Lingua   

Analfabetizzazione

Claudio Lolli
Lingua: Italiano


Claudio Lolli

Lista delle versioni e commenti


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(Claudio Lolli)


[1977]
Testo e musica di Claudio Lolli
Album: Disoccupate le Strade dai Sogni
disoccupate

Dedico questa magnifica poesia di Claudio Lolli (che ancora mi descrive abbastanza) ad Adriana.. ricordandole che quello che lei chiama intossico o inquinamento, potrebbe essere invece un salutare bisogno di respirare ossigeno (quello più puro!).
È sempre solo una questione di punti di vista,... di angolature..

Strumentisti: Piergiorgio Bonafé (sax tenore, sax soprano, flauto); Marcello Castellana (tastiere), Roberto Costa (basso elettrico, trombone); Bruno Mariani (chitarra acustica, chitarra elettrica, chitarra 12 corde); Adriano Pedini (batteria, percussioni).
La mia madre l'ho chiamata sasso,
perché fosse duratura sì,
ma non viva.
I miei amici li ho chiamati piedi
perché ero felice solo
quando si partiva..
Ed il mio mare l'ho chiamato cielo,
perché le mie onde arrivavano
troppo lontano.
Ed il mio cielo l'ho chiamato cuore,
perché mi piaceva toccarci dentro il sole
con la mano....
Non ho mai avuto un alfabeto tranquillo, servile,
le pagine le giravo sempre con il fuoco.
Nessun maestro è stato mai talmente bravo,
da respirarsi il mio ossigeno ed il mio gioco..

Ed il lavoro l'ho chiamato piacere,
perché la semantica o è violenza
oppure è un'opinione.
Ma non è colpa mia, non saltatemi addosso,
se la mia voglia di libertà oggi è anche bisogno
di confusione.
Ed il piacere l'ho chiamato dovere,
perché la primavera mi scoppiava dentro
come una carezza.
Fondere, confondere, rifondere
infine rifondare
l'alfabeto della vita
sulle pietre di miele
della bellezza..

Ed il potere,
nella sua immensa intelligenza
nella sua complessità,
non mi ha mai commosso
con la sua solitudine,
non l'ho mai salutato come tale.
Però ho raccolto la sfida,
con molta eleganza e molta sicurezza,
da quando ho chiamato prigione la sua felicità..
Ed il potere da quel giorno m'insegue,
con le sue scarpe chiodate di paure.
M'insegue sulle sue montagne,
quelle montagne che io chiamo pianure..

inviata da giorgio - 28/5/2013 - 08:08




Lingua: Francese

Version française – ANALPHABÉTISATION – Marco Valdo M.I. – 2013
Chanson italienne – Analfabetizzazione – Claudio Lolli – 1977
Texte et musique de Claudio Lolli
Instrumentistes : Piergiorgio Bonafé (saxo teneur, saxo soprano, flûte) ; Marcello Castellana (claviers), Roberto Costa (bassement électrique, trombone) ; Bruno Mariani (guitare acoustique, guitare électrique, guitare 12 cordes) ; Adriano Pedini (batterie, percussions).
ANALPHABÉTISATION

Ma mère je l'ai appelée pierre,
Car elle était dure,
Mais pas vive.
Mes amis je les ai appelés des pieds
car j'étais heureux seulement
lorsque on partait.
Et ma mer je l'ai appelée ciel,
car mes vagues arrivaient
trop loin.
Et mon ciel je l'ai appelé coeur,
Car il me plaisait d'y toucher le soleil
avec la main….
Je n'ai jamais eu un alphabet tranquille, servile,
Les pages je les tournais toujours avec le feu.
Aucun maître n'a jamais été trop capable,
De respirer mon oxygène et mon jeu.

Et le travail je l'ai appelé plaisir,
Car la sémantique ou est violence
Ou bien une opinion.
Mais ce n'est pas ma faute, ne me sautez pas dessus,
Si mon envie de liberté aujourd'hui est aussi besoin
De confusion.
Et le plaisir je l'ai appelé devoir,
Car le printemps m'éclatait au dedans
Comme une caresse.
Fondre, confondre, reprendre
Enfin refondre
L'alphabet de la vie
Sur les pierres de miel
De la beauté.

Et le pouvoir,
Dans son immense intelligence
Dans sa complexité,
Ne m'a jamais ému
Avec sa solitude,
Je ne l'ai jamais salué comme tel.
Cependant j'ai relevé le défi,
Avec beaucoup d'élégance et beaucoup de sûreté,
Quand j'ai appelé prison sa félicité...
Et de ce jour, le pouvoir me poursuit,
Avec ses chaussures cloutées de peurs.
Il me poursuit sur ses montagnes,
Ces montagnes que j'appelle des plaines.

inviata da Marco Valdo M.I. - 31/5/2013 - 20:55




Lingua: Inglese

Versione inglese di marco
ANALPHABETIZATION

My mother, I called her stone,
so that she would be enduring, yes,
but not alive.
My friends, I called them feet,
because I was only ever happy
when we were leaving.
And my sea, I named it sky,
because my waves reached
way too far.
And my sky, I named it heart,
because I liked touching the sun inside it
with my hand.
I've never had a quiet alphabet, nor servile,
I always turned the pages with fire.
No teacher has ever been good enough
to breathe my oxygen and my play.

And work, I called it pleasure,
because semantics is either violence,
or an opinion.
But it's not my fault, don't jump all over me,
if my desire for freedom, today, is also a need
for confusion.
And pleasure, I called it will,
because Spring was bursting in me
like a caress.
To melt, mix up, blend again,
finally, to refound
the alphabet of life
on beauty's rocks of honey.

And power,
in its immense intelligence,
in its complexity,
has never moved me with its solitude,
I've never greeted it as such.
But I've taken up the challenge,
with much elegance and much confidence,
ever since I called prison its happiness.
And power, since that day, has been chasing me
with its fear-spiked shoes.
It chases me on its own mountains,
the mountains which I call plains.

inviata da marco - 16/5/2014 - 01:13




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