
e rispose, svelta e fiera,
mossa da una forza antica
«Lo farò perché la Piera
è la mia migliore amica!»
E così che all'improvviso,
in quella fredda mattina,
il soldato, col sorriso,
portò l'arma alla fondina,
ordinò ai suoi di andare
e si levarono di torno,
Ambrogio prese a respirare,
fuori, c'era un nuovo giorno.
Questa storia la racconto
perché ne resti memoria,
per il vincitore e il vinto,
la racconto questa storia.
Questa storia la conosco,
l'ho sentita raccontare
da mia nonna e da mio nonno,
a ogni pranzo di Natale.
da troppo dietro i vetri
e la neve raccontava,
il passaggio dei soldati,
però non mi dilungo
questo è solo l'antefatto
fu un inverno duro e lungo,
quello del quarantaquattro.
Maria aveva vent'anni,
pochi grilli per la testa
poco tempo per i sogni
solo guerra quel che resta,
poco tempo per sognare,
tra la fabbrica e la terra,
e del tempo che rimane
resta solamente guerra.
Si svegliò quella mattina
con il gelo che affliggeva,
arrivare giù in cucina
era già una bella impresa,
il far del giorno accarezzava
l'orizzonte dolcemente
la legna nella stufa,
sfrigolava lentamente.
Poi sentì passi spediti
che la neve affievoliva,
poi le ombre dietro i vetri,
cinque uomini in divisa...
sulla porta che si apriva
l'alba vinse sull'aurora,
lei si chiese se tremava
per il freddo o la paura.
Maria aveva vent'anni,
pochi grilli per la testa
poco tempo per i sogni
e un vestito per la festa,
era in piedi che tremava,
e non era il freddo cane,
ma il teschio sopra la visiera
e le mostrine con due rune.
Tolse gli occhi dalla porta,
pensò al tepore del cuscino,
che la notte è troppo corta
e che lei odiava il mattino,
poi una voce tuonò cupa
e con un accento strano,
la frase uscì precisa:
«Qui, nascondete un partigiano!»
Ambrogio era un ragazzo,
gli occhi azzurri come il mare,
in tasca un indirizzo
e quattro cicche da fumare,
stretti i pugni e gli occhi chiusi
immaginò per non sentire,
una chiesa con i fiori,
coi parenti ed un altare.
E pensava a farla franca
per potere scappare via,
chiuso in una cassapanca
nella casa di Maria,
con il sangue che pulsava
su quel legno di ciliegio,
nemmeno respirava,
il partigiano Ambrogio.
Maria aveva vent'anni
guardava e non parlava,
ma il soldato andava avanti
e oramai gridava,
poi lo sguardo si fermò
sopra un paio di scarponi
«Qui c'è un uomo!» lui gridò,
con la pistola tra le mani.
«Quale uomo?!» urlò Maria,
che ringhiò come una iena,
«Quella roba, è roba mia
lavoro in fabbrica a Tortona,
cammino quattro ore a piedi
parto quando è ancora buio,
non lo so che cosa credi,
ma con quelli ci lavoro!»
A quel punto sul soldato
si formò uno sguardo umano,
e di colpo ammorbidito
disse, col suo accento strano:
«Se vai in fabbrica ogni giorno
allora tu conosci Piera,
dille che al più presto torno
al più tardi a primavera»
Maria che questa Piera
ignorava chiunque fosse,
non trovò una buona idea
contraddire l'SS
e rispose, svelta e fiera,
mossa da una forza antica
«Lo farò perché la Piera
è la mia migliore amica!»
E così che all'improvviso,
in quella fredda mattina,
il soldato, col sorriso,
portò l'arma alla fondina,
ordinò ai suoi di andare
e si levarono di torno,
Ambrogio prese a respirare,
fuori, c'era un nuovo giorno.
Questa storia la racconto
perché ne resti memoria,
per il vincitore e il vinto,
la racconto questa storia.
Questa storia la conosco,
l'ho sentita raccontare
da mia nonna e da mio nonno,
a ogni pranzo di Natale.
inviata da Enrico Zambelli - 15/8/2016 - 19:52
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