Tornavamo dai lager
come torrenti in piena
verso la terra del sole.
Tutti i volti erano in pianto
e il cuore impazziva
nella «paura»
di sentirci liberi.
Un nembo solo di cenere
avvolgeva morti e vivi
in cammino sulle strade d 'Europa.
Ma non sapevamo, Signore,
quanto è difficile
essere liberi.
Era bene che pure i vincitori
fossero uccisi,
libertà non sopporta vittorie.
Ritorna, Signore, e disperdi
quanti hanno nuovamente
ucciso milioni di morti:
anch'essi sono divenuti
assassini, hanno superato
l'infamia dei vinti.
Ritorna, Signore, e uccidi
tutti i potenti: maledetti
che usano perfino il tuo nome!
Almeno gli ultimi
poveri del mondo
conoscano solo inni di pace.
come torrenti in piena
verso la terra del sole.
Tutti i volti erano in pianto
e il cuore impazziva
nella «paura»
di sentirci liberi.
Un nembo solo di cenere
avvolgeva morti e vivi
in cammino sulle strade d 'Europa.
Ma non sapevamo, Signore,
quanto è difficile
essere liberi.
Era bene che pure i vincitori
fossero uccisi,
libertà non sopporta vittorie.
Ritorna, Signore, e disperdi
quanti hanno nuovamente
ucciso milioni di morti:
anch'essi sono divenuti
assassini, hanno superato
l'infamia dei vinti.
Ritorna, Signore, e uccidi
tutti i potenti: maledetti
che usano perfino il tuo nome!
Almeno gli ultimi
poveri del mondo
conoscano solo inni di pace.
inviata da Bernart Bartleby - 21/5/2014 - 22:38
Su più siti ho trovato questa poesia datata al 1985. Il riferimento a Dayan (che è scomparso nel 1981) fatto da Turoldo nella sua introduzione consentirebbe invece, secondo me, di datarla al periodo della guerra dei Sei Giorni (1967) o del Kippur (1973), quando Dayan era effettivamente un personaggio al centro delle cronache internazionali...
Bernart Bartleby - 22/5/2014 - 08:43
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Versi di padre David Maria Turoldo
Non sono certo che siano stati messi musica, anche se molta della produzione poetica di Turoldo è stata effettivamente musicata da Bepi De Marzi... Comunque, si tratta di u vero e proprio canto, come il suo autore stesso afferma:
Ma tutti i nostri Mosè di oggi si chiamano Dayan e per di più hanno un occhio solo: mancano precisamente dell'occhio della fede. E allora mi sono messo a cantare così: non mi restava altro da fare.”
David Maria Turoldo, “O sensi miei... (Poesie 1948-1988)”, Rizzoli, 1990.