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L'eccidio di Civitella

Anonymous
Language: Italian (Toscano della Valdichiana)



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Renzino
(Casa del Vento)
Maria una vita a metà
(Sauro Lanzi)


[1944]

Civitella in Valdichiana (AR), 29 giugno 1944.
Civitella in Valdichiana (AR), 29 giugno 1944.


Sull'eccidio di Civitella della Chiana del 29 giugno 1944 è già presente la canzone Renzino della Casa del Vento; questo è invece un componimento popolare coevo, con tutta probabilità opera di un cantastorie (il testo proviene da Wikitesti, ma si trova anche sul Deposito; fu registrato il 15 maggio 1966 a Gebbia di Civitella e se ne parla in M. Gatteschi, Il canto popolare aretino. La ricerca di Diego Carpitella, Le Balze, Arezzo, 2004.)

L'eccidio di Civitella

L'eccidio di Civitella fu una strage compiuta dalle truppe naziste il 29 giugno 1944 nelle località di Civitella in Val di Chiana, Cornia e San Pancrazio, in provincia di Arezzo, che cagionò l'uccisione di 244 civili.

La conformazione montuosa e la presenza di fitti boschi nel territorio circostante il centro abitato di Civitella in Val di Chiana, in provincia di Arezzo, avevano contribuito, all'indomani dell'occupazione tedesca dell'Italia, alla nascita di diversi gruppi partigiani. In Civitella si era di conseguenza installato un comando tedesco, la Divisione "Hermann Göring", agli ordini del tenente generale Wilhelm Schmalz, la quale ripetutamente venne a trovarsi in scontri a fuoco con i partigiani.

Il 18 giugno 1944 quattro giovani soldati tedeschi entrarono nel circolo ricreativo di Civitella per bere un bicchiere di vino, al fine di rifocillarsi dal caldo dell'incombente estate. Tra gli avventori del locale vi erano tuttavia alcuni partigiani che, notati i militi della Wehrmacht, spararono contro di essi. Dallo scontro a fuoco che ne nacque furono i tedeschi ad avere la peggio: due soldati furono subito uccisi, mentre un terzo, gravemente ferito, spirò poche ore dopo.

Immediatamente il comando tedesco impose alla popolazione locale di fare i nomi dei colpevoli. Gli occupanti lanciarono un ultimatum di 24 ore, trascorse inutilmente le quali sarebbe stata operata una rappresaglia tra i civili per vendicare i 3 soldati morti. Contemporaneamente i tedeschi avviarono perquisizioni nelle case di Civitella e delle due frazioni più vicine, Cornia e San Pancrazio (quest'ultima nel comune di Bucine), ritenute ospitanti diversi partigiani, in quanto circondate dai boschi e non facilmente raggiungibili. Nessun civile osò collaborare con i tedeschi e, anzi, furono in molti a lasciare le case, temendo la rappresaglia.

Il 19 giugno l'ultimatum era scaduto, ma a sorpresa i tedeschi non fecero nulla. Il tenente generale Schmalz assicurò che non sarebbe stata operata alcuna rappresaglia, facendo intendere che i numerosi partigiani caduti negli scontri con i tedeschi erano stati ritenuti sufficienti a vendicare i 3 militi uccisi il giorno prima. Come solo in seguito si potrà ricostruire, quella dei tedeschi era in realtà una trappola. Furono infatti lasciati trascorrere giorni tranquilli, durante i quali molti civitellini fecero ritorno nelle proprie case.

Al mattino del 29 giugno, in occasione della festività dei Santi Pietro e Paolo, il centro di Civitella era pieno di persone. Molti non si erano recati nelle campagne o nei boschi per lavorare, restando così a casa o andando a Messa. La Chiesa di Santa Maria Assunta, a Civitella, era colma di fedeli, giunti anche dalle altre frazioni del comune.

Improvvisamente dal comando tedesco partirono 3 squadroni: uno destinato a Cornia, l'altro a San Pancrazio e un terzo, il più grande, si riversò nel centro di Civitella. I tedeschi irruppero nelle case, aprendo il fuoco sugli abitanti a prescindere dal sesso o dall'età. L'episodio più truce si consumò nella chiesa, mentre si stava celebrando la Messa. Entrati nell'edificio sacro, i tedeschi divisero i fedeli in piccoli gruppi. Quindi, indossati grembiuli mimetici in gomma per non sporcarsi di sangue, li freddarono con dei colpi alla nuca. Il sacerdote don Alcide Lazzeri, in quanto religioso, sarebbe stato risparmiato dai tedeschi, ma scelse di condividere la sorte degli sfortunati parrocchiani.

Compiuta la strage, i tedeschi incendiarono le case di Civitella, provocando così la morte anche di coloro che avevano disperatamente tentato di salvarsi nascondendosi nelle cantine o nelle soffitte. Solo pochi abitanti riuscirono a salvarsi dal massacro. L'orrore di quel giorno fu percepito anche nelle campagne circostanti, specie nelle frazioni a valle: qui, nonostante la distanza, furono ben udite le grida disperate e ben visto il fumo delle case in fiamme. Alla fine si contarono 244 morti: 115 a Civitella, 58 a Cornia e 71 a San Pancrazio.

Il tenente generale Schmalz fu catturato nel maggio 1945 dalle truppe statunitensi e consegnato e alle autorità italiane. Chiamato a rispondere del reato di concorso in violenza con omicidio continuato contro privati cittadini italiani, in relazione anche ad altri eccidi (tra cui la strage di Stia e Vallucciole), fu assolto dal Tribunale militare territoriale di Roma, con sentenza del 12 luglio 1950. Il 6 luglio 2011, il Tribunale militare di Verona condannò all'ergastolo l'ultimo imputato sopravvissuto dell'eccidio, il sergente Max Josef Milde, che, tuttavia, non è stato estradato in Italia. Nel frattempo, il 21 ottobre 2008, i giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione avevano condannato il governo tedesco a risarcire i danni a nove familiari delle vittime dell'eccidio, stabilendo un milione di euro come risarcimento.

Avverso la sentenza, la Germania adì la Corte Internazionale di Giustizia, che, il 3 febbraio 2012, ne accolse il ricorso, asserendo che un tribunale nazionale non poteva condannare uno Stato sovrano, in virtù dell'immunità garantitagli dal diritto internazionale. Conseguentemente, l'Italia dovette privare di effetto la sentenza della Corte di Cassazione del 2008.

Ai martiri di Civitella è stata intitolata la via principale del centro abitato. La piazza centrale dello stesso è stata, invece, intitolata a Don Alcide Lazzeri. Il Comune fu insignito, nel 1963, della medaglia d'oro al valor civile. - it.wikipedia
Vollono a dire non sarò un signore
le tasche piene ci ho senza quattrini
sian maledetti quei repubblichini
che a un giorno sfrutteranno il mio sudore
la leggeranno voi grandi e piccini
non so se versi avranno amore
ma le mie scaltrezze applaudite
e se son fatte mal vo' me lo dite.

La tiran core più di calamite
e un disiderio parlar l'è più profondo
parla' vorrei di mille partite
e di gente che lottano nel mondo
da me la verità vo' preferite
e già che ve lo parla Dio giocondo
vi parlerò di zone disgraziate
che dai tedeschi furono bruciate.

Molti paesi l'erano già visti
S.Pancrazio, La Cornia e Civitella
ma i tedeschi insieme ai fascisti
credettero di fa' una cosa bella
lassù furon di gran momenti tristi
e sempre son svegliati a sentinella
e più furiosa fu quella rappresaglia
fecero strage con la loro mitraglia.

Ma sempre più il furore si scaglia
perché la cosa l'è di già alla fine
molti italiani da quella rappresaglia
furon bruciati drento alle cantine
ma dissero fra sé qui non si sbaglia
molestando diverse signorine
e non gli basta quegli scellerati
in fiamme mison diversi abitanti.

Ora giunsero presto gli alleati
i tedeschi dovettero scappare
e l'italiano disse: a ca' arrivati
l'alleati ci vengono a salvare
ma l'italiano che sopporta tutto
e anche questa la sopporteremo
nel nostro petto lo portiamo il lutto
ma i nostri babbi rivendicheremo.

Il dovere ci resta soprattutto
i capi complici giustizieremo
e no baciando ognuno ne la fronte
lo passeremo al novo l'orizzonte
lodati furon quelli del Piemonte
quelli furono veri partigiani
uniti assieme verso l'orizzonte
liberaron l'Italia e l'italiani.

Andìa un saluto fiero a quella gente
lombardetti piemontesi e veneziani
e sventolando la bella bandiera
andìa un saluto pe' l'Italia intera
Mussolini da la nostra frontiera
un giorno che passava con l'amante
ma un partigiano della grande schiera
gli disse: Fermati subito nell'estante

E Mussolini da la gran paura
salì sull'atumobile di quello
e non sapeva lì 'n quella sventura
pe' lu' sonava a morte el campanello.
Il partigiano dalla gran premura
gli disse: Alza le bracce o brutto fello
che tu da me sarà arrestato
da tutto el mondo sarè giustiziato.

E tutti pronti col cappello nero
e pe' portallo el babbo al cimitero
e tutti pronti col cappello bianco
pe' porta' la Petacci al camposanto.

2014/9/8 - 00:50




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