y esa injusticia no puede seguir,
si tu existencia es un mundo de penas
antes que esclavo prefiere morir.
Esos burgueses, asaz egoístas,
que así desprecian la Humanidad,
serán barridos por los anarquistas
al fuerte grito de libertad.
¡Ah!
Rojo pendón, no más sufrir,
la explotación ha de sucumbir.
Levántate, pueblo leal,
al grito de revolución social.
Vindicación no hay que pedir;
sólo la unión la podrá exigir.
Nuestro pavés no romperás.
Torpe burgués.
¡Atrás! ¡Atrás!
Los corazones obreros que laten
por nuestra causa, felices serán.
Si entusiasmados y unidos combaten,
de la victoria, la palma obtendrán.
Los proletarios a la burguesía
han de tratarla con altivez,
y combatirla también a porfía
por su malvada estupidez.
¡Ah!
Rojo pendón, no más sufrir,
la explotación ha de sucumbir.
Levántate, pueblo leal,
al grito de revolución social.
Vindicación no hay que pedir;
sólo la unión la podrá exigir.
Nuestro pavés no romperás.
Torpe burgués.
¡Atrás! ¡Atrás!
Contributed by Bernart + CCG/AWS Staff - 2013/4/5 - 11:21
La versión cantada por los combatientes anarquistas durante la Guerra Civil española
Hijo del pueblo, te oprimen cadenas,
y esa injusticia no puede seguir;
si tu existencia es un mundo de penas
antes que esclavo prefiere morir.
En la batalla, la hiena fascista.
por nuestro esfuerzo sucumbirá;
y el pueblo entero, con los anarquistas,
hará que triunfe la libertad.
Trabajador, no más sufrir,
el opresor ha de sucumbir.
Levántate, pueblo leal,
al grito de revolución social.
Fuerte unidad de fe y de acción
producirá la revolución.
Nuestro pendón uno ha de ser:
sólo en la unión está el vencer.
Contributed by Bernart - 2013/4/8 - 09:07
Himno Anarquista: La versión anarcosindicalista
Si tratta in realtà di un testo totalmente differente, e che reca anche un titolo differente: Himno Anarquista (o >Salud proletarios). Pur essendo cantato sulla medesima aria di Hijos del pueblo, dovrebbe essere a rigore considerato un canto autonomo; generalmente, però, è associato alla melodia di origine. Nacque con tutta probabilità molto prima della Guerra Civile, vale a dire con gli anni '20 e lo sviluppo in Spagna del sindacalismo anarchico; l'autore del testo è sconosciuto. [RV]
Salud proletarios: Llegó el gran día;
dejemos los antros de la explotación,
no ser más esclavos de la burguesía,
dejemos suspensa la producción.
Iguales derechos e iguales deberes
tenga por norma la sociedad,
y sobre la tierra los humanos seres
vivan felices en fraternidad.
Trabajador, no más sufrir
el opresor ha de sucumbir.
A derrocar al capital,
al grito de Revolución Social.
Acracia al fin triunfará.
Bello jardín la tierra será.
Todo lo vil a eliminar.
Pueblo viril, ¡Luchar, Luchar!
No más supremacía de dioses y leyes,
no más de tiranos la vil opresión.
Y vallas, fronteras, gobiernos y leyes
derrúmbense al paso de la rebelión.
Formemos un mundo de paz y armonía
do libres imperen las Artes y Amor.
Viviendo la libre Anarquía
Natura brinda en su rica labor.
Trabajador, no más sufrir
el opresor ha de sucumbir.
A derrocar al capital,
al grito de Revolución Social.
Acracia al fin triunfará.
Bello jardín la tierra será.
Todo lo vil a eliminar.
Pueblo viril, ¡Luchar, Luchar!
Contributed by Bernart - 2013/4/8 - 09:07
La versión argentina cantada en 1904.
La versione argentina, dal disco “Los Anarquistas - Marchas y canciónes de lucha de los obreros anarquistas argentinos (1904 - 1936)”, a cura di Osvaldo Bayer, con la collaborazione di Héctor Alterio (1929-), grande attore argentino (un titolo per tutti: “La historia oficial”, di Luis Puenzo, 1985, forse il primo film argentino sugli orrori della dittatura. Nella colonna sonora, En el país de Nomeacuerdo di María Elena Walsh). Si noti che prima strofa ed il ritornello vengono cantati dagli operai in sciopero nel film “Patagonia rebelde” del 1974, regia di Héctor Olivera (e sceneggiatura proprio di Osvaldo Bayer), premiato a Berlino con l’Orso d’argento, pellicola che racconta della feroce repressione del mvimento operaio accaduta nella Patagonia argentina tra il 1920 ed il 1921.
“Buenos Aires, primero de mayo de 1904.
Ya se acercan, son las columnas anarquistas. Vienen con sus banderas rojas y negras, sus estandartes con los nombres de sus gremios: panaderos, marmoleros, carreros, carpinteros, pintores.
Son miles y miles que avanzan, setentamil calculará el diario la Prensa. La manifestación más grande de toda la historia argentina, para un Buenos Aires que no tiene más de un millón de habitantes. El estandarte de la Federación Obrera Argentina se extiende de vereda a vereda. Al frente, la banda integrada por compañeros italianos cantan “Hijo del Pueblo”, la más querida canción anarquista.” (Osvaldo Bayer)
Hijo del pueblo
te oprimen cadenas
y esa injusticia
no puede seguir.
Si tu existencia
es un mundo de penas
antes que esclavo
prefiere morir.
Esos burgueses
asaz egoístas
que así desprecian
a la humanidad.
Serán barridos
por los anarquistas
al fuerte grito
de la libertad.
Ah, rojo pendón
no más sufrir
la explotación
ha de sucumbir.
Levántate
pueblo leal
al grito de
revolución social.
Contributed by Bernart - 2013/4/8 - 15:01
di Riccardo Venturi, 8 aprile 2013
Come (quasi) sempre nelle pagine più complesse di questo sito, cominciamo con una semplice versione letterale del testo originale; una "base" che permetta di apprezzare e analizzare le versioni storiche che sono state fatte del canto. (RV)
Figlio del popolo, ti opprimon catene
e questa ingiustizia non può seguitare,
se la tua esistenza è un mondo di pene
all'essere schiavo preferisci morire.
Questi borghesi, parecchio egoisti,
che così disprezzano l'Umanità,
spazzati via saran dagli anarchisti
al forte grido di libertà.
Ah!
Rosso stendardo, soffrire non più,
lo sfruttamento soccomberà.
Insorgi, popolo leale
al grido della rivoluzione sociale.
La rivendicazione non va chiesta;
solo l'unione la potrà esigere.
Il nostro pavese non lo spezzerai,
turpe borghese.
Vade retro!
I cuori operai che palpitano
per la nostra causa, saran felici.
Se entusiasti de uniti combattono
della vittoria la palma otterranno.
I proletari dovran trattare
la borghesia con alterigia
e combatterla anche per sfida
alla sua malvagia stupidità.
Ah!
Rosso stendardo, soffrire non più,
lo sfruttamento soccomberà.
Insorgi, popolo leale
al grido della rivoluzione sociale.
La rivendicazione non va chiesta;
solo l'unione la potrà esigere.
Il nostro pavese non lo spezzerai,
turpe borghese.
Vade retro!
Figli della plebe: La versión italiana de VIR (Virgilio Gozzoli) cantada por los anarquistas de las columnas Durruti en 1936/39.
"Composto nel corso della rivoluzione spagnola del 1936-39 dagli anarchici italiani sull'aria del famoso inno della FAI-CNT, questo canto appare sul giornale anarco-sindacalista "Guerra di Classe" a firma di VIR, pseudonimo del pistoiese Virgilio Gozzoli. L'originale canto spagnolo venne scritto nel 1889 da Ramon Carratala [sic], un giovane operaio di Alicante, con il titolo di Himne Révolutionnaire espagnol e viene premiato ad un concorso la cui giuria è formata da poeti e musicisti che per la bellezza della musica paragonano l'inno alla Marsigliese. Nel oorso dello sciopero generale del 1891 i lavoratori di Barcellona lo cantano per le strade e nel 1892 gli anarchici occupano, dopo una rivolta, Xerez cantando questo inno (poi i condannati per la rivolta saliranno sul patibolo). Il canto accompagnerà tutte le lotte libertarie e rivoluzionarie della Spagna del novecento, specialmente la rivoluzione del 1936-39. Durante il franchismo sarà proibito cantarlo."
Santo Catanuto e Franco Schirone, "Il canto Anarchico in Italia nell'Ottocento e nel Noveceto", edizioni Zero in Condotta, 2a ed. Milano 2009, p. 231
O figli oppressi di plebe in catena
tanta ingiustizia dovrà ben finir
se nostra vita è un calvario di pena
anziché schiavi è più fiero morir
gli eroi borghesi superbi agli avari
che mal dispregian l'umanità
saran' dispersi da noi libertari
all'alto grido di libertà
Vessillo ner non più soffrir
lo sfruttamento si danni a perir
popolo in piè per l'ideal
al grido di rivoluzion social
Vendetta ognor dobbiam voler
solo l'union la potrà ottenere
vessillo ner trionferà
e il vil borghese morrà morrà
Se in petto un cuor all'unisono batte
per una causa d'amore e di ben
se con ardore e con fe' si combatte
della vittoria la palma otterrem
O proletario la vil borghesia
dovrai sfidar con dignità
dovrai dei ricchi troncar malvagìa
la lor malvagia avidità
Vessillo ner non più soffrir
lo sfruttamento è dannato a perir
popolo in piè per l'ideal
al grido di rivoluzion social
Vendetta ognor dobbiam voler
solo l'union la potrà ottenere
vessillo ner trionferà
e il vil borghese morrà morrà
Vessillo ner non più soffrir
lo sfruttamento è dannato a perir
popolo in piè per l'ideal
al grido di rivoluzion social
Vendetta ognor dobbiam voler
solo l'union la potrà ottenere
vessillo ner trionferà
e il vil borghese morrà morrà.
Contributed by Riccardo Venturi - 2013/4/8 - 16:52
Figlio del popolo: La versión colectiva de Alfonso Failla, Mario Perossini y otros anarquistas de Carrara.
Santo Catanuto - Franco Schirone, "Il canto Anarchico in Italia nell'Ottocento e nel Novecento, edizioni Zero in Condotta, 2a ed. Milano 2009, p. 249.
questa ingiustizia deve finir
se tua esistenza è mondo di pene
anzi che schiavo è meglio morir.
Questi borghesi, feroci egoisti
e che disprezzan l'umanità
saran spazzati da noi anarchisti
al forte grido di libertà...
Lavorator, basta soffrir,
lo sfruttamento deve finir
levati in piè popol leal
al grido di rivoluzion social!
La libertà non implorar
ma riscattarla dovrai con l'UNIONE
nostra bandiera mai s'abbasserà
indietro borghese, indietro va!
Orsù compagni lasciamo il lavoro
è giunta l'ora marciare dobbiam
reggie e palagi ai potenti dell'oro
a demolire corriamo corriam.
Non più leggi caserme, prigioni
ma redenzione e fraternità
non più preti, tiranni e padroni
ma amore e gioia all'umanità.
Lavorator, basta soffrir,
lo sfruttamento deve finir
levati in piè popol leal
al grido di rivoluzion social!
La libertà non implorar
ma riscattarla dovrai con l'UNIONE
nostra bandiera mai s'abbasserà
indietro borghese, indietro va!
Lavorator, basta soffrir,
lo sfruttamento deve finir
levati in piè popol leal
al grido di rivoluzion social!
La libertà non implorar
ma riscattarla dovrai con l'UNIONE
nostra bandiera mai s'abbasserà
indietro borghese, indietro va!
Contributed by Riccardo Venturi - 2013/4/8 - 17:13
Questi borghesi traditori egoisti: La versión italiana cantada en Turín en los '20
che tanto sfruttan l'umanità
saran travolti da noi socialisti (anarchisti)
al forte grido di libertà
Vessil d'amor
basta soffrir
lo sfruttamento
deve perir!
Scuotiti o popol
e col tuo sol
l'Internazionale
dei lavorator
All'armi o paria
distrutta sarà
dalla rivoluzion
la vil società!
Finché al potere tu lasci i tiranni
tu avrati fratello miseria e fam
morta è tua moglie fra stenti ed affanni
sfinito il figlio contemplerai
O condottier
reo (?) i nostri eroi
orsù venite
stiamo con voi
Trasformerem
la società
noi daremo
pace e libertà
Contributed by Riccardo Venturi - 2013/4/8 - 18:24
La seguente versione italiana apparve sull' “Almanacco Libertario per il 1937” (p. 68) stampato in Svizzera da Carlo Frigerio. Dopo le note storiche che accompagnano il canto e la riproduzione a tutta pagina dello spartito, l'Almanacco così termina: “La rivoluzione ha rimesso in voga quest'inno popolare e le note fatidiche e vibranti di Carratalá risuonano ora liberamente nelle manifestazioni pubbliche della nuov Catalogna, insorta contro il fascismo sanguinario e liberata dai ceppi del passato. Diamo qui la versione italiana di quest'inno, già tradotto e cantato da molti anni dai nostri compagni francesi.” Quest'ultima, importante affermazione ci comunica che il canto spagnolo è già tradotto e diffuso tra gli esuli anarchici in Francia “da molti anni”, cioè se non proprio dai primi anni '20 (la prima ondata di esuli avviene subito dopo la fascista marcia su Roma) sicuramente nel periodo 1929-1931 quando l'attenzione del mondo libertario è rivolta ai fatti e alle repressioni in Spagna. [Santo Catanuto – Franco Schirone, Il canto anarchico in Italia nell'Ottocento e nel Novecento, Zero in Condotta, 2009, p. 229]
Sì ingiusta sorte non può più durar:
Se la tua vita è un tessuto di pene,
Piuttosto che schiavo, t'appresta a pugnar.
La tracotante ed esosa genìa,
Che spregia e opprime l'Umanità,
Sarà dispersa da l'Anarchia
Nel nome santo di Libertà!
Lavorator, sorgi a lottar;
Lo sfruttamento ha da cessar.
Su t'alza in piè, per l'Ideal,
Al grido di Rivoluzion Social.
Giustizia alfin dobbiam voler,
Uniti sol si potrà ottener.
Vessillo ner non piegherà,
La borghesia sgominerà!
Un sol vessillo, un'unica face
Ci guidi, c'infiammi, ci sproni ad agir;
Sol con l'azione concorde e tenace
Il trionfo finale potrem conseguir.
Di un ideal di giustizia e d'amore
La nostra lotta degna sarà:
Del bieco borghese, del vil sfruttatore
Il giogo si spezzi e l'error sparirà.
Lavorator, sorgi a lottar;
Lo sfruttamento ha da cessar.
Su t'alza in piè, per l'Ideal,
Al grido di Rivoluzion Social.
Giustizia alfin dobbiam voler,
Uniti sol si potrà ottener.
Vessillo ner non piegherà,
La borghesia sgominerà!
Contributed by Riccardo Venturi - 2019/7/10 - 06:16
Una versión italiana anónima de los años post-bélicos
Noi vogliamo che alle lotte incivili
seguano i giorni di pace e d'amore;
noi vogliam che una classe di vili
cessi di vivere del nostro sudor.
Noi sappiamo che l'orgia è delitto
com'è delitto la proprietà;
lottiam dunque pel nostro diritto,
tacere ancora saria viltà...Ah!
Non può durar, non può durar,
tant'orgia infame dovrà finir.
Noi marcerem per l'ideal
al grido di Rivoluzion Social!
Meglio è cader tratte al suol
che rassegnati subire il duol;
meglio è morir più che viver
senza diritti, senza piacer!
A te il borghese usurpò la terra
la mina*, il mare e il mondo inter;
figlio del popolo, orsù fa' guerra,
de' tuoi tiranni abbatti l'imper!
Contro la turpe genia de' ladri
che senti e fame ti danno ognor
vendetta, grida di spose e di madri
e del lavor! dell'uman genere...Ah!
Non può durar, non può durar,
tant'orgia infame dovrà finir.
Noi marcerem per l'ideal
al grido di Rivoluzion Social!
Meglio è cader tratte al suol
che rassegnati subire il duol;
meglio è morir più che viver
senza diritti, senza piacer!
Contributed by Riccardo Venturi - 2013/4/8 - 18:34
Söhne des Volks: La versión alemano-española de Ernst Busch
Noch ohne Recht und erniedrigt zu sein.
Doch es wird niemand die Ketten zerschlagen,
Wenn wir uns selbst nicht entschlossen befrein.
Die uns Tod und Verzweiflung geschaffen,
Die wurden satt und reich von unsrer Not.
Erhebt Euch, Söhne des Volks, mit den Waffen!
Für unsre Freiheit, für Recht und Brot!
Trabajador no más sufrir
el opresor ha de sucumbir
levántate pueblo leal
al grito de revolución social!
Fuerte unidad de fe y de acción
producirá la revolución
nuestro pendón uno ha de ser
sólo en la unión está el vencer.
Contributed by Riccardo Venturi - 2013/4/8 - 19:02
Riccardo Venturi - 2013/4/8 - 12:17
Bernart - 2013/4/8 - 14:11
Riccardo Venturi - 2013/4/8 - 14:34
Da “Le ciminiere non fanno più fumo - Canti e memorie degli operai torinesi”, a cura di Emilio Jona, Sergio Liberovici, Franco Castelli, Alberto Lovatto, Donzelli 2008.
Dassetto così commentava l’esecuzione del canto:
“Viena dalla Spagna. L’ho imparata nel nostro Circolo, a Borgo San paolo, nel ’20. Era una canzone rivoluzionaria spagnola, la sapevo tutta. E quando la cantavamo in giro, se la sentiva la polizia, suonava subito, eh, e ci saltavano subito addosso.
Mi ricordo una volta, eravamo lì dove adesso è via Di Nanni, era di sera, eravamo ‘na bèla partìa (una bella compagnia), ragazzi e ragazze, avevamo cominciato ad intonare questa canzone e ci hanno subito fatto sciogliere, eh, sarà nel ’21.”
Questi borghesi traditori egoisti
che tanto sfruttan l'umanità
saran travolti da noi socialisti
al forte grido di libertà
Vessil d'amor
basta il soffrir
lo sfruttamento
deve perir
Scuotiti o popol e col tuo sol
l'Internazionale dei lavorator
All'armi o paria
distrutta sarà
dalla rivoluzion
la vil società
Finché al potere tu lasci i tiranni
tu avrai fratello miseria e fam
morta è tua moglie fra stenti ed affanni
sfinito il figlio contemplerai
O condottier
con i nostri eroi
orsù venite
stiamo con voi
Trasformerem la società
noi daremo pace e libertà
Bernart Bartleby - 2016/10/19 - 09:17
Questa la versione riarrangiata da: Antica Rumeria Lágrima de Oro.
Il testo del brano non è eseguito integralmente (viene eseguita una sola strofa).
Gabriele Dascoli - 2024/6/3 - 16:07
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Letra y música de R.C.R. (Rafael Carratalá Ramos)
Testo e musica di R.C.R. (Rafael Carratalá Ramos)
"Hijos del pueblo" es una canción popular relacionada con el movimiento obrero, especialmente el de inspiración anarcosindicalista. Parece ser que este himno es obra de un director de banda militar establecido en Barcelona. Se presentó en 1885 a la Sección de Música revolucionaria del primer certamen socialista organizado por el Centro de Amigos de Reus, perteneciente a la Primera Internacional." - es.wikipedia
"Hijos del pueblo": Historia de su composición y grabación
CNT-AIT Confederación Nacional del Trabajo
Si hablamos de la historia del anarcosindicalismo ibérico no podemos dejar de poner en valor los símbolos que lo han representado durante estos cien años que ahora cumple la CNT. La bandera rojinegra, Heracles con el león de Nemea, las propias siglas CNT, son indiscutiblemente las principales representaciones gráficas del anarcosindicalismo ibérico, aunque este sea bastante más antiguo que la propia CNT. Pero si hablamos de música, son dos las canciones que han destacado siempre entre todas las demás que han acompañado nuestra historia y que han alcanzado la categoría de himnos; “Hijos del pueblo” y “¡A las barricadas!”.
“Hijos del pueblo” parece ser que data de 1885 y la compuso el tipógrafo Rafael Carratalá Ramos. Lo cierto es que tuvo un tremendo éxito en los círculos obreros de la primera Internacional y pasó a convertirse (junto a “la Internacional”) en canción de referencia para los socialistas antiautoritarios.
“¡A las barricadas!”, por su parte, es una versión de la “Warszawianka” ó “Varsoviana”, canción compuesta en prisión por el poeta polaco Wacław Święcicki en 1883. Diferentes versiones de “La Varsoviana” se popularizaron por toda Europa en solidaridad con el movimiento obrero polaco, que luchaba duramente por los derechos de los trabajadores y contra la ocupación rusa. En noviembre de 1933 se publicó la partitura en el periódico “Tierra y Libertad” de Barcelona, con letra de Valeriano Orobón Fernández y arreglos musicales para coro de Ángel Miret. Aquella versión se tituló “Marcha triunfal. ¡A las barricadas!” y en poco tiempo ganó en popularidad a la tradicional “Hijos del pueblo”.
Ambas canciones fueron grabadas en 1936 por el Orfeó Català de Barcelona bajo la dirección de Francesc Pujol. En el caso de “Hijos del pueblo”, con una letra diferente a la original de 1885, más corta y orientada a la confrontación bélica. Las grabaciones de las dos canciones que han llegado a nuestros días tienen gran valor histórico, pero lamentablemente, muy baja calidad sonora. A pesar de lo cual, se siguen usando por no existir ninguna versión “restaurada”.
Con motivo de la conmemoración del centenario de la CNT, se puso encima de la mesa una vieja idea: La regrabación de “Hijos del Pueblo” y “¡A las barricadas!”. El primer paso fue el de tratar de localizar las partituras, para lo cual nos dirigimos a la Fundación Anselmo Lorenzo, con la esperanza de que estuvieran depositadas en sus archivos. Desgraciadamente, nos informaron de que si aún existían, estaban desaparecidas, probablemente extraviadas ó destruidas al finalizar la guerra. Nos pusimos después en contacto con el periódico “Tierra y Libertad” que nos dio una tremenda alegría: ¡tenían las partituras! Nos hicieron llegar la partitura de “Marcha triunfal.¡A las barricadas!” de 1933 y dos de “Hijos del pueblo”; la original y la versión de 1936. Comprobamos que sólo existía una partitura para voz y piano, faltaba toda la orquestación. Esto significaba que había que volver a reconstruir la partitura general, es decir las voces de cada instrumento y del coro. Mantuvimos una reunión con los compañeros Carmen Gutiérrez Aira, profesora de conservatorio de Bilbao y Kepa Bermejo, miembro de la Coral del Ensanche, donde les aportamos las partituras y grabaciones y les expusimos el proyecto.
Por mediación de Carmen Gutiérrez Aira, a primeros de Abril, el compositor Juan Manuel Yanke empezó a trabajar con los limitados materiales que le facilitamos. La labor de Juan Manuel Yanke ha sido sin duda la más importante en la consecución de este proyecto. Son incontables las horas de esfuerzo personal que ha aportado de manera totalmente desinteresada para poner voz a cada uno de los instrumentos. En el caso de “Hijos del pueblo”, se ha inspirado en la grabación de 1936, con una larga introducción musical a la que ha añadido su sello sinfónico personal antes de la contundente entrada del coro, entonando la letra original de 1889.Su versión de “¡A las barricadas!” sorprenderá sin duda por sus diferencias con respecto a la grabación de 1936. Juan Manuel Yanke hace en la introducción sendos guiños a las versiones alemana y rusa de “La varsoviana”, con entrada del coro suave y escalonada. Tras una pausa, todas las voces se incorporan con toda su fuerza. Hay algunos giros melódicos y rítmicos diferentes a la versión grabada en 1936 y tiene su explicación: la partitura en la que se ha inspirado es anterior a la que utilizó el Orfeó Català, por lo que podemos considerar que se ha recuperado la versión original.
Hay que agradecer el enorme trabajo de los compañeros José Martín Álvarez, editando la partitura y particellas, haciendo correcciones y participando como músico en la orquesta. Carmen Gutiérrez, concertino al frente de la orquesta, coordinadora y productora musical. Luís Gamarra, dirigiendo el coro y la orquesta desde los primeros ensayos. Mario Clavell Larrinaga, que además de tocar la flauta, ha ayudado en todo lo relativo a las necesidades de la grabación. Y todo el coro, que ha actuado literalmente “por amor al arte”. Además, Juan Manuel Yanke ha tenido la generosidad de ceder desinteresadamente a la CNT los derechos sobre las composiciones. Tras varios meses de arduo trabajo componiendo, escribiendo, arreglando, juntando músicos y cantantes de diferentes masas corales… tras largas horas de ensayos y correcciones, el 14 de Noviembre de 2009 tuvo lugar la grabación definitiva en el conservatorio “Juan Crisóstomo de Arriaga” de Bilbao. Dos versiones de cada canción; coral e instrumental. 23 músicos, coro mixto de 35 personas, director y equipo de grabación. El resultado será editado en breve en CD, con una pista de video con el “Making of” realizado por el compañero Víctor González Rubio, director de cine.
Como conclusión hay que hacer constar que en el caso de “¡A las barricadas!” es la primera vez que se graba con orquesta y coro desde 1936. La recuperación de “Hijos del pueblo” es aún más emocionante, ya que nunca se había grabado en estas condiciones con su letra original.
La storia di Hijos del Pueblo e la sua derivazione
di Riccardo Venturi.
Fu a quest'ultima premiazione che partecipò il tipografo di Alicante Rafael Carratalá Ramos, in seguito divenuto anche critico teatrale. Il suo inno, intitolato “Hijos del Pueblo”, risultò vincitore assoluto e ottenne un premio in denaro di 150 pesetas ricavate da una sottoscrizione popolare aperta anch'essa dal gruppo Once de Noviembre. L'origine del canto potrebbe però partecipare di entrambe le date proposte, in quanto sembra (da studi più recenti) che Carratalá Ramos avesse composto il canto qualche anno prima, e che lo avesse poi presentato al Certame barcellonese del 1889. Ad ogni modo, lo sviluppo di “Hijos del Pueblo” come canto anarchico internazionale risale al 1889; ma la sua diffusione fu rapidissima. "Già nel corso dello sciopero generale del 1891 i lavoratori di Barcellona lo cantano per le strade e nel 1892 gli anarchici occupano, dopo una rivolta, Xerez [Jérez de la Frontera, ndr] cantando questo inno (poi i condannati per la rivolta saliranno sul patibolo)" [Catanuto/Schirone].
Nel suo studio sulla cultura e sull'ideologia dell'anarchismo spagnolo, Manuel Morales Múñoz sostiene che “Hijos del Pueblo” contiene tutti i tratti ideologici e formali comuni alla poesia operaia: “Dualismo morale (egoismo borghese – sofferenza dei lavoratori), misticismo e enfasi lessicale (libertà, unione, solidarietà), con un impianto metrico tradizionale.” “Hijos del Pueblo” faceva parte in pieno della cosiddetta “innologia rivoluzionaria” che si contrapponeva a quella patriottica e religiosa della borghesia, e denunciava non soltanto lo sfruttamento della classe lavoratrice, ma esortava le classi popolari alla lotta senza indugi e a morire, se necessario, al grido di “Rivoluzione Sociale”. La sua diffusione tra i gruppi libertari del mondo ispanico fu immediatamente notevole; nel 1904, ad esempio, già lo ritroviamo in Argentina cantato da una folla immensa durante le manifestazioni del 1° maggio.
L'inno composto da Carratalá Ramos ebbe una tale e generale accettazione da divenire ben presto il distintivo musicale degli anarchici di lingua spagnola sparsi per tutto il mondo, come segno di identità ideologica e di mistica ribelle. In maniera indiretta, quindi, l'11 novembre e i Martiri di Chicago, oltre che all'instaurazione del 1° maggio, contribuirono anche a forgiare uno dei simboli più potenti della cultura libertaria ispanoamericana. Il ricordo luttioso dei Martiri di Chicago, in modo analogo ad altre commemorazioni militanti, divenne un appello all'azione. Fu probabilmente proprio dal Sudamerica, e in particolare dall'Argentina dove vivevano decine di migliaia di immigrati italiani, che “Hijos del Pueblo” valicò per la prima volta le frontiere linguistiche castigliane per essere tradotto e cantato in lingua italiana, negli anni successivi alla prima guerra mondiale (particolarmente a Torino). Un'ulteriore versione italiana si svilupperà tra gli anarchici delle colonne Durruti impegnate al fronte nel 1936-39.
Rafael Carratalá Ramos