Inno a Di Vittorio (Musica e versi veritieri di Giuseppe Angione su Giuseppe Di Vittorio undicenne)
Giuseppe AngioneLanguage: Italian
Di Peppino Di Vittorio
gli episodi sono tanti
mai terminerà la storia
sono assai e chissà quanti
Egli fu autodidatta
imparò da sé le cose
da una vita assuefatta
tanto a spine quanto a rose
L'Internazionale futura umanità
Io leggev' scorrevolmente
Di Vittorio sillabava
io non ci capivo niente
Di Vittorio a me spiegava
tutto il buon significato
di quel bel 'Fra contadin'
libriccin proprio indicato
per far sviluppar Peppin
L'Internazionale futura umanità
Lesse un altro libro bello
ch'era la 'Città del Sol'
di Tommaso Campanella
questo libro mi consol'
Descriveva l'avvenire
d'una nuova società
né sfruttati e sfruttatori
né ricchezza e povertà
L'Internazionale futura umanità
Tu Peppino Di Vittorio
non è vero che sei morto
tu sei vivo e vivi sempre sai perché
perché il proletariato
del terracqueo nostro mondo
pianse e mai si può scordar di te
L'Internazionale futura umanità
gli episodi sono tanti
mai terminerà la storia
sono assai e chissà quanti
Egli fu autodidatta
imparò da sé le cose
da una vita assuefatta
tanto a spine quanto a rose
L'Internazionale futura umanità
Io leggev' scorrevolmente
Di Vittorio sillabava
io non ci capivo niente
Di Vittorio a me spiegava
tutto il buon significato
di quel bel 'Fra contadin'
libriccin proprio indicato
per far sviluppar Peppin
L'Internazionale futura umanità
Lesse un altro libro bello
ch'era la 'Città del Sol'
di Tommaso Campanella
questo libro mi consol'
Descriveva l'avvenire
d'una nuova società
né sfruttati e sfruttatori
né ricchezza e povertà
L'Internazionale futura umanità
Tu Peppino Di Vittorio
non è vero che sei morto
tu sei vivo e vivi sempre sai perché
perché il proletariato
del terracqueo nostro mondo
pianse e mai si può scordar di te
L'Internazionale futura umanità
Contributed by Bernart Bartleby - 2013/12/5 - 23:00
Un episodio della vita di Giuseppe Di Vittorio, custodito gelosamente dai miei nonni prima, dai miei genitori e da me poi, solo per paura delle ritorsioni da parte dei fascisti, abbiamo taciuto. Don Peppino, per gli amici doveva uscire dal carcere di Turi e non sapeva dove fermarsi a dormire. Nella città di Bari la madre la moglie e la figlia di pochi anni lo aspettavano in un albergo di via Sparano, una carrozza da Bari vola verso Turi, preleva Don Peppino e si dirige di corsa a Bari, una fermata all'albergo e poi via verso la periferia...C'è altro da raccontare.
Anna Sciacovelli - 2014/8/7 - 18:38
Buona sera Anna,
leggo solo ora il suo intervento dello scorso agosto...
Se "c'è altro da raccontare" perchè non ce lo racconta, sempre che Lei lo valuti possibile ed opportuno?
Grazie
Un saluto
leggo solo ora il suo intervento dello scorso agosto...
Se "c'è altro da raccontare" perchè non ce lo racconta, sempre che Lei lo valuti possibile ed opportuno?
Grazie
Un saluto
Bernart Bartleby - 2015/2/8 - 20:28
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Trovata sull’Archivio Sonoro di Puglia
Fu lo stesso autore a trascrivere il testo di questa canzone nel 1973. L’anno seguente fu raccolta a Cerignola dai ricercatori Giovanni Rinaldi e Alberto Vasciaveo e poi inclusa nel volume di Rinaldi e Paola Sobrero intitolato «La memoria che resta. Vita quotidiana mito e storia dei braccianti nel Tavoliere di Puglia», Foggia, 1981
La registrazione originale è presente nel disco intitolato “Il sole si è fatto rosso. Giuseppe Di Vittorio” pubblicato da I Dischi del Sole nel 1978.
I libri citati nella seconda strofa, quelli che Di Vittorio ragazzino, abbandonata la scuola elementare, era solito leggere e farne partecipi i suoi giovanissimi compagni lavoro e di fatica nei campi sono «La città del sole», che il filosofo, teologo, poeta e frate domenicano Tommaso Campanella scrisse nel 1602 ispirandosi alla «Repubblica» di Platone, e «Fra contadini. Dialogo sull’anarchia», trattato che l’anarchico Errico Malatesta scrisse intorno al 1883.
«Eravamo coetanei e frequentavamo la scuola elementare, a Cerignola. Un giorno il maestro, Arcangelo Perreca, ci raccomandò di presentarci il pomeriggio puliti e ben vestiti, perché si sarebbe fotografata tutta la classe. Le nostre mamme ci vestirono a festa ma quella di Di Vittorio – egli era orfano di padre – dovette limitarsi a rattoppargli l’unico vestito a lavarlo ed a tosargli i capelli con le forbici. Ne era risultata una tosatura tutta a scale. Quando la madre lo accompagnò a scuola, il bambino non voleva entrare in classe, si vergognava. Il maestro capì, lo prese per mano e lo portò dal barbiere di fronte che gli tosò la testa con la macchina ed il rasoio. Sulla fotografia la sua testa era in mezzo alla classe come uno specchio. Di Vittorio fu promosso, come me, però in terza non ci trovammo. A soli 9 anni Di Vittorio era costretto ad andare a lavorare in campagna per guadagnare l’equivalente di un chilo di pane. […] Ci ritrovammo io e Peppino a spezzare le zolle nel seminato, a cinque chilometri verso Foggia. […] Partivamo alle tre da Cerignola per trovarci sul lavoro all’alba. Eravamo una ventina di ragazzi. Qualcuno veniva senza pane. Per evitare che ci rubassimo il pane fra di noi, Di Vittorio aveva ottenuto che mettessimo tutto il pane in comune e che ce lo dividessimo a mezzogiorno. Si cessava il lavoro al tramonto ed arrivavamo a Cerignola quando accendevano i lumi a petrolio. La vita era troppo dura. Una sera, per istrada, Di Vittorio ci riunì e ci disse: “Ragazzi, domani dobbiamo cessare il lavoro alle 15”. Così facemmo. Di Vittorio si procurò un orologio ed alle 15 lasciammo il lavoro e l’assistente. Questi ci licenziò. Di Vittorio per istrada ci riunì e decidemmo di continuare ad andare a lavorare. La domenica il padrone non voleva pagarci. Andammo con Di Vittorio dal commissario e riuscimmo non solo ad essere pagati, ma a continuare il lavoro finchè non fosse ultimato, ed il tempo per il ritorno in città ci veniva riconosciuto come tempo di lavoro. […] Creato il circolo, una sera ci disse: “Ragazzi, la prima cosa che dobbiamo fare è di chiedere la scuola serale”. Eravamo circa 500 ragazzi organizzati e tutti uniti andammo a gridare sotto le finestre del municipio. Di Vittorio fu diffidato dal sindaco, ammonito dal commissario, ma tutte le sere la cagnara si ripeteva. Ci volevano persino chiudere il Circolo. Però, dopo quasi un anno di lotta, avemmo la scuola serale.»
(Testimonianza di Giacinto Battaglino, citata in «Di Vittorio “maestro”. Le parole, il sapere, le idee», a cura di Maurizio Lembo e Dario Missaglia, 2007)