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Michè

Nobraino
Langue: italien


Nobraino

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Gaetano, gracié et pendu
(Marco Valdo M.I.)
Il Mangiabandiere
(Nobraino)
La ballata del Michè
(Fabrizio De André)


[2014]
Ne “L'ultimo dei Nobraino” (così s’intitola)

L'ultimo dei Nobraino

Rivisitazione e attualizzazione de La ballata del Michè di Clelia Petracchi e Fabrizio De André.



A tutti i morti di “giustizia”, da ultimo Riccardo Magherini, pestato e ucciso dai Carabinieri lo scorso 2 marzo in Borgo San Frediano a Firenze.

Riccardo Magherini

Riccardo Magherini
C'ero anch'io quella notte
in cui hanno ammazzato Michè
quella notte in prigione non potevo dormire perchè
da quella cella veniva un lamento
le ultime grida di un uomo che poi
come suicida fu sepolto e pianto
per amore di Marì
per amore di Marì

Ma io ch'ero là
vi racconto la storia che so
Michele no, no Michele non si suicidò

Vi posso giurar
che la corda sul collo a Michè
fu stretta ma non per mano della gravità

Era buio e il silenzio fu rotto dal ritmo che fa
qualche paio di passi che marcia nell'oscurità
si sentì sbattere forte la cella
rumori sordi, bestemmie a metà
strattonamenti e gli sputi di rabbia
di chi sa che morirà
di chi sa che morirà

Ma io ch'ero là
vi racconto la storia che so
Michele no, no Michele non si suicidò

Vi posso giurar
che la corda sul collo a Michè
fu stretta ma non per mano della gravità

"Quando hanno aperto la cella
era già tardi perchè
con una corda sul collo
freddo pendeva Michè

Tutte le volte che un gallo
sento cantar penserò
a quella notte in prigione"
che nel silenzio passò

Ma io ch'ero là
vi racconto la storia che so
Michele no, no Michele non si suicidò

Vi posso giurar
che la corda sul collo a Michè
fu stretta ma non per mano della gravità
fu stretta ma non per mano della gravità.

envoyé par Bernart Bartleby - 27/4/2014 - 18:06



Langue: français

Version française – MICHÈ – Marco Valdo M.I. – 2016
Chanson italienne – Michè – Nobraino – 2014

Le journaliste brésilien Vladimir Herzog, suicidé en prison par pendaison dans l'État de Sao Paulo au Brésil en 1975.
Le journaliste brésilien Vladimir Herzog, suicidé en prison par pendaison dans l'État de Sao Paulo au Brésil en 1975.


La prison est un lieu où l’on est souvent suicidé. En la matière, la tradition est bien établie en Italie (et ailleurs), à commencer par Gaetano Bresci Gaetano, gracié et pendu – pendu lui aussi, contre son gré.
MICHÈ


J’y étais moi cette nuit
Où ils ont tué Michè.
Dans cette prison, on n’a pas dormi,
Car de cette cellule montaient les derniers cris;
La plainte d’un homme suicidé
Qui pleura et fut enterré
Par amour de Marì
Par amour de Marì.

Mais moi qui étais là,
Je vous dis l’histoire de cet homme-là;
Michele non, Michele ne se suicida pas.

Je peux vous jurer
Que la corde au cou de Michè
Fut serrée, mais pas par la gravité.

Il faisait sombre, le silence brisé par le rythme
De pas qui marchaient dans l’obscurité
De la cellule, on montait un tumulte
Bruits sourds, jurons hurlés
Bousculades, la rage et les crachats
De celui qui sait qu’il mourra,

Mais moi qui étais là,
Je vous dis l’histoire de cet homme-là;
Michel non, Michel ne se suicida pas.

Je peux vous jurer
Que la corde au cou de Michè
Fut serrée, mais pas par la gravité.

« Quand ils ont ouvert le mitard,
C’était déjà trop tard.
Avec le cou serré,
Michè pendait glacé.

Chaque fois qu’il m’arrive
D’entendre un coq qui chante
Toujours à cette nuit, je pense,
Où Michel glissa dans le silence.

Mais moi qui étais là,
Je vous dis l’histoire de cet homme-là;
Michel non, Michel ne se suicida pas.

Je peux vous jurer
Que la corde au cou de Michè
Fut serrée, mais pas par la gravité.

7/7/2016 - 15:41


Il fermo di Riccardo Magherini. E l’hanno fermato per sempre.

Bernart Bartleby - 27/4/2014 - 18:06


Sempre a proposito di roba eventualmente da rimuovere, perchè magari qualcuno s'offende, allora rimuoverei anche il commento introduttivo a questa canzone ed ogni riferimento al caso di Riccardo Magherini. Infatti ci sono delle indagini in corso e nessuno può dire, fino a sentenza definitiva, che è stato assassinato oppure si è suicidato.
Non vorrei che l'Arma si offendesse!

Bernart Bartleby - 27/4/2014 - 18:48


Mi sa che l'Arma si potrebbe offendere per parecchie altre pagine in questo sito. Lasciamo stare le sentenze definitive se no bisognerebbe scrivere che quello di Pinelli fu un malore attivo. La conclusione in questo caso è che quando una persona in stato confusionale chiede aiuto bisogna chiamare il 118 - sperando che arrivino dei professionisti capaci di aiutarlo - e non certo i carabinieri, che nel mondo reale non sono quelli delle fiction.

Lorenzo - 27/4/2014 - 19:04


Vi sapete vendé, purtroppé

krzyś ¾ - 28/4/2014 - 06:08


Nudo e morto
di Riccardo Venturi

Riccardo Magherini


La fotografia sopra ti mostra, caro lettore di questo sito, nudo e morto. Con alcune misteriose chiazze sul corpo. Dico “lettore” perché dalla foto si evince piuttosto chiaramente che eri di sesso maschile; nulla, però, impedirebbe che tu fossi stata una donna. Eri un essere umano, e un giorno, una sera, una notte qualsiasi li hai incontrati. Avevi, magari, una serata un po' così; ti giravano i coglioni (e di motivi per farseli girare, ce ne sono non pochi sotto questi chiardiluna), ci avevi il magone, oppure ci avevi paura, chissà; ci avevi tutta la tua vita che, in quel preciso momento, aveva deciso di esplodere in qualche modo, in mezzo a una strada. E allora hanno chiamato mezzo mondo, perché scoppiare, in questo mondo di scoppiati, è severamente proibito; ci vogliono le lucine blé che lampeggiano. Quando arrivano, tutti si sentono più al sicuro; e tu, caro lettore, vieni finalmente messo fuori causa per il bene comune ed il pubblico decoro. Stavi arrecando disturbo.

Io non ti conoscevo, caro lettore. In realtà non so minimamente chi eri, sebbene mi abbiano detto che eri nato e abitavi nella mia stessa città. E, poi, non so nemmeno se davvero leggevi questo sito; ma non ha una grande importanza. Il problema è che potresti essere chiunque, e credo che tu te ne renda terribilmente conto anche da nudo e da morto; eri una persona qualsiasi con la tua vita, come tutti coloro che, ad esempio, leggono questo sito. Oppure ne leggono altri. Oppure non ne leggono assolutamente nessuno. Come dirti: può toccare veramente a tutti. Tocca al geometra romano magrissimo e al diciottenne ferrarese; che cosa avranno fatto di così tremendo per meritare di morire? E tutti quegli altri, quali terribili misfatti avranno compiuto per essere spediti tra i più a forza di calci, di botte, di compressioni, di torsioni? Per questo, caro lettore, ti dico che in quella foto ci sei tu; e ci sono anche io. Quando vedo una foto del genere, ultimamente ho preso a immedesimarmi e a dirmi: ehi, Riccardo, guarda un po' come ti hanno conciato. Basta una serata; ma che dico, bastano mezz'ora, dieci minuti per essere cancellato. Spazzato via. Schiacciato. Mi rivedo allora tanti e tanti anni fa, in quella stessa città, vagare per le strade in preda alla disperazione per un motivo qualunque. Mi rivedo in una strada antica, mentre puzzavo agitato e non mi ricordavo quasi neppure come mi chiamavo. E mi ricordo di quando qualcuno mi depose di peso su una barella. E allora sono costretto a dire: soltanto il caso ha impedito che, quel lontano giorno, non arrivassero anche loro, in vena di garantire l'ordine pubblico e di proteggere la cittadinanza. Forse mi è andata bene perché erano le sei del pomeriggio di un giorno di luglio, e non le una e mezzo di una notte di marzo. E così, caro lettore, cara lettrice, può andare bene o può andare male anche a te. Dovremo stare tutti tranquilli, ma in fondo non è neppure detto; quindi guardati, guardiamoci in quella fotografia. Abituiamoci e pensare che siamo noialtri, quel corpo nudo, morto e pieno di chiazze. Avvezziamoci a pensarci mentre guardiamo il telefilmino dove sono tutti buoni, bravi, pieni di premure e salvano il cucciolo abbandonato.

Sono passati quasi due mesi da quando, caro lettore, caro me stesso, ti hanno ridotto in quel modo. Qualcuno mi ha persino chiesto come mai non ne avessi mai parlato, nonostante il fatto sia avvenuto nella mia città e addirittura di fronte all'uscio di casa di una persona che conosco parecchio bene. È perché è un film già visto troppe volte. Non sono passati neppure un paio di giorni, che tutto era già stato escluso; ci sono stati i funerali, poi sono saltate fuori le testimonianze, le telefonate, la famiglia ci ha visto sempre meno chiaro. Ad un certo punto, grazie allo sviluppo tecnologico, abbiamo potuto persino sentire la tua voce, caro lettore, mentre stavi morendo; dicevi di “avere un figlio”, affidando proprio a quel piccolo essere umano la tua estrema speranza di salvezza da chi ti stava rubando la vita. Del tutto inutile, come hai potuto constatare; in quel momento tu sei un problema di ordine pubblico, e quindi devi morire. Ficcatelo quindi nella testa e risparmia il fiato, che è l'ultimo. Invece di nominare tuo figlio, inventati una frase celebre ché è meglio. Toccasse a me? A parte il fatto che di figli non ne ho, comincerò a pensare a qualcosa di adeguato, di solenne, di filosofico da riservare all'istante estremo, mentre mi stanno pigliando a calci e schiacciando inesorabilmente; che so io, “Ehi, sbirro di merda, ti puzzano i piedi!”

Ora comincerà la solita scaletta; quella che tutti voi avete già visto, persino da nudi e da morti. La giustizia che tanto richiedete e richiediamo si esplicherà in anni di dibattimenti, perizie e quant'altro che porteranno al niente; mentre tu, caro lettore, caro me stesso, te ne resterai buono buono, morto e nudo. Ci sarà il non luogo a procedere oppure ci saranno condanne ridicole, che avranno perlomeno il merito di farti fare un paio di risate postume. Diventerai immediatamente una specie di icona, e il tuo nome verrà associato a quello dei tuoi compagni di sventura; avrai i tuoi cortei, le tue manifestazioni, le tue mostre fotografiche dove verrai mostrato, caro lettore, sia da vivo che da morto. La tua famiglia si batterà e cercherà solidarietà, ottenendola in nome della giustizia (sempre lei). Ad un certo punto, ovviamente, dovrai fare i conti con l'immancabile sindacato di polizia, coi fratelli d'italia, col ministro del nuovo centrodestra, centrosinistra, centrocentro, col giornale; intanto, quell'angolo di strada diventerà probabilmente un altarino. Mi spiace, caro lettore, caro me stesso, se penserai che ti sto mancando di rispetto; è tutt'altra la mia intenzione. Ho sempre pensato che la più alta forma di rispetto che si possa avere, consista nel mettere di fronte brutalmente alla realtà in modo da poter agire più efficacemente, anche da morti e da nudi. Da morti e da nudi, anzi, si potrebbe arrovesciare davvero tutto quanto; il problema, come sempre, sono i vivi.

Quei vivi, ad esempio, che non hanno generalmente ben presente il nòcciolo della questione. Il quale è il seguente, brevissimo: esistono delle persone, organizzate in corpi statali e militari bene armati e bene addestrati, che hanno il monopolio della violenza. Qualsiasi atto di violenza compiuto da te, caro lettore, caro me stesso, è illegale quale che sia la sua natura; ti può quindi portare alla galera, all'ospedale, al cimitero. La violenza dei corpi dello stato, invece, è legale. E' considerata una forma di pubblica protezione e può essere quindi esercitata in regime di esclusiva, seppure regolata dalla cosiddetta “legge”. Non so e non posso sapere come la pensi, caro lettore, caro me stesso, a tale riguardo; però sarebbe bene che tu te ne rendessi conto definitivamente, almeno prima di fare tante geremiadi se i detentori esclusivi della violenza legale ti hanno ammazzato ed anche prima che, da ancora vivo, tu ti accinga a chiamarli magari invocando più legge e più ordine, più “presenza dello stato”, più controllo, più telecamere, più ogni cosa. Può succedere che il giorno prima tu sia al bar con gli amici e che tu dica che hanno fatto bene a manganellare i manifestanti e a schiacciare la ragazzina, e che il giorno dopo ti dia di balta il cervello per cazzi tuoi, e che tu venga pestato e schiacciato a morte da quelli lì. Tutto questo, chiaramente, non proviene dal mondo della luna; fa parte di un ben preciso sistema al quale tu puoi decidere di non dare avallo da vivo per non essere poi costretto a ritrovarti, tra le altre cose, nudo e morto su un tavolo. Hai voglia di farlo, oppure preferisci vivere la tua vita (ivi compresa l'eventuale disperazione di una sera) delegando ogni cosa? Fai un po' tu, caro lettore, caro me stesso.

Per questo e per altri motivi, non intendo riservarti né “dolore”, né “compassione”, ma una lucida rabbia. Non intendo riservarti “richieste di giustizia”, ma metterti ancora di fronte alla realtà che è nuda come te su quel tavolo. Non intendo con questo farti morire due volte, perché è la cosa che regolarmente accade. La mia solidarietà te la do senza giustizie, tribunali, avvocati, galere; te la do indicando chiaramente dove risiede il problema.

Te la do, qualunque sia il tuo nome. Te la do in qualunque luogo e circostanza. Te la do guardandomi bene dall'adoperare la parola “vittima”, perché dobbiamo cessare di essere tali e di incrementare la cultura della vittima. Te la do non invocando “punizioni”, ma il superamento di uno stato di cose che uccide prendendoti anche in giro. “Freddo non ne prende, ha due carabinieri sopra”; e pensa un po', caro lettore, di sentire magari questa frase da qualcuno che ti sta guardando morire, mentre qualcun altro grida "basta, basta" come se esistesse una giusta quantità di morte, una dose che si può somministrare in mezzo ad una strada, una modica porzione di assassinio in nome dello stress statale e dei soliti 1200 euro al mese.

Te la do con tutta la tua vita e con tutta la tua storia, che ti chiami Riccardo Magherini, o Cesare Pardini, o Franco Serantini. Morto e nudo, nudo e morto.

Cesare Pardini. Pisa, 27 ottobre 1969. Freddo non ne prese.
Cesare Pardini. Pisa, 27 ottobre 1969. Freddo non ne prese.

29/4/2014 - 22:40


Solidarietà e con lucida rabbia, dici bene Riccardo...

E lucida rabbia vorrei indirizzare a tutti gli iscritti al Sindacato Autonomo di Polizia che ieri hanno di nuovo applaudito i loro colleghi responsabili (per sentenza passata in giudicato) della morte di Federico Aldrovandi. Lo avevano già fatto quelli del COISP (altro sindacato autonomo di polizia) l'anno scorso, e sotto le finestre degli uffici dove la mamma di Federico lavora.



Mentre Federico è morto, i suoi assassini, nonostante la condanna, e dopo aver goduto di tre anni di indulto, scontati 6 mesi (dico, sei mesi, per aver ammazzato un ragazzo di 18 anni) sono già stati reintegrati in servizio, seppur con compiti amministrativi, circondati dal calore e dalla solidarietà dei loro colleghi...

Assassini e amici degli assassini, la gente è contro di voi.
Dovrebbero espellervi tutti non solo dalla professione ma da ogni consesso civile. Dovrebbero affidarvi in prova ai servizi sociali almeno per due o tre anni, sì, ma in Sudan, in Iraq o in Afghanistan, e senza armi.

Bernart Bartleby - 30/4/2014 - 21:06


Ieri sera facendo zapping sono capitata sul programma "chi l'ha visto?". Parlavano di Magherini; ho sentito un particolare che non conoscevo. Nel rapporto dei carabinieri è stato scritto che Magherini girava a torso nudo (cosa peraltro smentita da testimoni oculari). Gli estensori del rapporto però hanno scritto: "a d'orso nudo". Certamente il delitto contro la lingua italiana non è il peggiore fra quelli commessi da costoro..tuttavia anche questo particolare dice qualcosa..

Silva - 1/5/2014 - 17:26


Ed eccone un altro:

Mirto Crosia (Cosenza) - Un giovane di 29 anni, Vincenzo Sapia, è morto a mezzogiorno dopo una colluttazione con due carabinieri intervenuti per calmarlo dopo che aveva dato in escandescenze. La Repubblica del 24 maggio 2014

Anche questo l'hanno "calmato" per sempre...
La versione ufficiale, per il momento, è che si sia trattato di un infarto... La vittima in passato aveva sofferto di problemi psichici... La trama è quella di un film dell'orrore già visto decine di volte...

Bernart Bartleby - 25/5/2014 - 20:47




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