Like as the armed knight
Appointed to the field,
With this world will I fight
And Faith shall be my shield.
Faith is that weapon strong
Which will not fail at need.
My foes, therefore, among
Therewith will I proceed. (1)
As it is had in strength
And force of Christes way (2)
It will prevail at length
Though all the devils say nay.
Faith in the fathers old
Obtained rightwisness (3)
Which make me very bold
To fear no world's distress.
I now rejoice in heart
And Hope bid me do so
For Christ will take my part
And ease me of my woe.
Thou saist, lord, who so knock,
To them wilt thou attend.
Undo, therefore, the lock
And thy strong power send.
More enmyes now I have (4)
Than hairs upon my head.
Let them not me deprave (5)
But fight thou in my stead.
On thee my care I cast.
For all their cruel spight
I set not by their haste
For thou art my delight.
I am not she that list (6)
My anchor to let fall
For every drizzling mist
My ship substancial.
Not oft use I to wright
In prose nor yet in rime,
Yet will I shew one sight (7)
That I saw in my time.
I saw a rial throne (8)
Where Justice should have sit
But in her stead was one
Of moody cruel wit. (9)
Absorpt was rightwisness (10)
As of the raging flood
Sathan in his excess
Suct up the guiltless blood. (11)
Then thought I, Jesus lord,
When thou shalt judge us all
Hard is it to record (12)
On these men what will fall.
Yet lord, I thee desire
For that they do to me
Let them not taste the hire (13)
Of their iniquity. (14)
Appointed to the field,
With this world will I fight
And Faith shall be my shield.
Faith is that weapon strong
Which will not fail at need.
My foes, therefore, among
Therewith will I proceed. (1)
As it is had in strength
And force of Christes way (2)
It will prevail at length
Though all the devils say nay.
Faith in the fathers old
Obtained rightwisness (3)
Which make me very bold
To fear no world's distress.
I now rejoice in heart
And Hope bid me do so
For Christ will take my part
And ease me of my woe.
Thou saist, lord, who so knock,
To them wilt thou attend.
Undo, therefore, the lock
And thy strong power send.
More enmyes now I have (4)
Than hairs upon my head.
Let them not me deprave (5)
But fight thou in my stead.
On thee my care I cast.
For all their cruel spight
I set not by their haste
For thou art my delight.
I am not she that list (6)
My anchor to let fall
For every drizzling mist
My ship substancial.
Not oft use I to wright
In prose nor yet in rime,
Yet will I shew one sight (7)
That I saw in my time.
I saw a rial throne (8)
Where Justice should have sit
But in her stead was one
Of moody cruel wit. (9)
Absorpt was rightwisness (10)
As of the raging flood
Sathan in his excess
Suct up the guiltless blood. (11)
Then thought I, Jesus lord,
When thou shalt judge us all
Hard is it to record (12)
On these men what will fall.
Yet lord, I thee desire
For that they do to me
Let them not taste the hire (13)
Of their iniquity. (14)
(1) Therewith: with it, Faith.
(2) Christes: pronounced as two syllables.
(3) rightwisness: righteousness.
(4) enmyes: enemies.
(5) deprave: pervert, turn to sin.
(6) list: will.
(7) shew: show.
(8) rial: royal.
(9) moody: proud and angry.
(10) Absorpt: swallowed up.
(11) guiltless blood: an allusion to transubstantiation.
(12) record: bring to mind.
(13) hire: wages.
(14) Having shown Faith and Hope, Anne here expresses Charity. Paul writes: "Now there remain faith, hope, charity, these three; but the greatest of these is charity" (1 Corinthians 13.13).
(2) Christes: pronounced as two syllables.
(3) rightwisness: righteousness.
(4) enmyes: enemies.
(5) deprave: pervert, turn to sin.
(6) list: will.
(7) shew: show.
(8) rial: royal.
(9) moody: proud and angry.
(10) Absorpt: swallowed up.
(11) guiltless blood: an allusion to transubstantiation.
(12) record: bring to mind.
(13) hire: wages.
(14) Having shown Faith and Hope, Anne here expresses Charity. Paul writes: "Now there remain faith, hope, charity, these three; but the greatest of these is charity" (1 Corinthians 13.13).
inviata da Bernart Bartleby - 4/3/2016 - 14:41
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Versi composti e cantati da Anne Askew (1521-1546) rinchiusa nella prigione di Newgate, Londra
Il testo della ballata è riportato in “The lattre examinacyon of Anne Askewe, latelye martyred in Smythfelde, by the wycked Synagoge of Antichrist, with the Elucydacyon of Johan Bale”, di John Bale (1495-1563), vescovo della chiesa anglicana d’Irlanda.
Mi sono permesso di intitolarla – come si usa – dal primo verso. In Rete viene normalmente riportata come “The Ballad which Anne Askew made and sang when she was in Newgate”.
Anne Askew, giovane nobildonna inglese, a 15 anni fu costretta ad andare in sposa al posto di una sorella scomparsa prematuramente. Ann abbracciò presto il credo protestante. Il marito, che era un fervente cattolico, la ripudiò e cacciò di casa dopo pochi anni. Trasferitasi a Londra, Anne si avvicinò alle cosiddette “Gran Dame”, la cerchia protestante della regina Katherine Parr, ultima moglie di Enrico VIII. Vittima della lotta di potere tra cattolici, anglicani e protestanti, Anne Askew fu più volte arrestata e infine processata, torturata e arsa viva nel luglio del 1546, una persecuzione e un martirio che lei affrontò con lucidità e coraggio, tenendo sempre testa, fisicamente ed intellettualmente, ai suoi accusatori e carnefici. Un simbolo femminile di resistenza, di dignità e di libertà.
Nella finestra che segue una recensione con alcuni passaggi tratti da “Parole di fuoco. La vita e il martirio di Anne Askew”, a cura di Emanuele Ronchetti e Giuliana Iannàccaro, Sellerio editore, 2002.
Anne Askew ( 1520/1521 – 1546) era in contatto con il gruppo delle Gran Dame di corte e amica della regina Katherine Parr, l’ultima moglie di Enrico VIII, segretamente interessata alla “nuova fede” protestante. Obbligata a sposarsi a sedici anni con un ricco cattolico, nonché papista sfegatato, Anne non credeva, seguendo i dettami della Riforma, alla transustanziazione ovvero alla totale conversione della sostanza del pane e del vino nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo, che si attua per l’onnipotenza divina nella consacrazione durante la messa, in favore della consustanziazione, dottrina luterana per cui, nell’Eucaristia, il corpo di Cristo coesiste con la sostanza del pane. È questo il motivo principale per il quale viene imprigionata, torturata e messa al rogo.
Si converrà che sarebbe ben strana una divinità tanto permalosa da esigere tortura e morte per chi cavilla con dogmi e sacramenti vari. E come si può sbandierare una presunta verità che porti ad un regno celeste, se non si ha il minimo rispetto per la vita umana?
Ma ecco l’eresia di cui mi tacciano: che dopo le parole di consacrazione pronunciate dal sacerdote, il pane rimane semplice pane.
E invece essi dichiarano, e lo insegnano come essenziale articolo di fede, che una volta pronunciate quelle parole il pane non rimane tale, ma si muta in quello stesso corpo che fu inchiodato alla croce il Venerdì Santo, nella medesima carne, sangue e ossa. A questo loro credo io dico no: perché allora sarebbe falso anche il nostro credo apostolico, che Egli sieda alla destra di Dio Padre Onnipotente, e che da lì scenderà sulla Terra a giudicare i vivi e i morti. Ecco! Tale è la mia eresia, che dovrò scontare con la morte. Ma per quanto riguarda la santa e benedetta Cena del Signore, io credo che rappresenti una commemorazione fondamentale delle Sue sofferenze gloriose e della Sua morte.
In politica, si sa, è stata giocata ogni carta pur di eliminare il proprio avversario e qui gli interessi erano molteplici, la regina infatti seguiva i protestanti, pertanto la fazione cattolica voleva toglierla di mezzo e quale migliore strumento all’epoca di una bella accusa di eresia? Anne Askew fu condotta alla Torre di Londra e torturata con l’intento di farle denunciare le Dame in modo da colpire la regina stessa. Più politica che religione dunque, ma Anne non si piegherà a nessuna intimidazione e non rivelerà alcun nome di altri protestanti. A quanto risulta dagli archivi fu anche l’unica donna imprigionata nella Torre ad essere torturata, in particolare le fu inflitto il supplizio della Ruota, che affrontò con un coraggio tale da lasciare impressionato il suo torturatore, l’ufficiale Sir Anthony Kingston. Questi a un certo punto decise di interrompere la tortura, ma il Cancelliere lo minacciò dicendogli che avrebbe denunciato la sua condotta al re e iniziò egli stesso a torturarla, fino alla slogatura delle articolazioni.
A quel punto mi misero sulla ruota perché non volevo ammettere che altre dame e gentildonne condividessero le mie opinioni, e mi ci lasciarono per lungo tempo. E dato che stavo ferma e non gridavo, Sua Signoria il Lord Cancelliere e il Dottor Rich si diedero un gran daffare per torturarmi con le loro stesse mani, fino al punto da lasciarmi moribonda. Poi il tenente della Torre mi fece sciogliere dalla ruota. Svenni immediatamente, ma mi rianimarono subito. Dopodiché rimasi due lunghe ore seduta sul pavimento a parlare con Sua Signoria il Lord Cancelliere, che con molte blandizie cercò di persuadermi ad abbandonare le mie opinioni. Ma il mio Signore Iddio (sia lodata la Sua infinita bontà) mi accordò la grazia di perseverare, e così farà (spero) sino alla fine.
Ed in effetti riuscirà a perseverare, la povera Anne, come tanti altri che lungo il lento cammino della storia si sono immolati per delle idee e pur di non rinnegarle hanno affrontato morti atroci. La cosa è veramente intollerabile quando a infliggere tanto dolore sono proprio coloro che si definiscono uomini di Dio. Non è necessario essere seguaci di una qualsiasi religione per rendersi conto di quanto debba essere squallido il campo intellettivo di chi regolamenta la tortura come strumento che possa condurre alla verità. Solo chi possiede una grande frustrazione interiore, che si trasforma sovente in perversione ed è invaso da un evidente sadismo può farne uso, altrimenti è unicamente un segno di immensa stupidità. Eppure la Chiesa se ne è servita per secoli.
Poi il vescovo disse che sarei stata bruciata sul rogo. Risposi che avevo esaminato a fondo le Scritture, ma non avevo trovato da nessuna parte che Cristo o i Suoi Apostoli avessero condannato a morte creatura alcuna.
Ma si può contrastare il delirio di onnipotenza che questi omuncoli hanno sempre desiderato esercitare travestendolo di santità? No di certo, dal momento che sono anche supportati da immancabili schiere di seguaci. Anne Askew fu condannata al rogo il 16 luglio del 1546.
Era signora di tale lignaggio che avrebbe potuto vivere nel lusso e nella prosperità, se soltanto avesse scelto il mondo anziché Cristo; ma a quel punto era talmente debilitata dai tormenti che le avevano inflitto, che non avrebbe potuto sopravvivere a lungo, né potevano i suoi avversari consentire che morisse in segreto. Pertanto, fu fissato il giorno dell’esecuzione, e Anne fu portata a Smithfield su una sedia perché non si reggeva in piedi a causa dei grandi patimenti. Una volta condotta al palo, fu legata alla vita con una catena che le sosteneva il corpo, e quando tutto fu pronto per il rogo giunsero le lettere nelle quali il Re le concedeva la grazia se avesse ritrattato, ma Anne non si degnò neppure di guardarle. Anche Shaxton era presente quel giorno, e per l’occasione fece pubblica abiura delle sue opinioni; con un lungo discorso cercò poi di convincere anche Anne a ritrattare, ma lei resistette imperterrita. Così tormentata in ogni modo, dopo avere affrontato mille patimenti, Anne giunse alfine al termine delle sue lunghe agonie, e in un abbraccio ardente di lingue di fuoco, come un sacrificio benedetto offerto a Dio, si addormentò nel Signore nell’anno 1546, lasciando in eredità a tutti gli uomini un fulgido esempio di perseveranza cristiana.
La storia di Anne Askew ha attirato l’immaginario collettivo, tanto da farla diventare una delle più famose martiri della Riforma inglese. Anne mette in discussione tutte le istituzioni del tempo, sovverte le leggi e le consuetudini, non rispetta quelle norme che sono alla base della società, infatti pur essendo donna non soltanto parla, ma scrive anche, esprimendo apertamente il proprio pensiero. In base all’ordine di Paolo di Tarso, enunciato nella prima epistola ai Corinzi, le donne non potevano parlare in pubblico, figuriamoci scrivere la propria verità. Il racconto dei suoi interrogatori verrà invece pubblicato e questo contribuirà ad accrescerne la notorietà.
Il Cancelliere del Vescovo mi rimproverò e disse che ero da biasimare per aver predicato le Scritture. Giacché San Paolo, disse, ha proibito alle donne di parlare o di commentare la Parola di Dio. Gli ho risposto che conoscevo l’insegnamento di Paolo tanto quanto lui, in I Corinzi 14, dove dice che una donna non deve parlare nella congregazione in qualità di predicatore. E poi gli ho domandato quante donne avesse visto sul pulpito a predicare. Ha risposto che non ne aveva mai vista nessuna, così gli ho detto che non doveva incolpare le povere donne, a meno che non avessero violato la legge.
La capacità di rispondere sempre in modo lucido, razionale e pertinente avrà indispettito non poco tutti quegli uomini santi, pronti a fare giustizia e il fatto che a tenergli testa fosse un essere inferiore, ovvero una donna, sarà stato intollerabile, forse anche per questo Anne dovette subire tormenti che normalmente non venivano inflitti alle dame del suo rango. E fu una martire a tutto tondo questa donna, prima sacrificata dal padre e condannata a sposare un uomo abietto che la caccerà di casa, poi, malgrado il supplizio, capace di mantenere il segreto senza mai rivelare un solo nome, e infine decisa a morire in nome di una fede che in lei non era solo pensiero religioso, ma che si spingeva verso quella forma di libertà di coscienza, rispetto e dignità che prescindono da ogni dottrina e che sono l’unico patrimonio che possa contribuire all’evoluzione di questa triste umanità.
SUA SIGNORIA IL SINDACO. Donna sciocca, vai forse dicendo che i preti non possono fare il corpo di Cristo?
ANNE ASKEW. Precisamente, mio signore; poiché ho letto che Dio fece l’uomo, ma che l’uomo potesse fare Dio non l’ho ancora letto, né credo che lo leggerò mai.
SUA SIGNORIA IL SINDACO. No! Donna sciocca, dopo la formula della consacrazione, non è forse il corpo del Signore?
ANNE ASKEW. No; rimane semplicemente pane consacrato, o pane sacramentale.
SUA SIGNORIA IL SINDACO. E se un topo lo mangia dopo la consacrazione? Che ne sarà del topo? Parla, donna sciocca.
ANNE ASKEW. Che ne sarà del topo secondo voi, mio signore?
SUA SIGNORIA IL SINDACO. Io dico che il topo è dannato.
ANNE ASKEW. Ahimè, povero topo!