O Hitleri ande Nemacka,
logori kjerdja devla, devla
sja le romen taj jevrejen
kote vov tradja, devla, devla.
Te mundarelen
Te tasavelen
le gasosa de zuvinde’
te tasavelen
Te na maj po sto il lengi rasa
Devla! Devla!
Jek evrejos andine kate
Stare sjavenca devla, devla
Bokalore taj trasale s lestar roven
Devla! Devla!
La dake penen, pentena roven
Bi zalj ako angla mende
Li star mundarde
Kaj ni asjadjalen tena roven
Devla! Devla!
E dej ni jhanel sotemai kerel
Sar o sap zpil devla! devla!
Ando koto von zrdela
Angla mende Devla! Devla!
La jardinela tai mu dardela
O evrejo la ducatar odma digliajlo.
Mas pa mende halaz ame rovas
Devla! Devla!
Bilasimos maj baro’ so saj kerel
Manus manuseske, devla! devla!
Meras haj rovas nasti maj dikas
Angla mende so keren avreste
Barem jek te a sel
Taj te na bistrel
Te mo tol pe
Anda mende te rodel amen.
Roden amaro’ rat pravale odel tu menza
logori kjerdja devla, devla
sja le romen taj jevrejen
kote vov tradja, devla, devla.
Te mundarelen
Te tasavelen
le gasosa de zuvinde’
te tasavelen
Te na maj po sto il lengi rasa
Devla! Devla!
Jek evrejos andine kate
Stare sjavenca devla, devla
Bokalore taj trasale s lestar roven
Devla! Devla!
La dake penen, pentena roven
Bi zalj ako angla mende
Li star mundarde
Kaj ni asjadjalen tena roven
Devla! Devla!
E dej ni jhanel sotemai kerel
Sar o sap zpil devla! devla!
Ando koto von zrdela
Angla mende Devla! Devla!
La jardinela tai mu dardela
O evrejo la ducatar odma digliajlo.
Mas pa mende halaz ame rovas
Devla! Devla!
Bilasimos maj baro’ so saj kerel
Manus manuseske, devla! devla!
Meras haj rovas nasti maj dikas
Angla mende so keren avreste
Barem jek te a sel
Taj te na bistrel
Te mo tol pe
Anda mende te rodel amen.
Roden amaro’ rat pravale odel tu menza
Language: Italian
Traduzione italiana
NON DIMENTICATECI
Hitler ha fatto i lager in Germania,
mio Dio! mio Dio!
Ha trasportato tutti i Rom e gli Ebrei lì,
mio Dio! mio Dio!
Li ammazzerà,
li strangolerà,
li soffocherà nel gas da vivi,
la loro razza non esisterà più.
Un ebreo fu deportato qua con quattro bambini,
mio Dio! mio Dio!
Affamati e assetati,
piangono dal freddo, mio Dio! mio Dio!
Dicono alla madre di farli tacere
Senza pietà davanti a noi
Li ammazzano tutti e quattro.
Perché non li hai fatti tacere,
mio Dio! mio Dio!
La madre non sa più cosa fare,
sibila come un serpente
mio Dio! mio Dio!
L’hanno trascinata in un angolo davanti a noi,
mio Dio! mio Dio!
L’hanno disonorata e ammazzata.
Il marito impazzito dal dolore
Mangiava le carni della gente,
noi piangevamo per lui,
mio Dio! mio Dio!
La cosa più disumana che un uomo
può fare a un altro uomo,
mio Dio! mio Dio!
Non piangiamo per noi,
sappiamo che moriremo,
piangiamo per gli altri,
che non possono sapere
di queste sofferenze.
Che rimanga vivo almeno uno,
che non dimentichi,
che parli delle nostre tragedie,
che cerchi il nostro sangue,
non dimenticateci, Dio è con voi.
Hitler ha fatto i lager in Germania,
mio Dio! mio Dio!
Ha trasportato tutti i Rom e gli Ebrei lì,
mio Dio! mio Dio!
Li ammazzerà,
li strangolerà,
li soffocherà nel gas da vivi,
la loro razza non esisterà più.
Un ebreo fu deportato qua con quattro bambini,
mio Dio! mio Dio!
Affamati e assetati,
piangono dal freddo, mio Dio! mio Dio!
Dicono alla madre di farli tacere
Senza pietà davanti a noi
Li ammazzano tutti e quattro.
Perché non li hai fatti tacere,
mio Dio! mio Dio!
La madre non sa più cosa fare,
sibila come un serpente
mio Dio! mio Dio!
L’hanno trascinata in un angolo davanti a noi,
mio Dio! mio Dio!
L’hanno disonorata e ammazzata.
Il marito impazzito dal dolore
Mangiava le carni della gente,
noi piangevamo per lui,
mio Dio! mio Dio!
La cosa più disumana che un uomo
può fare a un altro uomo,
mio Dio! mio Dio!
Non piangiamo per noi,
sappiamo che moriremo,
piangiamo per gli altri,
che non possono sapere
di queste sofferenze.
Che rimanga vivo almeno uno,
che non dimentichi,
che parli delle nostre tragedie,
che cerchi il nostro sangue,
non dimenticateci, Dio è con voi.
Jovica Jović a proposito del termine "Porrajmos"
E così Jovica Jović, Marco Rovelli e il gruppo misto napoletano-rom " 'O Rom", stavolta, sono sbarcati a Firenze. È successo ieri sera, 25 gennaio 2014, alla Casa del Popolo di San Bartolo a Cintoia. San Bartolo, oltre ad essere a poche centinaia di metri da casa mia, è un posto del tutto particolare: un paese della campagna Quattrocentesca rimasto praticamente intatto in mezzo ai casermoni della periferia fiorentina.
Durante la presentazione che ha preceduto il concerto (e la cena preparata dalle donne rom e sinti del quartiere), Jovica Jović ha aperto un'interessante questione sul termine "Porrajmos", generalmente usato per designare lo sterminio delle etnie romà da parte dei nazisti.
Tale termine è stato, come si sa, proposto e sostenuto per primo da uno dei principali studiosi rom: Ian Hancock. Inglese di nascita (è nato a Londra nel 1942) ma rom di etnia (sua madre è una romanichel, suo padre un romungro; il suo nome rom è Yanko le Redžosko), Hancock ha usato il termine porrajmos (porajmos, pharrajimos) nell'accezione romanichel inglese, vale a dire "devastazione, catastrofe". Il termine sembra essersi imposto.
Il problema, come sottolineato da Jovica Jović, è che il romanes è una lingua ben lungi dall'essere unitaria. Le varianti della lingua romanes, oltre ad essere spesso mutualmente incomprensibili (come nel caso dei dialetti arabi), presentano spesso discrepanze lessicali. Indi per cui, il termine "por(r)ajmos", che per un romanichel inglese significa "devastazione", per un rom serbo (Jovica Jović è nato a Belgrado) e balcanico in genere significa "masturbazione".
Jovica Jović ha quindi espresso tutte le comprensibili difficoltà, sue e dei suoi conterranei, a partecipare a iniziative che ricordano lo sterminio della sua gente (mezza della sua famiglia, è bene ricordarlo, è stata deportata a Auschwitz e Mauthausen) con una denominazione del genere. Sono state proposte diverse denominazioni che possano soddisfare tutte le etnie, ma ancora si va avanti col "porrajmos" che, per una consistente parte dei rom, significa "farsi una sega". Direi che, per i rom, proprio non c'è pace neppure in questo.
Per fortuna, dopo un po', ci hanno pensato Jovica, Marco e il gruppo " 'O Rom" (bravissimi, specialmente il violinista Ilie Pipica e il batterista napoletano che utilizzava come grancassa direttamente una cassa dell'impianto di amplificazione, cosa mai vista). E ci ha pensato la fantasmagorica fisarmonica di Jovica Jović:
E così Jovica Jović, Marco Rovelli e il gruppo misto napoletano-rom " 'O Rom", stavolta, sono sbarcati a Firenze. È successo ieri sera, 25 gennaio 2014, alla Casa del Popolo di San Bartolo a Cintoia. San Bartolo, oltre ad essere a poche centinaia di metri da casa mia, è un posto del tutto particolare: un paese della campagna Quattrocentesca rimasto praticamente intatto in mezzo ai casermoni della periferia fiorentina.
Durante la presentazione che ha preceduto il concerto (e la cena preparata dalle donne rom e sinti del quartiere), Jovica Jović ha aperto un'interessante questione sul termine "Porrajmos", generalmente usato per designare lo sterminio delle etnie romà da parte dei nazisti.
Tale termine è stato, come si sa, proposto e sostenuto per primo da uno dei principali studiosi rom: Ian Hancock. Inglese di nascita (è nato a Londra nel 1942) ma rom di etnia (sua madre è una romanichel, suo padre un romungro; il suo nome rom è Yanko le Redžosko), Hancock ha usato il termine porrajmos (porajmos, pharrajimos) nell'accezione romanichel inglese, vale a dire "devastazione, catastrofe". Il termine sembra essersi imposto.
Il problema, come sottolineato da Jovica Jović, è che il romanes è una lingua ben lungi dall'essere unitaria. Le varianti della lingua romanes, oltre ad essere spesso mutualmente incomprensibili (come nel caso dei dialetti arabi), presentano spesso discrepanze lessicali. Indi per cui, il termine "por(r)ajmos", che per un romanichel inglese significa "devastazione", per un rom serbo (Jovica Jović è nato a Belgrado) e balcanico in genere significa "masturbazione".
Jovica Jović ha quindi espresso tutte le comprensibili difficoltà, sue e dei suoi conterranei, a partecipare a iniziative che ricordano lo sterminio della sua gente (mezza della sua famiglia, è bene ricordarlo, è stata deportata a Auschwitz e Mauthausen) con una denominazione del genere. Sono state proposte diverse denominazioni che possano soddisfare tutte le etnie, ma ancora si va avanti col "porrajmos" che, per una consistente parte dei rom, significa "farsi una sega". Direi che, per i rom, proprio non c'è pace neppure in questo.
Per fortuna, dopo un po', ci hanno pensato Jovica, Marco e il gruppo " 'O Rom" (bravissimi, specialmente il violinista Ilie Pipica e il batterista napoletano che utilizzava come grancassa direttamente una cassa dell'impianto di amplificazione, cosa mai vista). E ci ha pensato la fantasmagorica fisarmonica di Jovica Jović:
Riccardo Venturi - 2014/1/26 - 02:00
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Il cuore di Dušan, ad Auschwitz, cantò una canzone: e parole e la musica furono un tutt'uno che venne giù di getto. La cantò sempre. Un giorno Jovica si lamentò: "Canti sempre cose tristi!". Dušan gli rispose: "Così non dimenticherai". Jovica ritrovò il testo tra le cose di Dušan, dopo la sua morte.
(dal libro "La meravigliosa vita di Jovica Jović" di Moni Ovadia e Marco Rovelli)