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Armenian Persecution

Integrity
Langue: anglais


Integrity

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(Radiodervish)
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(Stephan Takvoryan)


[1996]
Lyrics by Dwid Hellion
Testo di Dwid Hellion

Armenia, 1915. Հայաստան, 1915.
Armenia, 1915. Հայաստան, 1915.


Sperando che anche questo sito non abbia prima o poi a ricevere le consuete vibrate proteste del governo turco, dato che in Turchia la questione è tuttora pressoché tabù, o quantomeno ridotta ai minimi termini, inseriamo nelle CCG/AWS la prima canzone che siamo riusciti a reperire sul massacro, o meglio sul genocidio, degli armeni perpetrato a partire dal 1915 nella Turchia prima del morente Impero Ottomano, e poi dei "Giovani Turchi". Per una storia più dettagliata di tale avvenimento si rimanda a questo sito in italiano, davvero ben fatto nella sua sinteticità. Sul genocidio armeno ricercheremo ovviamente altre canzoni, soprattutto per l'appena istituito (e doveroso) percorso concernente tale terribile e vergognoso e dimenticato episodio. A tale riguardo si rimanda anche al completissimo lemma di en.wikipedia sul genocidio armeno, che contiene preziose indicazioni al riguardo. [RV]
All I can think about is revenge
The slaughhter inside my head never ends
And to all who deny this sin
baba eed janed cach-men
Ethnic genocide
On million died
Cries went unheard in 1915
No one remembers, no one believes
Some Turks deny, but they fucking lie
America knew, but as usual
They just stood by and listened to the cries...
Why interfere? There`s no money here
Who are the Armenians...fucking cares if they`re alive
Who cares if they sucking survive?
Forced in the desert and into sandy graves
Children were murdered while their mothers were raped
Babies were thrown in the air and impaled on swords
Nothing but death from the Turkish hordes
Dispersal took place some Armenians escaped
Most met a cruel end
Now we are few but we`ll always be true
To the Armenians that we will defend
First they were bound, then split with an axe
They juggled their heads and the Turks laughed
Set on fire like human torch
Many were nailed alive to the floor.

envoyé par Riccardo Venturi - 22/8/2006 - 11:34




Langue: italien

Versione italiana di Riccardo Venturi
22 agosto 2006
LA PERSECUZIONE DEGLI ARMENI

Tutto quel che so pensare è vendetta,
il massacro non finisce mai nella mia testa
e a tutti coloro che negano questo peccato
baba eed janed cach-men
genocidio etnico
su milioni di morti
le grida non furono udite nel 1915
nessuno ricorda, nessuno ci crede
qualche turco nega, ma è uno stronzo bugiardo
l’America lo sapeva, ma come sempre
si mise là soltanto a ascoltare le grida…
Perché interferire ? Laggiù non c’è denaro,
chi sono gli armeni… ? Cazzo ce ne frega se sono vivi,
e chi cazzo se ne frega se sopravvivono ?
Spinti a forza nel deserto e in tombe di sabbia
i bambini furono uccisi mentre le madri erano stuprate
i neonati erano lanciati in aria e infilzati con le spade
soltanto morte dalle orde turche
si ebbe la diaspora, degli armeni sfuggirono
i più trovarono una tragica morte
ora siamo pochi ma resteremo sempre fedeli
agli armeni che noi difenderemo
prima erano legati, poi squartati con un’ascia
i turchi giocavano con le loro teste e ridevano
li bruciavano come torce umane
molti furono inchiodati vivi al pavimento.

22/8/2006 - 12:03




Langue: français

Version française de Riccardo Venturi
22 août 2006
LA PERSECUTION DES ARMENIENS

Tout ce que j’arrive a penser, c’est la vengeance,
le massacre n’a jamais fin das ma tête
et à tous ceux qui nient ce péché
baba eed djaned catch-men
génocide ethnique
sur des millions de morts
les cris ne furent pas entendus en 1915
personne ne se souvient, personne n’y croit
quelques turcs nient, mais ce n’est que des sales menteurs
l’Amérique le savait, mais comme d’habitude
elle ne fit qu’écouter les cris…
Pourquoi se mêler ? Il n’y a pas d’argent là-bas,
qui sont-ils, ces arméniens ? on s’en fout s’ils sont vivants,
on s’en fout carrément s’ils survivent…
Poussés dans le désert, dans des fosses de sable,
les enfants furent tués tandis que leurs mères étaient violées
les bébés étaient lancés dans l’air et enfilés d’un coup d’épée
ce n’était que la mort qui venait des hordes turques
il y eut la diaspora, des arméniens échappèrent
la plupart d’eux périrent tragiquement
nous sommes peu nombreux maintenant
mais nous resterons toujours fidèles
aux arméniens que nous allons protéger
d’abord, ils étaient liés, puis écartélés à la hache
les turcs jouaient avec leurs têtes et riaient
et les brûlaient comme des torches vivantes
beaucoup d’eux furent cloués vivants au sol.

22/8/2006 - 12:18


Perche' un percorso sul genocidio armeno ???
Anomalo direi...
(DuoSiciliano)

Anomala mi sembra piuttosto questa domanda...[RV]

16/1/2008 - 00:28


Beh...gli armeni sono stati uccisi da un neogoverno "laico"
per la loro fede religiosa. Perche' non uno sui 50.000 massacrati in Vandea ?
(DuoSiciliano)

Il genocidio armeno è iniziato nel 1915, quando ancora era in piedi l'Impero Ottomano e i "Giovani Turchi" di Kemal Atatürk ancora non avevano preso il potere (lo avrebbero preso nel 1922/23). Le motivazioni del genocidio armeno, ad ogni modo, sono soltanto superficialmente riportabili a motivi "religiosi", ma capisco che questo fa comodo a chi non vuol perdere un'occasione per dare una lucidatina allo "scontro di civiltà".

Questo per quanto riguarda il genocidio armeno. Purtroppo il riferimento alla Vandea mi ricorda un po' troppo da vicino certe argomentazioni di una persona che qui dentro, e da un po' di tempo, non è più minimamente gradita. La stessa persona che si permetteva di scrivere cose del genere su Indymedia, facendo nomi e cognomi. Ad ogni modo, questo sito ospita fin dai suoi primissimi inizi una canzone la cui origine risale proprio alla repressione dei moti di Vandea: Vive la République, Vive la Liberté. [RV]

Riccardo Venturi - 16/1/2008 - 20:51


A parte il fatto che non ho il piacere di conoscere la persona sopra riportata e non voglio nessuno scontro di civilta', condivido a pieno il tuo commento della canzone. Ricordo anche che una delle rare testimonianze giuntaci su quel massacro fu' il precomunista Babeuff che si schiero' in difesa degli insorti contro la convenzione con l'opera "La Vandea e il sistema di spopolamento". Saluti allo staff
(DuoSiciliano)

La notizia che non hai nulla a che fare con quella persona mi rende sinceramente felice, e ti chiedo altrettanto sinceramente scusa per aver nutrito qualche sospetto. Il problema è che, a volte, questo sito si è trasformato in una specie di "palestra" per follie varie, e quindi abbiamo ed ho la propensione ad un un minimo di accortezza. Tutto qui e "incidente" chiuso. Per quanto riguarda la Vandea, devo dire: non esiste nessuna strage più "accettabile" delle altre, nessun genocidio che non sia altro che un genocidio. Armeno o vandeano che sia. Il problema della presenza maggiore di certi argomenti, qui dentro, rispetto ad altri è un problema strettamente inerente alle canzoni. Se trovi per caso delle canzoni che parlano della Vandea senza che questa sia presa ad alcun pretesto, saranno senz'altro inserite. Non abbiamo avuto nessun problema nel trattare la rivolta ungherese, l'occupazione del Tibet, le stragi staliniste, il genocidio cambogiano; siamo diventati una specie di punto di riferimento per le discussioni sulla "guerra al brigantaggio" nell'Italia postunitaria, argomento quasi "tabù"; non vedo quindi perché dovremmo averne nel parlare della Vandea. Però con una precisazione onesta e necessaria: qui dentro non sono più accettate canzoni provenienti da aree e gruppi di estrema destra. L'obiettività totale è impossibile, non siamo la neutrale Wikipedia, abbiamo un orientamento generale che intendiamo rispettare (nonostante le differenze ideologiche anche forti tra i vari amministratori) e non desideriamo creare confusioni né con gli altri, né con noi stessi. Le confusioni non fanno mai bene. Saluti! [RV]

17/1/2008 - 00:34


ciao sono beatrice a me piace molto questa canzone xk trasmette tanto e soprattutto ti fa riflettere. beh io vi invito anche solo a leggere le parole xk sono molto forti, ma è quello che realmente è successo in Armenia, che non ha mai ottenuto l'indipendenza xk i turchi ritenevano l'Armenia una città sviluppata sotto il profilo economico. E vi invito a vedere la "MASSERIA DELLE ALLODOLE" xk è un film molto forte, ma ti fa riflettere molto a cosa è successo in Armenia, xk io non ho mai sentito parlare del genocidio armeno, ma da una parte grazie al film ho capito realmente cos'è. bea

bea - 1/6/2010 - 17:44


Here is a list of musical works dedicated to the Armenian Genocide and related events:

Alexander Spendiaryan, "Take, O Armenia", opus 27, concert aria (1915, words by H. Hovhannisian)
Komitas, "Children's Prayer" (1915),
Romanos Melikian, "Zmrukhti", song cycle, (1916-1918),
Alexander Arutiunian, "Poem about the Armenian People", (1961, words by Gevork Emin),
H. Stepanian, "The Great Crime", oratoria (1964, words by Paruyr Sevak),
G. Hakhinyan, "II symphony" (1975, words by Paruyr Sevak),
Harutiun Dellalian, "The Death", symphonic poem (1978),
"A Memorial to the Martyrs", requiem cantata, by Harutiun Dellalian, Georges Garvarentz and Gostan Zarian (1984),
Yervand Yerkanyan, "The Voice of Victims", symphony (1984),
Loris Tjeknavorian, "Requiem on Memoriam of Perished People", symphonic work (1974),
E. Hayrapetyan, "Oratoria - 1915" (1977),
Aram Khachaturian, "Vorskan akhper", arrangement for the II Symphony (by Avetik Isahakian),
H. Berberian, "Requiem aeternam" (by Yeghishe Charents),
Scott Giles, Symphony No. 81, "1915"
Alan Hovhaness, "Khorhurd Nahatakats",
Petros Ovsepyan, "Down below" (2008)
Artin Poturlyan, "A handful of ash from your ashes..." for harp (2000),
Charles Aznavour, "Ils sont tombés", song (1976),
Eduard Baghdasaryan, Soundtrack for the "Dzori Miro" movie (ArmenFilm),
Krematorij, "Sebastia", song (by Armen Grigoryan), 1986,
Scars On Broadway, "Exploding/Reloading" Scars on Broadway (album)
System Of A Down, "PLUCK", rock composition (1998),
System Of A Down, "Holy Mountains" Hypnotize (album)
System Of A Down, "Deer Dance" toxicity (album)
Integrity, "Armenian Persecution" Systems Overload (album)
Daniel Decker and Ara Gevorgyan, "Adana", composition (2005),
Diamanda Galás, "Defixiones, Will and Testament: Orders from the Dead", album (2003).


http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_m...

DonQuijote82 - 15/10/2011 - 18:05


ARMENI E CURDI UNITI PER L'AUTODETERMINAZIONE

(Gianni Sartori)

Capita ancora ogni tanto. Meno spesso di prima, ma capita.

Qualcuno “che ha studiato” – non avendo evidentemente altri argomenti per screditare la strategia adottata dai curdi in Rojava – tira fuori dal cappello la questione degli Armeni. Ed è anche capitato che mi venissero a citare una vecchia intervista del 2006 a Baykar Sivazliyan, armeno, docente universitario autore di numerosi libri sia sugli armeni che sui curdi (con cui è in ottimi rapporti da sempre).

Peccato che nell’intervista in questione le affermazioni di Baykar non andassero esattamente in quella direzione. Al contrario, intendeva riconoscere al Parlamento curdo in esilio – che aveva espresso un rammarico sincero – il merito storico di aver denunciato le responsabilità di alcuni curdi (una conseguenza indiretta dell’organizzazione feudale curda dell’epoca) nel genocidio degli armeni. Fornendo, quantomeno, una conferma delle ben più pesanti responsabilità turche (una “chiamata in correo” diciamo). Del resto -spiegava Baykar Sivazliyan – non è che agli armeni interessi condannare tutti i turchi odierni “a prescindere” per quello che hanno fatto i loro antenati. Si tratta invece di riconoscere, ammettere una buona volta le responsabilità dello Stato e dei dirigenti turchi dell’epoca.

E magari chiedere anche scusa, già che ci siamo.

Come lo so? Semplicemente perché conosco Baykar da anni e l’intervista citata a sproposito era una delle mie.*

La questione ora rischia di riproporsi e quindi mi sembra opportuno anticipare eventuali rimostranze.

Mentre gli armeni del Nagorno-Karabakh sono costretti ad abbandonare le loro case e mentre si profila il pericolo concreto di un ennesimo etnocidio (culturale, ma non solo) per mano degli azeri con il sostegno di Ankara, da più parti vengono lanciati appelli per “salvare gli Armeni di Artsakh”.

Ottimo, anche se tardivo. Purché non rimanga solo un benevolo auspicio.

Altri, i curdi per esempio, non avevano aspettato tanto per esprimere la loro concreta solidarietà al popolo armeno. Coerentemente con la pacifica convivenza sperimentata sia in Anatolia che nel Caucaso per millenni. Una convivenza incrinata soltanto all’epoca delle guerre turco-russe, propedeutiche agli eventi del 1915. Se ancora oggi qualche armeno rinfaccia ai curdi (o meglio, a una parte dei curdi) il ruolo di collaborazionisti nel genocidio non ha tutti i torti. Così come qualche curdo non dimentica altre ingiustizie subite – magari di minor gravità  – per mano degli armeni (e degli azeri ovviamente). Ossia la deportazione di centinaia di migliaia di curdi dal “Kurdistan Rosso” quando si spartirono la regione.

Ribadisco. Attualmente i curdi, la stragrande maggioranza dei curdi, si rammarica profondamente per il ruolo di alcuni esponenti del loro popolo nel genocidio ordito dal regime ottomano. Collaborazione che comunque avvenne in aperto contrasto con quanto richiesto dai notabili curdi riuniti nel Movimento Xoybun (di cui facevano parte anche molti armeni) che auspicava un Kurdistan indipendente a fianco di uno Stato armeno.

Curdi e armeni, due popoli perseguitati, forzatamente minorizzati, sia massacrandoli direttamente, sia frantumandoli tra vari stati. Come i curdi vengono perseguitati (principalmente da Ankara, ma anche Teheran non scherza) sia in Bakur che in Rojava e Rojhilat (e anche in Bashur naturalmente, talvolta con la colpevole complicità di altri curdi), così gli armeni oggi si ritrovano sottoposti alla doppia persecuzione di Turchia e Azerbajian.

Per quanto riguarda i curdi, un caso limite è quello di Afrin, il cantone curdo contro cui nel 2018 si erano scatenate le milizie mercenarie siriane e jihadiste alleate dell’esercito turco. Specularmente all’odierna tragedia del Nagorno-Karabakh, così da Afrin si snodavano altre interminabili colonne di profughi scacciati dalle loro case. Oggi Afrin è completamente sotto il controllo turco e le bande jihadiste vi impongono la sharia, esautorando completamente il Confederalismo democratico (pluralista,femminista , ecologista) che i curdi avevano applicato.

Un modello, per inciso, valido universalmente, non soltanto per i curdi.

Su chi possono contare ora come ora curdi e armeni? Soltanto su loro stessi probabilmente, dato che gli stati (quelli europei compresi) non manifestano particolare allarme per quanto sta avvenendo (almeno finché gli eventi non dovessero turbare i loro interessi). E’ comunque altamente auspicabile che al fianco di armeni e curdi si vadano schierando quanti credono ancora nell’autodeterminazione dei popoli. Così come è auspicabile che dalla comune lotta contro l’oppressione, rinasca una forte, sincera alleanza tra curdi e armeni. Un’alleanza in grado di lenirne, rimarginarne definitivamente le reciproche ferite.

Gianni Sartori

* nota 1.http://www.arivista.org/riviste/Arivis...

Gianni Sartori - 22/11/2020 - 09:09


TU QUOQUE, ARMENIA ?

Gianni Sartori

Cosa dire? Semplicemente uno schifo.

Il mese scorso (ma la conferma è solo di questi giorni) l’Armenia ha estradato Leheng e Alişer, due esponenti delle HPG (Forze di Difesa del popolo, braccio armato del PKK), verso la Turchia. Falsamente Ankara l’aveva mascherato come il risultato di un’operazione del MIT (i servizi segreti turchi) nel campo per rifugiati di Makhmour (nel Kurdistan del sud).

Nel comunicato delle HPG si legge che “i compagni Leheng et Alişer avevano incontrato i soldati dello Stato armeno nella zona di frontiera con l’Armenia nell’agosto del 2021 e avevano agito con prudenza per evitare situazioni negative”.

Quindi i due curdi venivano arrestati e imprigionati. A seguito di un contenzioso giuridico davanti alla Corte d’appello avevano ottenuto un verdetto favorevole alla loro rimessa in libertà il 23 febbraio 2022. Ma invece di essere liberati venivano prima prelevati e trattenuti dai servizi segreti armeni e poi, circa un mese fa, estradati in Turchia.

Secondo le HPGl l’Armenia avrebbe “violato le norme giuridiche internazionali e le stesse proprie leggi”.

Il comunicato prosegue denunciando che trattare in questo modo “dei rivoluzionari che lottano per l’esistenza e la libertà del loro popolo, consegnandoli allo Stato turco è una vergogna per l’Armenia”.

In precedenza, il 14 settembre, l’ufficio stampa delle HPG aveva già segnalato l’estradizione di altri due curdi dall’Irak verso la Turchia. Smentendo anche in questo caso la versione ufficiale di Ankara, ossia che si trattava di “brillanti operazioni esterne” del MIT a Makhmour.

Tali episodi risultano particolarmente disgustosi se pensiamo allo stillicidio di prigionieri politici curdi che in carcere perdono o si tolgono direttamente la vita. In molti casi ritengo si dovrebbe parlare di “suicidio indotto” se, come confermano diverse testimonianze, dopo aver subito maltrattamenti e torture, quando rientrano in cella i prigionieri rischiano di trovare un cappio già pronto.

A volte può sembrare una via d’uscita (o anche una forma estrema di protesta, l’unica consentita) per sfuggire alle sofferenze.

L’ultimo caso, per ora, è quello del venticinquenne Barış Keve, rinchiuso da una settimana in una cella di isolamento del carcere di tipo T di Malatya Akçadağ. Condannato a sei anni e tre mesi per “appartenenza a un’organizzazione terrorista”, Keve era stato arrestato a Edirne. Trasferito nella prigione di Malatya Akçadağ, veniva immediatamente posto in isolamento per “sanzione disciplinare”. Alla notizia della morte per presunto suicidio (arrivata dall’amministrazione penitenziaria nel cuore della notte il 18 settembre) il fratello del giovane defunto, ha dichiarato di avergli parlato per l’ultime volta (per telefono presumo) venerdì 16 settembre e di non aver colto nessun intento negativo in Barış.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 25/9/2022 - 11:54


IL TRADIMENTO DELL’ARMENIA NEI CONFRONTI DEI CURDI DURAMENTE STIGMATIZZATO ANCHE DA MOLTE ORGANIZZAZIONI ARMENE
Gianni Sartori


La notizia che l’Armenia aveva consegnato ai servizi segreti turchi (MIT) due militanti curdi arrestati nel 2021 è stata accolta prima con stupore e poi con indignazione da numerose organizzazioni armene, sia in Armenia che nella diaspora.

Per il deputato armeno Gegham Manukyan (esponente della Federazione Rivoluzionaria Armena) non si sarebbe “mai visto un tradimento di tale portata negli ultimi trent’anni”.

Parlando dei due curdi estradati ha detto che essi “avevano combattuto a Dersim, la regione dove molti nostri compatrioti sono stati soccorsi dai curdi all’epoca del genocidio armeno e hanno in seguito preso parte all’insurrezione di Dersim. Ora i due curdi si trovavano nel territorio della Repubblica di Armenia e sono stati prelevati e consegnati alle autorità assassine della Turchia. Uno stato - ha voluto sottolineare Manukyan - che ha attivamente preso parte alla guerra di 44 giorni contro di noi e sostiene tuttora l’aggressione dell’Azerbaigian”.

Protesta anche il Consiglio di coordinamento delle organizzazioni armene in Francia (CCAF). In un comunicato del 25 settembre si legge che il CCAF “ha preso conoscenza con stupore della consegna da parte dell’Armenia alla Turchia di due militanti curdi delle HPG che erano stati arrestati un

anno fa e poi rimessi in libertà per una decisione della Corte di cassazione”. Continua sostenendo che “niente può

giustificarequesta misura” e di attendere spiegazioni dalle autorità armene per questo atto definito “vergognoso”.

Ricorda anche che “le organizzazioni curde hanno fatto il loro dovere nei confronti della memoria storica riconoscendo e condannando il genocidio degli Armeni (a cui sotto la spinta dei Turchi parteciparono alcune tribù curde, come a suo tempo aveva onestamente riconosciuto il parlamento curdo in esilio nda) e hanno sempre manifestato la loro solidarietà nei confronti dell’Armenia e dell’Artsakh”.

Aggiungendo che le organizzazioni armene della Francia hanno sempre dato il loro sostegno “alla resistenza del popolo curdo e alla sua lotta contro lo Stato fascista turco”.

Non potrebbero inoltre mai “approvare delle misure così contrarie ai principi democratici, al diritto dei popoli e alla solidarietà che deve esistere tra popoli oppressi”.

Anche perché è facile prevedere quali conseguenze potrebbero esserci sul piano della violazione dei diritti umani, un terreno in cui la Turchia spesso si è resa responsabile di violazioni nei confronti dei prigionieri politici.

In conclusione il CCAF riafferma con forza il suo “sostegno totale alla lotta del popolo curdo”.

Da segnalare anche, da parte curda, la dura presa di posizione del KCK (Koma Civakên Kurdistanê - Unione delle comunità del Kurdistan) che qualifica la misura presa dal governo armeno di Pashinyan come “tradimento”, esortandolo a interrompere immediatamente i suoi rapporti di collaborazione con lo Stato turco, presentando le proprie scuse sia al popolo armeno che al popolo curdo.

Questo il comunicato del KCK:

“I nostri amici Leheng (Atilla Çiçek) e Alişer (Hüseyin Yıldırım) sono stati recentemente consegnati alla Turchia dallo Stato armeno. (…) Leheng et Alişer, nuovamente imprigionati dal governo armeno dal novembre 2021 (dopo che in primo tempo erano stati liberati nda) sono stati consegnati allo Stato turco con il tradimento. Con notizie false si è cercato di mascherare l’operato dello Stato armeno (inventando una cattura operata dal MIT in un campo profughi del Kurdistan del sud nda). E’ significativo che il governo armeno abbia consegnato due rivoluzionari curdi - che combattono per la libertà del popolo curdo e che si erano recati in Armenia all’interno di una operazione della resistenza - allo Stato turco nel momento in cui il territorio armeno è occupato con il sostegno della Turchia. Questo rivela chiaramente che il governo Pashinyan collaboracon lo Stato turco colonialista e genocida e con il governo fascista AKP-MHP.

Come Movimento curdo per la libertà, condanniamo fermamente il governo Pashinyan per il suo comportamento collaborazionista”.

Infatti appare evidente che - mentre le terre armene sono sotto occupazione anche grazie alla Turchia -invece di sostenere chi combatte la Turchia il governo armeno si rimette alla volontà di Ankara.

Questo gesto rappresenterebbe anche “un tradimento della lotta del popolo armeno contro il genocidio”.

In sostanza il governo Pashinyan avrebbe tradito sia la causa dei popoli in generale, sia quella del popolo armeno in particolare. Oltre a quella dei curdi ovviamente.

“La lotta per la liberazione del Kurdistan - prosegue il comunicato del Koma Civakên Kurdistanê - non è soltanto per la libertà del popolo curdo, ma anche per la libertà di tutti i popoli della regione, in particolare per quella del popolo armeno. Il popolo curdo considera il popolo armeno come suo prossimo e il paese in cui vive come una patria comune e sostiene la loro causa”.

Dopo aver evocato i reciproci “sentimenti positivi” tra i due popoli, il KCK garantisce che comunque l’operato dei collaborazionisti non potrà danneggiare l’amicizia e la fraternità tradizionali tra i due popoli. Al contrario consentiranno ai popoli curdo e armeno di “impegnarsi in una lotta comune ancora più vigorosa”.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 26/9/2022 - 20:40


MENTRE A EREVAN SI RICORDANO LE VITTIME DEL POGROM DEL 1988, IN IRAN GLI ARMENI MANIFESTANO A SOSTEGNO DELLA REPUBBLICA DELL’ARTSAKH
Gianni Sartori

All’epoca dell’attacco dell’Azerbaijan ai territori armeni della Repubblica dell’Artsakh (con il sostegno di Ankara a cui Baku fornisce un quinto delle sue importazioni di gas naturale, oltre a ingenti quantità di barili di petrolio dal Mar Caspio), era lecito aspettarsi un maggiore sostegno all’Armenia da parte dell’Iran, in linea con una certa tradizione. Magari paradossalmente, in quanto gli azeri sono in maggioranza sciiti come gli iraniani. In compenso, Israele non mancava di mostrare sostegno (fornendo droni presumibilmente) alle richieste azere, in chiave anti-iraniana. Misteri della geopolitica. Poi sappiamo che le cose andarono diversamente.
Vedi: https://www.rivistaetnie.com/nagorno-k...

Tuttavia in Iran gli armeni rimangono una minoranza tutto sommato tutelata, garantita (sicuramente più di altre, vedi curdi e beluci) e anche la causa dell’Artsakh gode ancora di qualche simpatia.
O almeno così sembrerebbe dalla notizia del recente raduno di Sourp Amenaprguitch. Nella mattinata del 24 febbraio, nonostante le condizioni atmosferiche inclementi, presto il monastero di Sourp Amenaprguitch (Santo Salvatore) di Ispahan si è tenuto un raduno di solidarietà con la popolazione armena della Repubblica dell’Artsakh (Nagorno Karabakh). Oltre alle comunità armene di Nor Jugha (Nuova Djulfa, un quartiere di Ispahan fondato dagli armeni di Djulfa nel 17° secolo) e di Shahinshahr, erano presenti molti armeni provenienti da ogni parte dell’Iran.

Numerosi gli interventi e i messaggi arrivati a sostegno alla causa della popolazione armena della Repubblica (de facto, anche se non riconosciuta in ambito onusiano) dell’Artsakh.

Quasi contemporaneamente, due giorni dopo, in Armenia venivano commemorate le vittime del massacro di Sumgaït (quartiere industriale a nord di Baku). Il Presidente armeno Vahagn Khatchatourian con il Primo Ministro Nikol Pashinyan, il Presidente del parlamento Alen Simonyan e altre figure istituzionali si sono recati al memoriale di Tsitsernakaberd a Erevan deponendo una corona e mazzi di fiori.

Il memoriale ricorda le persone uccise nei pogrom avvenuti (con la probabile complicità delle autorità azere) nel febbraio 1988 a Sumgaït, Kirovabad e Baku. Il massacro (in qualche modo un preludio alla guerra del 1992 in quanto legato alla questione del Nagorno Karabakh) sarebbe stato innescato da rifugiati azeri provenienti dalle città armene. Almeno ufficialmente. In realtà i responsabili andrebbero identificati tra i circa duemila limitčiki (operai immigrati delle fabbriche chimiche) a cui le autorità avevano distribuito alcolici in sovrabbondanza.

Se le fonti ufficiali azere parlarono soltanto di trentadue vittime, per gli armeni queste furono centinaia. Addirittura millecinquecento secondo il partito armeno Dashnak (oltre a centinaia di stupri).

Inoltre i militari inviati per fermare i disordini impiegarono ben due giorni per percorrere i circa trenta chilometri che separano Baku da Sumgaït. Vennero arrestate centinaia di persone, ma i processi si conclusero senza sostanziali condanne.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 27/2/2023 - 11:22


ARMENIA ABBANDONATA DA TUTTI, ANCHE DALLA RUSSIA?


Gianni Sartori

Alla fine, pressata da più parti affinché intervenisse (“Russia, se ci sei batti un colpo”), Mosca ha parlato tramite il Ministero della Difesa. Accusando Baku di aver violato gli accordi sul Nagorno-Karabakh del 2020. Meglio tardi che mai, anche se la Federazione Russa appare sempre più incerta (o disinteressata?) al destino dell’Armenia, praticamente abbandonata a se stessa (quasi da tutti sia chiaro, non solo dalla Russia; con la nobile eccezione dei Curdi).
Eppure i segnali della possibilità di un ennesimo conflitto (“guerra a bassa - relativamente bassa - intensità”) non erano mancati.
Il 5 marzo si era registrato un altro scontro armato nel corridoio di Lachin (per gli azeri di Zangezur) tra Stepanakert e Goris, bloccato ormai da tre mesi da presunti “manifestanti ecologisti” azeri. La sparatoria era avvenuta tra la polizia armena e i militari azeri che avevano arbitrariamente fermato un veicolo e nonostante fosse costato la vita di cinque persone, era passata quasi inosservata.
Invano Nikol Pašinyan, primo ministro di Erevan, aveva richiesto (rivolgendosi anche al tribunale internazionale dell’Onu) l’istituzione di una missione internazionale di indagine sulla situazione in cui veniva trovarsi l’unica via di collegamento tra l’Armenia e la repubblica del Nagorno-Karabakh, ormai ridotta alla condizione di enclave sotto assedio ( con oltre 120mila persone di etnia armena sprovviste di cibo e medicinali). In base all’accordo trilaterale del 9 novembre 2020 (e riconfermato per ben due volte nel 2021 e ancora nell’ottobre 2022), alla Russia spettava il compito di controllare e assicurare i trasporti nel “corridoio” con una sua forza di Pace.
Il pretesto avanzato dai soidisant “ecologisti” azeri che da mesi bloccano il passaggio sarebbe quello di poter controllare le miniere (private, non statali) di Gyzylbulag (oro) e di Demirl (rame e molibdeno) dove gli armeni starebbero compiendo “estrazioni illegali”.
Dopo le ripetute accuse di “mancata osservanza dell’impegno di controllo”, finora da parte di Mosca erano giunte soltanto rassicurazioni verbali (dicembre 2022). Ma anche la dichiarazione che “le forze di pace possono agire soltanto quando entrambe le parti sono d’accordo”.
“Gli azeri continuano ad avanzare pretese massimaliste, senza concedere alcuna forma di compromesso” aveva denunciato Vagram Balayan, presidente della Commissione affari esteri dell’Assemblea nazionale del Nagorno-Karabakh.
Sostanzialmente in quanto Baku “non intende riconoscere l’esistenza del Nagorno-Karabakh e del popolo dell’Artsakh”.
Ossia, detta fuori dai denti “vogliono soltanto farci scomparire dalla storia”. Costringendo gli armeni a scegliere tra un’evacuazione “volontaria” e la deportazione.

Gianni Sartori


 

Gianni Sartori - 26/3/2023 - 10:17


ISTANBUL NON VUOLE CHE SI CELEBRI LA RICORRENZA DEL GENOCIDIO ARMENO


La politica turca non si smentisce. Quando si tratta di affrontare la questione del genocidio armeno del 1915 in Turchia prevale l’indifferenza o l’amnesia. Anche quest’anno, com’era prevedibile.







Gianni Sartori



Per il secondo anno consecutivo (senza contare i due precedenti sottoposti alla pandemia) l’ufficio del governatore di Istanbul ha, come previsto, deciso di proibire le commemorazioni del genocidio armeno nel distretto di Kadıköy. In quanto sarebbero “inappropriate”.

Tale decisione à stata prontamente criticata come antidemocratica dalla piattaforma della commemorazione.

Il 24 aprile per il popolo armeno non è una data qualsiasi. Quel giorno nel 1915 vennero arrestati oltre 200 intellettuali, un fatto che costituì preludio del genocidio. 





La piattaforma della commemorazione ha ricordato che in anni passati (dal 2010) l’evento si era svolto senza incidenti. In compenso, ha anche denunciato, tante manifestazioni di stampo apertamente razzista si svolgono in Turchia senza alcuna proibizione.



Niente di nuovo naturalmente.. Stessa musica dell’anno scorso si diceva.

Nel 2022una delle rare iniziative per ricordare il genocidio si era svolta in sordina nel cimitero armeno di Istanbul. Ogni altra iniziativa pubblica veniva proibita (così come l’uso del termine “genocidio”), nonostante qualche timido di normalizzazione nei rapporti tra Ankara ed Erevan.



All’epoca un deputato del Partito democratico dei popoli, Garo Paylan, aveva definito “infelice” la decisione del governatore. Aggiungendo che “la politica turca vorrebbeil nostro silenzio, ma noi continueremo a ricordare i nostri antenati”.



Per Meral Yildiz, un portavoce della piattaforma “non ci sarà mai fine a queste sofferenze. Quello che è stato fatto agli Armeni, poi ai Curdi e agli alaviti viene ora inflitto ai migranti siriani”.



Sempre nel 2022, un ulteriore segnale dell’arroganza turca era venuto dal ministro degli esteri, Mevlut Cavusoglu. In visita a Montevideo, aveva trovato ad accoglierlo una folta schiera di manifestanti armeni che lui aveva pubblicamente minacciati facendo ilsegno dei “Lupi Grigi” (organizzazione ultranazionalista, fascista, responsabile di numerosi omicidi nei confronti di dissidenti e oppositori).

Già in occasione del centenario (nel 2015) Erdogan aveva sfacciatamente (e provocatoriamente) celebrato il 23, 24 e 25 aprile per commemorare i soldati ottomani che ravveno sconfitto gli eserciti francesi, russi e inglesi nella battaglia dei Dardanelli (25 aprile 1916). Un modo per anticipare la già preannunciata risoluzione sul genocidio del parlamento di Strasburgo. Del resto proprio in quei giorni Erdogan aveva definito “deliranti” le opinioni espresse da Papa sulla tragedia armena.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 23/4/2023 - 21:08


L’attuale violenza (massacri, deportazioni…) subita dagli Armeni rievoca fatalmente il genocidio del 1915.

E se dopo il NAGORNO KARABACH dovesse toccare all’ARMENIA?


ARMENIA, O CARA…

Gianni Sartori

I bombardamenti azeri del 19 settembre avevano riportato nella cronaca un conflitto forzatamente dimenticato.

Tuttavia l’attacco di Baku contro il Nagorno Karabach e quanto poi avvenuto ai danni del popolo armeno non è calato improvvisamente dal cielo. Come avevamo ipotizzato anche qui:

https://www.rivistaetnie.com/armeni-pe...

era perlomeno probabile.

Il Nagorno Karabakh è (ormai era ) una repubblica autoproclamata (ribattezzata con l’antico nome di Artsaj) abitata in prevalenza da armeni, ma posta forzatamente all’interno dei confini dell’Azerbaigian. Dal 1991 si batteva per la propria indipendenza.

Nel conflitto del 1988-1994 la vittoria era andata agli armeni con la conseguente espulsione di migliaia di azeri.

Nella seconda guerra del Nagorno-Karabach (autunno 2020) le parti si invertirono e per oltre 40 giorni l’esercito azero si scatenò sulla popolazione civile compiendo ogni genere di efferatezze. Qualificabili come una brutale pulizia etnica.

Al punto che molti armeni in fuga riesumarono i loro cari dalle tombe e fuggirono con le bare fissate al portapacchi delle auto dopo aver incendiato la propria casa.

In realtà solo un terzo della provincia indipendentista era passato sotto il controllo di Baku, ma erano chiare le intenzioni di completare l’opera quanto prima. Nonostante la poco convinta opera di interposizione dei soldati di Mosca, soprattutto dopo che l’Armenia aveva partecipato a esercitazioni congiunte con truppe Nato (un autogol di Erevan).

Ovviamente anche all’odierna (definitiva?) sconfitta degli Armeni (anche per essere stati isolati e privati di mezzi di sussistenza da circa nove mesi) di fronte alle preponderanti forze azere, date le premesse, era fatalmente scontata.

Smantellata l’amministrazione armena della enclave ribelle, Baku ha dichiarato di volere “integrarla totalmente nella società e nello Stato azeri”.

Quanto alle voci di una possibile concessione di “autonomia”, la cosa appare piuttosto fantasiosa.

Se nell’Azerbaigian non gode di alcun riconoscimento la consistente “minoranza” Talish (una popolazione di lingua iraniana che supera il milione di persone) cosa potrebbe toccate ai circa 120mila armeni del Nagorno-Karabach? Peraltro ormai fuggiti nella quasi totalità e poco propensi a rientrare nonostante le rassicurazioni del governo di Baku.

Dal canto suo l’Unione Europea si guarda bene dall’intervenire pensando ai consistenti accordi con Baku in materia di gas.

Solidarietà al popolo armeno è stata espressa vigorosamente dal Consiglio esecutivo del Congresso nazionale del Kurdistan (KNK).

Nel comunicato ha denunciato “la tragedia umana che avviene sotto gli occhi del mondo nell’Artsakh (Alto Karabach) dove un centinaio di migliaia di Armeni sono costretti all’esilio”.

E il KNK ricordava anche le immagini terribili del 2020 con “i soldati azeri che tagliavano nasi e orecchie ai civili e vandalizzavano i monasteri”.

Ovvio il parallelismo con quanto avviene “nelle zone curde occupate dalla Turchia” (il principale alleato dell’Azerbaigian).

Ma esiste anche un altro timore, ossia che “se cade l’Artsaj, cade anche l’Armenia”.

Già nel 2020 l’Azerbaigian aveva occupato territori ufficialmente dell’Armenia nella regione di Syunik. Una lingua di terra che si frappone alla dichiarata intenzione di Turchia e Azerbaigian di unire il Mediterraneo con il Caspio via terra.

Ricordo che Turchia e Azerbaigian sono già confinanti grazie all’enclave azera di Najicheván che - coincidenza - Erdogan ha appena visitato per la prima volta.

Forse paradossalmente (visto che gli azeri sono in maggioranza sciiti come gli iraniani) l’unico paese con cui l’Armenia mantiene stabili e diretti rapporti commerciali (nel 2020 forse si s’aspettava anche sostegno militare, ma invano) è l’Iran. La perdita della regione di Syunik le sarebbe quindi fatale.

Per il KNK comunque non ci sono dubbi “Si tratta di pulizia etnica orchestrata dall’Azerbaigian e dalla Turchia., motivata dall’ambizione geopolitica pan-turca che intende riunire queste due nazioni (…). Dopo 108 anni il popolo armeno si ritrova di nuovo vittima di massacri e deportazioni orchestrati dalle forze statali animate da odio razzista verso la cultura e il popolo armeno. Di conseguenza la pulizia etnica attualmente in corso nell’Artsakh deve essere considerata come la continuazione del genocidio armeno del 1915 perpetrato dai Giovani Turchi”.

E conclude paragonando le attuali sofferenze degli armeni a quelle analogamente patite dai curdi a Shengal, Afrin e Serêkaniyê: “Nomi e vittime di questi massacri possono cambiare, ma le motivazioni rimangono identiche”.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2/10/2023 - 21:50


ABBATTUTO A COLONIA IL MONUMENTO IN MEMORIA DEL GENOCIDIO ARMENO

Gianni Sartori

Sembra proprio che in passatoi la Germania abbia fornito – non solo indirettamente – alla Turchia giustificazioni politiche e culturali per il genocidio armeno.

Ai nostri giorni invece si limita ad abbattere qualche monumento scomodo.

L’uso di stereotipi per demonizzare e criminalizzare alcune popolazioni non è stato ovviamente un’esclusiva dei tedeschi, ci mancherebbe. Resta il fatto che sia nell’ottocento che nel secolo scorso in Germania vennero impiegati metodicamente. In particolare da esponenti politici, religiosi e soprattutto dalla stampa. Non solamente contro gli Ebrei, ma anche per gli Armeni descritti (oltre che con “il naso adunco”) come “più subdoli, bugiardi, usurai e traditori degli stessi ebrei”. Questo almeno è quanto emerge dagli studi di Stefan Ihrig (direttore del Centro di studi germanici ed europei dell’Università di Haifa) (1).

In sostanza l’idea del genocidio non sarebbe apparsa improvvisamente nella mente di Mustafà Kemal (Ataturk) e soci. Tale ipotesi era già stata seminata, coltivata e innaffiata con anni di propaganda anti-armena sia nei giornali che in ambito letterario.

Tra gli scrittori va ricordato Karl May, a quanto pare fonte di ispirazione per lo stesso Hitler. Ma anche alcuni esponenti religiosi come il pastore protestante Friedrich Naumann si distinsero per opere pervase da ostilità nei confronti del popolo armeno. Al contrario un suo collega, Johannes Lepsius, aveva coraggiosamente denunciato il genocidio del 1915.

A un più alto livello, sia il Kaiser che Bismarck valutavano la “questione armena” come un problema interno dell’alleato turco. Al fine di garantirne la stabilità per ragioni economiche, militari e geopolitiche.

Come è noto la consapevolezza che i Giovani Turchi avevano potuto agire impunemente contro gli Armeni, rafforzò in Hitler l’intenzione di procedere alla stessa maniera con gli Ebrei. Annientandoli.

Si parva licet, un recente episodio (“politicamente scorretto” direi) di cancellazione della memoria storica ha riproposto la questione.

Da anni un piccolo monumento di Colonia che commemorava gli Armeni sterminati nel 1915 veniva deturpato, divelto o semplicemente spostato dall’amministrazione cittadina (vuoi con la scusa di una nuova pista ciclabile, vuoi – più onestamente – per evitare disordini). In questi giorni le autorità hanno preso la drastica decisione di rimuoverlo definitivamente. In questa città è presente una piccolissima comunità armena, ma soprattutto una ben più consistente di origine turca. Inoltre recentemente vi è stata aperta la sede dell’organizzazione nazionalista-islamica “Milli Görüs” (“Visione Nazionale”, fondata da Erbakan – il mentore di Erdogan – per riunire gli immigrati turchi in Europa) affiliata allo Stato turco. Alla fine di ottobre poi, si era svolta una marcia organizzata dai nazionalisti turchi. Tra cui l’organizzazione di estrema destra, antisemita e panturanica “Ülkü Ocakları”(“Focolare degli Idealisti”, più noti come Lupi Grigi).

Una coincidenza che il monumento sia stato smantellato dalle ruspe proprio ora?

E’ lecito sospettare (come ha denunciato il giornalista Guillaume Perrier) che questo sia “il risultato della pressione del governo turco e delle concessioni della destra tedesca”. Soprattutto pensando a come “la CDU abbia utilizzato, incoraggiato e appoggiato i Lupi Grigi e Milli Görüs per contrastare la presenza delle forze di sinistra tra i lavoratori turchi immigrati”.

Contro la decisione di rimuovere il monumento ha protestato anche la senatrice francese Valerie Boyer accusando gli amministratori di Colonia di essersi “inchinati ai nazionalisti turchi che così hanno imposto la negazione del genocidio armeno”.

Ricordo che “in compenso” (!?!) nel quartiere centrale di Colonia di Ehrenfeld nel 2018 è stata inaugurata la Moschea Centrale DITIB in grado di ospitare oltre 1200 persone. Ospiti d’onore, Erdogan e Ali Erbas, presidente del Diyanet İşleri Başkanlığı (Direttorato degli affari religiosi ). All’epoca la costruzione suscitò non poche polemiche, soprattutto per l’impatto visivo dei minareti alti circa 55 metri.

Gianni Sartori

(1) “Giustificare il genocidio. La Germania, gli armeni e gli ebrei da Bismarck a Hitler “(Guerini e associati editore)

Gianni Sartori - 24/12/2023 - 17:27


LUPI GRIGI? MOLTO MEGLIO QUELLI A QUATTRO ZAMPE

Gianni Sartori

Il gesto irresponsabile di un calciatore turco riporta alla ribalta l’inquietante presenza in Europa dell’organizzazione razzista e fascista responsabile di crimini contro dissidenti e minoranze etnico-religiose

Nonostante la loro presenza non risulti gradita in Europa (la Francia li ha messi fuorilegge, in Austria il gesto del lupo può costare un’ammenda di 4mila euri) la presenza ingombrante dei “Lupi Grigi” si è ulteriormente manifestata ai primi di luglio in quel di Leipzig durante il Campionato Europeo. Quando il calciatore Merih Demiral ha creduto di poter festeggiare il gol appena segnato contro l’Austria ostentando il simbolo dell’estrema destra turca.

Al momento secondo molti osservatori la formazione ultranazionalista e razzista costituirebbe il “maggior movimento di estrema destra presente nel territorio della Germania”. Infatti si calcola che sul territorio tedesco siano oltre 12mila. 

Il sociologo di origine curda Kemal Bozay, ricordando che “il movimento ultranazionalista e violento dei Lupi Grigi esiste in Turchia ormai da più di 50 anni”, ha precisato che anche in Germania “opera per esasperare le tensioni tra persone di origine turca e curda in contrasto con i principi della dignità umana formulati dalla legislazione tedesca”. Confermando quanto si sospettava da tempo, ossia che “negli ultimi anni le loro attività in Germania sono andate intensificandosi”.

Anche grazie a numerose organizzazioni collegate, per così dire “di copertura sociale e umanitaria”.

Tra coloro che ne richiedono l’immediata illegalizzazione, la Confederazione delle Comunità Curde in Germania (KON-MED) e la Società per i Popoli Minacciati.

Alla loro petizione si è associato il partito della sinistra tedesca Die Linke sostengo che “se in Germania un calciatore può impunemente salutare da estremista di destra, questo dovrebbe rappresentare un segnale pericoloso per il governo”.

Per Cansu Özdemir, deputato curdo di Die Linke “ il razzismo è una componente organica e centrale dell’ideologia dei Lupi Grigi”. Inoltre molti dei suoi esponenti si sono resi “responsabili di uccisioni e tentativi di assassinio anche in Germania sia contro militanti curdi che della sinistra turca”. 

Per non parlare dei numerosi attacchi contro varie associazioni e delle intimidazioni nei confronti di dissidenti della politica di Erdogan.

Volendo risalire all’origine della presenza dei Lupi Grigi in Germania (e delle complicità istituzionali), va ricordato quanto recentemente denunciava (nel corso di un’intervista a ZDF) Nikolaus Brauns. Per lo storico e giornalista tedesco “l’organizzazione “Ülkücüler”, più conosciuta come “Bozkurtlar” (Lupi Grigi), aveva potuto insediarsi in Germania grazie ai servizi segreti tedeschi per contrastare il ruolo di avanguardia ricoperto dai lavoratori migranti turchi e curdi nel corso degli scioperi degli anni settanta”.

Rievocando in particolare gli incontri tra Franz Josef Strauß (1915-1988) e l’ex vice-Primo ministro turco Alparslan Türkeş. In una riunione del 1978 tra i rappresentati tedeschi e quelli turchi veniva programmata una collaborazione “contro il comunismo in Turchia e in Germania”.

In tali occasioni - stando alle dichiarazioni di Nikolaus Brauns - Franz Josef Strauß avrebbe fatto precise promesse a Alparslan Türkeş. Poi mantenute. Per esempio mettendo a disposizione, grazie alla disponibilità di consiglieri comunali della CDU (Christlich demokratische Union, partito democristiano gemello della CSU - Christlich-soziale Union - di Strauß) la sede per la fondazione della Federazione turca (una delle prime “vetrine politiche” legali dei Lupi Grigi) in Germania.

Tra gli episodi più recenti che avrebbe dovuto perlomeno inquietare l’opinione pubblica e le istituzioni tedesche, la vera propria “caccia all’uomo” (anzi, al bambino) lanciata dai Lupi Grigi su Telegram. Dopo che un ragazzino aveva osato strappare dalle loro mani una bandiera turca (esposta da una delle auto di un corteo a Sarrebruck) per protestare contro la reiterata ostentazione del simbolo dei Lupi Grigi da parte dei tifosi turchi. Con la pubblicazione di foto, indirizzo, numero di telefono, luoghi frequentati dal ragazzo…) e con l’esplicito invito a “punirlo”.

I fatti. Nel corso della partita tra Turchia e Georgia (fine giugno) i sostenitori della squadra turca, riuniti in varie città tedesche davanti ai maxi schermi, festeggiavano le imprese dei loro calciatori innalzando canti guerreschi ottomani che rivendicano lo sterminio di Greci,Armeni e Curdi e con il gesto, ormai tristemente noto, del lupo.

Per protesta molti giovani curdi si riunivano a loro volta e in tale contesto avveniva l’episodio citato di Sarrebruck.

Dopo di che i fascisti turchi avevano potuto organizzare impunemente la loro caccia al giovane responsabile di averne offeso l’orgoglio nazionalista.

Per tornare al simbolo dell’estrema destra turca ostentato dal calciatore dell’Al-Ahli (in passato aveva indossato anche le maglie di Sassuolo, Juventus e Atalanta) va ribadito che i Bozkurtlar (ufficialmente conosciuti come Ülkü Ocakları, Lupi Grigi), costituiscono di fatto l’ala paramilitare (o forse parastatale?) dell’AKP (Adalet ve Kalkınma Partisi, Partito della giustizia e dello sviluppo) di Tayyip Erdoğan.

Nella loro ideologia, un micidiale concentrato di islamismo conservatore, antisemitismo, nazionalismo esasperato e turanismo panturco. Violenti, xenofobi e razzisti nei confronti delle altre componenti etniche (curdi, armeni, assiri, arabi, greci…) e religiose (ossia tutte quelle non sunnite). Oltre che - ca va sans dire - nei confronti dei militanti di sinistra, compresa quella turca.

Secondo alcuni studiosi si finanzierebbero con traffici illeciti (armi, droga, esseri umani…) ed estorsioni. Fornendo un sostegno sostanziale allo “Stato profondo” turco che ne utilizza i servigi per intimidire o eliminare fisicamente (operando come veri e propri squadroni della morte) dissidenti e oppositori non solamente in Turchia ma anche in Europa.

Tra i delitti di cui sono accusati, il massacro di PiazzaTaskim (dove nel 1977 vennero assassinati 34 militanti di sinistra) e quello di Maraş (l’uccisione nel 1978 di un centinaio di curdi aleviti).

Risalgono allo stesso anno l’assassinio a Beyazıt di sette studenti di sinistra e di altri sette militanti a Bahçelievler.

A Çorum nel 1980 i Lupi Grigi si resero responsabili della morte di 57 giovani aleviti mentre il 2 giugno 1993 a Silvas venivano bruciati vivi 35 intellettuali, ugualmente appartenenti all’alevismo (una corrente dell’islam di cui fa parte il 20% della popolazione turca) riuniti nell’hotel Madımak.

Il gesto di Demiral (corrisposto da molti tifosi turchi sugli spalti) cadeva proprio nel 31° anniversario di tale strage ed è stato inevitabile pensare a quando migliaia di persone lo avevano esibito davanti allo stabile in fiamme. Solo una coincidenza?

All’estero, oltre al tentativo di assassinare il papa nel 1981, si sono fatti riconoscere anche per aver distribuito copie del Mein Kampf in turco, per atti vandalici contro monumenti in memoria del genocidio armeno e soprattutto per aver attaccato i curdi anche recentemente (vedi nel marzo 2024 in Belgio, nei confronti di famiglie che rientravano dalle celebrazioni del Newroz). E non si esclude un loro ruolo nell’assassinio di tre femministe curde a Parigi nel gennaio 2013 o in quello di altri tre curdi (sempre a Parigi, nei pressi di un centro culturale curdo) nel dicembre 2022.

Probabilmente non avevano tutti i torti alcuni intellettuali curdi e armeni quando sostenevano che il gesto dei Lupi Grigi andrebbe equiparato al Sieg Heil!, recentemente riesumato anche dalla peggior gioventù nostrana (e su questo in Italia non possiamo dar lezioni a nessuno). Per cui si può affermare che i Lupi Grigi  non sono altro che la versione turca dei neonazisti.

Del resto il loro fondatore Alparslan Türkes (1917-1997, un dichiarato ammiratore di Hitler) lo aveva così descritto: “ il dito mignolo rappresenta i Turchi, l’indice l’Islam, l’anulare il mondo. Il punto dove lealtre dita si riuniscono è un timbro (un marchio ? Nda). Questo vuol dire che noi metteremo un timbro turco-islamico sul mondo intero”. 

Basta e avanza direi.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 7/7/2024 - 13:06


GIOCHI DI POTERE SULL'ARMENIA?

Gianni Sartori


La questione dell'Armenia e il genocidio vengono periodicamente evocati, magari ipocritamente, in quella che appare sempre più come una mortifera partita a scacchi geopolitica tra Stati. In cui, al solito, a rimetterci sono soprattutto i popoli.






Verso la metà di settembre il ministro degli Esteri uscente della Francia Stéphane Séjourné era approdato a Erevan.



Più che altro una tappa del suo “tour di commiato” (prima del trasferimento a Bruxelles in sostituzione di Thierry Breton) comprendente anche la Grecia e la Moldavia. E comunque non era questa la prima visita di un esponente dell'establishment francese in Armenia.

Tuttavia la faccenda sembrava aver indispettito il Cremlino (e non solo come vedremo). Pur non avendo mostrato particolare solidarietà con la piccola Armenia aggredita dall'Azerbaijan nella guerra dell'autunno 2020 e nei tragici eventi successivi (forse per non incrinare i rapporti con Ankara), la Russia ora forse teme di perdere un partenariato storico. A vantaggio della Francia, peraltro non abbastanza solidale con Erevan, al di là delle dichiarazioni di principio, sulla questione del Nagorno-Karabakh.



Un breve riepilogo. Se nel conflitto del 1988-1994 la vittoria era andata agli armeni (con la conseguente espulsione di migliaia di azeri), nella seconda guerra del Nagorno-Karabach ( autunno 2020) i ruoli si invertirono e per oltre 40 giorni l’esercito azero si scatenò sulla popolazione civile compiendo ogni genere di efferatezze. Qualificabili come una brutale pulizia etnica; al punto che molti armeni in fuga riesumarono i loro cari dalle tombe e fuggirono con le bare fissate ai portapacchi delle auto, dopo aver incendiato la propria casa.
In realtà solo un terzo della provincia indipendentista era passato sotto il controllo di Baku, ma erano chiare le intenzioni di completare l’opera quanto prima. Nonostante la poco convinta azione di interposizione dei soldati di Mosca (soprattutto dopo che l’Armenia aveva incautamente partecipato a esercitazioni congiunte con truppe nato: un autogol di Erevan ?). Ma in fondo la sconfitta degli armeni – rimasti isolati e privati di mezzi di sussistenza per mesi – di fronte alle preponderanti forze azere, date le premesse, era scontata.
Occupato militarmente il territorio e smantellata l’amministrazione armena della enclave ribelle, Baku dichiarava di volerla “integrare totalmente nella società e nello Stato azeri”. Quanto alle voci di una possibile concessione di “autonomia”, direi che la cosa appariva pura fantapolitica.



Tornando agli scambi di visite di cortesia tra Erevan e Parigi, secondo Sergej Markedonov (direttore scientifico dell’Istituto per le ricerche internazionali Mgimo di Mosca) gli incontri tra armeni e francesi “non stupiscono più nessuno essendo ormai diventati una routine diplomatica”.

Fermo restando che questo non sembra distogliere Parigi dal tentativo di ristabilire relazioni amichevoli con l'Azerbaijan.



Facilmente intuibile che la visita di Séjourné si inseriva nel quadro delle iniziative politiche (sia interne che esterne) per una possibile adesione dell'Armenia all'Unione Europea.




Portate avanti dalla “Piattaforma delle forze democratiche” che riunisce le organizzazioni filo-occidentali armene, comunque legate (o forse manovrate) al premier Nikol Pašinyan.




Partiti e movimenti come “Repubblica” di Aram Sarkisyan, “In nome della Repubblica” di Arman Babadžanyan, “Partito europeo dell'Armenia” di Tigran Khzmalyan... che da settembre raccolgono firme (ne servono 50mila) per un referendum sull'adesione della repubblica del “Piccolo Caucaso” alla Ue. Iniziativa che gode del favore di Parigi la quale, stando alle parole pronunciate da Séjourné “sarà sempre al fianco del popolo armeno” (riferendosi però soprattutto a eventuali “contenziosi” con la Russia piuttosto che con l'Azerbaijan).










Risaliva a nemmeno un anno prima (ottobre 2023, un mese dopo l'avvio della “soluzione finale” da parte di Baku nel Nagorno-Karabakh con altri 100mila profughi) la visita in Francia del ministro armeno della Difesa Suren Papikyan, ricevuto dal suo omologo francese Sébastien Lecornu.




Un rendez-vous all'Hôtel de Brienne da interpretare sia come una dichiarazione (se pur inutilmente tardiva) di sostegno alla maltrattata Armenia, sia come un impegno per la modernizzazione dell'esercito armeno nel rafforzarne le capacità difensive (già avviato nel 2022 con una “missione difensiva” francese a Erevan). Anche fornendo materiale bellico adeguato (tra cui almeno tre radar di sorveglianza aerea GM-200 fabbricati da Thales, visori notturni prodotti da Safran etc.).




Un passo avanti nell'avvicinamento (definito “strategico”) tra i due Paesi consacrato da una lettre d'intention tra accademie militari armene e francesi. Previsto l'invio di istruttori (mission de formation opérationelle) in materia di “combat débarqué, combat de montagne, tir de précision”.




Oltre naturalmente a qualche “conseiller militaire”, come da protocollo.




In precedenza, dicembre 2020, l'Assemblea nazionale francese aveva adottato una risoluzione che riconosceva l'indipendenza dell'Artsakh (denominazione armena del Nagorno-Karabach).




Ma il governo francese ne aveva preso immediatamente le distanze, forse preoccupato di salvaguardare il proprio ruolo di co-presidente del gruppo di Minsk dell'OCSE, organismo preposto alla mediazione nel conflitto armeno-azero.




In seguito, nel 2021, quando appariva evidente che per l'Azerbaijan non si trattava di trovare una soluzione politica del conflitto, ma di uscirne vittorioso con mezzi militari, Emmanuel Macron si era trovato nuovamente di fronte al dilemma. Mantenere una posizione di sostanziale equidistanza oppure sostenere apertamente Erevan (anche con forniture militari, se pur a carattere difensivo). Ma tale iniziativa sarebbe stata in contrasto con l'appartenenza dell'Armenia all'OTSC (Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva) diretta dalla Russia.




Va riconosciuto comunque alla Francia di aver indetto (in quanto membro permanente) la maggioranza delle riunioni d'urgenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite in merito alle periodiche azioni militari condotte dall'Azerbaijan contro l'Armenia.




Purtroppo senza risultato anche per volersi mantenere in una velleitaria “equidistanza” mentre Baku portava avanti i suoi progetti espansionisti (in perfetta sintonia con Ankara).










Come già in precedenza (e contrariamente al Parlamento) il governo francese ribadiva il concetto – ambiguo in tale contesto – di “integrità territoriale” sia per l'Armenia che per l'Azerbaijan. Sostenendo di voler garantire i diritti degli armeni del Nagorno-Karabach, ma non la loro indipendenza (ossia il diritto all'autodeterminazione).




Altri soggetti (Anne Hidalgo, maire di Parigi e alcuni parlamentari) nel frattempo (luglio-agosto 2023) intervenivano con maggior coraggio e senso di giustizia. Inviando – diversamente da USA e UE - convogli di aiuti umanitari durante il blocco imposto dagli azeri quando ormai la popolazione armena del Nagorno-Karabach era letteralmente alla fame. Avendone però gli azeri impedito il transito, nel settembre 2023il governo francese interveniva con aiuti direttamente all'Armenia (29 milioni di euro più altri 15 in dicembre).




E probabilmente Baku deve essersela legata al dito.






Per complicare ulteriormente il quadro, ricordo che durante la recente crisi in Nuova Caledonia, Sossi Tatikyan (consulente indipendente di politica estera e di sicurezza) aveva puntato il dito su una presunta “azione destabilizzatrice” dell'Azerbaijan e forse anche di Mosca. Sospettati di aver voluto “punire” Parigi per l'avvicinamento all'Armenia.




Arrivando a sostenere che la preesistente “campagna di disinformazione e di false narrazioni contro la Francia” condotta dall'Azerbaijan (e da Mosca), si sarebbe ormai trasformata in una “guerra ibrida che si estende dal Pacifico all'Africa”.




Segno inequivocabile – a suo avviso - di un deterioramento dei rapporti tra Baku e Parigi come conseguenza del rafforzamento di quelli tra Erevan e Parigi.




Gianni Sartori










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Gianni Sartori - 23/9/2024 - 16:48




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