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Langue: grec moderne


Mikis Theodorakis / Mίκης Θεοδωράκης

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(Maria Farandouri / Mαρία Φαραντούρη)


[1969]
Arkadía X [dekáti]
theodypografi
Στίχοι: Μίκις Θεοδωράκης
Μουσική: Μίκης Θεοδωράκης
Πρώτη εκτέλεση: Μαρία Φαραντούρη (Μόνο “Είχα τρεις ζωές”)
LP: Σε “Ελλάδα, Άσματα - Peregrina – 50131” (1998)
“Ονομάζομαι Κώστας Στεργίου” είναι ανέκδοτη.

Testo di Mikis Theodorakis
Musica di Mikis Theodorakis
Prima esecuzione: Maria Farandouri (Solo “Είχα τρεις ζωές”)
LP: in “Ελλάδα, Άσματα - Peregrina – 50131” (1998)
“Ονομάζομαι Κώστας Στεργίου” è inedita.

Zatouna, 1969. Mikis Theodorakis passeggia per le strade del villaggio guardato a vista da due poliziotti.
Zatouna, 1969. Mikis Theodorakis passeggia per le strade del villaggio guardato a vista da due poliziotti.


Le “Arcadie” di Mikis Theodorakis, scritte interamente durante il suo duro confino nel villaggio di Zatouna, appunto sulle montagne dell'Arcadia, sono ufficialmente otto. Quelle raccolte e pubblicate su dischi (e poi CD) appositi, su testi dello stesso Theodorakis e di altri poeti. Ce ne sono, però, altre tre rimaste in parte inedite, e in parte incise tempo dopo. Debbo la loro conoscenza a un caso del tutto fortuito; un vecchio volume contenente il “Diario del carcere” di Theodorakis, tradotto dal francese (”Journal de résistance”) e pubblicato dagli Editori Riuniti nel 1972, trovato sugli scaffali dell' “Informacarcere”, una speciale sezione della Biblioteca Comunale dell'Isolotto gestita autonomamente da una cooperativa di ex detenuti di Sollicciano. Il volume contiene praticamente tutti i testi delle “Arcadie”, presenti esclusivamente nella traduzione (questa direttamente dal greco) di un celebre grecista italiano: Nicola Crocetti (nato a Patrasso nel 1940). Se per questa “Arcadia X” è stato abbastanza agevole reperire i testi originali, non così è stato per gli altri testi.

Le due poesie/canzoni dell'Arcadia X, musicate entrambe dall'autore, appartengono all'ultimo periodo del confino arcadico di Theodorakis, vale a dire la fine di settembre del 1969. Per la prima di esse, “Mi chiamo Kostas Stergiu”, esiste una data precisa: il 22 settembre 1969. Poco dopo, Theodorakis sarà prelevato da Zatouna e rinchiuso nel campo di concentramento di Oropos. Il giorno prima, il 21 settembre, la famiglia di Theodorakis (la moglie Myrto e i due figli) era stata autorizzata dalle autorità a lasciare Zatouna e a tornare a Atene; e così lo stesso Theodorakis, nel Diario del carcere, racconta l'episodio, vero e proprio esempio paradigmatico della protervia e della stupidità del potere più subalterno (pagine 274-276, che trascrivo integralmente):

”Finalmente mia moglie e i miei figli sono autorizzati a partire. È il 21 settembre, ultima passeggiata con Myrto. Ci viene permesso di andare fino alla cappella di Santa Eleussa, all'ingresso del villaggio. Sotto buona scorta, si capisce. Desideriamo rivedere un'altra volta insieme quel paesaggio, sederci sulla panchina di pietra dietro la cappella. Di là si domina il villaggio e la piccola pineta. Quante ore abbiamo passato lì! Per rispetto, le guardie si allontanano di qualche metro. Al ritorno, bevute di addio al caffè. Arriva un sottufficiale in motocicletta.

Il tenente Kostas Stergiu ha ordinato che vostra moglie e i vostri figli siano perquisiti domattina alle nove in gendarmeria.

Sono furibondo. Il sottufficiale si impaurisce. Lo vedo ripartire. Farò un rapporto al tenente Stergiu. Il quale poi ordinerà che la perquisizione avvenga in casa.
Passiamo la notte a nascondere tutto con la maggior cura possibile. I ragazzi dormono profondamente. Io non riesco a scacciare dalla mente il pensiero che domani sarò solo, proprio solo.
La mattina dopo, il villaggio è circondato, la casa isolata, la guardia rafforzata. Una jeep si ferma sulla piazza. Scende un ufficiale, che viene con passo trionfale verso la nostra casa. Per evitare una reazione violenta da parte nostra, do a mia moglie una forte dose di Valium. Ne prendo un po' anch'io. Le dico: 'Coraggio. Forse ti metteranno in prigione. Dobbiamo dar prova, tutti e due, di pazienza.' Mi rinchiudo in cucina. Passano le ore. La perquisizione non finisce mai. Sento delle grida. Poi silenzio. Mi domino più che posso. So d'essere capace di mettere a posto in quattro e quattr'otto quell'ignobile ufficiale che sta perquisendo mia moglie con l'aiuto di un paio dei suoi. Mi basterebbe saltargli al collo e prima che gli altri avessero il tempo di intervenire...Ma perché? Alla fine, chi pagherebbe? Mi rimane una soluzione più elegante: ucciderlo nel suo onore, fare in modo che domani il suo nome sia svergognato, che la gente gli sputi in faccia quando passa per la strada. Prendo un fazzoletto di carta e scrivo per distrarmi. La porta si apre.

- Proibito salutare la vostra famiglia! - Mi grida con voce nasale l'ufficiale dei gendarmi. Myrto in lacrime mi saluta da lontano. I ragazzi riescono a scappare da una finestra ma le guardie li riprendono, li afferrano e li mettono sulla macchina. Esco sul balcone. Sento che tutto il villaggio ha compassione di noi. La macchina sta per partire. Non posso trattenere un grido, che è come unn lamento:

- Myrto!

Fisso intensamente l'ufficiale, che non osa sostenere il mio sguardo. Volta i tacchi e si allontana. Forse ha visto nei miei occhi la voglia di ucciderlo. I gendarmi abbassano lo sguardo. Dopo questa separazione, la mattina esco senza la guardia consueta. Nessuno osa opporsi. La vergogna li paralizza. Vado al caffè Peris, mi ubriaco di ouzo. Quando torno a casa mi lascio cadere sul divano e sprofondo nel sonno. Quando mi sveglio, mi metto al pianoforte e compongo la canzone “Mi chiamo Kostas Stergiu”. Dico alle guardie di salire ad ascoltarla. Via via che la canto, vedo i loro volti rischiararsi. Ora tutti, nel villaggio, gendarmi compresi, odiano e disprezzano il tenente Kostas Stergiu.”


La storia racconta che Theodorakis eseguì personalmente per la prima volta questa canzone in pubblico in un concerto a Menidi, all'inizio del 1975, pochi mesi dopo la caduta della dittatura fascista. Per sua stessa decisione, essa non fu mai incisa su disco e non se ne hanno registrazioni. Ma si sa in che modo raggiunse il suo scopo: secondo la testimonianza del padre di Theodorakis, il tenente Kostas Stergiu era presente tra gli spettatori a un concerto di Mikis a Elefsina nello stesso 1975, e scappò via in preda al terrore e alla vergogna non appena sentì la canzone a lui “dedicata”. Anche in seguito a questo, Theodorakis decise di non pubblicarla mai. La vendetta era stata consumata, considerando anche il fatto che, pochi giorni dopo l'episodio di Zatouna, fu lo stesso tenente Kostas Stergiu ad annunciare a Theodorakis il trasferimento nel campo di Oropos, sottoposto a regime penitenziario.

Diverso il destino di Είχα τρεις ζωές, la seconda delle canzoni che compongono questa decima “Arcadia” di Theodorakis. Ispirata con tutta probabilità dal medesimo episodio, ma non contenente alcun nome, la canzone ha finito per essere incisa (molti anni dopo, nel 1998) dalla principale interprete theodoraciana, Maria Farandouri. La traduzione italiana non si trova nel “Diario del carcere”, e ho dovuto quindi provvedere di persona. [RV]
Μίκη Θεοδωράκη

ΑΡΚΑΔΙΑ X

Στίχοι Μίκη Θεοδωράκη
- Ζάτουνα 1969


1. Ονομάζομαι Κώστας Στεργίου
22 Σεπτεμβρίου 1969


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Ονομάζομαι Κώστας Στεργίου
προέρχομαι από τους Βησιγότθους,
Οστρογότθους, Μαυρογότθους.
Κατοικώ σε σπήλαια
λαξεύω ρόπαλα
πίνω νερό σε κρανία.
Επάγγελμά μου ο θάνατος.
Όμως προσωρινώς υπηρετώ
το μεγάλο Δράκο
που με έχει αποσπάσει στην Αρκαδία.
Πάνω απ’ το δέρμα μου
φορώ στολή
στους ώμους έχω αστέρια,
κρύβω το ρόπαλο επιμελώς
μέσα στη χλαίνη.
Ονομάζομαι Κώστας Στεργίου
προέρχομαι από τους Μαμελούκους
Μαυρολούκους, Σουσουλούκους
είμαι διασταύρωση Νεάντερνταλ και λύκου.
Όμως σήμερα, προσωρινώς,
κυκλοφορώ με τζιπ,
τρομοκρατώ παιδιά και γυναίκες.
Έχω ειδικότητα στο ψάξιμο
ψάχνω ψυχές παιδιών
και σταλάζω το φόβο
επιβάλλω το Νόμο
το Νόμο του μεγάλου Δράκου
που μ’ έχει αποσπάσει προσωρινώς
στην Αρκαδία.

2. Είχα τρεις ζωές


Είχα τρεις ζωές. Τη μια την πήρε ο άνεμος,
την άλλη οι βροχές κι η τρίτη μου ζωή
κλεισμένη σε δυο βλέμματα πνίγηκε μες στο δάκρυ.

Έμεινα μόνος χωρίς ζωή, χωρίς ζωές,
τη μια την πήρε ο άνεμος την άλλη οι βροχές.
Έμεινα μόνος, εγώ κι ο Δράκος στη μεγάλη σπηλιά.

Κρατώ ρομφαία, κρατώ σπαθί.
Εγώ θα σε πνίξω, εγώ θα σε σκοτώσω,
εγώ θα σε σβήσω, εγώ θα σε τινάξω πάνω απ’ τη ζωή μου.

Γιατί έχω τρεις ζωές.
Η μια για να πονάει,
η άλλη για να θέλει,
κι η τρίτη για να νικά.

envoyé par Riccardo Venturi - Ελληνικό Τμήμα των ΑΠΤ - 17/11/2014 - 10:20



Langue: italien

Le traduzioni italiane.
(Si vedano alcune brevi note)

1. Traduzione di Nicola Crocetti, da: Mikis Theodorakis, Diario del carcere, Editori Riuniti, Roma, 1972, pp. 276-277.
Nicola Crocetti e Yannis Ritsos.
Nicola Crocetti e Yannis Ritsos.


2. Traduzione di Riccardo Venturi, 17 novembre 2014.
Για τον ΤΠΤ
Mikis Theodorakis

ΑRCADIA X

Versi di Mikis Theodorakis
- Zatouna 1969


zatmik


1. Mi chiamo Kostas Stergiu


Mi chiamo Kostas Stergiu
discendo dai Visigoti
dagli Ostrogoti, dai Mavrogoti. 1
Dimoro nelle caverne
intaglio clave
bevo l'acqua nei cranî.
La morte è il mio mestiere.
Ma temporaneamente
sono al servizio del gran Drago
che mi ha spedito in Arcadia.
Sopra la pelle indosso
una divisa. Sulle spalline due stelle.
Nascondo con cura la mia clava
sotto il mantello.
Mi chiamo Kostas Stergiu
discendo dai Mammalucchi
dai Mavrolucchi, dai Sussulucchi. 2
Sono un incrocio
tra l'uomo di Neanderthal e un lupo.
Ma temporaneamente
vado in giro a bordo di una jeep
terrorizzando donne e bambini.
Perquisire è la mia specialità
perquisisco le anime dei bambini
istillando la paura,
impongo il rispetto della legge
la legge del gran Drago
che provvisoriamente mi ha spedito
in Arcadia.

2. Avevo tre vite


Avevo tre vite. Una l'ha presa il vento,
l'altra le piogge. La mia terza vita,
racchiusa tra due sguardi 3, è annegata nel pianto.

Sono rimasto solo, senza vita, senza vite,
una l'ha presa il vento, l'altra le piogge.
Sono rimasto solo, io e il Drago, nella grande caverna.

Tengo una spada, tengo una sciabola.
Ti strozzerò. Ti ammazzerò.
Ti spegnerò, ti scaglierò via dalla mia vita.

Perché ho tre vite.
Una per soffrire,
l'altra per volere
e la terza per vincere.

envoyé par Riccardo Venturi - Ελληνικό Τμήμα των ΑΠΤ - 17/11/2014 - 12:43


NOTE alle traduzioni

[1] E' necessario tenere presente che cosa significhi, per un greco, essere accomunato ai barbari; probabilmente non esiste offesa più mortale. I Visigoti e gli Ostrogoti sono stati barbari “reali”, ma, per rincarare la dose, Theodorakis aggiunge “ad usum” del tenente Kostas Stergiu (cognome che , ironia del destino, proviene dalla radice di un antico verbo, στέργω, che significa “amare, voler bene”) anche i Mavrogoti, alla lettera i “Goti Neri”. Un barbaro fascista, insomma.

[2] Proseguendo, dopo i Barbari il tenente Stergiu viene accomunato ai turchi; altra “cosina” squisitamente greca nell'ottica distruttiva di questa canzone. Ma i “Mammalucchi” (o Mammelucchi), dall'arabo mamlūq, si adattano al tenente anche per un'altra cosa. Si trattava di un “corpo di élite” dell'esercito turco-egiziano del XIII secolo, formato interamente da schiavi ai quali veniva promessa la libertà in cambio del loro servizio militare. Alla lettera il nome significa “uomini comprati”. Theodorakis non sta dando al tenente Stergiu soltanto di idiota, ma di schiavo comprato. Seguono i “Mavrolucchi” nella stessa ottica dei “Mavrogoti”, e in più i “Sussulucchi”, forse per una specie di onomatopea dispregiativa (un “Lucco qualsiasi”, verrebbe da dire).

[3] Il termine βλέμμα significa “sguardo, occhiata”; è una delle numerose e antichissime radici del “vedere”, che si ritrova in βλέπω “io vedo” e nel classico βλέφαρ “palpebra”. Ma, nell'Europa medievale, veniva chiamato blemma un essere mostruoso, abitatore delle misteriose terre del Prete Gianni, privo di testa ma che aveva la faccia (occhi, naso e bocca) incorporata nel torace.

Un Blemma, dalla Cosmographia Universalis di Sebastian Münster (1544)
Un Blemma, dalla Cosmographia Universalis di Sebastian Münster (1544)


Come dire: è possibile che Theodorakis intendesse anche che la sua vita era racchiusa tra due mostri, tipo le guardie che lo accompagnavano costantemente come muoveva un passo.

Riccardo Venturi - Ελληνικό Τμήμα των ΑΠΤ - 17/11/2014 - 13:26




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