Lingua   

La carità ddomenicana

Giuseppe Gioacchino Belli
Lingua: Italiano (Laziale Romanesco)


Giuseppe Gioacchino Belli

Lista delle versioni e commenti


Ti può interessare anche...

Ninna nanna nanna ninna
(Claudio Baglioni)
Le risate der Papa
(Giuseppe Gioacchino Belli)
La vita dell’Omo
(Giuseppe Gioacchino Belli)


‎[1836]‎
Versi del grande poeta romano dai “Sonetti romaneschi”.‎
Musica di Adriano Bono, dallo spettacolo “Adriano Bono e La Banda De Piazza ‎Montanara”, da cui è stato tratto anche un disco intitolato “996 vol.1 – I Sonetti romaneschi di G. G. ‎Belli”.‎

Gioacchino ‎Belli
Gioacchino ‎Belli

996 vol 1

‎“Un sonetto dedicato a quello che all'epoca del Belli era uno degli apparati repressivi e di controllo ‎sociale più efficienti e terrificanti a disposizione dello Stato Pontificio: la Congregazione della ‎sacra romana e universale Inquisizione , anche detta Sant'Uffizio . Erede diretta dell' Inquisizione e ‎antenata della Congregazione per la Dottrina della Fede il suo compito principale era quello di ‎mantenere e difendere l'integrità della fede, e per fare questo non esitava a ricorrere alla tortura e ‎alla pena capitale pur di salvare le anime di eretici, streghe e dissenzienti vari dalla dannazione ‎eterna, e il resto della comunità dei fedeli dalla possibilità di essere da questi influenzati, corrotti e ‎contaminati. Proprio appuntandosi alla leggerezza con la quale l'inquisitore commina queste pene a ‎fin di bene mentre gusta la sua colazione, il parlante, e attraverso lui il poeta stesso, denuncia con ‎sdegno e sarcasmo l'assurdità di una istituzione che davvero doveva sembrare assolutamente ‎anacronistica (anche per i tempi) e profondamente illiberale.” ‎‎(Adriano Bono)
M’è stato detto da perzone pratiche
che nun zempre li frati a Ssant’Uffizzio
tutte le ggente aretiche e ssismastiche
le sàrveno (1) coll’urtimo supprizzio.‎

Ma, ssiconno li casi e le bbrammatiche
pijjeno per esempio o Ccaglio o Ttizzio,‎
e li snèrbeno a ssangue in zu le natiche
pe cconvertilli e mmetteje ggiudizzio.‎

Lí a sséde (2) intanto er gran inquisitore,‎
che li fa sfraggellà ppe llòro bbene,‎
bbeve ir (3) zuo mischio e ddà llode ar Ziggnore.‎

‎«Forte, fratelli», strilla all’aguzzini:‎
‎«libberàmo sti fijji da le pene‎
de l’inferno»; e cqui intiggne li grostini.‎

inviata da Bernart - 30/10/2013 - 12:50


Note autografe di Belli, dai Sonetti ‎romaneschi:‎

‎1 - Salvano.
‎2 - A sedere.
‎3 - Ir per «il»: sforzo di parlar gentile, dicendosi veramente dai Romaneschi er.‎

Note di spiegazione del testo:

‎- : si riferisce ai frati Domenicani, da vecchia data incaricati ‎di condurre le attività dell'istituzione.
‎- coll’urtimo supprizzio: la condanna a morte per eresia.
‎- pe cconvertilli e mmetteje ggiudizzio: per convertirli alla vera fede e farli quindi ‎rinsavire.
‎- bbeve ir zuo mischio: il frate domenicano che dirige le operazioni di tortura, mentre ‎incita i confratelli, fa comodamente colazione con caffèlatte (il mischio) e crostini (l'equivalente dei ‎cornetti o dei biscotti delle prime colazioni odierne).‎

Bernart - 30/10/2013 - 12:51




Pagina principale CCG

Segnalate eventuali errori nei testi o nei commenti a antiwarsongs@gmail.com




hosted by inventati.org