Elle est à toi cette chanson
Toi l´auvergnat qui sans façon
M´as donné quatre bouts de bois
Quand dans ma vie il faisait froid
Toi qui m´as donné du feu quand
Les croquantes et les croquants
Tous les gens bien intentionnés
M´avaient fermé la porte au nez
Ce n´était rien qu´un feu de bois
Mais il m´avait chauffé le corps
Et dans mon âme il brûle encore
A la manièr´ d´un feu de joie
Toi l´auvergnat quand tu mourras
Quand le croqu´mort t´emportera
Qu´il te conduise à travers ciel
Au père éternel
Elle est à toi cette chanson
Toi l´hôtesse qui sans façon
M´as donné quatre bouts de pain
Quand dans ma vie il faisait faim
Toi qui m´ouvris ta huche quand
Les croquantes et les croquants
Tous les gens bien intentionnés
S´amusaient à me voir jeûner
Ce n´était rien qu´un peu de pain
Mais il m´avait chauffé le corps
Et dans mon âme il brûle encore
A la manièr´ d´un grand festin
Toi l´hôtesse quand tu mourras
Quand le croqu´mort t´emportera
Qu´il te conduise à travers ciel
Au père éternel
Elle est à toi cette chanson
Toi l´étranger qui sans façon
D´un air malheureux m´as souri
Lorsque les gendarmes m´ont pris
Toi qui n´as pas applaudi quand
Les croquantes et les croquants
Tous les gens bien intentionnés
Riaient de me voir emmener
Ce n´était rien qu´un peu de miel
Mais il m´avait chauffé le corps
Et dans mon âme il brûle encore
A la manièr´ d´un grand soleil
Toi l´étranger quand tu mourras
Quand le croqu´mort t´emportera
Qu´il te conduise à travers ciel
Au père éternel
Toi l´auvergnat qui sans façon
M´as donné quatre bouts de bois
Quand dans ma vie il faisait froid
Toi qui m´as donné du feu quand
Les croquantes et les croquants
Tous les gens bien intentionnés
M´avaient fermé la porte au nez
Ce n´était rien qu´un feu de bois
Mais il m´avait chauffé le corps
Et dans mon âme il brûle encore
A la manièr´ d´un feu de joie
Toi l´auvergnat quand tu mourras
Quand le croqu´mort t´emportera
Qu´il te conduise à travers ciel
Au père éternel
Elle est à toi cette chanson
Toi l´hôtesse qui sans façon
M´as donné quatre bouts de pain
Quand dans ma vie il faisait faim
Toi qui m´ouvris ta huche quand
Les croquantes et les croquants
Tous les gens bien intentionnés
S´amusaient à me voir jeûner
Ce n´était rien qu´un peu de pain
Mais il m´avait chauffé le corps
Et dans mon âme il brûle encore
A la manièr´ d´un grand festin
Toi l´hôtesse quand tu mourras
Quand le croqu´mort t´emportera
Qu´il te conduise à travers ciel
Au père éternel
Elle est à toi cette chanson
Toi l´étranger qui sans façon
D´un air malheureux m´as souri
Lorsque les gendarmes m´ont pris
Toi qui n´as pas applaudi quand
Les croquantes et les croquants
Tous les gens bien intentionnés
Riaient de me voir emmener
Ce n´était rien qu´un peu de miel
Mais il m´avait chauffé le corps
Et dans mon âme il brûle encore
A la manièr´ d´un grand soleil
Toi l´étranger quand tu mourras
Quand le croqu´mort t´emportera
Qu´il te conduise à travers ciel
Au père éternel
inviata da Bernart - 2/5/2013 - 10:24
Lingua: Italiano
Traduzione italiana di Simone Viburni da Brassens in italiano
CANZONE PER L'ALVERNIATE
Ecco per te questa canzone
tu l'alverniate che senza ragione
mi hai dato quattro pezzi di legno
quando fuori faceva freddo.
Tu che mi hai dato del fuoco quando
ero perso e senza scampo
tutta la gente quando ho bussato
la porta non m'han spalancato.
Non era altro che un piccolo fuoco
ma il mio corpo aveva scaldato
nella mia anima brucia ancora
e ti giuro che non è poco!
Quando la morte ti chiamerà
quando il becchino ti porterà
che ti conduca attraverso un volo
lassù in alto nel cielo.
Ecco per te questa canzone
tu l'oste che senza ragione
mi hai dato quattro pezzi di pane
quando la vita era fame.
Tu che m'apristi la porta quando
ero perso e senza scampo
la gente rideva nel guardare
vedermi morire di fame.
Non era altro che un pezzo di pane
ma il mio corpo riusciva a sfamare
nella mia anima brucia ancora
come un banchetto regale.
Quando la morte ti chiamerà
quando il becchino ti porterà
che ti conduca attraverso un volo
lassù in alto nel cielo.
Ecco per te questa canzone
tu lo straniero tu senza nome
eri dispiaciuto e mi ha sorriso
quando i gendarmi mi hanno preso.
Tu che non hai applaudito quando
ero perso e senza scampo
tutta la gente rideva e guardava
quel gendarme che m'arrestava.
Non era altro che un poco di miele
ma il mio corpo riusciva a scaldare
nella mia anima brucia ancora
come farebbe un bel sole.
Quando la morte ti chiamerà
quando il becchino ti porterà
che ti conduca attraverso un volo
lassù in alto nel cielo.
Ecco per te questa canzone
tu l'alverniate che senza ragione
mi hai dato quattro pezzi di legno
quando fuori faceva freddo.
Tu che mi hai dato del fuoco quando
ero perso e senza scampo
tutta la gente quando ho bussato
la porta non m'han spalancato.
Non era altro che un piccolo fuoco
ma il mio corpo aveva scaldato
nella mia anima brucia ancora
e ti giuro che non è poco!
Quando la morte ti chiamerà
quando il becchino ti porterà
che ti conduca attraverso un volo
lassù in alto nel cielo.
Ecco per te questa canzone
tu l'oste che senza ragione
mi hai dato quattro pezzi di pane
quando la vita era fame.
Tu che m'apristi la porta quando
ero perso e senza scampo
la gente rideva nel guardare
vedermi morire di fame.
Non era altro che un pezzo di pane
ma il mio corpo riusciva a sfamare
nella mia anima brucia ancora
come un banchetto regale.
Quando la morte ti chiamerà
quando il becchino ti porterà
che ti conduca attraverso un volo
lassù in alto nel cielo.
Ecco per te questa canzone
tu lo straniero tu senza nome
eri dispiaciuto e mi ha sorriso
quando i gendarmi mi hanno preso.
Tu che non hai applaudito quando
ero perso e senza scampo
tutta la gente rideva e guardava
quel gendarme che m'arrestava.
Non era altro che un poco di miele
ma il mio corpo riusciva a scaldare
nella mia anima brucia ancora
come farebbe un bel sole.
Quando la morte ti chiamerà
quando il becchino ti porterà
che ti conduca attraverso un volo
lassù in alto nel cielo.
inviata da Bernart - 2/5/2013 - 10:25
Lingua: Italiano
Traduzione italiana di Bruno Moretti Turri
CANZONE PER L'ALVERNIATE
È per te questa canzone,
Tu, l'alverniate che, senza spocchia,
Mi hai dato quattro pezzi di legna
Quando nella mia vita faceva freddo.
Tu che mi hai dato del fuoco quando
Le pidocchie e i pidocchi,
Tutta la “gente perbene",
Mi aveva chiuso la porta sul muso...
Non era altro che un fuoco di legna,
Ma mi aveva scaldato il corpo.
E nella rnia anima brucia ancora
Come un fuoco di gioia.
Tu, l’alverniate, quanda morrai,
Quando il beccamorti ti porterà,
Che ti conduca, attraverso il cielo,
Al padre eterno
È a te questa canzone,
Tu, l'ostessa che, senza spocchia,
Mi hai dato quattro pezzi di pane
Quando, nella mia vita, faceva fame,
Tu che mi apristi la tua madia quando
le pidocchie e i pidocchi,
Tutta la “gente perbene",
si divertiva a vedermi digiunare…
Non era altro che un po’ di pane,
Ma mi aveva scaldato il corpo,
E nella mia anima brucia ancora
Come un gran festino.
Tu, l'ostessa, quando morrai,
Quando il beccamorti ti porterà,
Che ti conduca, attraversa il cielo,
Al padre eterno.
È a te questa canzone,
Tu, lo straniero che, senza spocchia,
In un momento infelice mi hai sorriso
Quando i gendarmi mi hanno preso,
Tu che non hai applaudito quando
Le pidocchie e i pidocchi,
Tutta la “gente perbene",
Ridevano di vedermi arrestato…
Non era altra che un po’ di miele,
Ma mi aveva scaldato il corpo,
E nella mia anima brucia ancora
Come un gran sole.
Tu, lo straniero, quando morrai,
Quando il beccamorti ti porterà,
Che ti conduca, attraversa il cielo,
Al padre eterno.
È per te questa canzone,
Tu, l'alverniate che, senza spocchia,
Mi hai dato quattro pezzi di legna
Quando nella mia vita faceva freddo.
Tu che mi hai dato del fuoco quando
Le pidocchie e i pidocchi,
Tutta la “gente perbene",
Mi aveva chiuso la porta sul muso...
Non era altro che un fuoco di legna,
Ma mi aveva scaldato il corpo.
E nella rnia anima brucia ancora
Come un fuoco di gioia.
Tu, l’alverniate, quanda morrai,
Quando il beccamorti ti porterà,
Che ti conduca, attraverso il cielo,
Al padre eterno
È a te questa canzone,
Tu, l'ostessa che, senza spocchia,
Mi hai dato quattro pezzi di pane
Quando, nella mia vita, faceva fame,
Tu che mi apristi la tua madia quando
le pidocchie e i pidocchi,
Tutta la “gente perbene",
si divertiva a vedermi digiunare…
Non era altro che un po’ di pane,
Ma mi aveva scaldato il corpo,
E nella mia anima brucia ancora
Come un gran festino.
Tu, l'ostessa, quando morrai,
Quando il beccamorti ti porterà,
Che ti conduca, attraversa il cielo,
Al padre eterno.
È a te questa canzone,
Tu, lo straniero che, senza spocchia,
In un momento infelice mi hai sorriso
Quando i gendarmi mi hanno preso,
Tu che non hai applaudito quando
Le pidocchie e i pidocchi,
Tutta la “gente perbene",
Ridevano di vedermi arrestato…
Non era altra che un po’ di miele,
Ma mi aveva scaldato il corpo,
E nella mia anima brucia ancora
Come un gran sole.
Tu, lo straniero, quando morrai,
Quando il beccamorti ti porterà,
Che ti conduca, attraversa il cielo,
Al padre eterno.
inviata da Bernart - 2/5/2013 - 10:26
Lingua: Spagnolo
La versione spagnola di Paco Ibáñez, scritta da Pierre Pascal, da “Paco Ibáñez canta a Brassens” del 1979.
“Maño” è espressione colloquiale che indica lo spagnolo originario di Saragozza in Aragona.
“Maño” è espressione colloquiale che indica lo spagnolo originario di Saragozza in Aragona.
CANCIÓN PARA UN MAÑO
Es para ti este cantar
Tú maño, tú que sin hablar
Me diste leña el día aquél
Que el frío me hería la piel
Tú que me diste leña en vez
De rechazarme a puntapiés
Cuando la gente del lugar
No me quiso junto a su hogar.
Un braserito sólo fue
Para mi cuerpo una ilusión
Pero alumbró mi corazón
Más que fallas en San José.
Tú maño cuando has de llegar
A la hora de la verdad
Que te lleve el enterrador
Al cielo si hay Dios.
Es para ti este cantar
Tú cantinera, que sin hablar
Me diste pan el día aquél
Que me vi en huesos y piel.
Tú que me diste pan en vez
De rechazarme a puntapiés
Cuando la gente del lugar
Reía de verme ayunar.
Un bocadito no fue más
Para mi cuerpo una ilusión
Pero llenó mi corazón
Más que un milagroso maná.
Tu cantinera al llegar
A la hora negra de la verdad
Que te lleve el enterrador
Al cielo si hay Dios.
Es para ti este cantar
Tú, forastero, que sin hablar
Me sonreíste el día aquél
Que me vi delante del juez
Tú que me sonreíste en vez
De rechazarme a puntapiés
Cuando la gente del lugar
Ya me quería apedrear.
Una sonrisa no fue más
Para mi alma una ilusión
Pero aromó mi corazón
Más que las hierbas de San Juan.
Tu forastero al llegar
A la hora negra de la verdad
Que te lleve el enterrador
Al cielo si hay Dios.
Es para ti este cantar
Tú maño, tú que sin hablar
Me diste leña el día aquél
Que el frío me hería la piel
Tú que me diste leña en vez
De rechazarme a puntapiés
Cuando la gente del lugar
No me quiso junto a su hogar.
Un braserito sólo fue
Para mi cuerpo una ilusión
Pero alumbró mi corazón
Más que fallas en San José.
Tú maño cuando has de llegar
A la hora de la verdad
Que te lleve el enterrador
Al cielo si hay Dios.
Es para ti este cantar
Tú cantinera, que sin hablar
Me diste pan el día aquél
Que me vi en huesos y piel.
Tú que me diste pan en vez
De rechazarme a puntapiés
Cuando la gente del lugar
Reía de verme ayunar.
Un bocadito no fue más
Para mi cuerpo una ilusión
Pero llenó mi corazón
Más que un milagroso maná.
Tu cantinera al llegar
A la hora negra de la verdad
Que te lleve el enterrador
Al cielo si hay Dios.
Es para ti este cantar
Tú, forastero, que sin hablar
Me sonreíste el día aquél
Que me vi delante del juez
Tú que me sonreíste en vez
De rechazarme a puntapiés
Cuando la gente del lugar
Ya me quería apedrear.
Una sonrisa no fue más
Para mi alma una ilusión
Pero aromó mi corazón
Más que las hierbas de San Juan.
Tu forastero al llegar
A la hora negra de la verdad
Que te lleve el enterrador
Al cielo si hay Dios.
inviata da Bernart - 2/5/2013 - 10:26
Lingua: Italiano (Milanese)
Versione milanese di Nanni Svampa da La Canzon Milanesa
CANZON PER EL ROTAMATT
Canti per tì la mia canzon
tì el rotamatt, tì el mè barbon
che te m'hee daa on poo de mangià
quand s’eri restaa senza cà
che te m'hee daa on tòcch de pan dur
quand i barbònn che gh'avevi in gir
i sciori e la gent per ben
m’aveven trattaa pesg d'on can
L'era domà on tòch de pan
ma l'è sta asse de tirà là
el sò profumm el senti anmò
me par de ves 'dre anmò a sgagnal.
Tì el mè barbon quand te veet de là
quand el Signor el te ciamarà
te 'ndareet drizz tì e i tò barbis
a stà in Paradis.
Canti per tì la mia canzon
tì el rotamatt, tì el mè barbon
che te m'hee daa el tò paltò vecc
quand s’eri strasciaa e pien de frecc
Che te m'hee faa scaldà on poo i òss
quand sont restaa con nagòtt adòss
quand hann brusaa anca i panchett
e mì seri senza calzett
L'era domà on tòcch de strasc
ma l'è staa assee de tirà là
el sò calor el senti anmò
me par de vess 'dree a mettel sú.
Tì el mè barbon quand te veet de là
quand el Signor el te ciamarà
te 'ndareet drizz tì e i tò barbis
a stà in Paradis.
Canti per tì la mia canzon
ti el rotamatt, tì el mè barbon
che t'hee piangiuu e te m'hee vardaa
quand s’eri sconduu e m'hann ciappaa
Che te m'hee daa on poo del tò coeur
quand i padroni e i commendator
hann faa e desfaa in fra de lor
e mì m’hann menaa a San Vittor
L'era domà on poo d'amor
ma l'è staa assee de tirà là
el tò sorris el vedi anmò
compagn s'el fudess pitturaa
Tì el mè barbon quand te veet de là
quand el Signor el te ciamarà
te 'ndareet drizz tì e i tò barbis
a stà in Paradis.
Canti per tì la mia canzon
tì el rotamatt, tì el mè barbon
che te m'hee daa on poo de mangià
quand s’eri restaa senza cà
che te m'hee daa on tòcch de pan dur
quand i barbònn che gh'avevi in gir
i sciori e la gent per ben
m’aveven trattaa pesg d'on can
L'era domà on tòch de pan
ma l'è sta asse de tirà là
el sò profumm el senti anmò
me par de ves 'dre anmò a sgagnal.
Tì el mè barbon quand te veet de là
quand el Signor el te ciamarà
te 'ndareet drizz tì e i tò barbis
a stà in Paradis.
Canti per tì la mia canzon
tì el rotamatt, tì el mè barbon
che te m'hee daa el tò paltò vecc
quand s’eri strasciaa e pien de frecc
Che te m'hee faa scaldà on poo i òss
quand sont restaa con nagòtt adòss
quand hann brusaa anca i panchett
e mì seri senza calzett
L'era domà on tòcch de strasc
ma l'è staa assee de tirà là
el sò calor el senti anmò
me par de vess 'dree a mettel sú.
Tì el mè barbon quand te veet de là
quand el Signor el te ciamarà
te 'ndareet drizz tì e i tò barbis
a stà in Paradis.
Canti per tì la mia canzon
ti el rotamatt, tì el mè barbon
che t'hee piangiuu e te m'hee vardaa
quand s’eri sconduu e m'hann ciappaa
Che te m'hee daa on poo del tò coeur
quand i padroni e i commendator
hann faa e desfaa in fra de lor
e mì m’hann menaa a San Vittor
L'era domà on poo d'amor
ma l'è staa assee de tirà là
el tò sorris el vedi anmò
compagn s'el fudess pitturaa
Tì el mè barbon quand te veet de là
quand el Signor el te ciamarà
te 'ndareet drizz tì e i tò barbis
a stà in Paradis.
inviata da Bernart - 2/5/2013 - 10:28
Lingua: Italiano
Traduzione italiana della versione milanese di Nanni Svampa, da La Canzon Milanesa
CANZONE PER IL RIGATTIERE
Canto per te la mia canzone
tu il rigattiere, tu il mio barbone,
che m'hai dato un po’ da mangiare
quando sono rimasto senza casa
che mi hai dato un pezzo di pane duro
quando le barbone che avevo in giro
i signori e la gente per bene
mi avevano trattato peggio di un cane
Era soltanto un pezzo di pane
ma è stato sufficiente per tirare avanti
ed il suo profumo lo sento ancora:
mi sembra di stare ancora a morsicarlo.
Tu il mio barbone, quando andrai di là
quando il Signore ti chiamerà
andrai dritto, tu e i tuoi baffoni
a stare in paradiso.
Canto per te la mia canzone
tu il rigattiere, tu il mio barbone,
che mi hai dato il tuo cappotto vecchio
quando ero stracciato e pieno di freddo
che mi hai fatto scaldare un po' le ossa
quando sono rimasto con niente addosso
quando hanno bruciato anche le panchine
ed io ero senza calze
Era soltanto un pezzo di straccio
ma è stato sufficiente per tirare avanti
ed il suo calore lo sento ancora
mi sembra ancora di indossarlo.
Tu il mio barbone, quando andrai di là
quando il Signore ti chiamerà
andrai dritto, tu e i tuoi baffoni
a stare in paradiso.
Canto per te la mia canzone
tu il rigattiere, tu il mio barbone
che hai pianto e mi hai guardato
quando ero nascosto e mi hanno preso
che m'hai dato un po' del tuo cuore
quando i padroni ed i commendatori
hanno fatto e disfatto fra di loro
ed hanno portato me a San Vittore
Era soltanto un po' d'amore
ma è stato sufficiente per tirare avanti
ed il tuo sorriso lo vedo ancora
come se fosse dipinto.
Tu il mio barbone, quando andrai di là
quando il Signore ti chiamerà
andrai dritto, tu e i tuoi baffoni
a stare in paradiso.
Canto per te la mia canzone
tu il rigattiere, tu il mio barbone,
che m'hai dato un po’ da mangiare
quando sono rimasto senza casa
che mi hai dato un pezzo di pane duro
quando le barbone che avevo in giro
i signori e la gente per bene
mi avevano trattato peggio di un cane
Era soltanto un pezzo di pane
ma è stato sufficiente per tirare avanti
ed il suo profumo lo sento ancora:
mi sembra di stare ancora a morsicarlo.
Tu il mio barbone, quando andrai di là
quando il Signore ti chiamerà
andrai dritto, tu e i tuoi baffoni
a stare in paradiso.
Canto per te la mia canzone
tu il rigattiere, tu il mio barbone,
che mi hai dato il tuo cappotto vecchio
quando ero stracciato e pieno di freddo
che mi hai fatto scaldare un po' le ossa
quando sono rimasto con niente addosso
quando hanno bruciato anche le panchine
ed io ero senza calze
Era soltanto un pezzo di straccio
ma è stato sufficiente per tirare avanti
ed il suo calore lo sento ancora
mi sembra ancora di indossarlo.
Tu il mio barbone, quando andrai di là
quando il Signore ti chiamerà
andrai dritto, tu e i tuoi baffoni
a stare in paradiso.
Canto per te la mia canzone
tu il rigattiere, tu il mio barbone
che hai pianto e mi hai guardato
quando ero nascosto e mi hanno preso
che m'hai dato un po' del tuo cuore
quando i padroni ed i commendatori
hanno fatto e disfatto fra di loro
ed hanno portato me a San Vittore
Era soltanto un po' d'amore
ma è stato sufficiente per tirare avanti
ed il tuo sorriso lo vedo ancora
come se fosse dipinto.
Tu il mio barbone, quando andrai di là
quando il Signore ti chiamerà
andrai dritto, tu e i tuoi baffoni
a stare in paradiso.
inviata da Bernart - 2/5/2013 - 10:29
Lingua: Catalano
Versione catalana di Miquel Pujadó dal suo disco “Pujadó canta Brassens” del 1992
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CANÇÓ PER A UN CAMPEROL
És per a tu, aquesta cançó.
Tu, el camperol d’aquell racó,
que vas donar-me fusta, quan
el fred ja m’estava gelant.
Tu, que em vas escalfar les mans
quan els ganàpies dels voltants
-la gent com cal, gent de diner-
m’havien deixat al carrer.
No va ser un foc gaire brillant
-sols un grapat de branquillons-
p’rò m’espurneja encara al fons
talment un foc de Sant Joan.
Tu, el camperol, quan moriràs,
quan cap Enllà te n’aniràs,
que el qui t’enterri, per poc preu,
et dugui fins ‘Déu.
És per a tu, aquesta cançó.
Tu, la mestressa del racó,
que em vas donar un crostó de pa
després de temps de dejunar,
i em vas obrir el teu rebost, quan
tots els ganàpies del voltant
-la gent com cal, de dret camí-
fruïen en veure’m sofrir.
No fou res més que un poc de pa,
p’rò va saber escalfar-me el cor,
i em nodrirà fins a la mort
com una mena de mannà.
Mestressa, quan tu moriràs,
quan cap Enllà te n’aniràs,
que el qui t’enterri, per poc preu,
et dugui fins ‘Déu.
És per a tu, aquesta cançó.
Tu, l’estranger d’aquell racó,
que em vas somriure un xic dolgut
quan se’m van endur detingut.
Tu, que no vas picar de mans
quan els ganàpies dels voltants
-la gent com cal, tot el ramat-
se’n reien, de veure’m lligat.
No fou res més que un poc de mel,
p’rò va saber escalfar-me el cor,
i hi brillarà fins a la mort
com brillen els astres al cel.
Tu, l’estranger, quan moriràs,
quan cap Enllà te n’aniràs,
que el qui t’enterri, per poc preu,
et dugui fins ‘Déu.
És per a tu, aquesta cançó.
Tu, el camperol d’aquell racó,
que vas donar-me fusta, quan
el fred ja m’estava gelant.
Tu, que em vas escalfar les mans
quan els ganàpies dels voltants
-la gent com cal, gent de diner-
m’havien deixat al carrer.
No va ser un foc gaire brillant
-sols un grapat de branquillons-
p’rò m’espurneja encara al fons
talment un foc de Sant Joan.
Tu, el camperol, quan moriràs,
quan cap Enllà te n’aniràs,
que el qui t’enterri, per poc preu,
et dugui fins ‘Déu.
És per a tu, aquesta cançó.
Tu, la mestressa del racó,
que em vas donar un crostó de pa
després de temps de dejunar,
i em vas obrir el teu rebost, quan
tots els ganàpies del voltant
-la gent com cal, de dret camí-
fruïen en veure’m sofrir.
No fou res més que un poc de pa,
p’rò va saber escalfar-me el cor,
i em nodrirà fins a la mort
com una mena de mannà.
Mestressa, quan tu moriràs,
quan cap Enllà te n’aniràs,
que el qui t’enterri, per poc preu,
et dugui fins ‘Déu.
És per a tu, aquesta cançó.
Tu, l’estranger d’aquell racó,
que em vas somriure un xic dolgut
quan se’m van endur detingut.
Tu, que no vas picar de mans
quan els ganàpies dels voltants
-la gent com cal, tot el ramat-
se’n reien, de veure’m lligat.
No fou res més que un poc de mel,
p’rò va saber escalfar-me el cor,
i hi brillarà fins a la mort
com brillen els astres al cel.
Tu, l’estranger, quan moriràs,
quan cap Enllà te n’aniràs,
que el qui t’enterri, per poc preu,
et dugui fins ‘Déu.
inviata da Bernart - 15/5/2013 - 13:39
Lingua: Polacco
BALLADA DLA OBYWATELA MIASTECZKA P.
(wg G. Brassensa)
Balladę swą posyłam ci,
Za cztery drwa, które dałeś mi
Obywatelu miasteczka P.
Gdy na mrozie kuliłem się...
Ty, który mnie ogrzałeś, gdy
Panie, panowie, mieszczanie źli
Pełnym godności gestem mi
Przed nosem zamknęli swe drzwi!
To prawie nic, ot, cztery drwa,
Ale ogrzałem nad nimi się,
Gorące jest już ciało me,
Bo płomień ich wciąż we mnie trwa!
Obywatelu miasteczka P.
Gdy umrzesz - niech powiozą cię
Poprzez błękitny nieba łan -
Gdzie czeka Pan.
Balladę swą posyłam ci,
Za chleba kęs, który dałaś mi
Dziewko z oberży w miasteczku P.
Gdy głód tępy z nóg ścinał mnie...
Ty, która chleb mi dałaś, gdy
Panie, panowie, mieszczanie źli
Psów odkarmionych swych głaszcząc łby
Przed nosem zamknęli mi drzwi!
To prawie nic, chleba kęs, dwa,
Lecz oszukałem nimi swój głód,
Zniknął pustego brzucha chłód,
Wspomnienie to wciąż we mnie trwa!
Dziewko z oberży w miasteczku P.
Gdy umrzesz - niech powiozą cię
Poprzez błękitny nieba łan -
Gdzie czeka Pan.
Balladę swą posyłam ci,
Za uśmiech twój, który dałeś mi
Obcy przybyszu w miasteczku P.
Gdy policjant zabierał mnie...
Ty, któryś skinął dłonią, gdy
Panie, panowie, mieszczanie źli
Wybiegli widząc przy mnie straż,
Obelgi rzucali mi w twarz!
To prawie nic, uśmiech i gest,
Lecz osłodziłem nim gorycz swą,
Zapamiętałem chwilę tą
I ona nadzieją mą jest!
Obcy przybyszu w miasteczku P.
Gdy umrzesz - niech poniosą cię
Poprzez błękitny nieba łan -
Gdzie czeka Pan.
(wg G. Brassensa)
Balladę swą posyłam ci,
Za cztery drwa, które dałeś mi
Obywatelu miasteczka P.
Gdy na mrozie kuliłem się...
Ty, który mnie ogrzałeś, gdy
Panie, panowie, mieszczanie źli
Pełnym godności gestem mi
Przed nosem zamknęli swe drzwi!
To prawie nic, ot, cztery drwa,
Ale ogrzałem nad nimi się,
Gorące jest już ciało me,
Bo płomień ich wciąż we mnie trwa!
Obywatelu miasteczka P.
Gdy umrzesz - niech powiozą cię
Poprzez błękitny nieba łan -
Gdzie czeka Pan.
Balladę swą posyłam ci,
Za chleba kęs, który dałaś mi
Dziewko z oberży w miasteczku P.
Gdy głód tępy z nóg ścinał mnie...
Ty, która chleb mi dałaś, gdy
Panie, panowie, mieszczanie źli
Psów odkarmionych swych głaszcząc łby
Przed nosem zamknęli mi drzwi!
To prawie nic, chleba kęs, dwa,
Lecz oszukałem nimi swój głód,
Zniknął pustego brzucha chłód,
Wspomnienie to wciąż we mnie trwa!
Dziewko z oberży w miasteczku P.
Gdy umrzesz - niech powiozą cię
Poprzez błękitny nieba łan -
Gdzie czeka Pan.
Balladę swą posyłam ci,
Za uśmiech twój, który dałeś mi
Obcy przybyszu w miasteczku P.
Gdy policjant zabierał mnie...
Ty, któryś skinął dłonią, gdy
Panie, panowie, mieszczanie źli
Wybiegli widząc przy mnie straż,
Obelgi rzucali mi w twarz!
To prawie nic, uśmiech i gest,
Lecz osłodziłem nim gorycz swą,
Zapamiętałem chwilę tą
I ona nadzieją mą jest!
Obcy przybyszu w miasteczku P.
Gdy umrzesz - niech poniosą cię
Poprzez błękitny nieba łan -
Gdzie czeka Pan.
inviata da Krzysiek Wrona - 6/7/2015 - 18:01
Lingua: Italiano
CANZONE PER L'AUVERGNAT
Dedico a te questa canzone, tu l'Auvergnat che senza ragione
m'hai dato legna da bruciar, poichè il gelo degli altri fa male.
Con il tuo fuoco ho scaldato le mani, quando i pitocchi dei miei paesani,
gente dal più che roseo futuro, m'ha chiuso le porte sul muso.
Non era che un tenue falò, con cui il mio corpo si riscaldò
ma nel mio cuore lui brucia ancora, con tutta la gioia di allora.
Tu l'Auvergnat, quando morte verrà, ed il becchino ti condurrà,
che i cieli ti faccia attraversar, fino al Padre Immortal.
Dedico a te questa canzone, tu l'Albergante che senza ragione
m'hai dato pane da mangiare, io vivevo una vita da fame.
Tu m'hai aperto la tua dispensa, i miei paesani hanno chiuso la mensa,
dalla finestra io che guardavo, sapevano che digiunavo.
Non era che un tozzo di pane, con cui ho spento i morsi di fame
ma nel ricordo mi resterà, quasi fosse un pranzo nuzial.
Tu l'Albergante, quando morte verrà, ed il becchino ti condurrà,
che i cieli ti faccia attraversar, fino al Padre Immortal.
Dedico a te questa canzone, tu che Straniero senza ragione
dall'aria triste mi hai sorriso, allorquando i gendarmi m'han preso.
Tu che non hai poi applaudito, mentre i paesani puntavano il dito,
anzi ridevan di santa ragione, mentre io andavo in prigione.
Non era che del dolce di miele, che ha riscaldato un pò le mie vene
ma il mio cuore illumina ancora, con tutta la luce di allora.
Tu o Straniero, quando morte verrà, ed il becchino ti condurrà,
che i cieli ti faccia attraversar, fino al Padre Immortal.
Dedico a te questa canzone, tu l'Auvergnat che senza ragione
m'hai dato legna da bruciar, poichè il gelo degli altri fa male.
Con il tuo fuoco ho scaldato le mani, quando i pitocchi dei miei paesani,
gente dal più che roseo futuro, m'ha chiuso le porte sul muso.
Non era che un tenue falò, con cui il mio corpo si riscaldò
ma nel mio cuore lui brucia ancora, con tutta la gioia di allora.
Tu l'Auvergnat, quando morte verrà, ed il becchino ti condurrà,
che i cieli ti faccia attraversar, fino al Padre Immortal.
Dedico a te questa canzone, tu l'Albergante che senza ragione
m'hai dato pane da mangiare, io vivevo una vita da fame.
Tu m'hai aperto la tua dispensa, i miei paesani hanno chiuso la mensa,
dalla finestra io che guardavo, sapevano che digiunavo.
Non era che un tozzo di pane, con cui ho spento i morsi di fame
ma nel ricordo mi resterà, quasi fosse un pranzo nuzial.
Tu l'Albergante, quando morte verrà, ed il becchino ti condurrà,
che i cieli ti faccia attraversar, fino al Padre Immortal.
Dedico a te questa canzone, tu che Straniero senza ragione
dall'aria triste mi hai sorriso, allorquando i gendarmi m'han preso.
Tu che non hai poi applaudito, mentre i paesani puntavano il dito,
anzi ridevan di santa ragione, mentre io andavo in prigione.
Non era che del dolce di miele, che ha riscaldato un pò le mie vene
ma il mio cuore illumina ancora, con tutta la luce di allora.
Tu o Straniero, quando morte verrà, ed il becchino ti condurrà,
che i cieli ti faccia attraversar, fino al Padre Immortal.
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Nel terzo album pubblicato in Francia da Brassens, comunemente noto col titolo della canzone d’apertura, “Les Sabots d'Hélène”
Interpretata anche da Juliette Gréco
Propongo questa canzone come Extra, per sintonia con Il Pescatore di Fabrizio De André di cui, mi pare, condivida in qualche modo il tema. Ma forse potrebbe anche essere accolta tout court come una CCG, visto che, pur senza avere lo stesso accento antimilitarista, è sicuramente assimilabile a La mauvaise réputation e visto anche che, nell’interpretazione più comunemente accettata, il francese originario dell’Alvernia protagonista della prima strofa fu un certo Marcel Planche che diede rifugio a Brassens quando, durante la guerra, dovette nascondersi per evitare il “service du travail obligatoire” imposto dagli occupanti nazisti e dai collaborazionisti di Vichy.