A Gisuzzu lu pigghiaru
lu spugghiaru e l’ attaccaru
ccu sei mila vastunati
li so carni sfracillati.
Re di jocu fu ‘n crunatu
ccu na canna sbrivugnatu
chi duluri ‘n testa prova?!
Foru spini comu chiova.
A la morti è cunnannatu
comu ‘n latru scilliratu
e la cruci ‘ncoddu porta
nuddu c’è ca lu cunforta.
lu spugghiaru e l’ attaccaru
ccu sei mila vastunati
li so carni sfracillati.
Re di jocu fu ‘n crunatu
ccu na canna sbrivugnatu
chi duluri ‘n testa prova?!
Foru spini comu chiova.
A la morti è cunnannatu
comu ‘n latru scilliratu
e la cruci ‘ncoddu porta
nuddu c’è ca lu cunforta.
envoyé par Bernart Bartleby - 10/4/2015 - 09:38
Mi permetto qui di accostare la passione di Gesù Cristo a quella di Dietrich Bonhoeffer, teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al nazismo, che proprio 70 anni fa, il 9 aprile 1945, fu trucidato nel campo di concentramento di Flossenbürg. Oggi si sa esattamente come morì, e non fu come finora ci è stato raccontato:
“Esattamente 70 anni fa, all'alba del 9 aprile 1945, completamente nudo, veniva giustiziato nel lager nazista di Flossenbürg il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer che scontava così la sua partecipazione alla Resistenza. Nel 1955 il medico del lager H. Fischer-Hüllstrung rilasciò una testimonianza, da allora ripetutamente citata, secondo cui il condannato prima di svestirsi si era raccolto in preghiera: «La preghiera così devota e fiduciosa di quell'uomo straordinariamente simpatico mi ha scosso profondamente; anche al luogo del supplizio egli fece una breve preghiera, quindi salì coraggioso e rassegnato la scala del patibolo, la morte giunse dopo pochi secondi».
Il medico concludeva: «Nella mia attività medica di quasi cinquant'anni non ho mai visto un uomo morire con tanta fiducia in Dio». Oggi sappiamo che queste belle parole edificanti sono una menzogna. Con esse il medico intendeva in realtà coprire la propria responsabilità, visto che il suo compito, come testimoniato da un sopravvissuto del lager, Jørgen Mogensen, diplomatico danese, era di rianimare i condannati per sottoporli al supplizio una seconda volta e prolungarne l'agonia. Inoltre secondo Mogensen a Flossenbürg non vi era alcun patibolo e Bonhoeffer morì come l'ammiraglio Canaris e il generale Oster, suoi superiori nelle fila della resistenza, «lentamente strangolati a morte da una corda che saliva e scendeva a partire da un gancio di ferro conficcato in una parete» e rianimati più volte dal medico per ripetere sadicamente la procedura. Bonhoeffer quindi non fu impiccato bensì ripetutamente strangolato, e non morì dopo pochi secondi. Quanto alla «tanta fiducia in Dio», è bello sperarlo. […]” (Vito Mancuso, “Così fu ucciso Bonhoeffer. Teologo devoto a Dio e al mondo”, da La Repubblica del 9 aprile 2015)
“Esattamente 70 anni fa, all'alba del 9 aprile 1945, completamente nudo, veniva giustiziato nel lager nazista di Flossenbürg il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer che scontava così la sua partecipazione alla Resistenza. Nel 1955 il medico del lager H. Fischer-Hüllstrung rilasciò una testimonianza, da allora ripetutamente citata, secondo cui il condannato prima di svestirsi si era raccolto in preghiera: «La preghiera così devota e fiduciosa di quell'uomo straordinariamente simpatico mi ha scosso profondamente; anche al luogo del supplizio egli fece una breve preghiera, quindi salì coraggioso e rassegnato la scala del patibolo, la morte giunse dopo pochi secondi».
Il medico concludeva: «Nella mia attività medica di quasi cinquant'anni non ho mai visto un uomo morire con tanta fiducia in Dio». Oggi sappiamo che queste belle parole edificanti sono una menzogna. Con esse il medico intendeva in realtà coprire la propria responsabilità, visto che il suo compito, come testimoniato da un sopravvissuto del lager, Jørgen Mogensen, diplomatico danese, era di rianimare i condannati per sottoporli al supplizio una seconda volta e prolungarne l'agonia. Inoltre secondo Mogensen a Flossenbürg non vi era alcun patibolo e Bonhoeffer morì come l'ammiraglio Canaris e il generale Oster, suoi superiori nelle fila della resistenza, «lentamente strangolati a morte da una corda che saliva e scendeva a partire da un gancio di ferro conficcato in una parete» e rianimati più volte dal medico per ripetere sadicamente la procedura. Bonhoeffer quindi non fu impiccato bensì ripetutamente strangolato, e non morì dopo pochi secondi. Quanto alla «tanta fiducia in Dio», è bello sperarlo. […]” (Vito Mancuso, “Così fu ucciso Bonhoeffer. Teologo devoto a Dio e al mondo”, da La Repubblica del 9 aprile 2015)
Bernart Bartleby - 10/4/2015 - 09:39
GIORGIOOO!!!
Ma che fine hai fatto?!?
Turna cu nuàutri!!!
(secondo appello)
Ma che fine hai fatto?!?
Turna cu nuàutri!!!
(secondo appello)
Bernart Bartleby - 10/4/2015 - 11:22
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Nel disco di Carlo Muratori intitolato “Pesah. I canti e le musiche della Settimana Santa in Sicilia” (1999)
Lo propongo perché penso che i canti sull’assassinio del Cristo – ma solo quelli popolari e apocrifi come questo - andrebbero tutti inseriti nelle CCG, nei percorsi sulle vittime della repressione e sulla pena di morte, omicidio legalizzato perpetrato dai potenti.
Questo, in particolare, mi ha commosso per quel “Gisuzzu” così intimo, confidenziale, pieno d’amore, e per la suprema sintesi che, in sole tre strofe, l’anonimo autore è riuscito a fare del calvario di Gesù Cristo torturato a morte.