Ora, sopra i viali di Varsavia,
nasce l'alba. Tu che sei nei cieli
guardi i fiori e le macerie,
guardi il sangue, la primavera. Nulla
può forzare il tuo volere,
né bestemmie, né preghiere.
la belva non ha più limiti,
e l’ingiustizia
non ha confini.
Ora, accecati dal terrore
come un branco di animali, vivi
per il freddo e per la fame,
questo solo ti chiediamo:
non tentare i nostri cuori;
fanne polvere, se vuoi,
ma quest'odio, questo male,
no, non farlo entrare in noi.
nasce l'alba. Tu che sei nei cieli
guardi i fiori e le macerie,
guardi il sangue, la primavera. Nulla
può forzare il tuo volere,
né bestemmie, né preghiere.
la belva non ha più limiti,
e l’ingiustizia
non ha confini.
Ora, accecati dal terrore
come un branco di animali, vivi
per il freddo e per la fame,
questo solo ti chiediamo:
non tentare i nostri cuori;
fanne polvere, se vuoi,
ma quest'odio, questo male,
no, non farlo entrare in noi.
envoyé par Bernart Bartleby - 23/3/2014 - 15:26
Ringraziamo B.B. per averci reso disponibile questo concept album, con i testi, ma anche con didascalie e immagini complete e ben dettagliate
CCG staff - 23/3/2014 - 17:23
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[2013]
Scritta da Umberto Fiori e Tommaso Leddi degli Stormy Six
Dallo spettacolo “Benvenuti nel ghetto” realizzato dal gruppo insieme a Moni Ovadia, in occasione dei 70 anni dall’insurrezione del ghetto di Varsavia.
“Eppure - chissà - là dove qualcuno resiste senza speranza, è forse là che inizia la storia umana, come la chiamiamo, e la bellezza dell’uomo.” Yannis Ritsos / Γιάννης Ρίτσος, frammento da “Ελένη”, 1970.
Tra l’aprile e il maggio del 1943 gli ebrei del ghetto di Varsavia — uomini e donne, vecchi e bambini — si ribellavano alla violenza delle SS e tenevano loro testa, armi in pugno, per quasi un mese. Si tratta del primo episodio di resistenza armata contro i nazisti; un episodio tanto più significativo perché a esserne protagonisti — in condizioni di disperata inferiorità militare e di quasi totale isolamento — sono le vittime designate della persecuzione razzista e del genocidio, i "subumani senza onore" dai quali le truppe di Hitler si attendevano solo viltà e sottomissione. Le undici canzoni del disco, scritte in occasione dell’anniversario, rievocano lo storico episodio da diverse angolature.
1. Canzone del tempo e della memoria
2. Canto dei sarti ebrei della Wehrmacht
3. Devarìm (dal Deuteronomio)
4. Umschlagplatz
5. Benvenuti nel ghetto (Cocktail Molotov)
6. Mordechai Anielewicz
7. Mein name ist Stroop, durch zwei ‘o’
8. Viene un giorno (da Malachia)
9. Il sole sottoterra
10.Es gibt
11.Invocazione
Nell'Invocazione conclusiva gli abitanti del ghetto, sconfitti ormai e avviati allo sterminio, si rivolgono a un Dio altissimo e lontano, che contempla con occhio apparentemente imperturbabile tanto i massacri quanto i fiori che sbocciano. La loro preghiera non pretende vendetta, nemmeno giustizia; chiede - disperatamente - che il male subito non li contamini, non li renda simili ai loro carnefici.
Lungi da me suggerire improponibili parallelismi, ma tuttavia credo che un’invocazione come questa dovrebbe essere letta anche da molti ebrei di oggi, integralisti seguaci dell’idea della “Grande Israele”, fan di personaggi come Sharon, Netanyahu e Lieberman, convinti che i palestinesi siano da annientare o confinare in giganteschi ghetti, come quello di Gaza... Forse il male di un tempo li ha contaminati, rendendoli pericolosamente simili a quelli che furono i carnefici del loro popolo in Europa...