Tandis qu’à ses genoux, depuis le jour, sans cesse,
Par une domestique un vieux nègre est fouetté,
Dans son fauteuil d’osier la charmante princesse
Savoure avec délices une tasse de thé.
Elle compte les coups qui meurtrissent l’épaule:
Cinq cent cinquante-huit, cinq cent cinquante-neuf,
Tapez plus fort, bon Dieu! Que votre main est molle!
Plus fort! Le fouet résistera, car il est neuf.
Cinq cent cinquante-trois, cinq cent cinquante-quatre...
A force de taper sur le dos de ce chien,
Vous êtes fatiguée, eh! oui, je comprends bien.
Reposez-vous un peu, c’est moi qui vais le battre.
Regardez bien comment je fais pour qu’il se torde
De plaisir sous les doux baisers de cette corde.
Tiens! tiens! joli négro! N’est-ce pas qu’ils sont doux,
Mes coups?
Où en étais-je donc? Cinq cent quatre-vingt-trois,
Cinq cent quatre-vingt-quatre... Hélas! triste aventure,
Je viens de me tromper, de quatre coups, je crois...
Il faut recommencer la pénible torture.
Ô pauvre petit noir, ô pauvre malheureux,
Je te jure que je regrette
De frapper à nouveau ta belle peau de bête.
Mais il le faut. Allons! un, deux...
Par une domestique un vieux nègre est fouetté,
Dans son fauteuil d’osier la charmante princesse
Savoure avec délices une tasse de thé.
Elle compte les coups qui meurtrissent l’épaule:
Cinq cent cinquante-huit, cinq cent cinquante-neuf,
Tapez plus fort, bon Dieu! Que votre main est molle!
Plus fort! Le fouet résistera, car il est neuf.
Cinq cent cinquante-trois, cinq cent cinquante-quatre...
A force de taper sur le dos de ce chien,
Vous êtes fatiguée, eh! oui, je comprends bien.
Reposez-vous un peu, c’est moi qui vais le battre.
Regardez bien comment je fais pour qu’il se torde
De plaisir sous les doux baisers de cette corde.
Tiens! tiens! joli négro! N’est-ce pas qu’ils sont doux,
Mes coups?
Où en étais-je donc? Cinq cent quatre-vingt-trois,
Cinq cent quatre-vingt-quatre... Hélas! triste aventure,
Je viens de me tromper, de quatre coups, je crois...
Il faut recommencer la pénible torture.
Ô pauvre petit noir, ô pauvre malheureux,
Je te jure que je regrette
De frapper à nouveau ta belle peau de bête.
Mais il le faut. Allons! un, deux...
envoyé par Riccardo Venturi - 12/10/2015 - 19:48
Langue: italien
Traduzione italiana di Riccardo Venturi
12 ottobre 2015
12 ottobre 2015
IL PASSATEMPO
Mentre alle sue ginocchia, da tutto il giorno, senza sosta
Da una domestica un vecchio negro viene frustato,
Nella sua poltrona di vimini l'affascinante principessa
Assapora con goduria una tazza di thè.
Lei conta i colpi che massacrano la spalla:
Cinquecentocinquantotto, cinquecentocinquantanove,
Colpisca più forte, diosanto! Che manina morbida ci ha!
Più forte! La frusta resisterà, visto che è nuova.
Cinquecentocinquantatré, cinquecentocinquantaquattro...
A forza di colpire questo cane sulla schiena
Lei sarà stanca, eh! Certo, lo capisco bene.
Si riposi un po', ci penserò io a frustarlo.
Guardi bene come lo faccio contorcere
Di piacere sotto i dolci baci di questa corda.
Tieni! Tieni, bel negro! Lo senti come son dolci
I miei colpi?
Dov'ero rimasta? Cinquecentoottantatré,
Cinquecentoottantaquattro...Ahimé! ma che disdetta,
Mi sono appena sbagliata, di quattro colpi credo....
Bisogna ricominciare la penosa tortura.
Povero piccolo negro, povero disgraziato,
Ti giuro che mi dispiace
Colpire du nuovo la tua bella pelle di bestia,
Però bisogna. Su, forza! Uno, due...
Mentre alle sue ginocchia, da tutto il giorno, senza sosta
Da una domestica un vecchio negro viene frustato,
Nella sua poltrona di vimini l'affascinante principessa
Assapora con goduria una tazza di thè.
Lei conta i colpi che massacrano la spalla:
Cinquecentocinquantotto, cinquecentocinquantanove,
Colpisca più forte, diosanto! Che manina morbida ci ha!
Più forte! La frusta resisterà, visto che è nuova.
Cinquecentocinquantatré, cinquecentocinquantaquattro...
A forza di colpire questo cane sulla schiena
Lei sarà stanca, eh! Certo, lo capisco bene.
Si riposi un po', ci penserò io a frustarlo.
Guardi bene come lo faccio contorcere
Di piacere sotto i dolci baci di questa corda.
Tieni! Tieni, bel negro! Lo senti come son dolci
I miei colpi?
Dov'ero rimasta? Cinquecentoottantatré,
Cinquecentoottantaquattro...Ahimé! ma che disdetta,
Mi sono appena sbagliata, di quattro colpi credo....
Bisogna ricominciare la penosa tortura.
Povero piccolo negro, povero disgraziato,
Ti giuro che mi dispiace
Colpire du nuovo la tua bella pelle di bestia,
Però bisogna. Su, forza! Uno, due...
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[Inizio anni '40?]
Poesia di Georges Brassens
Dalla raccolta Des coups d'épée dans l'eau
[Début des années '40?]
Poème de Georges Brassens
D'après le recueil Des coups d'épée dans l'eau
Prima delle canzoni
Le Œuvres Complètes, vale a dire l'Opera Omnia, di Georges Brassens sono un fatto editoriale recente. Stabilite, presentate e annotate da Jean-Paul Liégeois e pubblicate dalle edizioni Le Cherche Midi, permettono di avere finalmente a disposizione Georges Brassens come figura letteraria integrale, e tra le principali della letteratura francese del XX secolo. Certamente, nei primi anni '50 il fenomeno Brassens è salito alla ribalta come autore di canzoni; e il Brassens chansonnier ha oscurato senz'altro tutti gli altri Brassens: il poeta senza musica, l'articolista, il romanziere. Il giovane Brassens arrivato a Parigi nel 1939, dopo la disavventura giudiziaria a Sète poi narrata nella canzone Les quatre bacheliers, era, come è noto, senza un soldo ed alla vigilia della guerra e dell'occupazione (“si j'ai connu un temps de chiens, certes / c'est bien le temps de mes vingt ans...”); era un proletario figlio di proletari, per un periodo fece l'operaio alla Renault, sbarcava il lunario a malapena ed è stato, senz'ombra di dubbio e a differenza -ad esempio- degli straborghesi Brel e Ferré, l'unico ad averla assaggiata sul serio, la guerra, con la deportazione in Germania per il servizio di lavoro obbligatorio (il famigerato STO). Molto prima di prendere la chitarra in mano e di cominciare a comporre i primi accordi, Brassens acquistava dei quadernetti e scriveva, scriveva, scriveva. In quei quadernetti del Brassens diciotto o ventenne ci sono già tutti i germi di quel che sarebbe divenuto, così come è possibile scorgerli negli articoli che scriveva, sotto diecimila pseudonimi, per la stampa libertaria; e si tratta di germi non soltanto ideali. Ci sono, ad esempio, le primissime versioni di canzoni poi rielaborate e divenute famosissime (come Pauvre Martin ) e canzoni complete riprese decenni dopo (come Bonhomme). E ci sono poesie che non hanno mai avuto una musica, come ad esempio tutte quelle che trovarono posto nel quaderno (datato 1942) intitolato Des coups d'épée dans l'eau, redatto a mano, a mo' di libriccino con tanto di prefazione, con la calligrafia un po' infantile che Brassens mantenne per tutta la vita. Da tale quadernetto viene ripresa questa poesia, che non ha mai trovato una musica, nemmeno da parte di un postumo qualsiasi. Ma, mi chiedo, è forse proprio necessario che tutto quel che Brassens ha scritto debba per forza avere una musica? Sarà meno Brassens perché le parole non sono accompagnate dalle sette note? A giudicare da questa poesia scritta da un ragazzo di provincia di diciotto o vent'anni, parrebbe proprio di no, dato che già c'è tutto Brassens dentro; e, se si vuole, un Brassens senz'altro già impegnato a colpire spietatamente ipocrisie e violenze, falsità e perbenismi, vessazioni e autoritarismi. Passe-temps è, inoltre, un piccolo capolavoro di humour nero che non sarebbe certo spiaciuto, che so io, a un Ambrose Bierce o a un Alphonse Allais. La nobile dama che dà il cambio alla domestica nel frustare a ripetizione un vecchio negro è, ancora, una poesia antirazzista di prim'ordine. Importa dunque che non ci sia una musica? Va da sé che niente delle poesie giovanili di Brassens sia stato mai tradotto in italiano: difficile anche reperirle nelle pur tante raccolte brassensiane pubblicate in mezzo mondo (io l'ho reperita da questo dossier de presse dell'Opera Omnia di Liégeois, in formato .pdf). [RV]