Dentro a ste mura indove er carcinaccio
pare impastato de sospiri e pene,
me sento gelà er sangue ne le vene
quanno sento lo scrocchio ar catenaccio.
Qui m’hanno cancellato li penzieri
ricordi che se smorzeno co’ niente,
se ner silenzio libero la mente,
sento li passi de li carcerieri.
Qui a la Lungara,
nell’ombra appiccicata su ste mura
se sente appena er battito der còre,
ma er tempo se ne scorda e batte l’ore.
Qui a la Lungara,
quanno che viè er silenzio de la sera,
l’anima strilla senza fa’ rumore
come ‘na fronna, poi se storce e more.
La libertà è un gabbiano sopra ar mare
che se diverte a navigà ner vento
e l’ale je diventeno d’argento
quando ch’er sole l’empie de calore.
Pupetta mia papà nun cià più l’ale,
te lo promette e nun ritorna mai,
sei ‘na pupetta e ancora nu’ lo sai
ma ste promesse poi me fanno male.
pare impastato de sospiri e pene,
me sento gelà er sangue ne le vene
quanno sento lo scrocchio ar catenaccio.
Qui m’hanno cancellato li penzieri
ricordi che se smorzeno co’ niente,
se ner silenzio libero la mente,
sento li passi de li carcerieri.
Qui a la Lungara,
nell’ombra appiccicata su ste mura
se sente appena er battito der còre,
ma er tempo se ne scorda e batte l’ore.
Qui a la Lungara,
quanno che viè er silenzio de la sera,
l’anima strilla senza fa’ rumore
come ‘na fronna, poi se storce e more.
La libertà è un gabbiano sopra ar mare
che se diverte a navigà ner vento
e l’ale je diventeno d’argento
quando ch’er sole l’empie de calore.
Pupetta mia papà nun cià più l’ale,
te lo promette e nun ritorna mai,
sei ‘na pupetta e ancora nu’ lo sai
ma ste promesse poi me fanno male.
envoyé par Bernart Bartleby - 15/8/2014 - 21:23
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Scritta da Lanfranco Giansanti, importante autore di canzoni romane.
Nell’album di Alvaro Amici (1936-2003) intitolato “Sospiri de Roma”
Anche nel repertorio della BandaJorona, che l’hanno interpretata nel loro cd “Romana” del 2004.
Via della Lungara è il nome della strada dove si trova il carcere di Regina Coeli a Roma
Aveva 30 anni l’ultimo detenuto morto poche ore fa [siamo a metà febbraio del 2012] nel carcere di via della Lungara. Era in attesa di giudizio, nella IV sezione, quella dei tossicodipendenti. Le cause sono ancora da accertare, ma è già il secondo decesso in meno di un mese.
Questa struttura non è più in grado di garantire condizioni di vita accettabili ai detenuti e a quanti la frequentano quotidianamente: lo sanno tutti, ma nessuno fa niente. Il ministero della Giustizia tace.
E il sindacato autonomo di polizia penitenziaria da tempo va dicendo che è ora di iniziare a ragionare sulla chiusura dell’intero istituto. Il sovraffollamento esagerato fa scontare ai detenuti una doppia pena: sono in 1.200 rispetto ai circa 700 posti letto, con un Reparto di Polizia Penitenziaria carente di più di 70 unità. Spesso i detenuti affetti da tossicodipendenza o malattie mentali si ritrovano senza cure adeguate. Ma perchè un carcere di così diffusa e triste fama si trova in queste condizioni? Innanzitutto perché l’edificio è di valore archeologico: risale al 1654, quando era sede di un convento. Nel 1881 fu convertito all’uso attuale, conservando il nome della struttura religiosa dedicata a Maria, appunto Regina Coeli. Tuttavia è un posto dimenticato anche dalla Chiesa, dato che l’ultima visita di un Papa risale al 2000, con Giovanni Paolo II. E’ proprio la struttura antica a rendere l’istituto invivibile: ospita complessivamente 314 celle, di cui 289 nelle sezioni e 25 al centro clinico. 13 mq l’ampiezza delle celle a due posti, 21 mq quella delle celle a quattro posti. I soffitti e la pavimentazione sono scrostati, in gran parte a causa della forte umidità. I passeggi sono costituiti da spazi limitati, angusti, pavimentati in cemento. Sussiste un’area di socialità interna per ogni piano, ma la cui metratura oscilla tra i 13mq e i 21mq. I dati provengono dal rapporto stilato dall’Osservatorio permanente sulle morti in carcere e le condizioni di detenzione dell’Associazione Antigone.
si misura osservando
la condizione delle sue carceri”
Voltaire
(da Cronache Bastarde, 13 febbraio 2012)