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La ballata di Piero dei fossi

Pino Bertelli
Langue: italien


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Testo di Pino Bertelli
Musica di Massimo Panicucci

piciampi


In questa lunga ballata dell'anarchico Pino Bertelli si parla di Piero Ciampi, di Livorno e di parecchie altre cose. Per il resto si veda il CCG blog. [RV]


MI RICORDO SÌ, MI RICORDO DI PIERO CIAMPI
di Pino Bertelli

È a Livorno che ho conosciuto Piero Ciampi. Era la fine degli anni ‘60, forse. Una notte, di quelle calde. Uscivo con alcuni amici anarchici da una riunione in quella palazzina tra gli alberi. Ci avevano fatto compagnia Bakunin, Camilo Torres e i sigari toscani di Erne sto “Che” Guevara. Marx lo avevamo chiuso in uno stanzino insieme a Berlinguer e Togliatti, con le scope e una catasta di bottiglie vuote... si parlava di uno sciopero, di quelli grandi... o di una manifestazione contro la guerra (degli americani) nel Vietnam, di quelle grandi... che di lì a pochi giorni dovevano incendiare l’immaginario popolare... e le nostre bandiere di rosso e di nero vestite proprio non ci stavano male là dove imperava il ribellismo. Ciampi l’ho incontrato così: a notte tarda uscimmo dalla palazzina tra gli alberi e ciascuno andò a vedere le proprie stelle. Il vento di maestrale e una “signora della strada” che sembrava Mamma Roma (Anna Magnani), con le labbra rosse come fragole e uno sguardo di quelli che ti fanno venire un fuoco dappertutto... mi portarono nella Venezia.

Pino Bertelli.
Pino Bertelli.
Mamma Roma mi attaccò al muro. Con forza. Anzi era una porta di legno fradicia di mare. Si spogliò quasi tutta e mi baciò là dove gli angeli distendono le ali... dopo poco mi fece vedere la luna nei fossi o forse era solo un lampione e sporcai di “miele degli dèi” la camicia usata di lino bianco che avevo rubato qualche ora prima al mercato americano. Avevo pochi soldi e così gli regalai il coltellino svizzero che portavo sempre con me. Poi mi pagò una birra. Lì vicino, attaccato al muro c’era un uomo che barcollava, aveva in mano una bottiglia di vino cattivo. Lo invitai a sedersi con noi. Gli offrii una birra con i soldi di quella signora con gli zoccoli di sughero... compresi quasi subito che era Piero Ciampi. Avevo visto una sua fotografia da qualche parte, conoscevo alcune sue canzoni (Fino all’ultimo minuto, Hai lasciato il tuo sorriso, Lungo treno del sud...) e glielo dissi. Sorrise. Si alzò di scatto e mi portò con sé, sotto il ponte di marmo, alla Venezia. Per la strada non parlammo di nulla. Anzi lui gridava in un androne, lì davanti a un portone: “puttana, troia, sei stata il veleno della mia vita... puttana, troia...”. Nessuno si affacciò da quel portone e forse non era nemmeno un’abitazione ma un magazzino. Mi guardava dritto negli occhi e ripeteva “è tutto una merda...”. Era magro, esile, dinoccolato, si reggeva male in piedi, si pisciò addosso e anche un po’ sui miei sandali francescani di cuoio buono... lo lasciai lì, solo, tra reti, funi e un pezzo di barca che sapevano di scirocco, insieme a un cane rognoso che gli asciugava le lacrime o gli leccava il vino sul muso. Non l’ho rivisto mai più. Le sue canzoni mi commuovono ancora.

Quella notte la luna era davvero straniera e vigliacca. Quando la realtà è più feroce della fantasia, si canta la fantasia. Noi che desideriamo senza fine la fine dei sogni, vediamo in Piero Ciampi un poeta dell’esistenza dissipata che non era solo disperazione e pianto ma anche resurrezione e amore. E l’esistenza non ha patria perché l’uomo autentico è straniero a se stesso. È l’amore che aiuta a procedere dal fondo ordinario della vita e fra i tanti che dipingono, scrivono, fotografano o filmano per dimenticare, noi, con l’insolenza ereticale che ci è solita, vogliamo lavorare per ricordare. Solo i bambini con la pioggia sulla faccia, l’amour fou e le lacrime d’incenso (strette nei pugni in tasca) dei cacciatori di sogni conoscono il presentimento della felicità e il deliro della grandezza... la gioia in terra non è prevista nell’architettura di ogni Creazione. Frammento di un discorso amoroso: “Dove ti mostri tenero, là individui il tuo plurale” (Roland Barthes). Il diritto alla tenerezza si cela nell’acquisizione di emozioni che si trascolorano in linguaggio e segno di una ricchezza aurorale delle differenze spezzettate nelle prossime primavere di autenticità, condivisione, aiuto reciproco dell’uomo/della donna... questa alterità della libertà dell’Altro come esodo da Sé e comunione di cammini condivisi, non è che la bellezza di tutto quanto vive nella poetica egualitaria dei valori politici a venire. Quand’anche i nostri sorrisi si estendessero alle estremità della terra, se non abbiamo l’amore a sostenere i nostri desideri di armonia tra le genti di ogni fede, ideologia e differenza della pelle... non saremo niente. È la diversità dell’utopia amorosa che muove il destino degli uomini.
a Piero Ciampi,
anarchico di Livorno, che ha cantato l’amore, la libertà e l’anarchia come nessuno mai


I

Piero dei fossi
Livorno popolare e corsara ti piange
e il vino caldo dei vecchi marinai
ti porta sulle banchine di Venezia Nuova

i cenciaioli, i solitari e i poeti
i ladri, le puttane e i diversi
gli spiriti gentili e forti dei “quasi adatti”
delle speranze in fiore ancora ti amano

Piero dei fossi
angelo triste, inquieto e rabbioso
che canti le storie di chi non ha voce
degli esclusi, degli ultimi, delle anime in croce
il respiro dei tuoi passi s’invola
sopra cielo del porto e le bombe del ‘43
e in quelle osterie che sanno di sigaro
e di pesce azzurro gettato nel fuoco

Piero dei fossi
che hai amato le bocche rosse in amore
e quelle calze nere con la riga storta
e i tacchi a spillo del Mercato Americano

l’amicizia stregata dei bagni nudi sotto la luna
le baldorie agli Scali Olandesi, ai Bottini dell’Olio
e le corse sulle spiagge d’inverno a vedere le navi ubriache
di luci, di blues e di schiavi in catene

Piero dei fossi
è lì che è stata abolita la tortura e la pena di morte
è lì che ogni esule o errante ha il suo cimitero di rose
e ogni eretico evangelico la sua isola incantata che c’è

lì dove anche i lebbrosi hanno avuto un padre
lì dove ogni uomo trovava un tetto di rosse speranze
quando le barricate erano di carretti, tavoli e letti
e le donne giocavano a nascondino nel bosco coi soldati

Piero dei fossi
che giocavi con le carte al “ciuco” con i palombari
e i Quattro Mori nelle cabine svergognate dei Pancaldi
quando l’Amerigo Vespucci portava nella stiva

le mani tagliate di Victor Jara legate a un granello di sabbia
e l’asma libertaria di Ernesto “Che” Guevara, e un cantore
dei diseredati diceva che dai diamanti non nasce nulla
e dal letame nascono i fiori degli umiliati e degli offesi
Piero dei fossi
il vedere in trasparenza dei tuoi marrani di luce
lasciava all’ultimo rifugio dei tiranni di un’epoca in armi
il linguaggio dimenticato dei compagni di strada

a tutti quelli che sono morti per una buona novella
che hanno conosciuto la galera e l’emarginazione
in cambio di un’esistenza più giusta e più umana
dove ciascuno è re perché nessuno è servo

Piero dei fossi
ci hai insegnato che non basta guardare insieme
nella stessa direzione, occorre abolire le differenze
e costruire una spiritualità dell’ascolto e del gesto

il nostro raccoglimento e il nostro rispetto ti è dedicato
e negli occhi spalancati nella notte che addolcisce le cose
hai fatto della rovina di una cultura senza amore
i migliori anni della nostra vita

II

Piero dei fossi
la tua musica ebrea, francese o africana
scivolava sulle fragole al rhum e baci alla neve
e nei muri gialli o nei marroni caldi di matti incompresi

nelle tue canzoni c’è il cuore in volo dei ribelli
e le marchette dei ragazzi di vita alla stazione
e le ostriche, il baccalà, il cacciucco e la fame dell’oceano
che porta le balene ad arenarsi in bocca di fiume

Piero dei fossi
ti perdevi nell’odore di petrolio del cinema deserto
insieme ai segreti dei bambini con in testa i pidocchi
e attendevi dietro il faro il giungere obliquo della sera

là dove le principesse della notte bluette
sono ragazzi di borgo, di cantine, di marciapiede
che ballano la Violetera con un prete operaio
tra la sabbia di Tirrenia e il “ponce” di terre lontane

Piero dei fossi
è della felicità di una società senza santi né eroi
che resta memoria in ciò che hai scritto, sognato
e disperso nell’innocenze intere di uomini e donne

conoscevi senza sapere ciò che è dato agli esseri speciali
ma conoscevi anche l’oblio del dolore e piangevi da solo
tra i mercanti di caffè e i barbari coi baffi di cartone
che scendevano dalle bianche vele d’ogni-dove

Piero dei fossi
nelle cornamuse disperate del tuo nobile sorriso
nei tuoi silenzi strappati nelle piogge d’estate
hai colto l’attimo dei franchi tiratori

hai lasciato ai cospiratori dell’uguaglianza
la ricchezza viva di qualcosa di grande e di bello
che già esisteva nei vagabondi dell’arcobaleno
e nella fraternità senza steccati dei poveri del mondo

Piero dei fossi
mai l’alba è così vicina come quando la notte si scioglie
negli abbracci degli amanti o nel diritto di avere diritti
dove i cammini s’incrociano senza mai confondersi

è a partire dall’accoglienza e dall’ospitalità
che ciascuno diviene segno, ponte, campo di grano
dove anche ciò che si dimentica ritorna e cancella
il riflesso che ognuno dà allo spettacolo di sé

Piero dei fossi
dicevi di tanta gente che ogni giorno muore
senza conoscere l’amore e disperdevi nel tempo
quell’infelicità meravigliosa e straniera a se stessa

come l’acqua selvaggia che ha più eternità della pietra
che scivola sulle grate di ferro-ruggine dei Domenicani
o nelle stanzette silenziose, quasi vuote del Paradisino
dove le maestre hanno la voce e le carezze delle fate

III

Piero dei fossi
là sotto il ponte di marmo, tra remi, ancore e funi
i cani randagi che ti leccavano il sangue dal muso
sono lì accucciati in quell’angolo tra reti e catene

ma te sei andato incontro all’aurora dei poeti
senza spada né bandiere, a conoscere il soffio
della vita con le ali, che vende l’anima al diavolo
tra i pagliacci di Mascagni e le bande partigiane

Piero dei fossi
gridavi insieme ai barboni di via Grande
e al pazzo di Rodez che - “vivere è superare se stessi” -
è il desiderio che si spinge fin dove la passione s’incendia

la tua fame di bellezza l’hai lasciata sulla tavola dei giusti
e se gli oppressi del pianeta azzurro si rendessero conto
che ci sono uomini e donne che respirano le stelle
ci sarebbe la ribellione della gioia nelle strade

Piero dei fossi
gli artisti veri sono esistiti solo nei chiostri
e sono loro che hanno regalato a chiunque
la fantasia di qualcosa di magico e profetico

il cuore non ha bisogno d’imparare per crescere
e i bambini non hanno bisogno di fiabe per essere felici
Tutti i grandi sono stati bambini, almeno una volta,
ma pochi di loro se lo ricordano -, diceva il Piccolo Principe

Piero dei fossi
avevi addosso l’odore del genio senza confini
avventuriero dell’anima e disertore di scuole
ballavi in braccio al dolore e allo stupore di esistere

anche le frustate di amori vissuti o sfioriti
le portavi impresse come marchi sulla pelle
la tua follia era un atto di suprema creatività
e lasciavi morire gli stupidi in pace

Piero dei fossi
sei stato povero in tutto ma non di dignità
hai cantato di un mare in mezzo alle terre
e le vie lattee degli incontri nomadi

hai aperto una strada attraverso il deserto delle idee
c’è un tempo per il silenzio e un tempo per le parole
e il canto che dà il nome alla terra cantata
continua ad esistere nell’immaginario dei popoli

Piero dei fossi
nella tua città di sale anche l’ultimo dei Mohicani
racconta le tue utopie di amicizia, di libertà e d’amore
e là dove il giorno mangia il tramonto e nasce il vento

la fiamma della candela danza con le lucciole di maggio
e l’immaginazione scende nelle strade con la poesia
dove l’eguale a te che è nell’altro dei tuoi sogni estremi
è divenuto il giardino incantato dei sogni di tanti...

Piero dei fossi
ridevi delle donnine nude dei calendarietti profumati dei barbieri,
sapevi che l’oblio del cuore riunisce i dissimili
distrugge le forme, i vecchi valori e modifica i luoghi

...portiamo gigli di campo e baci al profumo di mirto
agli angeli caduti della nostra malinconia blue
perché le vere, le sole utopie amorose che abbiamo conosciuto
sono quelle che abbiamo perduto, che non perderemo mai più…

envoyé par Riccardo Venturi - 13/5/2015 - 12:51




Langue: anglais

Full English translation by Riccardo Venturi
May 14-19, 2015
Traduzione inglese integrale di Riccardo Venturi
14-19 maggio 2015


Piero Ciampi, 1934-1980.
Piero Ciampi, 1934-1980.


This long ballad by the anarchist Pino Bertelli tells about Piero Ciampi, Livorno and several other things.


Dear English-speaking reader. You are not supposed to know Piero Ciampi, his life, his poems, his songs and his wine. Should any of his songs one day be translated into English, you'd probably discover and/or think he was sort of poète maudit, but this wouldn't be fully correct; there's one article on him in the Italian Wikipedia, and one -God only knows why- in Polish. But the only thing one could reasonably say is that he was Piero Ciampi, and that's all. So, before some of his songs are finally translated, perhaps you won't object to some kind of presentation. In my opinion, the following, long ballad by Pino Bertelli is Piero Ciampi's best presentation ever written in any form, much better than any well-documented biography. I don't like biographies and I think they should be invented as we are the inventors of our own life. As a matter of fact, much of what you're going to read in this ballad is invented, and absolutely true at the same time. Piero Ciampi required to be called a poet on his identity card, and a poet's truth is something that always slips through uncommon light holes. That's exactly what another poet tells us in his musical poem. Piero Ciampi was born in Livorno, or Leghorn according to its traditional English name that lingers in a hen race. As much of the song is set in Livorno, [[|some notes]] are necessary to fully understand the meaning of what is said; but you must be aware that Livorno also acts as a character in this story. The Fossi are the sea channels running through Livorno downtown; Piero Ciampi is called here "Piero of the Fossi" not only because he was from Livorno, but also because he often fell drunken thereinto. [RV]

Livorno: the Fossi.
Livorno: the Fossi.
THE BALLAD OF PIERO OF THE FOSSI

to Piero Ciampi,
an Anarchist of Livorno who sang love, freedom , and Anarchy as nobody ever did


I

Piero of the Fossi, all the workers
and pirates of Livorno grieve over you
and the warm wine of the old sailormen
takes you to the quays of Venezia Nuova [[|1]]

The ragpickers, the loners and the poets,
the thieves, the whores and the outcasts
the misfits with their gentle and strong spirit
and with their blossoming hopes still love you

Piero of the Fossi
you sad, unquiet and angry angel
who sing the stories of those, who have no voice,
of the outcasts, the liminal figures, the restless souls,
your steps, like breath, are now soaring in the sky
over the harbour and the 1943 air bombings [[|2]]
getting then into those taverns smelling of cigar smoke
and of sardines put to cook onto the fire

Piero of the Fossi
you who loved the red mouths in love
and the black stockings twisted aside
and the stiletto heels of the American Market [[|3]]

the enchanted friendship of swimming naked in the moonlight
the good time at the Scali Olandesi [[|4]], at Bottini dell'Olio [[|5]]
and running in winter to the beaches to see the ships drunken
with lamplights, with blues and slaves in chains

Piero of the Fossi
it was there, where torture and death penalty were abolished
it's there, where all refugees or vagrants have their rose-planted churchyard
and all gospel-blessed heretics their magic Everland [[|6]]

there, where the lepers, too, could have a father
there, where everyone could stay under a roof of red hopes
when the barricades were made of barrows, tables and beds
and the women played hide-and-seek in the woods with the soldiers

Piero of the Fossi
you who played old maid [[|7]] with the divers
and with the Four Moors [[|8]] in the shameless huts at Pancaldi's [[|9]]
when the Amerigo Vespucci [[|10]] sailed carrying in its hold
Víctor Jara's cutoff hands tied to a grain of sand
and Ernesto Che Guevara's libertarian asthma, when one
who sang about outcasts said that nothing comes up from diamonds
while it's from dung that the flowers
of the humiliated and the insulted spring up [[|11]]
Piero of the Fossi
the transparent vision of your renegades shining with light
kept for the last shelter from tyrants, in a war struck time,
the forgotten language of the wayfellows

for all those who died for a gospel [[|12]]
for all those who knew jail and alienation
instead of a righter and more human life
where everyone is a king and nobody is a slave

Piero of the Fossi
you taught us looking together, in the same direction,
isn't enough, we need doing away with differences
and building the spirituality of listening and gesture

we offer you our deepest respect
and in the wide open eyes of the night that makes things sweeter
you turned the ruin of a loveless culture
into the best years of your life.


II

Piero of the Fossi
your Jewish, French or African music
glided on rum strawberries and snow-cold kisses,
and into misunderstood lunatics' walls painted in yellow or warm brown

there's the flying heart of the rebels in your songs
and the boys selling themselves near the station [[|13]]
and oysters, stockfish, cacciucco [[|14]] and the oceanic hunger
that drives the whales to strand at river's mouth

Piero of the Fossi
you used to get lost in oil smelling, empty cinemas
listening to the secrets of a bunch of lice-ridden children
while you waited behind the lighthouse for the sidelong evening to come

there, where the princesses of the cornflower blue night
are street urchins from slums and wine taverns
dancing the Violetera [[|15]] with a worker priest
between the sandshore of Tirrenia [[|16]] and the coffee-punch [[|17]] of faraway lands

Piero of the Fossi
the memory of a society without saints or heroes
is all that lingers in what you have written and dreamed,
spread in men's and women's fully-lived innocence

you knew by istinct what is given to special people
but you also knew how to forget pain, you cried alone
among the coffee-mongers and the cardboard-moustached barbarians
docking down off white-sailed ships from Everywhere

Piero of the Fossi
in the wailing bagpipes of your noble smile
in your torn silence, in summer rain
you seized the moment like a sniper

you gave the conspirators of equality
the living richness of something great and beautiful
already existing in the rainbow vagrants
and in the unfenced fraternity of the world's poor

Piero of the Fossi
dawn is never so near like when night dissolves
in the lovers' embrace or in the right to have rights
where the ways cross but never mix


a warm welcome and hospitality are the first things
by which you become a sign, a bridge, a cornfield
where what you forgot, too, comes back and wipes out
the meaning you give to the show of your self

Piero of the Fossi
you used to say many die every day
you didn't know love and scattered in time
that wonderful, self-strained unhappiness

like the wild water, more eternal than stone,
running down the rusty iron gratings of Domenicani [[|18]]
or into the silent, almost empty small rooms of Paradisino [[|19]]
where the teachers talk and caress sweetly like fairies

III

Piero of the Fossi
there, under the marble bridge, among oars, anchors and ropes
the stray dogs who licked the blood away from your muzzle
lie curled up in that corner among fishing nets and chains

but you went to meet the dawn of poets
without swords or flags, you learned the winged
breath of the life selling its soul to the devil
among Mascagni's clowns [[|20]] and the partisan bands

Piero of the Fossi
you shouted together with the tramps of via Grande [[|21]]
and with Rodez, that madman [[|22]], that “living is getting over one's self”,
it's a desire that pushes as far as passion catches fire

you left your hunger for beauty on the table of the righteous
and should the oppressed of the blue planet be aware
that there are men and women who breathe the stars
there would be a joyful revolt in the streets

Piero of the Fossi,
there have been true artists only in the cloisters
it's them who have freely given anyone of us
a magic and prophetic sense of fantasy

the heart needn't learning to grow up
and the children need no fairy tales to be happy
all adults have at least once been children,
but few of them remember it -quoth the Petit Prince [[|23]]

Piero of the Fossi
with your scent of boundless genius,
a soul adventurer, a school deserter, you danced
in the arms of sorrow, feeling amazed by life

your skin was marked even with the strokes
of long past or withered love
your madness was an act of supreme creativeness
and you let fools die in peace

Piero of the Fossi
you were poor in everything but dignity
you sang about seas encircled with dry lands
and the people you met rambling on the milky ways

you opened a way through the desert of ideas
there's a time for silence and a time for words
and the song the earth we sing is named after
lives on in the peoples' imagination

Piero of the Fossi
in your salt-scaled town, even the last of the Mohicans
tells your utopias of friendship, freedom and love
there, where the daylight swallows the sunset and wind was born

the candle flame dances with may fireflies
imagination joins poetry and they go in the streets
where the equal you dream about in your extreme dreams
has become an enchanted garden in the dreams of so many...

Piero of the Fossi
the nude women on the barber's shop scented calendars made you laugh
and you knew the heart's oblivion puts together what is different,
destroys the forms and the old values, and changes the places.

...so let's bring wild lilies and myrtle-scented kisses
to the fallen angels of our blue melancholy
because the only true love utopias that we have learnt
are the ones we lost, and that we'll never lose again.

18/5/2015 - 22:58




Langue: français

Version française – LA BALLADE DE PIERO DES FOSSI – Marco Valdo M.I. – 2015
Chanson italienne – La ballata di Piero dei fossi – Pino Bertelli -
Texte de Pino Bertelli
Musique de Massimo Panicucci

Livourne: Les Fossi (quartier Venezia Nuova)
Livourne: Les Fossi (quartier Venezia Nuova)


Dans cette longue ballade de l'anarchiste Pino Bertelli, on parle de Piero Ciampi, de Livourne et de beaucoup d'autres choses. Pour le reste voir le CCG blog. [RV]
à Piero Ciampi,
anarchiste de Livourne, qui a chanté l'amour, la liberté et l'anarchie comme jamais personne


LA BALLADE DE PIERO DES FOSSI

I

Piero des Fossi
La Livourne populaire et corsaire te pleure
Et le vin chaud des vieux matelots
Te mène sur les quais de Venezia Nuova.

Les chiffonniers, les solitaires et les poètes,
Les voleurs, les putains et les différents,
Les esprits gentils et forts des « presque adaptés »
Aux espoirs en fleurs t'aiment encore.

Piero des Fossi
Ange triste, inquiet et rageur
Qui chante les histoires de celui qui n'a pas de voix,
Des exclus, des derniers, des âmes en croix,
Le souffle de tes pas s'enfuit
Par-dessus le ciel du port et des bombes de 43
Jusque dans ces tavernes qui sentent le cigare
Et le poisson bleu jeté sur le feu.

Piero des Fossi
Toi qui aimais les bouches rouges en amour
Et ces bas noirs avec leur couture tordue
Et les talons aiguilles du Marché Américain.

L'amitié ensorcelée des bains nus sous la lune
Les fêtes aux Scali Olandesi, aux Bottini dell’Olio
Et les courses sur les plages l'hiver pour voir les bateaux ivres
De lumières, de blues et d'esclaves enchaînés.

Piero des Fossi
C'est là qu'ont été abolies la torture et la peine de mort ;
C'est là que chaque exilé ou errant a son cimetière de roses
Et chaque hérétique évangélique son île enchantée.

Là où même les lépreux ont eu un père ;
Là où chaque homme trouvait un toit de rouges espoirs
Quand les barricades étaient faites de charrettes, de tables et de lits
Et les femmes jouaient à cache-cache dans le bois avec les soldats.

Piero des Fossi
Toi qui jouais aux cartes au « ciuco » avec les scaphandriers
Et les Quatre Mori dans les cabines dévergondées des Pancaldi
Quand l'Amerigo Vespucci emportait dans ses cales
Les mains coupées de Victor Jara liées à un grain de sable
Et l'asthme libertaire d'Ernesto « Che » Guevara, et un chanteur
Des déshérités disait qu'il ne naît rien des diamants
Et que du fumier naissent les fleurs des humiliés et des offensés
Piero des Fossi
La vision en transparence de tes marranes de lumière
Laissait au dernier refuge des tyrans d'une époque en armes
Le langage oublié des camarades de rue

À tous ceux qui sont morts pour une bonne nouvelle,
Qui ont connu la prison et la mise au ban
En échange d'une existence plus juste et plus humaine
Où chacun est roi car personne n'est esclave.

Piero des Fossi
Tu nous as enseigné qu'il ne suffit pas de regarder ensemble
Dans la même direction, il faut aussi abolir les différences
Et construire une spiritualité de l'écoute et du geste

Notre recueillement et notre respect te sont dédiés
Et dans les yeux grand ouverts dans la nuit qui adoucit les choses
Tu as fait de la ruine d'une culture sans amour
Les meilleures années de notre vie

II

Piero des Fossi
Ta musique juive, française ou africaine
Glissait sur les fraises au rhum et les baisers à la neige
Sur les murs jaunes ou dans les marrons chauds de fous incompris

Il y a le cœur volant des rebelles dans tes chansons,
Les prostituées, les mauvais garçons à la station
Et les huîtres, la morue séchée, le cacciucco et la faim de l'océan
Qui amène les baleines à s'enliser à la bouche du fleuve

Piero des Fossi
Tu te perdais dans l'odeur de pétrole du cinéma désert
Avec les secrets des enfants avec des poux sur la tête
Et tu attendais derrière le fanal la tombée oblique du soir.

Là où les princesses de la nuit bleue
Sont des garçons de bourg, de caves, de trottoir
Qui dansent la Violetera avec un prêtre ouvrier
Entre le sable de Tirrenia et le « ponce » de terres lointaines.

Piero des Fossi
C'est le bonheur d'une société sans saints ni héros
Qui reste en mémoire dans ce que tu as écrit, rêvé
Et répandu dans les innocences des hommes et des femmes.

Tu connaissais sans savoir ce qui est donné aux êtres spéciaux
Tu connaissais aussi l'oubli de la douleur et tu pleurais tout seul
Parmi les marchands de café et les barbares aux moustaches de carton
Qui descendaient des blancs voiliers de partout.

Piero des Fossi
Dans les cornemuses désespérées de ton noble sourire,
Dans tes silences déchirés des pluies d'été,
Tu as recueilli l'instant des francs-tireurs.

Tu as donné aux conspirateurs de l'égalité
La richesse vive de quelque chose de grand et de beau
Qui déjà existait chez les vagabonds de l'arc-en-ciel
Et dans la fraternité sans barrières des pauvres du monde.

Piero des Fossi
Jamais l'aube n'est si proche que lorsque la nuit se dénoue
Dans les bras des amants ou dans le droit d'avoir des droits
Où les chemins se croisent sans jamais se confondre.

C'est à partir de l'accueil et de l'hospitalité
Que chacun devient signe, pont, champ de blé,
Là où même ce qu'on oublie revient et efface
Le reflet que chacun donne au spectacle de soi.

Piero des Fossi
Tu parlais de tant de gens qui chaque jour meurent
Sans connaître l'amour et tu distillais dans le temps
Ce malheur merveilleux et étranger à soi-même

Comme l'eau sauvage plus éternelle que la pierre
Qui coule sur les grilles de fer-rouillé des Dominicains
Ou dans les chambrettes silencieuses, presque vides du Paradisino
Où les maîtres ont la voix et les caresses des fées.

III

Piero des Fossi
là sous le pont de marbre, parmi des rames, des ancres et des cordages
Les chiens errants qui te léchaient le sang du museau
Sont là couchés dans ce coin entre les filets et les chaînes

Tu es allé à la rencontre à l'aube des poètes
Sans épée ni drapeau, pour connaître le souffle
De la vie avec les ailes, qui vend l'âme au diable
Entre les clowns de Mascagni et les bandes partisanes.

Piero des Fossi
Tu criais avec les clochards de la rue Grande
Et le fou de Rodez que- « vivre est se surpasser soi-même » -
C'est le désir qu'on pousse jusqu'où la passion s'enflamme

Ta faim de beauté, tu l'as laissée sur la table des justes
Et si les opprimés de la planète bleue se rendaient compte
Qu'il y a des hommes et des femmes qui respirent les étoiles,
Il y aurait la rébellion de la joie dans les rues.

Piero des Fossi
Les vrais artistes ont existé seulement dans les cloîtres
Et ce sont eux qui ont offert à chacun
L'imagination du magique et du prophétique

Le cœur n'a pas besoin d'apprendre pour grandir
Et les enfants n'ont pas besoin de contes pour être heureux.
Tous les grands ont été des enfants, au moins une fois,
Mais peu d'entre eux s'en souviennent -, disait le Petit Prince.

Piero des Fossi
Tu avais sur toi l'odeur du génie sans frontières.
Aventurier de l'âme et déserteur d'écoles,
Tu dansais aux bras de la douleur et de la stupeur d'exister

Même les coups de fouet d'amours vécues ou défleuries,
Tu les portais imprimés comme des marques sur ta peau.
Ta folie était un acte de suprême créativité
Et tu laissais mourir les stupides en paix.

Piero des Fossi
Tu as été pauvre en tout mais pas en dignité.
Tu as chanté une mer au milieu des terres
Et les voies lactées des rencontres nomades.

Tu as ouvert une route à travers le désert des idées.
Il y a un temps pour un silence et temps pour les mots
et le chant qui donne le nom à la terre chantée
Continue d'exister dans l'imaginaire des peuples

Piero des Fossi
Dans ta ville de sel même le dernier des Mohicans
Raconte tes utopies d'amitié, de liberté et d'amour
Et là où le jour mange le crépuscule et naît le vent,

La flamme de la bougie danse avec les lucioles de mai
Et l'imagination descend dans les rues avec la poésie
Où ton égal qui est dans l'autre de tes rêves extrêmes
Est devenu le jardin enchanté des rêves de beaucoup…

Piero des Fossi
Tu riais des dames nues des calendriers parfumés des coiffeurs,
Tu savais que l'oubli du cœur réunit les dissemblables
Détruit les formes, les vieilles valeurs et modifie les lieux

… portons des lis des champs et des baisers au parfum de myrte
Aux anges tombés de notre mélancolie bleue
Car les vraies, les seules utopies amoureuses que nous avons connues
Sont celles que nous avons perdues, que nous ne perdrons jamais plus…

envoyé par Marco Valdo M.I. - 20/5/2015 - 22:20


Merci, Marco Valdo. Merci bien.

Riccardo Venturi - 21/5/2015 - 16:04




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