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Hommage à Rémi Fraisse

Daniel Mermet
Langue: français


Daniel Mermet

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[2014]

Texte de Daniel Mermet en hommage à Rémi Fraisse pour les 20 ans des Les Ogres de Barback


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30 ottobre 2014
REMI, UNO DI NOI.
Si chiamava Remi. Uno studente di Tolosa colpito a morte da una granata assordante durante una notte di assedio al cantiere per la diga di Sivens.
La polizia francese le chiama armi non letali. Ma fanno male. Tanti sono stati feriti, Remi invece è morto. Un omicidio di Stato.
Aveva 21 anni. Non lo conoscevamo, ma era uno di noi. Uno dei tanti che hanno scelto di mettersi di mezzo, di lottare contro l’imposizione di un’opera inutile e costosa. Contro la distruzione di una zona umida, per un’agricoltura misurata sulla qualità, non sul peso, per una vita libera dalla feroce logica del profitto.
La piccola dimensione, l’autogestione dei territori e delle proprie vite, un’idea di relazioni sociali che rifiuta il profitto e sceglie la solidarietà, un’utopia concreta per tanti, in ogni dove, uniti al di là delle frontiere che separano gli uomini e le donne ma non le merci.
Leggendo i racconti di chi era in quei boschi, la mente è corsa ai nostri boschi, alle nostre valli, alla nostra lotta.
Tante volte, quando la violenza dei governi ci ha colpito, il mutuo appoggio delle lotte ci ha offerto solidarietà attiva.

Oggi ci stringiamo a chi si batte contro la diga di Sivens, nel lutto per un compagno di strada, cui hanno rubato la vita. Vivrà nelle lotte di ogni dove, sarà con noi nei mesi e negli anni a venire.
Remi, uno di noi.
Un forte abbraccio collettivo ai suoi cari, ai suoi compagni e compagne.
Da NOTAV.INFO
C’est l’histoire de deux enterrements. Voilà deux enterrements qui tombent nez à nez, face à face.
Le premier c’est un enterrement très important… C’est l’enterrement du roi du pétrole, le patron de Total mort accidentellement. Hommage de la nation unanime ! Hommage de tous les médias ! Hommage de la terre entière ! Un hommage vibrant !
Le deuxième enterrement… C’est celui de Rémi, Rémi Fraisse, 21 ans, tué par une grenade offensive tirée par un gendarme, dans une manif’ contre le barrage de Sivens. Hommage beaucoup moins vibrant ! Le premier ministre parle de « casseurs », on parle de « bavure », on dit que « si l'on veut mourir pour des idées il faut assumer ».
A l’enterrement du patron de Total le roi du pétrole, on l’a peu souligné, il y avait des oiseaux. Des oiseaux endeuillés. Des mouettes. Des goélands tout en noir. Le noir de la marée noire. Le noir de l’Erika. Le naufrage pour lequel Total a été condamné. C’était des oiseaux du parti des oiseaux, le parti de Rémi, le parti des « djihadistes verts ». Rémi Fraisse est un « djihadistes verts » ! C’est l’expression de Xavier Beulin de la FNSEA.
Passé le respect à l’égard des morts, les deux figures en quelques jours sont devenues les symboles de notre présent. Deux symboles inconciliables. Il faut choisir son camp : l’assassinat ou l’accident. L’oligarchie a choisi ! Le gouvernement a choisi ! Le cynisme, la violence, le mépris, et tout ce qui dégoute et fait gonfler les rangs de la Marine.
Alors choisi ton camps camarade. Le vent se lève, il n’y a pas d’arrangement.
Cours camarade ! Les oiseaux noirs en mourant te regardent. Cours camarade ! Le vieux monde est derrière toi !

envoyé par adriana - 3/11/2014 - 15:10


A dieci anni dalla morte ingiusta di Rémi Fraisse

Gianni Sartori

Dieci anni fa, il 26 ottobre 2014, a Lisle-sur-Tarn moriva tragicamente, a soli 21 anni, il giovane botanico di Tolosa Rémi Fraisse. A ucciderlo l'esplosione di una granta OF-F1 sparata dalla gendarmeria.

Rémi partecipava a una manifestazione contro la diga (barrage) di Sivens (dal nome della foresta circostante) in Occitania ed era il primo ambientalista a essere ucciso dalle forze dell'ordine in Francia dal 1977.

Quando, il 31 luglio, l'insegnante e militante antinucleare Vital Michalon perse la vita (ugualmente per una granata) a Creys-Malville durante una manifestazione contro il Superphénix.

Con la morte di Rémie, nel giro di qualche ora il cantiere dello sbarramento di Sivens venne provvisoriamente chiuso. Anche se ormai la zona umida di Testet era irreparabilmente distrutta.

Ancora nel 2009,il consiglio dipartimentale del Tarn aveva deciso per la realizzazione di un bacino artificiale di 1,5 milioni di metri cubi d'acqua (costo previsto di nove milioni di euro).

Per quanto devastante dal punto di vista ambientale, il progetto era stato presentato e inaugurato come “d’utilité publique”. In realtà doveva costituire una consistente riserva di acqua per l'irrigazione delle coltivazioni di cereali (principalmente mais) utilizzati per l'alimentazione degli animali da allevamento. Secondo un rapporto di esperti, avrebbe rifornito solamente una trentina di aziende dato che la maggioranza delle imprese agricole e degli allevamenti in zona erano già autosufficienti. Inoltre, segnalavano sempre gli esperti, non si era nemmeno tentato di cercare soluzioni alternative.

Purtroppo sui 36 ettari sottoposti al progetto si trovava una zona umida boscosa in cui erano state identificate 94 specie protette. Per ben due volte il Conseil supérieur de protection de la nature (CNPN) aveva espresso la propria contrarietà, giudicando le previste misure di compensazione “irrealizzabili, inadeguate o troppo ipotetiche”.

Le prime contestazioni da parte di ambientalisti, associazioni e parte dei contadini locali (riuniti nel “collectif pour la sauvegarde de la zone humide du Testet”) risalivano al 2012. Esprimendosi con petizioni, manifestazioni, catene-umane. Ma invano, dato che nel 2013 la préfecture del Tarn autorizzava il progetto.



Mentre prendeva il via l'azione di disboscamento, una parte degli oppositori arrivava all'occupazione de La Métairie Neuve, una antica fattoria a circa tre chilometri dalla diga prevista.



Nonostante la sospensione del progetto nel 2015 (per intervento di Ségoléne Royal, ministro dell'Ecologia) il danno risultava irreparabile e gran parte delle specie rare precedentemente qui identificate ormai irreperibili. Veniva comunque mantenuta una occupazione permanente (sostanzialmente una ZAD), se pur da un esiguo numero di militanti riuniti nel collettivo “Tant qu’il y aura des bouilles” (in riferimento alle “bolle”, le risorgive). Come a Notre-Dame-des-Landes, anche qui gli zadistes si arrampicavano sugli alberi o scavavano nel sottosuolo per proteggere la foresta.



Ma l'intervento delle forze dell'ordine andava via via inasprendosi prefigurando quanto in epoca successiva sarebbe avvenuto con la A69. Si arrivava a una serie di espulsioni “muscolari” e alla distruzione degli accampamenti (con vari casi di trauma cranico, punti di sutura, ferite da flashball o da lacrimogeni sparati ad altezza d'uomo).



A questo si aggiungevano le azioni squadristiche delle “milices pro-barrage” (almeno in parte allevatori di bestiame, presumibilmente) con taglio di pneumatici, parabrezza sfondati, accampamenti saccheggiati, materiale rubato, azioni intimidatorie...



Determinato a “ débloquer ce pays” (come aveva dichiarato di fronte a una platea di allevatori), il primo ministro Manuel Valls ammetteva apertamente che il governo non poteva permettersi un'altro cedimento come si andava profilando a Notre-Dame-des-Landes.



Per salvare il salvabile, il 25 e il 26 ottobre 2024 circa tremila persone tornavano a manifestare pacificamente. Tuttavia, vuoi per la presenza massiccia dei reparti mobili, vuoi per l'esasperazione, nella notte scoppiavano i primi incidenti. Tra le una e le due del mattino i gendarmi lanciavano le prime “granate offensive”. Una esplodeva sulla schiena del giovane Rémi Fraisse che moriva sul colpo. Collaboratore di France Nature Environnement, nella sua città, Tolosa, si era occupato sia di protezione ambientale che di studio della biodiversità urbana.



In conclusione, l'8 gennaio  2018  i giudici istruttori del tribunale di Tolosa hanno emesso un verdetto di non luogo a procedere nei confronti del gendarme responsabile. 

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 27/10/2024 - 21:05




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