- Me ne vado alla guerra,
o Signora mia cara,
e porto dentro al cor una pena amara
ché non vorrìa lassarve.
O che doglia e passion è abandonarve!
- Se volé che mi vegna
alla guerra ben mio [1]
sott'al vostro comando starò io:
deme pur l'arme in mano
che non stimo spagniol né italiano.
- Tolé [2] in man sto moscheto
e corghél [3] de misura
fé ch'un bon palmo sia la corgadura [4].
Giusté va con la mira
e sta forte, e sta salda quand'el tira! [5]
- Sparerò sto moscheto
ma l'è forte e xe grosso:
come farò, ben mio, a portarlo adosso?
La lama e la bacchetta
aiutème anca vu a tegnirla netta!
- Tocia [6] a vu, o Signora
a nettar l'archibuso
e se ben non savé, imparé l'uso
de tegnirlo ben netto,
sempre haver una pezza o fazzoletto.
- Doprerò il fazzoletto
sempre intorno alla canna
e quando è cargo la xe una gran spanna
e nel sparar fa male
perché cargo gni volta con du' pale [7].
- Horsù andemo Signora
che xe brava e valente
ognun se guarda de la mala gente:
andemo cor mio bello
sempre l'arma alla man, l'occhio al pennello!
o Signora mia cara,
e porto dentro al cor una pena amara
ché non vorrìa lassarve.
O che doglia e passion è abandonarve!
- Se volé che mi vegna
alla guerra ben mio [1]
sott'al vostro comando starò io:
deme pur l'arme in mano
che non stimo spagniol né italiano.
- Tolé [2] in man sto moscheto
e corghél [3] de misura
fé ch'un bon palmo sia la corgadura [4].
Giusté va con la mira
e sta forte, e sta salda quand'el tira! [5]
- Sparerò sto moscheto
ma l'è forte e xe grosso:
come farò, ben mio, a portarlo adosso?
La lama e la bacchetta
aiutème anca vu a tegnirla netta!
- Tocia [6] a vu, o Signora
a nettar l'archibuso
e se ben non savé, imparé l'uso
de tegnirlo ben netto,
sempre haver una pezza o fazzoletto.
- Doprerò il fazzoletto
sempre intorno alla canna
e quando è cargo la xe una gran spanna
e nel sparar fa male
perché cargo gni volta con du' pale [7].
- Horsù andemo Signora
che xe brava e valente
ognun se guarda de la mala gente:
andemo cor mio bello
sempre l'arma alla man, l'occhio al pennello!
Contributed by Riccardo Venturi - 2006/12/23 - 14:45
NOTE AL TESTO
[1] "Ben mio": o mio benamato, o mio bene
[2] "Prendete"
[3] "caricàtelo"
[4] la "corgadura" sarebbe la carica dei fucili antichi, con il premistoppa che si infilava nella canna per pigiare la polvere da sparo. Va da sé quale doppio senso nasconda…
[5] Da questo si vede che il verbo "tirare" si usava in "quel certo senso" già nel '600…
[6] "tocca"
[7] "con due palle". Eh.
[1] "Ben mio": o mio benamato, o mio bene
[2] "Prendete"
[3] "caricàtelo"
[4] la "corgadura" sarebbe la carica dei fucili antichi, con il premistoppa che si infilava nella canna per pigiare la polvere da sparo. Va da sé quale doppio senso nasconda…
[5] Da questo si vede che il verbo "tirare" si usava in "quel certo senso" già nel '600…
[6] "tocca"
[7] "con due palle". Eh.
Riccardo Venturi - 2006/12/23 - 14:49
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Testo ripreso da Chi cerca trova di Riccardo Marasco
Edizioni Birba, Firenze, 1977
pp. 108-111
Francesco Gabrielli fu un personaggio del tutto ragguardevole nella cultura popolare del XVII secolo. Poeta e musicista (fu lui che contribuì decisivamente alla diffusione in Europa della "chitarra alla spagnola", l'antesignana della moderna chitarra, ed ha quindi un suo ben preciso posto nella storia della musica). Sapeva suonare, si dice, una quarantina di strumenti con maestria, molti dei quali di sua invenzione; ma predilesse la chitarra battente, imbracciando la quale si fece ritrarre all'età di 45 anni, nel 1633, dal milanese Carlo Biffi.
Francesco Gabrielli fu anche inventore di una maschera della Commedia dell'Arte, Scappino; con questo nome è passato in buona parte alla storia. Gabrielli, pur essendo fiorentino purosangue, intepretava Scappino rigorosamente in dialetto veneto dell'epoca, che lui però chiamava "bergamasco" (ricordiamoci però, come sappiamo bene dai "Promessi Sposi" del Manzoni, che Bergamo faceva allora parte della Serenissima Repubblica di Venezia). La lingua in cui sono composte le canzoni di Scappino è però una sorta di "koiné" veneta propriamente detta e non ha niente a che vedere con il bergamasco vero e proprio.
Tra le canzoni di Scappino più celebri v'è sicuramente questa "Se volé che mi vegna". Quante canzoni moderne contengono (o esplicitano) il famoso slogan "Fate l'amore e non la guerra" (Make love, not war)? Decine. Ma non è certamente uno slogan moderno, e le CCG/AWS sono liete di presentarvi la loro bisavola, direttamente dal '600 italiano. La canzone (che il Gabrielli interpretava sempre accompagnandosi con la chitarra spagnola) sembra basarsi su un tema eterno delle canzoni popolari di ogni paese, quello dell'innamorata che vuole seguire il fidanzato che va alla guerra; ma lo Scappino, qui, ci impianta sopra una serie travolgente e pirotecnica di lievissimi doppi sensi, che la rendono un capolavoro del cosiddetto "genere allusivo" e, aggiungiamo noi, anche un'irresistibile ed implicita canzone contro la guerra. Sembra dirci lo Scappino: Se tutte le guerre fossero come questa, W la guerra e chi la fa! [RV]