Goursaw-heol gouañv gant gouloù loar 'dreus red ar c'houmoul loued
D'an New'amser warlec'h kreisteiz en aour al lanneg
E Beg ar Van goude kuzh-heol 'raog nos, er misioù du
Pa ba' bourc'h Plogoñv da vitin araog dihun an dud
"Ar chass a glewan o harzhal, setu ar soudarded c'hall".
Prest eo ar bobl e penn ar Bed, prest eo hi' wid ar gad diwezañ
'Vo ket 'wid c'hoari 'vel boas, ga'r voger bar c'hein 'vo dic'hrass
Dirag plegmor an Anaon epad nos Kalanna
E chomen mud, torret ma naon, o wel penn Eurasia
Leun oa ma fenn gant hunvreoù Morgan, Isold, Ahes
Gant kleier ilisoù Kêr-Ys ha manati drouizesed
Mallozh, mallozh d'an heñi a gred disakro douar hol lorc'h
Prest eo....
Ba' daoulagad an dud'so krog ba' kerreg du Kernew
Dimezo 'ra a neñv ga'r mor, an eñvor o skedo
E peb sellad pell ar c'hornog 'ma oll furnezh ar Bed
Brasset war ar chadenn-buhez diboa geneliezh mab-den
Mallozh, mallozh d'an heñi a gred disakro douar hol lorc'h
Prest eo....
Ba' daoulagad an dud dre'man e chom ur vadelezh don
Dont'ra deus an tri mil kantved, o beaj hir war an hent
E ped lagad e c'haller lenn ur gounar gozh ha leun
Sevel gorreg 'vel un arme divent 'wid 'r gad diwezañ
"Ar chass a glewan o harzhal, setu ar soudarded c'hall!"
Prest eo....
D'an New'amser warlec'h kreisteiz en aour al lanneg
E Beg ar Van goude kuzh-heol 'raog nos, er misioù du
Pa ba' bourc'h Plogoñv da vitin araog dihun an dud
"Ar chass a glewan o harzhal, setu ar soudarded c'hall".
Prest eo ar bobl e penn ar Bed, prest eo hi' wid ar gad diwezañ
'Vo ket 'wid c'hoari 'vel boas, ga'r voger bar c'hein 'vo dic'hrass
Dirag plegmor an Anaon epad nos Kalanna
E chomen mud, torret ma naon, o wel penn Eurasia
Leun oa ma fenn gant hunvreoù Morgan, Isold, Ahes
Gant kleier ilisoù Kêr-Ys ha manati drouizesed
Mallozh, mallozh d'an heñi a gred disakro douar hol lorc'h
Prest eo....
Ba' daoulagad an dud'so krog ba' kerreg du Kernew
Dimezo 'ra a neñv ga'r mor, an eñvor o skedo
E peb sellad pell ar c'hornog 'ma oll furnezh ar Bed
Brasset war ar chadenn-buhez diboa geneliezh mab-den
Mallozh, mallozh d'an heñi a gred disakro douar hol lorc'h
Prest eo....
Ba' daoulagad an dud dre'man e chom ur vadelezh don
Dont'ra deus an tri mil kantved, o beaj hir war an hent
E ped lagad e c'haller lenn ur gounar gozh ha leun
Sevel gorreg 'vel un arme divent 'wid 'r gad diwezañ
"Ar chass a glewan o harzhal, setu ar soudarded c'hall!"
Prest eo....
Contributed by Flav Kadorvrec'her ha Richard Gwenndour - 2015/12/23 - 23:26
Language: Italian
Traduzione italiana di Flavio Poltronieri
(1984/85 ?)
Con note ampliate di R.V.
(1984/85 ?)
Con note ampliate di R.V.
LA PUNTA DI VAN
Solstizio d'inverno, luce di luna attraverso la corsa grigia delle nubi,
in primavera, pomeriggio nell'oro della landa,
alla Punta di Van [1] subito dopo il crepuscolo nei mesi bui
o nel borgo di Plogoff [2], il mattino prima del risveglio della gente
« Sento i cani abbaiare, ecco i soldati francesi! » [3]
Il popolo dell'estremità del mondo è pronto, è pronto per l'ultimo combattimento,
questo non sarà un gioco come al solito, la schiena al muro, sarà senza pietà
In faccia alla Baia dei Trapassati [4], durante la notte di San Silvestro,
io restavo muto, senza fame, guardando la punta eurasiatica,
la mia testa era piena di sogni di Morgana, Isotta, Ahes [5],
dei carillon della città di Ys [6], del monastero delle sacerdotesse druide
Maledizione, maledizione a colui che osa profanare la terra del nostro orgoglio
È pronto...
Negli occhi del popolo che si aggrappa alle rocce nere di Cornovaglia [7]
si sposano il cielo e il mare, il ricordo vi risplende,
in ogni sguardo all'estremo-occidente si trova tutta la saggezza del mondo
che è cresciuta sulla catena della vita dopo l'apparizione dell'Uomo
Maledizione, maledizione a colui che osa profanare la terra del nostro orgoglio
È pronto...
Negli occhi della gente di qui abita una bontà profonda,
tremila secoli, il loro lungo viaggio, l'hanno elevata,
in ogni occhio si può leggere una collera antica e piena
levarsi lentamente come un esercito immenso per l'ultimo combattimento
« Sento i cani abbaiare, ecco i soldati francesi! »
È pronto...
Solstizio d'inverno, luce di luna attraverso la corsa grigia delle nubi,
in primavera, pomeriggio nell'oro della landa,
alla Punta di Van [1] subito dopo il crepuscolo nei mesi bui
o nel borgo di Plogoff [2], il mattino prima del risveglio della gente
« Sento i cani abbaiare, ecco i soldati francesi! » [3]
Il popolo dell'estremità del mondo è pronto, è pronto per l'ultimo combattimento,
questo non sarà un gioco come al solito, la schiena al muro, sarà senza pietà
In faccia alla Baia dei Trapassati [4], durante la notte di San Silvestro,
io restavo muto, senza fame, guardando la punta eurasiatica,
la mia testa era piena di sogni di Morgana, Isotta, Ahes [5],
dei carillon della città di Ys [6], del monastero delle sacerdotesse druide
Maledizione, maledizione a colui che osa profanare la terra del nostro orgoglio
È pronto...
Negli occhi del popolo che si aggrappa alle rocce nere di Cornovaglia [7]
si sposano il cielo e il mare, il ricordo vi risplende,
in ogni sguardo all'estremo-occidente si trova tutta la saggezza del mondo
che è cresciuta sulla catena della vita dopo l'apparizione dell'Uomo
Maledizione, maledizione a colui che osa profanare la terra del nostro orgoglio
È pronto...
Negli occhi della gente di qui abita una bontà profonda,
tremila secoli, il loro lungo viaggio, l'hanno elevata,
in ogni occhio si può leggere una collera antica e piena
levarsi lentamente come un esercito immenso per l'ultimo combattimento
« Sento i cani abbaiare, ecco i soldati francesi! »
È pronto...
[1] Riguardo al significato di Beg ar Van[n] ci sono due ipotesi : la prima vuole che significhi « Punta della Spuma Marina » (ma man, di cui van è la forma mutata, significa anche « lichene ») ; la seconda, invece, dovrebbe voler dire « Punta del Niente » (mann « niente, zero »). Si propende per la prima ipotesi. Nessun dubbio invece per il nome della Pointe du Raz (in bretone : Beg ar Raz) : in bretone (e in francese) il raz è una forte corrente marina che si insinua negli stretti, e lo stretto in questione è il famoso Raz de Sein, che separa la Punta di Raz dall'isola di Sein. Come curiosità estrema, si sappia che dalla Baia dei Trapassati parte un percorso di sentieri, l' « E5 » lungo circa 3000 km, che arriva fino a Venezia.
[2] Nel testo (ricordiamo che l'ortografia di Alan Stivell in questo testo non corrisponde a quella ufficiale unificata) si usa la forma Plogoñv ; la denominazione ufficiale bretone attuale del borgo è invece Plougon. Per quanto possa sembrare incredibile, nell'antica grafia del bretone si utilizzava -ff, del tutto convenzionalmente, per indicare la nasalizzazione della vocale precedente : da qui Plogoff (grafie antiche anche : Plougonff, Plogonff).
[3] La citazione è un verso da un canto del Barzhaz Breizh, Ar re c'hlas (« I blu, gli azzurri ») [Flavio Poltronieri]
[4] La Baia dei Trapassati (in bretone : Bae an Anaon ; in francese : Baie des Trépassés è interamente compresa tra la Pointe du Raz e la Pointe du Van ed è, probabilmente, uno dei siti più visitati di tutta la Bretagna (il qui presente tentò di farci pure il bagno, rimanendo congelato all'istante e rischiando, appunto, di trapassare). Naturalmente, come per tutta la zona, le leggende fioccano : spiriti di naufraghi, i cadaveri dei marinai trasportati al cimitero di Sein, fantasmi e quant'altro (leggende ovviamente alimentate dai locali, dato che buttarsi in quel mare là dà i brividi e non solo per il gelo). In realtà, pare che il nome originale della baia fosse assai più prosaico : siccome vi si getta un piccolo corso d'acqua, si chiamava Bae an Avon, poi trasformatosi in Bae an Anaon (anaon : « trapassati, anime dei morti »).Tale trasformazione deve avere alimentato assai le leggende, anche se di naufragi in quel non facile braccio di mare ce ne devono essere stati comunque parecchi.
[5] Se Morgana e Isotta dovrebbero essere personaggi arturiani decisamente noti, Ahès lo è senz'altro un po' meno. Dalle leggende non si sa bene se sia una principessa, una fata o una gigantessa ; spesso è confusa con Dahut, la figlia del re Gradlon nella leggenda della città di Ys (v. nota 6). Ahès è comunque, nelle leggende, una indefessa costruttrice di strade ; questa specie di ANAS arturiana ha dato origine ai numerosi « Chemins d'Ahès » che pullulano in Bretagna e pure nello spazio siderale, dato che « Chemin d'Ahès » si chiama pure la Via Lattea, e « Char d'Ahès » è un carretto nella costellazione dell'Orsa Minore. Un'etimologia popolare le ha fatto fondare anche la città di Carhaix (intesa come Kêr Ahez « città di Ahès »). La sua tomba si troverebbe sotto un dolmen a Prat.
[6] Sarebbe qui troppo lungo ripercorrere tutta la leggenda della città di Ys (in bretone : Is o Kêr-Is), l' « Atlantide bretone » inghiottita dal mare (in tutte le mitologie c'è almeno una città che ha fatto tale orrenda fine). Le vicende di San Guénolé, del re Gradlon e della di lui figlia Dahut sono d'altronde abbastanza note ; ma a chi non lo fossero consiglierei di leggersi, in francese, il buon articolo Wikipediano. Is, in bretone, è la forma primitiva di isel « basso » : significa quindi « Città Bassa », o « Città sotto (il mare) ». E' durata a lungo la leggenda paretimologica che legava questo nome a quello di Parigi: secondo alcuni, il nome « Paris » sarebbe stato pure di origine bretone, con il significato di « ugualmente bassa » (par-is). Sulla città di Ys e sulla sua non invidiabile fine è stato scritto di tutto : libri, storie, poemi, sinfonie (famosa quella di Jef Le Penven), canzoni e brani musicali (come la famosa Ys di Alan Stivell, in Renaissance de la Harpe Celtique del 1971, che lo stesso Stivell eseguì anche nel concerto fiorentino al teatro Apollo, il 1° giugno 1981, presentandola in un modo indimenticabile -almeno per me che ero presente : Una....una cansone sulla scittà di Ys...che era...la cità somersa por el mare....y poi...mi italiano es muy pobre...)
[7] Si tratta qui, ovviamente, della Cornovaglia bretone (Kernev o Bro-Gernev). La Cornovaglia britannica si chiama in bretone Kernev-Veur (o Kerneveur), cioè « Grande Cornovaglia » (allo stesso modo come la « Gran Bretagna » è Breizh Veur).
[2] Nel testo (ricordiamo che l'ortografia di Alan Stivell in questo testo non corrisponde a quella ufficiale unificata) si usa la forma Plogoñv ; la denominazione ufficiale bretone attuale del borgo è invece Plougon. Per quanto possa sembrare incredibile, nell'antica grafia del bretone si utilizzava -ff, del tutto convenzionalmente, per indicare la nasalizzazione della vocale precedente : da qui Plogoff (grafie antiche anche : Plougonff, Plogonff).
[3] La citazione è un verso da un canto del Barzhaz Breizh, Ar re c'hlas (« I blu, gli azzurri ») [Flavio Poltronieri]
[4] La Baia dei Trapassati (in bretone : Bae an Anaon ; in francese : Baie des Trépassés è interamente compresa tra la Pointe du Raz e la Pointe du Van ed è, probabilmente, uno dei siti più visitati di tutta la Bretagna (il qui presente tentò di farci pure il bagno, rimanendo congelato all'istante e rischiando, appunto, di trapassare). Naturalmente, come per tutta la zona, le leggende fioccano : spiriti di naufraghi, i cadaveri dei marinai trasportati al cimitero di Sein, fantasmi e quant'altro (leggende ovviamente alimentate dai locali, dato che buttarsi in quel mare là dà i brividi e non solo per il gelo). In realtà, pare che il nome originale della baia fosse assai più prosaico : siccome vi si getta un piccolo corso d'acqua, si chiamava Bae an Avon, poi trasformatosi in Bae an Anaon (anaon : « trapassati, anime dei morti »).Tale trasformazione deve avere alimentato assai le leggende, anche se di naufragi in quel non facile braccio di mare ce ne devono essere stati comunque parecchi.
[5] Se Morgana e Isotta dovrebbero essere personaggi arturiani decisamente noti, Ahès lo è senz'altro un po' meno. Dalle leggende non si sa bene se sia una principessa, una fata o una gigantessa ; spesso è confusa con Dahut, la figlia del re Gradlon nella leggenda della città di Ys (v. nota 6). Ahès è comunque, nelle leggende, una indefessa costruttrice di strade ; questa specie di ANAS arturiana ha dato origine ai numerosi « Chemins d'Ahès » che pullulano in Bretagna e pure nello spazio siderale, dato che « Chemin d'Ahès » si chiama pure la Via Lattea, e « Char d'Ahès » è un carretto nella costellazione dell'Orsa Minore. Un'etimologia popolare le ha fatto fondare anche la città di Carhaix (intesa come Kêr Ahez « città di Ahès »). La sua tomba si troverebbe sotto un dolmen a Prat.
[6] Sarebbe qui troppo lungo ripercorrere tutta la leggenda della città di Ys (in bretone : Is o Kêr-Is), l' « Atlantide bretone » inghiottita dal mare (in tutte le mitologie c'è almeno una città che ha fatto tale orrenda fine). Le vicende di San Guénolé, del re Gradlon e della di lui figlia Dahut sono d'altronde abbastanza note ; ma a chi non lo fossero consiglierei di leggersi, in francese, il buon articolo Wikipediano. Is, in bretone, è la forma primitiva di isel « basso » : significa quindi « Città Bassa », o « Città sotto (il mare) ». E' durata a lungo la leggenda paretimologica che legava questo nome a quello di Parigi: secondo alcuni, il nome « Paris » sarebbe stato pure di origine bretone, con il significato di « ugualmente bassa » (par-is). Sulla città di Ys e sulla sua non invidiabile fine è stato scritto di tutto : libri, storie, poemi, sinfonie (famosa quella di Jef Le Penven), canzoni e brani musicali (come la famosa Ys di Alan Stivell, in Renaissance de la Harpe Celtique del 1971, che lo stesso Stivell eseguì anche nel concerto fiorentino al teatro Apollo, il 1° giugno 1981, presentandola in un modo indimenticabile -almeno per me che ero presente : Una....una cansone sulla scittà di Ys...che era...la cità somersa por el mare....y poi...mi italiano es muy pobre...)
[7] Si tratta qui, ovviamente, della Cornovaglia bretone (Kernev o Bro-Gernev). La Cornovaglia britannica si chiama in bretone Kernev-Veur (o Kerneveur), cioè « Grande Cornovaglia » (allo stesso modo come la « Gran Bretagna » è Breizh Veur).
In margine: come si vede dal bannerino, questa è la cinquantesima canzone in lingua bretone inserita nel sito (la dicitura nel banner significa: "50 canzoni in bretone nelle CCG"). Aumenteranno, parola di "Richard Gwenndour" (il mio cognome "bretonizzato" significa "acqua bianca", anche se con una piccola violenza alla grammatica bretone che non sto a spiegare).
Richard Gwenndour - 2015/12/24 - 22:26
Siccome sono stato (mi pare) beccato sul fianco da Riccardo a causa della mia "scarna nota" introduttiva a Beg ar Van, re aggiungo che il citato canto Ar re c'hlas dal Barzaz Breiz, recita: "....dobbiamo sempre soffrire, uomini di Cornovaglia, sempre soffrire i ladri che opprimono i lavoratori?...." e dovrebbe essere stato scritto da un giovane montanaro incazzatissimo (a leggere l'intero testo) chiamato Guillou Arvern nativo di Kervlézek, vicino a Gourin, che l'allora persecuzione forzò a rinunciare allo stato ecclesiastico e gli fece abbracciare la lotta armata. Costui fu autore di molti altri canti tesi a incoraggiare i suoi compagni e che cantava lui stesso al modo dei vecchi bardi guerrieri bretoni di cui fu imitatore e rappresentante moderno.
Flavio Poltronieri - 2015/12/24 - 23:12
[6]
La leggenda della città di Ys mi fa ricordare per esempio quella della città sommersa che si dovrebbe trovare sui fondali abissali del lago di Bolsena. Non parlando poi di Amalasunta o di Agarthi...
anche qui
e qui
La leggenda della città di Ys mi fa ricordare per esempio quella della città sommersa che si dovrebbe trovare sui fondali abissali del lago di Bolsena. Non parlando poi di Amalasunta o di Agarthi...
anche qui
e qui
Krzysiek - 2015/12/25 - 19:18
Beh, insomma, fondali abissali...secondo mei quei ragazzi di Bolsena esagerano un po'. Il lago di Bolsena ha una profondità massima di 151 metri, a profondità del genere potrei permettermi una città sommersa pure nel canale di Piombino. Insomma, con Ys siamo in Bretagna, di fronte c'è l'Oceano e la cosa mi sembra un pochino più seria... :-)
Riccardo Venturi - 2015/12/25 - 22:08
La leggenda della città sommersa termina così: "Quando Parigi cadrà, la città di Ys risorgerà dal mare". Adesso mentre ascoltavo l'arpa di Stivell, mi sono riaffiorate immagini di Quimper e della sua cattedrale dove sulla guglia centrale proprio in faccia all'orizzonte è posto il re Gradlon: l'erede di questa antichissima stirpe bretone proprio in quello che è un tempio della nuova religione cattolica. La sua presenza significa questa attesa. Anche Vincenzo Zitello ha sempre riproposto questo brano con la sua arpa.
Flavio Poltronieri - 2015/12/27 - 13:49
Certo, alla luce della leggenda Ys/Paris, si capisce ancora meglio come mai il motto di Parigi sia "Fluctuat nec mergitur"...
Riccardo Venturi - 2015/12/27 - 19:04
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Testo / Testenn / Paroles / Lyrics: Alan Stivell
Musica / Sonerezh / Musique / Music: Alan Stivell
Album: Terre des vivants / Bed an dud vew [1981]
La scarna nota di Flavio Poltronieri inserita in un suo commento a Keleier Plogoff degli Storlok fa comunque capire quanto gli avvenimenti di Plogoff (si rimanda alla pagina di Keleier Plogoff per il loro resoconto dettagliato) siano stati rilevanti. Anche Alan Stivell se ne occupò con una canzone, questa Beg ar Van, nel suo album degli inizi del 1981 Terre des vivants / Bed and dud vew. E' anch'essa una canzone incentrata su tali avvenimenti, vale a dire il progetto di costruzione di una centrale nucleare a Plogoff, paese situato accanto alla Pointe du Van (Beg ar Vann in bretone) che, assieme alla Pointe du Raz, racchiude la celebre Baia dei Trapassati (Bae an Anaon in bretone) in riva alla quale si trova il villaggio. La baia dove « si sposano il mare e il cielo e risplende la memoria », come dice Stivell. Si tratta di un testo dove, anche sulla scorta del Barzhaz Breiz di cui cita un verso di una ballata, emerge la collera verso qualcosa avvertita come una violenza (la parola mallozh, « maledizione », è una sorta di leitmotiv nel testo). Nella canzone, la tensione estrema della lotta è affidata a una particolare partitura musicale nella quale intervengono il sax e la chitarra elettrica. Per Erwan Le Tallec si tratta « dell'ultimo grido di un popolo accerchiato da ogni parte, pronto a essere gettato in mare, ultimo grido che si mescola ai gemiti della Baia dei Trapassati e alle campane di Ys mentre viene inghiottita dal mare ; un lungo poema sinfonico lacerante d'angoscia ma animato dall'energia della disperazione ». [RV]
Nota testuale. L'ortografia bretone utilizzata in questo testo non è quella "unificata" oramai fissata da alcuni anni; ne differisce in diversi punti, primo fra tutti quello della stessa punta di Van, che nella grafia ufficiale attuale si scrive Beg ar Vann. Anche il titolo bretone dell'album suonerebbe adesso Bed an dud vev (non vew). Si è qui comunque mantenuta la dizione originale.