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Fragalà di Melissa

Danilo Montenegro
Lingua: Italiano (Calabrese Cosentino)


Danilo Montenegro

Lista delle versioni e commenti


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Vogghiu gridari
(Danilo Montenegro)
Melissa
(Canzoniere del Vento Rosso)


[2001]
Testo e musica di Danilo Montenegro
Album: Cercu largu

Cercu-Largu


"Era il tempo della semina delle fave e ci siamo incamminati verso le 5. Dell'arrivo della polizia nessuno sapeva niente. La raccomandazione che avevamo avuto dai dirigenti della "Federterra" era quella di accogliere i poliziotti, se fossero arrivati, con battimani e grida d'evviva. E così fu. Alla vista dei primi agenti, ci radunammo al centro di Fragalà e battemmo le mani. Come risposta arrivarono i primi candelotti lacrimogeni. Qualcuno di noi li rilanciò verso lo schieramento dei celerini. A quel punto scoppiò la tragedia: i poliziotti cominciarono a sparare, con le pistole ed il mitra. Un vero inferno di fuoco e di piombo". (1)
È Peppino Nigro, testimone oculare nonché fratello di una delle vittime (il ventinovenne Francesco Nigro) a sintetizzare in queste brevi frasi ciò che ricordava, a distanza di un trentennio, del 29 ottobre 1949; quando avvennero i cosiddetti "fatti di Melissa" tragico momento delle lotte agrarie nell'intera Italia meridionale.
È passato più di mezzo secolo da quei fatidici momenti ma ciò nonostante né si è fatta luce sull'eccidio melitese e né le problematiche dell'agricoltura calabrese sono state ancora risolte.
Particolarmente nel Marchesato crotonese, seppure è finito il latifondismo, le problematiche dell'agricoltura sono ancora vive e quella che potrebbe essere un vero e proprio volano di sviluppo economico è ben lontana dal produrre tutto ciò che potrebbe. Ciò che accadde a Melissa fu nell'intero Sud, la semplice punta di un iceberg.
Nella sola Provincia catanzarese (allora comprendente anche quelle di Crotone e Vibo) occupazioni e proteste si registrarono in ben 72 comuni. Altre proteste si ebbero, quasi contemporanemante, in Sicilia, in Basilicata, nelle Puglie, in Campania e nel Lazio meridionale.

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In tali Regioni, già al termine della prima guerra mondiale s'erano registrate numerose proteste, motivate sia alla crisi economica nazionale e sia per le problematiche proprie delle problematiche delle zone rurali. A caratterizzare, però, i "fatti di Melissa" l'inaudita violenza delle forze dell'ordine e la voglia da parte della popolazione di ricordare, per non consentire al passato di "passare" veramente.
Già fra il 1919 ed il 1922, in Calabria le prime sezioni socialiste fecero si che numerosi dirigenti del partito iniziarono ad affiancare i contadini nelle loro proteste. Dopo le prime occupazioni delle terre incolte nel Marchesato crotonese (e nella stessa Melissa) nel 1922 la situazione precipitò per esempio a Casignana (R.C.) dove altri quattro contadini morirono nello scontro con le forze dell'ordine.
A distanza di poco più di un ventennio, la protesta si riaccese nel 1946, quando il ministro pro tempore all'Agricoltura on. Antonio Segni ratificò i famosi "Decreti Gullo" datati 1944.
Questi, assicurando la continuità del lavoro ai contadini, riducevano i margini del possibile sfruttamento da parte dei latifondisti.


A firmare questi decreti, un calabrese illustre: l'avvocato catanzarese Fausto Gullo che, dopo aver lottato strenuamente il fascismo e fatto parte della Costituente, era stato eletto parlamentare nel collegio di Cosenza nelle liste del partito Comunista.
Nominato ministro all'Agricoltura nel primo Governo meridionale di Badoglio, l'on. Fausto Gullo mantenne tale ministero nei governi Bonomi, Parri e De Gasperi divenendo ministro di Grazia e Giustizia proprio nel 1946.
La ratifica da parte del ministro on. Antonio Segni dei "Decreti Gullo" procurò tali proteste nei latifondi calabresi da far richiedere ai proprietari terrieri l'aiuto dello Stato. Salì a Roma, per perorare la causa dei latifondisti, una delegazione di deputati democristiani guidata dall'on. Gennaro Cassiani e l'on. Antonio Pugliese.
Conseguenza alle richieste dei due Parlamentari, giunsero in breve tempo, solo nella provincia di Catanzaro circa 1.000 poliziotti. A guidarli, quel tenente Luciani che, qualche tempo prima, nelle Puglie aveva ordinato il fuoco contro altri braccianti in protesta. Con l'arresto ed il pestaggio di qualche sindacalista, narrano le cronache, la situazione fu per un certo momento acquietata.
"Nel 1949, i lavoratori agricoli scesero in sciopero sotto la direzione della CGIL. Si generò allora un tale clamore ed una tale tensione non solo nelle campagne, ma anche negli ambienti politici di Roma, che il Governo fu costretto ad intraprendere un'azione per rendere più tollerabile la situazione. Il Presidente del Consiglio on. Alcide De Gasperi e il ministro dell'Agricoltura on. Antonio Segni, proprietario terriero e professore universitario sardo, preparò il progetto di legge per il frazionamento delle grandi proprietà terriere arretrate.
I grandi imprenditori agricoli, che impegnavano tecniche avanzate, furono esclusi dall'ambito della legge a prescindere dall'estensione delle loro proprietà. Nell'aprile del 1949, l'on. De Gasperi propose la ridistribuzione di 3.700.000 acri di terra incolte ed il progetto di legge fu sottoposto all'esame di una commissione inter-ministeriale.
La Confagricoltura, organizzazione dei grandi proprietari terrieri, esercitò tali pressioni sui ministri che il progetto fu insabbiato in commissione"
(2)
Al di là delle questioni socio economiche di quei lustri, le problematiche delle terre divennero un vero e proprio caso letterario, diventando l'oggetto di famosi romanzi storici. Descrivendo la situazione dei contadini meridionali e del loro stato d'animo in età fascista a Michele Zappa, personaggio siloniano afferma:
"In capo a tutti c'è Dio, padrone del cielo. Questo ciascuno lo sa. Poi viene il principe di Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi, vengono i cafoni. E si può dire che è finito" (3).
A distanza di lustri, nonostante la caduta del regime fascista le problematiche dell'agricoltura nell'Italia meridionale non erano cambiate di molto.
"La caduta del fascismo – scrisse il parlamentare comunista calabrese Gennaro Miceli – indusse le masse meridionali a ritenere che fosse arrivato il momento della liberazione e la vera liberazione era per il contadini, allora come sempre, la fine dello sfruttamento servile, la continuità del lavoro, la proprietà della terra".
Questi, in grandi linee, gli antefatti di ciò che accadde a Melissa.
Nella cittadina dell'entroterra crotonese, la protesta dei contadini ebbe il proprio epilogo con l'occupazione, da parte di alcuni contadini, del feudo di Fragalà: un'ampio appezzamento di terra incolto ed abbandonato da ben 14 anni dopo che, sotto il regime, era stato sfruttato dai fratelli Polito e dai marchesi Berlingeri.

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All'arrivo dei celerini guidati dal maresciallo Brizzi ed all'inaspettata sparatoria rimasero a terra Francesco Zito, il quindicenne Giovanni Zito e la ventiquattrenne Angelina Mauro che, dopo giorni di sofferenze, morì nell'Ospedale crotonese. Rimasero feriti, inoltre, altri 15 contadini per vari lustri testimoni diretti della violenza dei militi.

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"Aveva fatto la guerra – raccontava, del fratello Francesco, Giovanni Nigro – ed era finito prima in Germania e poi in Russia. Era tornato a Melissa per lavorare, ma qui trovò soltanto la fame. La miseria trionfava e fu questo a spingerci ad andare sulle terre a coltivarle". "Di mio figlio – aggiungeva Peppino Nigro - hanno detto che era del Movimento Sociale. Non è vero, lui era libero!
Fu un movimento di popolo: c'erano tutti a Fragalà, i comunisti, i socialisti e pure i fascisti. Era la fame a spingere tutti. anche nel 1922 si lottò per la terra ed i carabinieri misero in piazza la mitragliatrice. Ma non si arrivò mai a quella ferocia"
(1).
Un altro testimone oculare, Antonio Durante, precettato dai Carabinieri che per paura della popolazione inferocita vollero essere accompagnati per stradine di campagna a Cirò Marina raccontava:
"fui picchiato dai Carabinieri perché non volevo accompagnarli. Mi ci portarono con la forza. Mentre camminavamo mi rivolgevano parole ingiuriose nei confronti dei Melitesi: siete tutti delinquenti e cafoni, dicevano" (1).

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Subito dopo la rivolta, Fragalà fu divisa fra i contadini per placare gli animi.
Come dire: dopo il bastone la carota. Furono costituite la "Cassa del Mezzogiorno" e "L'opera Sila", ma a distanza di anni si può affermare che tali soluzioni non bastarono a risolvere il deficit dell'agricoltura calabrese e del Crotonese in particolare che, a distanza di decenni, è affetta dalla mancanza di una logica di cooperazione fra gli stessi agricoltori che non consente di produrre economia.
'A guerra ru quarantacincu menzu munnu distruggìu
famìgghj interi morti 'i fami, la sventura nni cugghìu
'na sventura nni cugghìu

Furu anni dispirati, nun sape'mu comu fari
s'aspettava lu miraculu, o all'estiru scappari
o all'estiru scappari

A 'stu puntu dicidìmmu: mu scindìmu a Fragalà
occupari tutti i terri e putiri stari ccà.
Pi putìri stari ccà

Vita, ma chi vita?
Era 'na vita di miseria
Vita, ma chi vita?
Era 'na vita disperata.

Tutti ansèmi nni partimmu, caminannu quasi un'ura
vecchi, giuvini e figghjoli gridandu: « 'A terra a chi lavùra ! »
gridandu: « 'A terra a chi lavùra ...

Sulu 'a terra nui vulèmu nui putìmu faticari
guadagnari ancu 'na lira pâ famigghja e pi campàri,
..pâ famigghja e pi campàri ».

Arrivati supra 'u postu ri lu fundu Fragalà
arraggjàti e tutti stanchi, dicemu: « 'A vita nostra è ccà ! »
« 'A vita nostra è ccà ! »

Vita, ma chi vita?
Era 'na vita di miseria
Vita, ma chi vita?
Era 'na vita disperata..

E cu tutti li standeri a lu celu ventuliati
gridavamu tutti quanti ansemi:
« Pani e lavuru simu affamati ! »
« pani e lavuru simu affamati ...»

Ma 'na botta di luntanu!! Cuminciàru a sparari
i celerini cumandati, e nci fu 'nu gran scappari
e nci fu 'nu gran scappari..

Nâ 'stu grandi fuji-fuji tri giuvini ristaru
buttati 'n terra e senza ciatu
ca nnucenti l'ammazzàru,
ca, nnucenti, l'ammazzàru..

« Figghju, figghju mìu, – vulìvi sulu faticà'
Figghju, figghju mìu, – pagasti cu la vita tója »

ANGELINA MAURO, FRANCESCO NIGRO, GIOVANNI ZITO puru là
chiantàru pi sempri 'a vita sója, fra la terra e Fragalà
chiantaru pi sempri 'a vita sója, fra la terra e Fragalà

« Figghju, figghju mìu, vulivi sulu faticà'
Figghju, figghju mìu, pagasti cu la vita tója..
Note:
(1) Sergio Dragone in "Il Giornale di Calabria" del 29 ottobre 1970.
(2) N. Kogan in "L'Italia del dopoguerra, storia politica dal 1945 al 1960"
(3) Ignazio Silone in "Fontamara" 1930.

inviata da giorgio - 6/4/2013 - 11:21



Lingua: Italiano

Versione italiana
FRAGALÀ DI MELISSA

La guerra del '45 ha distrutto mezzo mondo
famiglie intere morte di fame, la disgrazia ci ha colpiti
una disgrazia ci ha colpiti

Furono anni disperati, non sapevamo come fare
si aspettava il miracolo, o emigrare all'estero
o emigrare all'estero

A quel punto decidemmo allora di andar giù a Fragalà
occupare tutte le terre per poter rimanere qua
per rimanere qua..

Vita, ma che vita?
Era una vita di miseria
Vita, ma che vita?
Era una vita disperata.

Tutti insieme ci movemmo, camminando per quasi un'ora
vecchi, giovani e ragazze, gridando: « La terra a chi lavora ! »
gridando: « La terra a chi lavora...

Solamente la terra noi vogliamo, noi siamo capaci di lavorare
guadagnare anche una lira per la famiglia e per campare.
..per la famiglia e per campare ».

Giunti infine sul luogo del fondo Fragalà
sfiniti ma incazzati diciamo: « La vita nostra è qua ! »
« La vita nostra è qui ! »

Vita? ma che vita!
Era una vita di miseria
Vita, ma che vita?
Era una vita disperata.

E con tutti gli stendardi, al cielo sventolati,
gridavamo tutti quanti insieme:
« Pane e lavoro Siamo affamati ! »
« Pane e lavoro siamo affamati...»

Ma si ode un botto da lontano!! Cominciarono a sparare
eseguivano quest'ordine i celerini, ci fu allora un gran scappare
ci fu allora un gran scappare..

In questo grande fuggifuggi tre giovani rimasero
distesi a terra e senza vita,
giacché, innocenti, furono uccisi,
benché innocenti, furono uccisi..

« Figlio, figlio mio, – volevi solo lavorare !
Figlio, figlio mio, – pagasti questo con la tua vita »

ANGELINA MAURO, FRANCESCO NIGRO, GIOVANNI ZITO pure lì
piantarono per sempre la loro vita(1) fra la terra e Fragalà
piantarono per sempre la loro vita fra la terra e Fragalà

« Figlio, figlio mio, – volevi solo lavorare
Figlio, figlio mio, – e pagasti ciò con la tua vita..
Note alla traduzione

(1) Amarissima ironia tra due significati del verbo piantare (chiantàri): 1) Piantare: seminare, piantare un seme, una pianta; 2) Piantare: abbandonare, piantare in asso, non rispettare un appuntamento, un impegno.

inviata da giorgio - 8/4/2013 - 13:15


O Giorgio, tu sarai anche lagnusu però t'hai fatto una pagina degna delle famose paginone greche del Testa...! Bellissima davvero.

Riccardo Venturi - 6/4/2013 - 11:48


Grazie, Ric. Ma tu mancu cugghjunìi ! :-) (cioè neanche tu fai complimenti):
se dovessimo giudicare la tua lagnusía dallo spessore della tua produttività qui,
passeresti addirittura per la reincarnazione di Алексей Стаханов (!)

giorgio - 7/4/2013 - 10:44




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