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Η μάνα του παράνομου

Nikos Damigos / Νίκος Δαμίγος
Language: Greek (Modern)


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Επίκειται
(Nikos Damigos / Νίκος Δαμίγος)
Weeping Winds
(Bobby Sands)
Ο Νικολός
(Nikos Damigos / Νίκος Δαμίγος)


I mána tou paránomou
[1970-71]
Στίχοι: Νίκος Δαμίγος
Μουσική: Κυριάκος Υψηλάντης

Parole: Nikos Damigos
Musica: Kyriakos Ypsilandis
In “Τα τραγούδια της εξορίας (1967-71)”, “Le canzoni del confino (1967-71)”, un CD realizzato a partire da alcune registrazioni su magnetofono compiute clandestinamente da Nikos Damigos, Christos Louretzís, Kyriakos Ypsilandis (Κυριάκος Υψηλάντης) e altri detenuti politici che i fascisti allora al potere in Grecia spedirono al confino nei tanti campi di prigionia allestiti sulle isole dell’Egeo, come Makronissos, Gyaros e Leros. La registrazione fu realizzata nel campo di Partheni a Leros ma i brani furono scritti da Damigos nel suo peregrinare, grazie ai frequenti trasferimenti, tra l’isola di Gyaros - per molti il primo campo di transito - e il campo di Lakkì, che come quello di Partheni si trovava sull’isola di Leros.

L’introduzione che segue è tratta da un paio di testimonianze di Kyriakos Ypsilandis, anche lui all’epoca confinato a Leros, come tradotte dal nostro Gian Piero Testa, che ringrazio per il prezioso aiuto.



Nel periodo 1967 -1971 alcuni confinati dal regime fascista greco scrissero, cantarono e registrarono di nascosto alcune canzoni. Esiste un CD che è la fedele copia di quella registrazione illegale, fatta con un magnetofono portatile, che avvenne nel campo di Partheni di Leros tra la fine del 1970 e gli inizi del 1971. La maggior parte delle canzoni che sono contenute in questo CD furono scritte dal pireota Nikos Damigos (condannato - inizialmente addirittura a morte - per omicidio e per appartenenza al Fronte Nazionale di Liberazione) e la musica da Christos Louretzís (condannato a 16 anni per reati politici).



Queste canzoni, inseme con altre, riempivano i momenti di ricreazione, che potevano avvenire quando i secondini permettevano ai prigionieri l'uso dei loro strumenti musicali (molti autocostruiti sul posto) e non glieli sequestravano. Suonavano: Christos Louretzís (mandolino), Yorgos Papalopoulos (Γιώργος Παπαλόπουλος) da Evosmos di Salonicco (bouzouki), i pireoti Nikos Damigos e Tasos Theodoridis (Τάσος Θεοδωρίδης, chitarra), Kyriakos Ypsilandis da Salonicco (fisarmonica - la sua gliela sequestrarono le guardie ma lui riuscì ad averne un’altra grazie ad un amico), Yannis Kranakis (Γιάννης Κρανάκης) da Sykiès di Salonicco (batteria). A cantare, oltre a Damigos e Louretzís, c’erano Stavros Skourtopoulos (Σταύρος Σκουρτόπουλος) da Salonicco, Thanassis Ladás (Θανάσης Λαδάς) da Sykiès di Salonicco, T. Theodoridis (Τ. Θεοδωρίδης) e Panayotis Kazakos (Παναγιώτης Καζάκος) da Kalamariá di Salonicco.



La realizzazione di questo documento sonoro fu possibile prima di tutto grazie a Harìlaos Florakis (1914-2005, uno dei leader storici del Partito Comunista greco, segretario dal 1972 al 1989) che, cedendo alle insistenti richieste di Nikos Damigos, riuscì a far avere ai detenuti un registratore, ben sapendo che introdurre illegalmente un oggetto del genere avrebbe potuto costargli molto caro.
Avuto il registratore, della cui esistenza erano al corrente solo pochi fedelissimi, il fisarmonicista Kyriakos Ypsilandis costruì lo “studio”, una capanna in mezzo al filo spinato. Durante le sessioni di registrazione, due o tre facevano il palo, per avvertire se le guardie si avvicinavano troppo. Nell’incisione originale si possono ascoltare le voci di Mitsos Stolidis (Μήτσος Στολίδης), di Nikos Damigos e di Christos Louretzís che introducono l'esecuzione di ciascuna canzone. Si avvertono anche delle brusche interruzioni, ma solo in un paio di canzoni, per fortuna, dovute al fatto che al momento della registrazione una guardia sia passata troppo vicino alla baracca dove era in corso l’atto “cospirativo” e così, mentre gli artisti continuavano a cantare, il magnetofono cessava di funzionare e veniva fatto sparire fino a cessato pericolo. Naturalmente era impossibile ricominciare dal principio. La registrazione fu fatta tutta d’un fiato, in queste condizioni di ansia e di paura.

Il nastro si salvò grazie alla cura di Nikos Damigos. La canzone dal titolo “Το Κάστρο” ("Il castello") - sigla musicale della stazione radio illegale “Φωνή της Αλήθειας” ("Voce della Verità"), come pure “Καρτέρα με” ("Aspettami") e “Σύρμα αγκάθι” ("Filo spinato") non si salvarono (a causa del deterioramento del nastro?), ma furono reincise su 45 giri da Christos Louretzís. Dopo la caduta della Giunta, Ypsilandis ricevette cassetta e disco da Damigos e così questo documento è arrivato fino a noi.

Al di là di quello artistico, il grande valore di questa canzoni risiede nel ruolo che svolsero nel periodo in cui furono create: animavano e incoraggiavano i prigionieri, i militanti, e aumentavano la loro volontà e la loro resistenza alle dure prove cui venivano sottoposti dalla Giunta.


Fino ad oggi abbiamo reperito i testi - che Gian Piero Testa ha tradotto - di quattro delle 16 canzoni contenute nella registrazione originaria de “Le canzoni del confino (1967-71): “Ο Νικολός”, “Σφύριξε (Η σφυρίχτρα made in U.S.A.)” ed “Επίκειται” descrivono nel dettaglio, e sempre con ironia ed audacia, le condizioni di arrivo e di permanenza nei campi dei detenuti e insieme le loro sofferenze.



La quarta, “Η μάνα του παράνομου” ("La mamma del fuorilegge"), fu scritta dal solito Nikos Damigos ma è l’unica delle 16 canzoni la cui musica è di Kyriakos Ypsilandis (il fisarmonicista), che la compose nel 1969 a Lakkì, sempre sull’isola di Leros, un campo dove i fascisti avevano stipato 1.400/1.600 prigionieri in un fatiscente edificio di quattro piani fatto costruire subito dopo la fine della guerra civile dalla regina Federica, consorte di Paolo I, e originariamente destinato ad ospitare gli allievi di un istituto tecnico.

"La mamma del fuorilegge" è dedicata a Giannis Kalkídes (Γιάννης Χαλκίδης, 1940-1967), un militante di Ενιαία Δημοκρατική Αριστερά (ΕΔΑ, la Sinistra Democratica Unita fondata da Grigoris Lambrakis / Γρηγόρης Λαμπράκης) che il 5 settembre 1967 a Salonicco fu assassinato a sangue freddo da agenti della Giunta mentre, già ferito, cercava di sfuggire all'arresto.



Tre giorni prima la Giunta aveva inaugurato in pompa magna la Fiera Internazionale di Salonicco ma il "Fronte Patriottico" di Salonicco aveva rovinato la festa facendo saltare un traliccio dell’elettricità e sprofondando l'Esposizione nel buio. La polizia individuò ben presto un covo dell'organizzazione, un appartamentino in via dei Filelleni 55, dove si erano rifugiati gli autori dell’attentato, Giannis Kalkídes, Grigoris Pandìs e Nandis Hatziyannis. Nel corso dell’irruzione i poliziotti spararono sui tre che avevano tentato la fuga e ferirono gravemente Kalkídes, più lievemente Pandìs. Poi un poliziotto di nome Andonis Lepeniotis raggiunse Kalkídes che si trascinava a terra, disarmato, e lo uccise a sangue freddo.



Pandìs e Hatziyannis vennero arrestati, torturati ferocemente e poi condannati a 20 anni di reclusione. La Giunta presentò l’assassinio di Giannis Kalkídes come risultato di uno "scontro a fuoco con anarco-comunisti che opponevano violenza armata agli agenti di polizia impegnati nel loro arresto". Mentre invece i tre militanti avevano semplicemente tentato la fuga ma senza sparare nemmeno un colpo, per il semplice fatto che - ahi loro! - non erano armati.
Σκοτείνιασαν οι ουρανοί
κακιά μηνάνε γέννα
τί κρύβεται στο σύννεφο
γιέ μου τρέμω για σένα

Για δές σκορπίσαν τα πουλιά
λουφάξαν και τ’ αγρίμια
επρόβαλε μα τ’ αψηφάς
το σκιάχτρο, την ασχήμια

Το ξέρω πως δεν ωφελεί
κι’ ορμήνια δεν σου πρέπει
είν’ η ματιά σου καθαρή
παρ’ την ευχή μου σκέπη

Το ξέρω ψάχνεις για να βρείς
καρδιές φλόγα ν’ ανάψεις
να λαμπαδιάσουν γειτονιές
το σκιάχτρο για να κάψεις

Contributed by Bernart Bartleby e Gian Piero Testa - 2014/8/10 - 23:08



Language: Italian

Gian Piero Testa

Traduzione italiana di Gian Piero Testa
LA MADRE DEL FUORILEGGE

I cieli si oscurarono
rimase un malo parto
cosa si cela nella nube
figlio per te io tremo

Guarda gli uccelli
in fuga, immobile
la selvaggina, si mostra
ma tu lo sprezzi
il brutto spauracchio

Lo so che a te non giova
e non degni il mio consiglio
vedo il tuo sguardo limpido
ti valga una benedizione

Lo so che vai cercando
dei cuori per accenderli
che divampino i quartieri
e bruci lo spauraccchio

Contributed by Gian Piero Testa e Bernart Bartleby - 2014/8/10 - 23:09


Bernart Bartleby - 2014/8/10 - 23:11




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