That night your great guns, unawares,
Shook all our coffins as we lay,
And broke the chancel window-squares,
We thought it was the Judgment-day
And sat upright. While drearisome
Arose the howl of wakened hounds:
The mouse let fall the altar-crumb,
The worms drew back into the mounds,
The glebe cow drooled. Till God called, “No;
It’s gunnery practice out at sea
Just as before you went below;
The world is as it used to be:
“All nations striving strong to make
Red war yet redder. Mad as hatters
They do no more for Christés sake
Than you who are helpless in such matters.
“That this is not the judgment-hour
For some of them’s a blessed thing,
For if it were they’d have to scour
Hell’s floor for so much threatening....
“Ha, ha. It will be warmer when
I blow the trumpet (if indeed
I ever do; for you are men,
And rest eternal sorely need).”
So down we lay again. “I wonder,
Will the world ever saner be,”
Said one, “than when He sent us under
In our indifferent century!”
And many a skeleton shook his head.
“Instead of preaching forty year,”
My neighbour Parson Thirdly said,
“I wish I had stuck to pipes and beer.”
Again the guns disturbed the hour,
Roaring their readiness to avenge,
As far inland as Stourton Tower,
And Camelot, and starlit Stonehenge.
Shook all our coffins as we lay,
And broke the chancel window-squares,
We thought it was the Judgment-day
And sat upright. While drearisome
Arose the howl of wakened hounds:
The mouse let fall the altar-crumb,
The worms drew back into the mounds,
The glebe cow drooled. Till God called, “No;
It’s gunnery practice out at sea
Just as before you went below;
The world is as it used to be:
“All nations striving strong to make
Red war yet redder. Mad as hatters
They do no more for Christés sake
Than you who are helpless in such matters.
“That this is not the judgment-hour
For some of them’s a blessed thing,
For if it were they’d have to scour
Hell’s floor for so much threatening....
“Ha, ha. It will be warmer when
I blow the trumpet (if indeed
I ever do; for you are men,
And rest eternal sorely need).”
So down we lay again. “I wonder,
Will the world ever saner be,”
Said one, “than when He sent us under
In our indifferent century!”
And many a skeleton shook his head.
“Instead of preaching forty year,”
My neighbour Parson Thirdly said,
“I wish I had stuck to pipes and beer.”
Again the guns disturbed the hour,
Roaring their readiness to avenge,
As far inland as Stourton Tower,
And Camelot, and starlit Stonehenge.
Contributed by Bernart Bartleby - 2014/4/24 - 09:25
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Versi di Thomas Hardy (1840–1928), grande poeta e scrittore inglese, nella raccolta intitolata “Satires of Circumstance” pubblicata nel 1914.
Poesia messa in musica da diversi compositori: Gerald Finzi (1949), Irwin Heilner (1966), Leo Smit, (1970), John Pickard (2008) e altri.
Thomas Hardy nacque, visse e morì nel Dorset, affacciato sul Channel, il canale della Manica.
Lì scrisse “Jude The Obscure”, storia di un disgraziato stritolato dal fato, dalla miseria umana e dalle convenzioni sociali, un romanzo molto pessimistico e critico verso la società dell’epoca, che il pubblico vittoriano ovviamente disdegnò. Così il vecchio Hardy smise con la prosa e negli ultimi suoi anni si diede alla poesia.
Thomas Hardy scrisse questa “Fuoco nel Canale” nei mesi che precedettero lo scoppio della Grande Guerra (fine luglio 1914), quando anche gli inglesi si stavano preparando alle ostilità ed effettuavano manovre navali ed esercitazioni di tiro al largo delle coste del Dorset (a Portland Harbour, fino agli anni 90, c’è stata una base della Royal Navy). Evidentemente l’autore fu molto infastidito (e certo non fu il solo) dall’incessante rumore dei cannoni, che non smettevano di sparare nemmeno di notte, e così decise di scriverci su una poesia molto poco convenzionale.
Un cadavere sepolto nel cimitero di una qualche chiesa parrocchiale lungo la costa si rivolge alle navi in alto mare lamentando che la pace sacra di quel luogo è stata funestata dagli spari dei cannoni e che lui e tutti gli altri morti hanno rischiato di destarsi credendo che fosse giunta la fine del mondo, che quei colpi fossero le trombe del Giudizio. E non solo il cadavere si è rizzato a sedere nella sua bara, non capendo quel che succedeva, ma pure la natura si è irritata e spaventata: i cani ululano, il topolino è scappato abbandonando le briciole rimaste sull’altare, i vermi si sono ritratti sotto terra, le bestie sono inquiete nelle stalle…
A questo punto è il buon Dio che interviene in prima persona a far chiarezza: “State tranquilli, io non c’entro nulla. Non è il giorno del Giudizio. Sono quegli stolti degli esseri umani che ancora una volta hanno deciso di farsi la guerra.” E se la ride: “Ah, ah, quando sarò io a suonare le trombe – sempre se mai avrò voglia di farlo - laggiù farà molto più caldo, ci sarà molto più casino di adesso!”
La parola torna ai cadaveri, che tra di loro si chiedono se l’essere umano sarà mai in grado di vivere in un mondo finalmente pacifico. La conclusione la offre Parson Thirdly, il parroco di Weatherbury, personaggio ricorrente nell’opera di Hardy… Il suo scheletro scuote la testa e dice: “Se avessi immaginato quanto l’uomo è stupido, non avrei passato 40 anni a predicare ma mel la sarei goduta, avrei solo suonato, ballato e bevuto birra!”
La poesia termina con i cannoni che riprendono a ruggire. Il loro eco si diffonde anche nell’entroterra, a Stourton Tower, Camelot e Stonehenge, luoghi dove, fin dalla più remota antichità, quegli stupidi degli esseri umani si sono scannati tra di loro come maiali…
Una poesia sarcastica e salace, davvero moderna, e anche profetica: Hardy sembrava intuire che quella guerra sarebbe stata un lungo e immane massacro, mente molti suoi contemporanei credevano allora che si sarebbe risolta in breve tempo e senza grandi danni…