Buonasera, mi presento:
sono Pietro il petroliere,
io trivello l’oro nero
e smaltisco le lamiere.
Nel rispetto dell’ambiente,
riduciamo le parole,
ché proteste e spiegazioni,
beh, ci inquinano le mole.
Cittadini fortunati,
io ho deciso di investire
nella terra di voi altri,
che non vale un fico secco.
Cittadini disperati,
ma se non venivo io,
chi vi dava l’occasione
di un lavoro… tutto mio?
Ci saranno, tra non molto,
tanti posti e un buon raccolto.
Io vi faccio lavorare
e mangerete oro e pane.
Vi sognate, contadini,
quello che sto proponendo,
non pensateci più volte,
il petrolio sta fiorendo!
Non credete a tutti quelli
che vi dicono «monelli!
le trivelle porteranno
ai terremoti e agli sciacalli!»
Non credetegli nemmeno
quando fanno «moriremo!»,
ho già pronto un altro piano
per l’amante del terreno…
Sempre cara a me mi fu
quella pala fin lassù,
che si muove con il vento,
più costosa del bambù.
Cittadini, ci credete?
L’energia pulita, vedete!
Lo ripeto, è un’occasione,
quasi come una pensione!
Per esempio, tu là dietro,
contadino in fallimento,
dimmi un po’, quanto guadagni
con quel poco di frumento?
Io ti offro un bell’affitto
e ti pago a cento a cento.
Entrerai nel parco eolico,
e pianteremo i pali al vento.
Il cemento arriverà
fin laggiù e ci resterà.
Con un po’ di spazzatura
è un’azione duratura.
Come avete ben capito,
cittadini radioattivi,
io potrei anche risolvere
i rifiuti dei cattivi.
Buonasera, mi presento:
sono Pietro il petroliere,
io trivello l’oro nero
e smaltisco le lamiere.
Nel rispetto dell’ambiente,
riduciamo le parole,
ché proteste e spiegazioni,
beh, ci inquinano le mole.
sono Pietro il petroliere,
io trivello l’oro nero
e smaltisco le lamiere.
Nel rispetto dell’ambiente,
riduciamo le parole,
ché proteste e spiegazioni,
beh, ci inquinano le mole.
Cittadini fortunati,
io ho deciso di investire
nella terra di voi altri,
che non vale un fico secco.
Cittadini disperati,
ma se non venivo io,
chi vi dava l’occasione
di un lavoro… tutto mio?
Ci saranno, tra non molto,
tanti posti e un buon raccolto.
Io vi faccio lavorare
e mangerete oro e pane.
Vi sognate, contadini,
quello che sto proponendo,
non pensateci più volte,
il petrolio sta fiorendo!
Non credete a tutti quelli
che vi dicono «monelli!
le trivelle porteranno
ai terremoti e agli sciacalli!»
Non credetegli nemmeno
quando fanno «moriremo!»,
ho già pronto un altro piano
per l’amante del terreno…
Sempre cara a me mi fu
quella pala fin lassù,
che si muove con il vento,
più costosa del bambù.
Cittadini, ci credete?
L’energia pulita, vedete!
Lo ripeto, è un’occasione,
quasi come una pensione!
Per esempio, tu là dietro,
contadino in fallimento,
dimmi un po’, quanto guadagni
con quel poco di frumento?
Io ti offro un bell’affitto
e ti pago a cento a cento.
Entrerai nel parco eolico,
e pianteremo i pali al vento.
Il cemento arriverà
fin laggiù e ci resterà.
Con un po’ di spazzatura
è un’azione duratura.
Come avete ben capito,
cittadini radioattivi,
io potrei anche risolvere
i rifiuti dei cattivi.
Buonasera, mi presento:
sono Pietro il petroliere,
io trivello l’oro nero
e smaltisco le lamiere.
Nel rispetto dell’ambiente,
riduciamo le parole,
ché proteste e spiegazioni,
beh, ci inquinano le mole.
Contributed by Donquijote82 - 2014/11/5 - 10:52
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Filomena D’Andrea (testo e musica): voce, chitarra classica
Enzo Perna: chitarra elettrica
Virginio Tenore: percussioni
Antonio Petitto: missaggio
Illustrazioni di Giovanni Spiniello
Antonio ‘Centerbe’ Iandolo: montaggio
Ideato da L'albero Vagabondo
I polmoni verdi e i serbatoi idrici della Campania e del meridione sono minacciati da progetti di ricerca petrolifera in varie fasi di avanzamento: Irpinia e Sannio con i progetti Nusco, Santa Croce, Pietra Spaccata e Case Capozzi, il Vallo di Diano con il progetto Monte Cavallo, respinto per mancanze procedurali. Ancora una volta, invece di proporre un modello di sviluppo sostenibile che rilanci turismo e agricoltura, si pensa di sacrificare le risorse ambientali e i paesaggi del sud per pochi barili di petrolio e senza ricadute economiche per il territorio, come dimostra l’esempio della Val d’Agri in Basilicata, ultima in tutte le classifiche economiche e terra di emigrazione giovanile per eccellenza.
Non sono bastate la gestione dissennata del ciclo dei rifiuti, la mancanza di pianificazione e tutela delle sorgenti e del deflusso minimo vitale dei fiumi, la proliferazione selvaggia dell’eolico, l’industrializzazione post sisma e l’attuale fuga delle aziende, il fenomeno diffuso dello sversamento illecito di sostanze tossiche nelle discariche abusive.
Scelte politiche ed economiche che sono espressione della mancanza di consapevolezza ecologica, dell’assenza di senso di appartenenza ai luoghi, della distanza, sociale e culturale, percepita in primis dagli abitanti rispetto ai beni comuni ambientali e all’uso delle risorse del proprio territorio.
Se queste scelte sono possibili è anche a causa dell’assenza di un ruolo critico, propositivo, di una cultura, sia essa popolare o alta, che nelle sue declinazioni espressive manca di esercitare una funzione sociale. L’arte è tramite, spunto, riflessione, stimolo, occasione di incontro e scambio, non ha la funzione di abbellire, ritrarre, mimetizzare, nascondere, ma può svelare, mostrare, ricordare, può svolgere, appunto, una funzione sociale, essere strumento collettivo di denuncia, spazio di costruzione comunitaria.
Ed è in questo spazio che si sono incontrati i Makardìa – con la loro canzone “Pietro il petroliere”, illustrata da Giovanni Spiniello – e l’Associazione culturale Albero Vagabondo per lanciare un appello.
“Pietro il petroliere”, con i denti di catrame, è un manifesto, una maschera, un antico burattino che fa promesse che tornano indietro, regala sogni di ricchezza, baratta lavoro con salute, terra e acqua con il petrolio. E’ una favola amara, parla delle aree interne del meridione in prima linea, dove la terra e l’acqua vengono svendute per far posto al petrolio, all’eolico, alle discariche. Rimangono solo i cantastorie che vanno in piazza a parlare ai bambini e ai più grandi, per ricordargli il profumo del vento, i colori delle colline, il rumore della terra, perché senza memoria, senza storia, non c’è più popolo e gli si può rubare il futuro.