U pane ch'i tessere
Ne puteve esse
I femmene ustenate
U munucipie hanne sfasciate
U ventitre d'aprele
È succisse 'na ruine
I femmene ustenate
U munucipie hanne sfasciate
U sineche de Lucere
S'è chiuse 'nd'o stepone
Ha parlate o telefone
E venete u battaglione
E 'n ce ha fatte 'mpressione
E venete a cavallerie
Ce ha fatte cumpagnie
U pane ch'i tessere
Ne puteve esse
I femmene ustenate
U munucipie hanne sfasciate
Ne puteve esse
I femmene ustenate
U munucipie hanne sfasciate
U ventitre d'aprele
È succisse 'na ruine
I femmene ustenate
U munucipie hanne sfasciate
U sineche de Lucere
S'è chiuse 'nd'o stepone
Ha parlate o telefone
E venete u battaglione
E 'n ce ha fatte 'mpressione
E venete a cavallerie
Ce ha fatte cumpagnie
U pane ch'i tessere
Ne puteve esse
I femmene ustenate
U munucipie hanne sfasciate
Contributed by Bernart Bartleby - 2013/12/2 - 22:54
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Nel 1978 il ricercatore Giuseppe Di Benedetto raccolse a Lucera queste strofe che si riferiscono alla rivolta popolare del 23 aprile 1917.
Testo e introduzione trovati sul sito dell’Archivio Sonoro della Puglia
Una canzone che conferma quanto combattive fossero le donne pugliesi, quelle del foggiano in particolare, che molti anni dopo i fatti qui descritti furono protagoniste, nel 1950, di un’analoga rivolta raccontata in Il 23 di marzo che giorno di coraggio.
A Lucera il 23 aprile 1917 una sommossa di popolane portò alla caduta del governo cittadino. Le donne, a centinaia, invasero palazzo Mozzagrugno per protestare conto l’introduzione di una tessera che restringeva a poche centinaia di grammi la razione di pane e di farina. Contro questa imposizione, dettata dalle ristrettezze determinate dalla Prima guerra mondiale, le donne allestirono il moto di protesta spontanea. Un centinaio le donne arrestate e messe sotto processo. Un evento rimasto nella memoria orale collettiva di intere generazioni dei lucerini. Il sindaco dell’epoca - che le cronache giornalistiche ricordano essere stato leggermente ferito al capo - secondo voci popolari, fu costretto addirittura a rifugiarsi in un armadietto per sfuggire all’ira delle popolane, come recitano le strofe in dialetto lucerino del testo riprodotto più avanti. L’episodio non è stato mai affrontato con uno studio apposito sulle fonti storiche dell’epoca.
Aggiungo che il 1917 fu l’anno delle rivolte del pane in tutta Italia e, nel corso della repressione che le accompagnò, il tributo di sangue più alto fu quello pagato dai torinesi, una cinquantina di morti ed un numero imprecisato di feriti ed arrestati. Anche a Torino (come a Lucera, come a Massa Lombarda, come a Castel Bolognese) protagoniste della rivolta furono le donne, che fronteggiarono i soldati intimando loro, Prendi il fucile e gettalo per terra (Gran Dio del cielo)!:
(da Agosto 1917: La rivolta di Torino, in «Proletari senza Rivoluzione», di Renzo Del Carria, 1977)