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(Alessio Lega)


legles
[2002]
Testo e musica di Alessio Lega.
Lyrics and music by Alessio Lega
Interpretata anche insieme agli Yo Yo Mundi

Piazza Alimonda. Genova. 20 luglio 2001. Carlo.
Piazza Alimonda. Genova. 20 luglio 2001. Carlo.


Una canzone-poesia sui fatti di Genova. Non sarà mai famosa come quella di Francesco Guccini, continuerà ad essere conosciuta soltanto da un numero infinitamente minore di persone, ma qui ci sono le parole di una persona che a Genova c'era. Guccini, no. Probabilmente il 20 luglio 2001 era a Pavana.

"Il poeta" (dice il poeta "Quando un uomo cade...") è Max Manfredi. [RV]

«Questa canzone è un inno alla vita e un urlo contro chi ce la vuole negare. Questa canzone parla di me, del mio amore per Genova, del caffè che prendo ogni volta che arrivo al chiosco fuori dalla stazione di Piazza Principe, della lunghissima galleria che il treno attraversa prima di sbarcarci. Questa è la mia canzone, e io alle 17 e 30 del 20 luglio 2001 ero a nemmeno – l’ho scoperto alcuni mesi dopo tornandoci - trecento metri da Piazza Alimonda. “Tutto questo è vivo, non me lo hanno ucciso né con la distanza né con i vili soldati”.»
(Alessio Lega)
E poi dall'ultima galleria
sembra mai più poter riaprirsi il sole
e quando luccica dal fondale
dalla rugginosa ferrovia

Dalle budella della grande vedova
diritto in faccia a un muro alto
Porta Principe in un sussulto
ti vomita addosso a Genova...

Io quando tornerò a Genova per prima cosa col caffè di rito
nel piazzale della stazione, dal baracchino il passo addormentato
lo muoverò per riconquistare la dignità di me stesso al mondo
ed il dovere di camminare a testa alta guardando il fondo

guardare in fondo, guardare il mare, guardare il punto fermo sull'abisso
vedere tutto tornare, urlare, fronte spezzata da un chiodo fisso
fronte spaccato, fronte diviso, fonte che anneghi al pozzo San Patrizio
del mare rosso del nostro sangue plebeo che soffoca nel precipizio,
che soffoca nel precipizio...

Quando ritorneremo a Genova ritorneremo sopra la criniera
bianca dell'onda che si frange al frangiflutti che mangia la sera
e scuote il senso del presente, della memoria che si schianta
quando Genova ritornerà quella del luglio del sessanta

Quando ritorneremo a Genova e quando Genova sarà tornata
quando torno, torno al nostro inverno la resistenza verrà dichiarata
quando in tutto quest'inferno ritroveremo i nostri sentimenti
verremo in braccio alla natura, verremo sopra i quattro elementi...

Chi siamo noi? Ora siamo il mare, il mare nero che si scatena
che si rovescia sopra al porto, sopra al porco che lo avvelena
il mare più salato che ci avete fatto lacrimare
date un bacio ai vostri candelotti, giusto prima di affogare.

Chi siamo noi? Ora siamo il vento che non potete più fare ostaggio
aria libera dai mulini, dalle catene di montaggio
il vento che spazzerà via, cancellerà l'orma dei vostri passi
che schianterà muri e sbarre scatenandosi per Marassi

Chi siamo noi? Ora siamo il fuoco che non avete mai domato
quello che brucia in fondo agli occhi di questo grigio supermercato
quello che cortocircuita i fili dell'allarme e del divieto
mentre noi spargeremo sale sulle rovine di Bolzaneto

Chi siamo noi? Ora siamo la notte, la luna persa dei disperati
dice il poeta: "Quando cade un uomo, si rialzano i mercati"
e per quest'uomo di eterna notte, per questa luce che se ne muore
aspetteremo che il sole sciolga il blocco nero che portiamo in cuore...

E così torneremo a Genova, così ritorneremo a Genova
così libereremo Genova, così saremo liberi a Genova...

Io quando tornerò a Genova dal baracchino del caffè di rito
l'antico samovar della tristezza, che sta bollendomi dentro al fiato
questo dolore che mi ha tradito l'enorme sagoma del lutto
il mio tormento che ho malcelato e queste lacrime che tengo stretto...

e in una Genova liberata, senza chiusura, senza sgomento
senza sott'occhio la via di fuga, senza furore, senza spavento
avrà senso cadere in ginocchio, alzare e prendersi le mani
piangere in piazza Alimonda...

Pardon: in Piazza Carlo Giuliani.

envoyé par libertà




Langue: anglais

English Version by Riccardo Venturi
Piacenza, July 23, 2008.

“This song is a hymn to life and a cry against those who do not want us to live. This song is on myself, on my love for Genoa, on the cup of coffee I drink anytime I come to the kiosk just outside Piazza Principe station, on the neverending tunnel the train passes through before arriving. This is my song, and on July 20, 2001, at 5:30 pm, I was distant but 300 m from Alimonda square, as I got to know a few months later when I was back there. ‘All this is alive, neither distance nor coward soldiers could kill it.’ “ (Alessio Lega)
FROM THE LAST TUNNEL

Then, from the last railway tunnel
the sun doesn’t seem to shine anymore
and when it glistens on the background
of the rusty railway line

From the big widow’s tripes
straight onto a high wall,
and then the station, like trembling,
vomits you down in Genoa…

When I am back in Genoa, as first after the ritual cup of coffee
on the station square, I’ll tread my sleeping steps from the kiosk
to reconquer the dignity of myself living in this world
and the duty of carrying my head high looking at the end

Looking at the end, looking at the sea, at the point still on the abyss,
seeing everything coming back, crying, my head nailed to a fixed idea,
a broken front, a divided front, a fountain drowning in St Patrick’s well
of the red sea of our popular blood that’s choking in the ravine,
that’s choking in the ravine…

When we are back in Genoa, we’ll ride back on the white
crest of the wave breaking on the breakwater that eats up the night
and shakes the sense of present, of memories crashing down
when Genoa turns again into that of July nineteen sixty

When we are back in Genoa, and when Genoa is back,
when I am back, I come back to our winter, resistance will be declared
when we find back our heart and all our feelings in this hell
and we’re carried on nature’s arms, carried on the four elements…

Who are we? Now we are the sea, the black sea that’s unchaining,
that’s pouring up on the harbor, onto the bastards that empoison it,
the saltiest sea that you have made us breath up and cry,
so give a kiss to your smokebombs, just before drowning

Who are we? Now we are the wind that you can’t detain anymore,
air free from grinding mills and from assembly lines,
the wind that’s sweeping away, that’s erasing even your footprints,
that’s breaking down walls and bars, unchaining through Marassi

Who are we? Now we are the fire that you haven’t never quenched,
the fire burning down in the eyes of this grey city mall,
the fire that shortcircuits the cables of alarms and of prohibitions
while we are spreading salt on the ruins of Bolzaneto

Who are we? Now we are the night, the lost moon of the desperate,
the poet says: When a man falls, the markets soon rise up
and for this man of eternal night, for this light fading away
we’re waiting for the sun to melt the black bloc in our heart…

And so we are back in Genoa, so we are back in Genoa,
so we’re freeing Genoa, so we are free in Genoa…

When I am back in Genoa, as first after the ritual cup of coffee,
the old samovar of sadness boiling as water in the air I breathe,
this pain that has betrayed me, the giant profile of mourning,
my sorrows that I can’t hide and these tears I’m holding firmly…

And in a free Genoa, without barriers, without dismay,
without thinking of escapeways, without rage, without fear,
falling on one’s knees makes sense, getting up, taking one’s hands,
crying in Alimonda square…

Sorry, in Carlo Giuliani square.

23/7/2008 - 18:51




Langue: français

Version française de Riccardo Venturi (2004).
Versione francese di Riccardo Venturi (2004).

Piazza Carlo Giuliani.
DU DERNIER TUNNEL

Et puis, du dernier tunnel
le soleil ne semble plus jamais se rouvrir
et quand il brille à l’arrière-plan
sur le chemin de fer tout rouillé

des entrailles de la grande veuve
juste en face d’une muraille
Porta Principe en sursaut
te vomit soudainement sur Gênes...

Moi, quand je reviendrai à Gênes, d’abord avec un p’tit caf’ rituel
sur la place de la Gare, du kiosque avec mes pas endormis
je partirai pour réconquerir ma dignité d’homme dans ce monde
et mon devoir de marcher la tête haute mais en regardant vers le fond

vers le fond, regarder la mer, regarder le point fixe sur l’abîme
tout voir, retourner, crier, hurler, le front brisé par une idée fixe
le front brisé, le front divisé, fontaine qui se noie au puits de St. Patrice
de la mer rouge, de notre sang populaire qui étouffe dans le précipice,
qui étouffe dans le précipice

Quand nous reviendrons à Gênes, nous le ferons au bout de la crinière
blanche de la vague qui se rompt sur le brise-lames qui mange le soir
et sécoue le sens du présent, de la mémoire qui se brise
quand Gênes redeviendra le Gênes de juin soixante

Quand nous reviendrons à Gênes et quand Gênes sera revenue
moi quand je reviens, c’est à notre hiver, la résistance sera déclarée
quand, dans tout cet enfer-là, nous retrouverons nos sentiments
nous viendrons au bras de la nature, nous viendrons sur les quatre éléments...

Qui sommes-nous? Nous sommes la mer, la mer noire qui se déchaîne
et se renverse sur le port, sur le port qui l’empoisonne,
et c’est une mer bien plus salée que vous nous avez fait pleurer,
faites la bise à vos lacrymos juste avant de vous noyer

Qui sommes-nous? Nous sommes le vent que vous ne pouvez plus prendre en ôtage
air libérée des moulins et des chaînes de montage
le vent qui balayera, effacera la trace de vos pas,
qui écrasera les murs et les barres en se déchaînant sur Marassi

Qui sommes-nous? Nous sommes le feu que vous n’avez jamais dompté,
le feu qui brûle au fond des yeux de ce gris supermarché
le feu qui court-circuite les fils de l’alarme et de l’interdiction
tandis que nous répandrons du sel sur les ruines de Bolzaneto

Qui sommes-nous? Nous sommes la nuit, la lune perdue des désespérés,
le poète dit “Quand un homme tombe, c’est les marchés qui se rélévent”
et pour cet homme de nuit éternelle, pour cette lumière qui va s’éteindre
nous attendrons jusqu’à quand le soleil ne fonde le bloc noir dans notre
coeur...

C’est comm’ ça qu’on reviendra à Gênes, comm’ ça qu’on reviendra à Gênes
et c’est comm’ ça qu’on libérera Gênes, comm’ ça qu’on sera libres à Gênes...

Moi, quand je reviendrai à Gênes, du kiosque de mon p’tit caf’ rituel,
l’ancien samovar de la tristesse qui bout à grand feu dans mon souffle
cette douleur qui m’a trahi, c’est l’énorme profil de mon deuil
c’est mon tourment que je n’ai su cacher, ces larmes que je garde dans moi...

et dans un Gênes libéré, sans plus de verroux, sans plus d’effroi
sans plus de voies de détresse, sans plus de fureur, sans plus de peur
tomber à genoux, ça voudra dire quelque chose, se lever, se prendre les mains
et pleurer en place Alimonda...

pardon, en place Carlo Giuliani.

envoyé par Riccardo Venturi




Langue: espéranto

Esperantigis Nicola Ruggiero, la 22an de julio 2007
EL LA LASTA TUNELO

Kaj poste el la lasta tunelo
ŝajnas ne plu reaperi la suno
kaj kiam ĝi briletas el la marfundo
el la rustoplena fervojo

El la intestaĵoj de la granda vidvino
rekte antaŭ alta muro
“Porta Principe” en ekskuiĝo
vomas vin kontraŭ Genova...

Kiam mi revenos al Genova, unue kun la kutima kafo
en la placo de la stacidomo, de la budo la dormantan paŝon
mi movos por reakiri la dignon de mi mem en la mondo
por la devo paŝi kun fiera kapo kaj rigardi la fundon

rigardi la fundon, rigardi la maron, rigardi la fiksan punkton en la abismo
vidi ĉion reveni, hurli, frunton dispecigita de fiksa ideo,
fronton rompita, fronton dividita, fonto kiu dronigas en puton San Patrizio
de la maro ruĝa de nia sango pleba kiu sufokas en la krutegaĵo,
kiu sufokas en la krutegaĵo...

Kiam ni revenos al Genova ni revenos sur la kolhararo
blanka de la ondo kiu sin rompas ĉe ondŝirmilo kiu manĝas la vesperon
kaj skuas la sencon de la nuntempo, de la memoro kiu frakasiĝas
kiam Genova reiĝos tiu de julio de la sesdeka

Kiam ni revenos al Genova kaj kiam Genova revenos,
kiam mi revenos, mi revenos al nia vintro, la rezistado estos deklarita
kiam en ĉiu ĉi infero ni retrovos niajn sentojn
ni venos braken de la naturo, ni venos sur la kvar elementoj...

Kiu ni estas? Nun ni estas la maro, la maro nigra kiu furioziĝas,
kiu renversiĝas sur la haveno, sur la porko kiu ĝin venenas,
la maro plej sala, kiun vi devigis al ni larmigi
donu kison al viaj obusoj, ĝuste antaŭ ol droni.

Kiu ni estas? Nun ni estas la vento kiun vi ne plu povas preni kiel ostaĝon,
aero libera de la muelejoj, de la muntoĉenoj,
la vento kiu balaos for, forviŝos la spuron de viaj paŝoj,
frakasos murojn kaj barilojn senbride por Marassi

Kiu ni estas? Nun ni estas la fajro kiun vi neniam dresis,
tiu kiu brulas fundokule de tiu ĉi griza superbazaro
tiu kiu kurtcirkvitas la ŝnurojn de la alarmilo kaj de la malpermeso
dum ni dissemos salon sur la ruinoj de Bolzaneto

Kiu ni estas? Nun ni estas la nokto, la luno perdita de senesperantoj,
diras la poeto: “Kiam falas homo, ekstaras la merkatoj”
kaj por tiu ĉi homo el eterna nokto, por tiu ĉi lumo kiu mortas,
ni atendos, ke la suno fandos la nigran blokon kiun ni portas en koro...

Kaj tiel ni revenos al Genova, tiel ni revenos al Genova,
tiel ni liberigos Genova, tiel ni liberos en Genova...

Kiam mi revenos al Genova de la budo de la kutima kafo
la antikva samovaro de la tristeco, kiu ekbolas en mia spiro,
tiu ĉi doloro kiu min trompis, la granda ŝablono de la funebro
mia turmento miskaŝita kaj ĉi larmoj entenitaj...

kaj en Genova liberigita, sen fermado, sen konsterniĝo,
sen fuĝvojo proksime, sen furiozo, sen timego,
havos sencon fali sur la genuojn, ekstari kaj preni la manojn
plori en placo Alimonda...

Pardonu: en placo Carlo Giuliani.

envoyé par Nicola Ruggiero - 22/7/2007 - 10:40


GRAZIE ALLA MAFIA DELLA SIAE "RESISTENZA E AMORE" NON È PIÙ SCARICABILE DA BIELLE

La SIAE ha intimato a Bielle di sospendere le pagine da dove era possibile scaricare il disco e a nulla è valso protestare che l'autore stesso aveva avallato la distribuzione gratuita.

Vedi questo articolo nel blog di Alessio Lega

Lorenzo su segnalazione di Adriana - 24/6/2006 - 11:00


LITANIA PER GENOVA, 20 E 21 LUGLIO 2001
sulla base della "Litania" di Giorgio Caproni
Di Riccardo Venturi

Genova mia città intera.
G8. Polveriera.
Genova di ferro e aria.
Polizia sanguinaria.
Genova città impaurita.
Così finisce una vita.
Genova verticale,
Disordine mondiale.
Genova nera e bianca.
Lottare, farla franca.
Genova dove non vivo,
Il sogno a volte scrivo.
Genova mia tradita,
Fascismo, risalita.
Genova di solitudine
Espressa da moltitudine.
Genova del Sessanta,
La folla insorge. Canta.
Genova del potere,
Delle brigate nere.
Genova di tufo e sole,
Rincorse, sassaiole.
Genova tutta tetto.
Macerie. Agnoletto.
Genova ti distruggi.
Sbarramenti. Carruggi.
Genova e così sia,
La Scuola. Polizia.
Genova illividita.
La rabbia fra le dita.
Genova di Berlusconi.
Sorrisi. Denti. Finzioni.
Genova tutta cantiere,
I mesi del potere.
Genova di tute bianche.
Le grida. Le palanche.
Genova di Scajola,
Tua madre merdaiola.
Genova di porte aperte,
Finestre. Ferite inferte.
Genova porte sprangate,
Continuerà l’estate.
Genova non globale.
Sirene nel maestrale.
Genova di tramontana.
La notte. Dino Campana.
Genova d’anime ladre.
Figlio rubato alla madre.
Genova vecchia e ragazza,
Nave di grossa stazza.
Genova di facciata
Rifatta, bestemmiata.
Genova di Caricamento.
I visi, disfacimento.
Genova viva e diletta,
Ancora sola. Stretta.
Genova di Gianfranco Fini
Che cita Pasolini.
Genova di commozione,
Vivente. Rivoluzione.
Genova che non mi lascia,
Mia fidanzata bagascia.
Genova di carabinieri,
Lucidi. Antichi. Neri.
Genova del Teresano,
Non esiste l’invano.
Genova, s’era in tanti.
Tra urla. Risa. Pianti.
Genova dei lacrimogeni,
Ossìgeni, azoti, idrogeni.
Genova d’estintore.
Un colpo. Morte dolore.
Genova di caserma,
Mano assassina e ferma.
Genova di menzogne.
False, orrende carogne.
Genova tutta la Terra.
Echi. Futura guerra.
Genova sempre umana,
Presente. Partigiana.
Genova blu e rossa,
Cadavere. La fossa.
Genova di grigie mura.
Camionette. Paura.
Genova di cose trite.
La bava. La dinamite.
Genova di Santiago,
Lo stadio. Cruna ed ago.
Genova del boia russo,
Del karatè. Del lusso.
Genova del boia texano,
Huntsville. Amerikano.
Genova delle spranghe,
Saracinesche. Stanghe.
Genova di Livorno,
Pugno chiuso nel giorno.
Genova che non muore,
Si cangia in vita il dolore.
Genova di Staglieno,
Uno in più, non in meno.
Genova di Fabrizio,
Mare. Musica. Vizio.
Genova di Carlo Giuliani,
Vent’anni, monete, mani.
Bersaglio dove incline
Comincia la vostra fine.

20/7/2006 - 10:17


Se permettete, io di Carlo, a Genova quel 20 luglio, preferisco questa immagine, da vivo e da resistente, quasi un piccolo Subcomandante Carlos. Da Indymedia Thessaloniki.

Carlo

Alessandro - 20/7/2006 - 23:28


Il video di Daniele Luttazzi sui fatti di Genova. Da Decameron del 3 novembre. Con trascrizione.


Il programma di governo, a pagina 77, prevedeva una commissione di inchiesta parlamentare sul G8 di Genova per indagare –aperte virgolette- "sull'utilizzo delle forze di polizia per operazioni repressive del tutto ingiustificate" –chiuse virgolette. E così, ieri, UDEUR, Italia dei Valori e socialisti hanno fatto saltare tutto quanto. All'epoca, la relazione del governo Berlusconi sui fatti di Genova fu vergognosa: omissioni, reticenze, falsità...e questo solo nella rilegatura, e rivelazioni interessanti, come ad esempio quella sui poliziotti travestiti da black bloc che spaccavano poliziotti travestiti da vetrine. Mancava invece quella sui poliziotti travestiti da poliziotti e che picchiavano pacifisti travestiti da pacifisti. La settimana scorsa, l'Avvocatura dello Stato ha chiesto due milioni di euro per danni all'immagine dello Stato...la macelleria messicana alla Diaz, le torture alla caserma di Bolzaneto, l'assalto al corteo autorizzato di Via Tolemaide, l'uccisione di Carlo Giuliani, la sospensione di fatto della democrazia, la più grave violazione dei diritti umani in un paese occidentale dal dopoguerra –come denunciò Amnesty International...ah no, scusate, si riferivano ai danni attribuiti a 25 manifestanti. Come se non bastasse, se il "Pacchetto sicurezza" diventerà legge, un venditore di borsette false rischierà 24 mesi di carcere, un agente torturatore di Bolzaneto rischierà addirittura la promozione. Già fatto...? Già fatto. Beh, certo, anche il movimento antiglobal commise degli errori...eeeh sì. Ad esempio, vestirsi con le tute bianche. Un errore gravissimo. Bisognava andare a Genova vestiti da vescovi. Oggi avremmo ore e ore di filmati di poliziotti che manganellano vescovi, che come messaggio antiglobal è anche più forte visto che la Chiesa, come si sa, è la prima vera multinazionale. Il prossimo 17 novembre, tutti a Genova!

CCG/AWS Staff - 9/11/2007 - 14:39


Questa canzone sul G8 fa venire i brividi: Alessio Lega è un vero e proprio poeta, che sa riportare alla perfezione ogni dettaglio, con un'analisi lucida e spietata, di ciò che accadde in quei tristi giorni una canzone fondamentale, che tutti coloro che lottano contro la repressione dovrebbero sapere a memoria (anche se ammetto che è veramente difficile impararla).

Andrea - 23/5/2008 - 13:39


Contro lo Stato

di Giuseppe Genna

da Carmilla on line




Il primo commento alla indegna sentenza che riduce la tragedia della scuola Diaz a una rissa in cui qualcuno ha alzato un po' troppo il gomito (col gomito fracassando calotte craniche e lacerando tessuti) sarebbe che ha ragione Berlusconi. La Magistratura è da riformare. Ogni sentenza risulta disomogenea rispetto alle altre emanate per vicende consimili. Sui fatti nodali della storia italiana, i giudici non hanno giudicato niente. Sul passato devastato di questa nazione, i magistrati sono forcaioli in attesa di incrementare l'intensità con cui il passato non è devastato ma devastante. Avrebbe ragione Berlusconi e, di conseguenza, avrebbe ragione quello che non so più come definire (centro, pallida socialdemocrazia cristiana, incrocio genetico dell'a-politica...), insomma, quella roba rosa pallido lì: si dovrebbe riformare la Giustizia, ma finché c'è Berlusconi non lo si può fare.
E sarebbero giudizi sbagliati. Perché la sentenza sui fatti di Bolzaneto evidenzia che è lo Stato tutto, in qualunque sua funzione, a risultare compromesso, purulento, contaminante. Il giudizio va tracciato oltre ogni tentazione ideologica. Si ha da essere contro lo Stato.

Poiché, dopo giorni di scontro istituzionale sull'indipendenza del potere legislativo da quello esecutivo, garantito dalla Costituzione, tra i cui Padri non c'è quel figlio di puttana di Benjamin Franklin bensì quell'anima santa di Giulio Andreotti - dopo una battaglia all'ultimo finto sangue, poiché quello vero scorse alla Diaz, ecco come questa mascherata si risolve: con i poteri che si tutelano a vicenda e non smentiscono le lucide previsioni di chi, vivendo in stato statale, sapeva già da tempo che, al momento decisivo, lo Stato si sarebbe rinsaldato tutto di un colpo, escludendo il diritto alla verità di chi lo Stato rappresenta e di chi ne è a fondamento: cioè noi tutti.
Potrei dissertare filosoficamente all'infinito sulle teorie politiche che giustificano quanto sto affermando, e cioè che lo Stato è contro la natura della civiltà, dell'umanità, dei valori, della convivenza, dell'empatia e dell'amore. Altrettante teorie potrebbero essere scagliate contro questo personalissimo giudizio. Poiché, tuttavia, l'immediatezza del momento, con questa evidenza dell'indegnità del potere giudiziario a fronte di una patente violazione dei diritti personali e collettivi, solleva emozioni, risponderò con una citazione che mi sta a cuore, di cui non sto a enunciare né l'autore né l'opera - tanto, chi ha occhi per vedere vedrà e chi ha orecchi per ascoltare ascolterà:

"Noi, rivoluzionari-anarchici, fautori dell’istruzione generale del popolo, dell’emancipazione e del piú vasto sviluppo della vita sociale e di conseguenza nemici dello Stato e di ogni statalizzazione, affermiamo, in opposizione a tutti i metafisici, ai positivisti e a tutti gli adoratori scienziati o non della scienza deificata, che la vita naturale precede sempre il pensiero, il quale è solo una delle sue funzioni, ma non sarà mai il risultato del pensiero; che essa si sviluppa a partire dalla sua propria insondabile profondità attraverso una successione di fatti diversi e mai con una serie di riflessi astratti e che a questi ultimi, prodotti sempre dalla vita, che a sua volta non ne è mai prodotta, indicano soltanto come pietre miliari la sua direzione e le varie fasi della sua evoluzione propria e indipendente.
In conformità con questa convinzioni noi non solo non abbiamo l’intenzione né la minima velleità d’imporre al nostro popolo, o a qualunque altro popolo, un qualsiasi ideale di organizzazione sociale tratto dai libri o inventato da noi stessi ma, persuasi che le masse popolari portano in se stesse, negli istinti piú o meno sviluppati dalla loro storia, nelle loro necessità quotidiane e nelle loro aspirazioni coscienti o inconsce, tutti gli elementi della loro futura organizzazione naturale, noi cerchiamo questo ideale nel popolo stesso; e siccome ogni potere di Stato, ogni governo deve, per la sua medesima essenza e per la sua posizione fuori del popolo o sopra di esso, deve necessariamente mirare a subordinarlo a un’organizzazione e a fini che gli sono estranei noi ci dichiariamo nemici di ogni governo, di ogni potere di Stato, nemici di un’organizzazione di Stato in generale e siamo convinti che il popolo potrà essere felice e libero solo quando, organizzandosi dal basso in alto per mezzo di associazioni indipendenti e assolutamente libere e al di fuori di ogni tutela ufficiale, ma non fuori delle influenze diverse e ugualmente libere di uomini e di partiti, creerà esso stesso la propria vita.
Queste sono le convinzioni dei socialisti rivoluzionari e per questo ci chiamano anarchici. Noi non protestiamo contro questa definizione perché siamo realmente nemici di ogni autorità, perché sappiamo che il potere corrompe sia coloro che ne sono investiti che coloro i quali devono soggiacervi. Sotto la sua nefasta influenza gli uni si trasformano in despoti ambiziosi e avidi, in sfruttatori della società in favore della propria persona o casta, gli altri in schiavi.
È chiaro allora perché i rivoluzionari dottrinari che si sono assunta la missione di distruggere i poteri e gli ordini esistenti per creare sulle loro rovine la propria dittatura, non sono mai stati e non saranno mai i nemici ma, al contrario sono stati e saranno sempre i difensori piú ardenti dello Stato. Sono nemici dei poteri attuali solo perché vogliono impadronirsene; nemici delle istituzioni politiche attuali solo perché escludono la possibilità della loro dittatura; ma sono tuttavia i piú ardenti amici del potere di Stato che dev’essere mantenuto, senza di che la rivoluzione, dopo aver liberato sul serio le masse popolari, toglierebbe a questa minoranza pseudorivoluzionaria ogni speranza di riuscire a riaggiogarle a un nuovo carro e di gratificarle dei suoi provvedimenti governativi.
Ciò è tanto vero che oggi, quando in tutta l’Europa trionfa la reazione, quando tutti gli Stati ossessionati dallo spirito piú frenetico di conservazione e di oppressione popolare, armati da capo a piedi di una triplice corazza, militare, politica e finanziaria e si apprestano sotto la direzione del principe Bismarck a una lotta implacabile contro la Rivoluzione Sociale; oggi, quando si sarebbe dovuto pensare che tutti i sinceri rivoluzionari s’unissero per respingere l’attacco disperato della reazione internazionale, noi vediamo al contrario che i rivoluzionari dottrinari sotto la guida del signor Marx prendono dappertutto il partito dello statalismo e degli statalisti contro la rivoluzione del popolo."

Ora, mi sia permesso aggiungere qualche breve nota personale. E cioè che io mi vergogno non soltanto di vivere in uno Stato la mia esistenza che forzosamente è resa miseranda dalla struttura statuale stessa, ma mi vergogno maggiormente a vivere in questo Stato; mi repelle qualunque istituzione, che si forma per necessità tutt'altro che naturali e popolari, ma per imposizione non contestabile da chiunque, che si ritrova immerso in questo habitat da quando è demilienizzato a un giorno dalla nascita e, anche se poi si mette a contestare questo condizionamento totalizzante (che è tale poiché lo Stato è un ente totalitario), comunque finirà a morire in un ospedale senza avere sortito nulla, e chi rimane dovrà pure essere grato perché lo Stato garantisce un posto di merda dove morire; sono orripilato quotidianamente dalla visione delle cosiddette Forze dell'Ordine, che con l'Arma dei Carabinieri sortiscono il massimo gradimento e fiducia dei miei concittadini, e si stanno visibilmente moltiplicando sotto i miei occhi, godendo di leggi fatte all'impromptu per permettere loro un controllo ancora più serrato sulle persone, non bastando il fatto che, trascorsa la stagione di Piombo, non sono state ancora abrogate le leggi restrittive emanate ai tempi da Francesco Cossiga, cosicché senza accorgersi i miei concittadini vivono in uno stato di guerra legislativo, senza che ci sia più quella guerra; mi viene da vomitare al pensiero che si sorveglino militarmente inesistenze e astrazioni dette "confini", purissimi atti di volontà di potenza che nessun geomorfismo giustifica; sono angosciato dal fatto che lo Stato permetta a difensori e pm e giudici di trattare donne violate come le tratta in quelle enclave che sono le aule giudiziarie; sono sconvolto dall'aberrazione dell'ideologia trionfante (quintessenziale all'idea di Stato stesso) della pena, questo protocollo per cui, anziché arrivare a una civiltà, si invera in forma legislativa l'occhio per occhio e il dente per dente, appalesando con somma serenità e assenza di opposizione qualunque la reale natura vendicativa dell'istituzione stessa, che condiziona chiunque; sono sconcertato dall'assoluta assenza di reazione coscienziale di chi abita con me in questo che, prima che uno Stato, è un luogo, puramente e semplicemente un luogo, dove si è sviluppata una lingua comune e peraltro la lingua più poetica del mondo moderno.
Il mio pensiero va agli ultimi tra i calpestati dallo Stato, che sono i massacrati della Diaz. Si aggiungono a una teoria infinita di persone, non di cittadini, per cui non c'è stata la tanto vantata tutela dello Stato, perché non può esserci, e dunque sarebbe anche inutile aspettarsela o berciare, come sto facendo, perché non c'è. E dico le vittime e i colpevoli tutti, tutti gli abitanti di questo luogo, che ha una storia cangiante e multiforme, che non si trova nei manuali di storia statale che vengono comminati nelle scuole, per l'attuale disinteresse delle giovani generazioni, le più condizionate che abbiano calcato questa penisola e vissuto in questa civiltà, erettasi su fondamenti etruschi e cioè asiatici, greci, mediorientali, ebrei, arabi, normanni, tedeschi, francesi, spagnoli, africani, cinesi e, purtroppo, sì, anche vaticani.
Concludo citando quello di prima, perché si comprenda che non a caso ho citato il connubio vomitevole di cui l'Italia è attuale avanguardia residuale (un paradosso che da solo qualifica questo posto in cui stiamo) - quello tra Stato e Chiesa, cioè tra Idea dello Stato e Dio. Buon futuro a tutti, concittadini, ovverosia voi che vi sentite cittadini...

"Dio appare, l’uomo si annienta; e più la Divinità si fa grande, più l’umanità diventa miserabile. Ecco la storia di tutte le religioni: ecco l’effetto di tutte le ispirazioni e di tutte le legislazioni divine. Nella storia, il nome di Dio è la terribile vera clava con la quale tutti gli uomini divinamente ispirati, i 'grandi geni virtuosi', hanno abbattuto la libertà, la dignità, la ragione e la prosperità degli uomini.
Abbiamo avuto prima la caduta di Dio. Abbiamo ora una caduta che c’interessa assai più: quella dell’uomo, causata dalla sola apparizione di Dio o manifestazione sulla terra. Vedete dunque in quale orrore profondo si trovano i nostri cari ed illustri idealisti. Parlandoci di Dio, essi credono e vogliono elevarci, emanciparci, nobilitarci, ed al contrario ci schiacciano e ci avviliscono. Col nome di Dio, essi immaginano di poter edificare la fratellanza fra gli uomini, ed invece creano l’orgoglio e il disprezzo, seminano la discordia, l’odio, la guerra, fondano la schiavitù.
Perché con Dio vengono necessariamente i diversi gradi d’ispirazione divina; l’umanità si divide in uomini ispiratissimi, meno ispirati, non ispirati.
Tutti sono egualmente nulla davanti a Dio, è vero, ma confrontati, gli uni agli altri, alcuni sono più grandi degli altri; non solamente di fatto, ciò che non avrebbe importanza perché una ineguaglianza di fatto si perde da se stessa nella collettività quando non può afferrarsi ad alcuna finzione o istituzione legale; ma alcuni sono più grandi degli altri per volere del diritto divino dell’ispirazione: il che costituisce subito una in eguaglianza fissa, costante, pietrificata.
I più ispirati devono essere ascoltati ed obbediti dai meno ispirati e questi dai non ispirati.
Ecco il principio di autorità ben stabilito e con esso le due istituzioni fondamentali della schiavitù: la Chiesa e lo Stato."

Giuseppe Genna

daniela -k.d.- - 15/7/2008 - 13:49


Le bugie dell' "Orinale" -pardon, del "Giornale"- non hanno limite

Partiamo con una premessa: ieri, domenica 20 luglio, mezze CCG erano in piazza Alimonda; e per "mezze" non intendiamo soltanto tre amministratori di questo sito -il sottoscritto, Daniela "k.d." e Adriana- ma anche, ad esempio, lo stesso Alessio Lega, l'autore della canzone di questa pagina, Marco Rovelli, autore di Carlo Giuliani ed altri che in un modo o nell'altro hanno a che fare con questo sito.

Essendoci, là, in quella maledetta piazza che neppure la voce di Carlo che leggeva le lettere dei condannati a morte della Resistenza può farmi smettere di considerare maledetta, ho potuto vedere chi c'era, e quanti c'erano. Che cosa dicevano, che cosa avevano scritto, che cosa cantavano, che cosa ridevano e che cosa piangevano. Ad esempio, riprendendole da Il Russo, ecco alcune foto:

giul1


giul2


giul3


giul4


Viste le foto? Avete visto chi c'era in piazza Carlo Giuliani, ché per noi quella piazza si chiama e si chiamerà sempre così? Visto? Bene. Ora, alternativamente, preparatevi a vomitare oppure a sganasciarvi dalle risate, e leggete quanto è riuscito a pubblicare l' "Orinale" -pardon, il "Giornale", nella sua edizione genovese, giovedì 17 luglio 2008:

Ora i no global "perdono" anche Piazza Alimonda

Il 20 luglio piazza Alimonda sarà occupata. Da duemila persone. Non dai no global, non dal comitato Carlo Giuliani, ma dai poliziotti chiamati a raccolta dal sindacato Coisp. Una manifestazione carica di significato, perché per la prima volta dal 20 luglio del 2001, quella piazza non sarà più dei no global, del comitato Carlo Giuliani, dei manifestanti. Sarà un ribaltone. Un ulteriore segno che Genova potrebbe iniziare a riscrivere una terribile pagina della sua storia senza essere ostaggio della stessa parte.
«Il Coisp non dimentica le immagini di quei giorni e per la settima ricorrenza del G8 ligure, manifesterà in piazza Alimonda domenica 20 luglio, anche per solidarietà ai colleghi condannati, perché il dissenso non si esprime con devastazioni e saccheggi», annuncia Matteo Bianchi, segretario generale provinciale del sindacato. Il titolo della manifestazione è «L'estintore come strumento di pace» per ricordare che quel giorno morì un ragazzo che indossava un passamontagna e brandiva un estintore pronto a scagliarlo contro i carabinieri sotto assedio. Eppure è stato trasformato in un martire del pacifismo. «Alla manifestazione dovrebbero partecipare circa duemila persone provenienti da tutta Italia che manifesteranno in maniera civile e democratica, come lo spirito che alberga in questa organizzazione sindacale - prosegue Bianchi - sarà un fermo richiamo all'impegno comune contro il terrorismo, la mafia ed a ogni forma di criminalità, per la sicurezza e la legalità nel nostro Paese».
Un appuntamento simbolico che era già stato fissato lo scorso anno. La ribellione del movimento no global spinse la questura a chiedere al Coisp a «rinunciare» al presidio in piazza Alimonda. Una richiesta accolta per senso di responsabilità. Ma per quest’anno la richiesta è partita quanto mai in anticipo e domenica piazza Alimonda non sarà - non dovrebbe essere - concessa a quanti nel 2001 si opposero alle forze dell’ordine. «Il Coisp manifesterà mettendo a nudo quella "piazza" che ha messo un estintore in mano ad un ragazzo e gli ha fatto attaccare le forze dell'ordine - insiste Bianchi - Manifesterà per far sentire ai cittadini che la sicurezza e la legalità sono valori superiori al crimine e alla demagogia, che Genova sarà sempre difesa contro chi l'ha devastata ed ora vorrebbe farne ghignante simbolo di pseudo coscienza civile e di movimenti criminosi vicini alla dimensione del terrore. Il Coisp manifesterà affinché una delle più solide Istituzioni attorno alle quali si riunisce il sentimento dell'unità e dell'identità degli italiani, non venga sgretolata dalla delegittimazione e dalla denigrazione di chi è eterno rivale della democrazia». Una svolta epocale nella storia contemporanea di Genova.


Avete letto?

Bene, ora chi glielo va a dire, alla "redazione" dell'Orinale, che domenica 20 luglio in piazza Carlo Giuliani non si vedeva nemmeno un poliziotto da lontano, ma solo dei vigili urbani che poi se ne sono andati pure loro dopo aver sistemato qualche nastro bianco e rosso per delimitare una corsia di transito?

Chi glielo va a dire, a quelli dell' "Orinale", che sì la richiesta del "Coisp" c'è stata, ma che, come tutti gli anni, ogni assembramento di quel sindacatucolo di sbirri che vogliono manifestare "solidarietà" ai colleghi torturatori della Diaz e di Bolzaneto, è stato severamente vietato dalla Qvestvra stessa?

Chi glielo va a dire agli "Orinali", che domenica scorsa in piazza Carlo Giuliani c'era addirittura più gente degli scorsi anni?

Chi glielo va a dire, a quelli dell' "Orinale", che il loro è il più tipico esempio di "dezinformacija" dei servi più stupidi? Certo, ovvio, il lettore-tipo di quella carta da culo in piazza Carlo Giuliani non ci va di certo; però sarebbe stato carino se qualche "bravo cittadino" si fosse presentato certo di assistere alla parata degli sbirri che si "riprendevano la piazza", come se non se la fossero già presa abbastanza il 20 luglio 2001 ammazzando un ragazzo. Sarebbe stato carino davvero, magari qualcuno -pacatamente- gli avrebbe detto di non fidarsi più di quel giornale che magari compra tutti i giorni, e di risparmiare i soldi per cose più utili.

Chi glielo va a dire, in definitiva, a quelli dell' "Orinale" e magari anche alla sbirraglia del "Coisp" (e che vorrà dire, "Coglioni Ispettori"...?), di andare a impiccarsi -possibilmente alla svelta?

Ma glielo diciamo noi! E con molto piacere!

Riccardo Venturi - 21/7/2008 - 23:49


Genova 20 luglio 2009

adriana - 21/7/2009 - 19:23


Genova 2001 – Genova2011

Fonte: Genova 2001 – Genova2011

LA CRISI O LA SPERANZA

Dieci anni fa centinaia di migliaia di persone, giovani e adulti, donne ed uomini, di tutto il mondo si diedero appuntamento a Genova per denunciare i pericoli della globalizzazione neoliberista e per contestare i potenti del G8, intenti a convincere il mondo che trasformare tutto in merce avrebbe prodotto benessere per tutti.
Le persone che manifestavano a Genova erano parte di un grande movimento “per un mondo diverso possibile” diffuso in tutto il pianeta. Era nato a Seattle nel 1999 con una grande alleanza fra sindacati e movimenti sociali, e ancor prima nelle selve del Chiapas messicano. Nel gennaio 2001 si era incontrato nel grande Forum Sociale Mondiale a Porto Alegre in Brasile che aveva riunito la società civile, i movimenti, le organizzazioni democratiche di tutto il mondo.
Quel movimento diceva – e ancora oggi dice – che la religione del mercato senza regole avrebbe portato al mondo più ingiustizie, più sfruttamento, più guerre, più violenza. Che avrebbe distrutto la natura, messo a rischio la possibilità di convivenza e persino la vita nel pianeta. Che non ci sarebbe stata più ricchezza per tutti ma, piuttosto, nuovi muri, fisici e culturali, tra i nord ed i sud del mondo. Non la pacificazione, conseguenza della “fine della storia”, ma lo “scontro di civiltà”.
Avevamo ragione, e i fatti lo hanno ampiamente confermato. Ora lo sanno tutti. Ma dieci anni fa, per aver detto solo la verità, venimmo repressi in maniera brutale e spietata.
La città di Genova fu violentata fisicamente e moralmente. Le regole di una democrazia, che sempre prevede la possibilità del dissenso e della protesta, vennero sospese e calpestate. Un ragazzo fu ucciso. Migliaia vennero percossi, feriti, arrestati, torturati. Eravamo le vittime, ma per anni hanno tentato di farci passare per i colpevoli.
Oggi, le ragioni di allora sono ancora più evidenti.
Una minoranza di avidi privilegiati pare aver dichiarato una guerra totale al resto dell’umanità e all’intera madre Terra. Dopo aver creato una crisi mondiale mai vista cercano ancora di approfittarne, rapinando a più non posso le ultime risorse naturali disponibili e distruggendo i diritti e le garanzie sociali messe a protezione del resto dell’umanità in due secoli di lotte.
E’ un progetto distruttivo: ha prodotto la guerra globale permanente, l’attacco totale ai diritti (al lavoro e del lavoro, alla salute, all’istruzione, alla libertà di movimento, alle differenze culturali e di genere nonché alle scelte sessuali), la rapina dei beni comuni, la distruzione dell’ambiente, il cambiamento climatico e il saccheggio dei territori.
Ormai è chiaro a tanti e tante, a molti più di quanti erano a Genova dieci anni fa, che solo cambiando radicalmente direzione si può dare all’umanità una speranza di futuro, impedendo la catastrofe che i poteri dominanti, sia pure in crisi, stanno continuando a preparare.
Proponiamo a tutte/i coloro che da quei giorni non hanno mai smesso di portare avanti le ragioni di allora e a tutte/i coloro che, pur non avendo avuto la possibilità di partecipare a quelle elaborazioni, ogni giorno costruiscono elementi di un mondo diverso con le loro lotte, le loro rivendicazioni, le loro pratiche, di costruire insieme da oggi le condizioni per incontrarsi a Genova nel luglio del 2011, per tessere reti più forti di resistenza, di solidarietà, di costruzione di alternativa alla barbarie e di speranza.
Viviamo in un mondo che continua a non piacerci, un mondo che continua ad avere tutte le caratteristiche che abbiamo fortemente denunciato 10 anni fa, se possibile ancora più accentuate, attraversato da profonde crisi etiche, morali, democratiche che aggravano e rendono più pericolosa la crisi economica e finanziaria. Ma, allo stesso tempo, viviamo anche in un mondo che, a partire dal nuovo protagonismo dei popoli dell’America Latina, esprime un forte sentimento di cambiamento.
Ripensare, recuperare, allargare ed aggiornare lo “spirito di Genova” che ha segnato una generazione può aiutare. Non a guardare indietro, a quella che ormai è storia, ma a guardare avanti, al futuro che abbiamo tutti e tutte la responsabilità di costruire.

LORO LA CRISI. NOI LA SPERANZA.

Invitiamo pertanto tutte/i coloro che sono interessate/i a condividere questo percorso ad un primo incontro che si terrà il 9 ottobre prossimo a Genova alle ore 15 presso il Circolo Autorità Portuale e Società del Porto di Genova in via Albertazzi 3r (zona Terminal Traghetti/Caserma Vigili del Fuoco).


Per aderire potete inviare una mail all’indirizzo versogenovaluglio2011@gmail.com

adriana - 12/9/2010 - 09:12


Piazza Carlo Giuliani - 20 luglio 2011

adriana - 21/7/2011 - 08:56


Sono allibito dall'ipocrisia di un giornale come Repubblica che a dieci anni dal G8 dedica speciali alle violenze della polizia, neanche fosse dalla parte del "movimento", quando poi sui recenti fatti in Val di Susa avvalla le peggiori menzogne di regime su black block, infiltrati, e ci propina le gallerie fotografiche dei poveri poliziotti feriti...

Francesco - 22/7/2011 - 09:41


Dall'ultima galleria il 20 luglio 2013 in piazza Carlo Giuliani

CCG/AWS Staff - 22/7/2013 - 14:59


Genova, Piazza Carlo Giuliani, 20 luglio 2013
Genua, Carlo Giuliani Square, July 20, 2013
Gênes, place Carlo Giuliani, 20 juillet 2013
Γένοβα, πλατεία Κάρλο Τζουλιάνι, 20 Ιούλιου 2013


Alessio Lega, Guido Baldoni e Francesca Baccolini mentre eseguono Dall'ultima galleria
Alessio Lega, Guido Baldoni e Francesca Baccolini mentre eseguono Dall'ultima galleria


Rocco Marchi.
Rocco Marchi.


Guido Baldoni.
Guido Baldoni.


Francesca Baccolini.
Francesca Baccolini.


Guido Baldoni, Riccardo Venturi e Alessio Lega.
Guido Baldoni, Riccardo Venturi e Alessio Lega.


Rocco Marchi, Riccardo Venturi e Alessio Lega.
Rocco Marchi, Riccardo Venturi e Alessio Lega.


Rocco Marchi e Francesca Baccolini.
Rocco Marchi e Francesca Baccolini.

CCG/AWS Staff - 21/7/2013 - 23:40


Versione alternativa

Questo arrangiamento alternativo della canzone dedicata alla brutale repressione delle proteste contro il G8 di Genova del 2001, immerge in un contesto sonoro alla "Blade runner". Si optò per una versione più rock e distorta perché questa - pur evocativa - sembrò troppo distante e glaciale.

adriana - 8/11/2015 - 09:54


Genova, 20 luglio 2017 - Ascanio Celestini e Alessio Lega

Grazie all'infaticabile lavoro di documentazione di Sergio Gibellini.

adriana - 21/7/2017 - 09:47




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