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La chanson du chanvre

Louise Michel
Lingua: Francese


Louise Michel

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Dall’autobiografia “Mémoires de Louise Michel, écrits par elle-même”, capitolo XV, pubblicata nel 1886



“[…] Les douleurs des paysans sont plus sombres encore que les nôtres ; sans cesse penchés sur la terre marâtre, ils n’en tirent que le superflu du maître, et moins que nous ils ont les consolations de la pensée.
À toi, paysan, cette chanson de colère ; qu’elle germe dans tes sillons ; c’est un souvenir de notre temps de lutte:”
Le printemps rit dans les branches vertes,
Au fond des bois gazouillent les nids ;
Tout vit, chantant les ailes ouvertes,
Tous les oiseaux couvent leurs petits.
Le peuple, lui, n’a ni sou ni mailles,
Pas un abri, pas un sou vaillant ;
La faim, le froid rongent ses entrailles.
Sème ton chanvre, paysan ! Sème ton chanvre, paysan !

Il ferait bon, si Jacques Misère
Pouvait aimer, de s’en aller deux !
Mais loin de nous amour et lumière !
Ils ne sont pas pour les malheureux !
Ne laissons pas de veuve aux supplices,
Ne laissons pas de fils aux tyrans,
Nous ne voulons point être complices.
Semez le chanvre, paysans ! Semez le chanvre, paysans !

Forge, bâtis chaînes, forteresses.
Donne bien tout, comme les troupeaux,
Sueur et sang, travail et détresses.
L’usine monte au rang des châteaux.
Jacques, vois-tu, la nuit sous les porches,
Comme en un songe au vol flamboyant,
Rouges, errer, les lueurs des torches.
Sème ton chanvre, paysan ! Sème ton chanvre, paysan !

inviata da Bernart Bartleby - 14/5/2015 - 12:58



Lingua: Italiano

traduzione Flavio Poltronieri

La scrittrice figlia di un castellano e della sua cameriera che amò i Comunardi a Parigi come i Canachi durante la deportazione in Nuova Caledonia. La rivoluzionaria che chiese ai giudici di condividere la sorte di Theophile Ferrer e degli altri suoi compagni della Comune, fucilati al campo di Satory: “Dato che ogni cuore che batte per la libertà pare abbia diritto solamente a un po’ di piombo, reclamo anch’io la mia parte. Prendete la mia vita, se mi lascerete vivere, esorterò incessantemente alla vendetta dei miei fratelli da voi assassinati”. La femminista che non capiva perché “esistesse un sesso per il quale atrofizzare l’intelligenza, quasi che nella razza umana ce ne fosse in abbondanza”. L’anarchica che non poteva immaginare quando poetava nell’orrore del bagno penale “vieni come una salvatrice, nave leggera, issa lo schiavo a bordo” che nel Mediterraneo dall’anno 2020 si materializzasse anche una nave umanitaria che porta proprio il suo nome. Trentuno metri di speranza con una boa di sicurezza rosa a forma di cuore che ha preso il posto dopo più di trent’anni dell’ex motovedetta francese Suroît, riadattata per soccorrere migranti. Le sarebbe di certo piaciuto.
La primavera ride tra i rami verdi
In fondo ai boschi cinguettano i nidi
Tutto vive, cantano ad ali aperte
Tutti gli uccelli covano i loro piccoli
Il popolo, lui, non ha il becco di un quattrino
Non un rifugio, non il becco di un centesimo
La fame, il freddo gli rosicchiano le viscere
Semina la tua canapa, contadino! Semina la tua canapa, contadino!

Sarebbe bello, se Jacques Misère
Potesse amare e andarsene via in due
Ma lontano da noi
Amore e luce non sono per i disgraziati
Non lasciamo vedove al supplizio
Non lasciamo figli ai tiranni
Non vogliamo proprio esser complici
Seminate la canapa, contadini! Seminate la canapa, contadini!

Forgia, costruisce catene, fortezze
Dona tutto il bene, come le mandrie
Sudore e sangue, lavoro e angoscia
La fabbrica sale al rango di castello
Jacques, vedi, di notte sotto i portici
Come in un sogno dal volo scintillante
Errare rossi, i chiarori delle torce
Semina la tua canapa, contadino! Semina la tua canapa, contadino!

inviata da Flavio Poltronieri - 19/1/2022 - 16:54




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