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Les révérends pères

Pierre-Jean de Béranger
Langue: français


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(Pierre-Jean de Béranger)


[1819]
Paroles de Pierre-Jean de Béranger
Musique: Traditionnelle

Testo di Pierre-Jean de Béranger
Musica: Tradizionale

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Quest'antica canzone, che ha quasi duecento anni, ci parla di loro. Di loro chi? Beh, dei gesuiti, sì, proprio loro. Poiché, sembra, i gesuiti sono attualmente parecchio di moda in quanto sono riusciti, dopo secoli e secoli di "papi neri", ad far eleggere anche quello bianco, tutto "semplicità" e "poveri", forse sarà bene andare a dare anche un piccolo sguardo storico alla compagnia fondata da Ignazio di Loyola; e questa canzonetta, trovata nella benemerita Anthologie Anticléricale di Bruno Courcelle, giunge davvero a puntino.

Il suo autore, Pierre-Jean de Béranger, è l'inizio stesso della storia della canzone d'autore francese; il "trisavolo" di tutti i cantautori, verrebbe da dire. Sui di lui, però, ho avuto modo di parlare compiutamente nella pagina dedicata a Le roi d'Yvetot, ed a quella rimando senz'altro. Pierre-Jean de Béranger, essendo nato nel 1780, a nove anni di età era stato testimone diretto della Presa della Bastiglia e aveva vissuto, seppur giovanissimo, tutti gli anni della Rivoluzione e di Napoleone; e bonapartista era pure stato, seppur spesso critico (la stessa Roi d'Yvetot satirizzava l'Imperatore, che si dice lo sapesse benissimo e se la canticchiasse di nascosto). Ed anche ferocemente antimonarchico e anticlericale; figuriamoci come deve aver preso la Restaurazione borbonica ed il Congresso di Vienna. Ma concentriamoci adesso sui Gesuiti, cui questa canzone è specificamente dedicata.

Parlare dei Gesuiti, l'ordine cui appartiene l'attuale "papa Francesco", sarebbe ovviamente molto lungo, e questa non è un'enciclopedia. Sarà bene però ricordare che la Compagnia, fondata da Ignazio di Loyola, fu approvata con la bolla Regimini militantis ecclesiae emessa da papa Paolo III il 27 settembre 1540. Suoi cardini, secondo le prescrizioni assolute di Loyola, sono essenzialmente due: l'obbedienza totale al Papa, al quale i Gesuiti rispondono direttamente, ed il predominio del potere papale su tutti gli altri, al quale è necessario assoggettarsi. Si capisce bene che, con queste premesse, la vita della Compagnia di Gesù non è stata mai rose e fiori, pur avendo l'Ordine assunto un potere enorme nei secoli (il generale dei Gesuiti è detto "papa nero" proprio per questo motivo). Non è quindi un caso, né stupisce, che i Gesuiti abbiano collezionato espulsioni su espulsioni da parte di parecchi poteri statali (monarchici e non), specialmente nel XVIII secolo (ma la costituzione svizzera [!] del 1874 ne ha vietato la presenza sul suolo elvetico fino a tempi recenti). Si arriva così al 1773, quando l'Ordine fu soppresso da Papa Clemente XIV.

Il Papato settecentesco era ovviamente assai allarmato dallo zelo gesuita, che gli stava alienando alleanze ed affari con tutte le maggiori monarchie europee; pochi anni prima del 1773, papa Clemente XIII (il veneziano Carlo Della Torre di Rezzonico) aveva annunciato la dissoluzione dell'Ordine per il 3 febbraio 1769 ma, curiosamente e del tutto casualmente, il 2 febbraio fu ritrovato morto con forti sospetti di avvelenamento; il suo successore, il già nominato Clemente XIV (il romagnolo Gian Vincenzo Ganganelli) riuscì sì a emettere il decreto di scioglimento della Compagnia di Gesù, ma morì poco dopo, il 22 settembre 1774, dopo un'assai poco chiara agonia durata tre mesi. Da dire anche che le potenze europee si erano dimostrate assai riconoscenti con Clemente XIV: Benevento, Pontecorvo e Avignone furono restituite alla Santa Sede. Austria e Germania provvidero immediatamente a incamerare tutti i beni della Compagnia di Gesù (che non erano pochi).

L'Ordine fu ricostituito nel 1814 da Papa Pio VII; è a questa ricostituzione che si riferisce questa canzone di Béranger di pochi anni dopo (1819). Ha bisogno di alcune spiegazioni dovute ai riferimenti epocali, non sempre facilmente coglibili; in questo caso preferisco parlarne direttamente nell'introduzione, invece di redigere delle note specifiche.

L'antigesuitismo, in Francia, è antico e radicato; tra le altre cose, i Gesuiti sono sospettati di avere armato la mano di Ravaillac, l'assassino di Re Enrico IV il 14 maggio 1610. In effetti, Ravaillac aveva interpretato la decisione del Re di invadere le Sette Provincie spagnole come un'azione contro il Papato, e questo corrispondeva perfettamente con gli interessi gesuiti. Anche per questo motivo, cioè per dare una lezione indimenticabile ai Gesuiti, Ravaillac fu messo a morte con un supplizio inumano: le sue carni vennero strappate via con delle tenaglie, e le orrende ferite vennero scottate con zolfo incendiato, resina bollente e piombo fuso. Fu poi legato braccia e gambe a quattro cavalli cui venne dato il via, e squartato.

I gesuiti, com'è noto, sono sempre stati particolarmente attivi nel campo dell'istruzione scolastica; i loro "metodi di insegnamento" sono però presi di mira in questa canzone, ed è a questo che si riferisce il ritornello. Le punizioni corporali erano infatti una ferma tradizione nelle scuole gesuite.

Più complesso il riferimento a "Escobar" che si trova nella canzone; occorre riandare alle Lettres Provinciales di Blaise Pascal. Quest'opera è basata in discreta parte sulla Théologie Morale des Jésuites del giansenista Antoine Arnauld, un amico personale di Pascal che era stato condannato dalla Facoltà di Teologia della Sorbona come eretico proprio per il risentimento dei Gesuiti che vi venivano attaccati. Una volta pubblicate, le "Provinciali" pascaliane vennero attaccate in un libello dal gesuita Nicolas Caussin, il quale rispose che la sua opera riprendeva in gran parte la "casuistica" esposta nella Summula Casuum Coscientiae del gesuita spagnolo Antonio Escobar y Mendoza (1589-1669), molte proposizioni del quale erano state condannate da papa Innocenzo XI. In effetti, Pascal intese attaccare proprio una delle principali di queste proposizioni di Escobar, particolarmente nelle Lettere V e VI. Secondo Pascal, la casuistica gesuita escobariana tendeva ad una moralità assai allentata e dubbia; ad esempio, in Escobar si legge la famosa massima secondo la quale la purezza delle intenzioni (un cardine gesuita!) può giustificare azioni in sé contrarie al codice morale ed alle leggi umane. Le dottrine escobariane vennero comunque disapprovate da molti cattolici, e furono blandamente condannate anche da Roma nonché ridicolizzate nei versi satirici di Molière, Boileau e La Fontaine. In Francia, gradualmente, il nome di Escobar venne ad essere usato per indicare qualsiasi persona abile a far coincidere le proprie "regole morali" coi propri interessi. In pratica, "Escobar" indicava il Gesuita standard, e così la cosa veniva percepita ancora ai tempi di Béranger.

Nella canzone, la "Charte de paille" è la "carta costituzionale" della restaurazione monarchica del 1814. "Di paglia" non soltanto in senso spregiativo ("di bassa lega"), ma anche e soprattutto perché la paglia prende facilmente fuoco. Un riferimento "regale" al monarca così com'era preferito dai Gesuiti, è al Re di Spagna Ferdindando VII, che regnò dal 1808 al 1833 ed era quindi sul trono quando Béranger scriveva questa canzone. Ferdinando VII era celebre per il suo ferreo bigottismo.

In ultimo, il Rémond nella sua Histoire de l'Anticléricalisme (1985) ci dice che, nel folklore anticlericale francese i Gesuiti sono usualmente designati come "lupi" e "volpi"; non a caso li ritroviamo anche in questa canzone (lupi per la ferocia, volpi per l'astuzia).

Direi che ce ne può essere abbastanza, non senza citare quanto successo alcuni giorni fa, sabato 16 marzo 2013, durante la prima udienza di papa Francesco. Egli stesso ha rivelato, nel suo discorso, che uno dei cardinali gli aveva consigliato "scherzosamente" di assumere il nome di Clemente XV, "così ti vendichi di Clemente XIV che ha soppresso la Compagnia di Gesù". Una battuta cardinalizia, senz'altro; ma è un fatto che nessun pontefice ha più assunto il nome di "Clemente" dal 1774. Ed anche queste cose hanno un loro significato. Da questa antica canzone ne emergono parecchi, di significati. [RV]
Hommes noirs, d'où sortez-vous?
Nous sortons de dessous terre.
Moitié renards, moitié loups,
Notre règle est un mystère.
Nous sommes fils de Loyola;
Vous savez pourquoi l'on nous exila.
Nous rentrons; songez à vous taire!
Et que vos enfants suivent nos leçons.

C'est nous qui fessons,
Et qui refessons
Les jolis petits, les jolis garçons.

Un pape nous abolit;
Il mourut dans les coliques.
Un pape nous rétablit;
Nous en ferons des reliques.
Confessons, pour être absolus;
Henri IV est mort, qu'on n'en parle plus.
Vivent les rois bons catholiques,
Pour Ferdinand VII nous nous prononçons.

Et puis nous fessons
Et puis refessons
Les jolis petits, les jolis garçons.

Si tout ne changeait dans peu,
Si l'on croyait la canaille,
Et le monarque de paille.
Nous avons le secret d'en haut.
La Charte de paille est ce qu'il nous faut.
C'est litière pour la prêtraille;
Elle aura la dîme, et nous les moissons.

Et puis nous fessons
Et puis refessons
Les jolis petits, les jolis garçons.

Du fond d'un certain palais
Nous dirigeons nos attaques.
Les moines sont nos valets :
On a refait leurs casaques.
Les missionnaires sont tous
Commis voyageurs trafiquant pour nous.
Les capucins sont nos cosaques.
A prendre Paris nous les exerçons.

Et puis nous fessons
Et puis refessons
Les jolis petits, les jolis garçons.

Enfin reconnaissez-nous
Aux âmes déjà séduites.
Escobar va sous nos coups
Voir nos écoles détruites.
Au pape rendez tous ses droits;
Léguez-nous vos biens, et portez nos croix.
Nous sommes, nous sommes Jésuites;
Français, tremblez tous: nous vous bénissons.

Et puis nous fessons
Et puis refessons
Les jolis petits, les jolis garçons.

envoyé par Riccardo Venturi - 22/3/2013 - 18:30



Langue: italien

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
22 marzo 2013
I REVERENDI PADRI

Uomini neri, da dove sortite?
Sortiamo di sottoterra.
Mezzi lupi e mezzi volpi,
la nostra Regola è un mistero.
Siamo figli di Loyola;
sapete perché ci hanno esiliati.
Ora rieccoci: guardate di star zitti!
E i vostri figli vengano a scuola da noi.

Siamo noi che sculacciamo
e poi risculacciamo
i bei bambini, i bei ragazzi.

Un papa ci ha aboliti;
è morto con gran dolori di pancia.
Un papa ci ha ristabiliti;
ne faremo reliquie.
Confessiamo per essere assolti;
Enrico IV è morto, non se ne parli più.
Evviva i re buoni cattolici!
Ci pronunciamo per Ferdinando VII.

E poi sculacciamo
e risculacciamo
i bei bambini, i bei ragazzi.

Se tutto non cambiasse entro poco!
Se si desse retta alla canaglia
ed al monarca di paglia!...
Abbiamo il segreto de' cieli;
la Costituzione di paglia è quel che ci occorre.
Non è che strame per la pretaglia;
avranno la decima, e noi tutto il raccolto.

E poi sculacciamo
e risculacciamo
i bei bambini, i bei ragazzi.

Dal fondo d'un certo palazzo
rivolgiamo i nostri attacchi.
I frati sono al nostro servizio :
gli abbiam rifatto le casacche.
I missionari son tutti quanti
commessi viaggiatori che commerciano per noi;
i cappuccini sono i nostri cosacchi.
Li addestriamo a prendere Parigi.

E poi sculacciamo
e risculacciamo
i bei bambini, i bei ragazzi.

Infine, porgete la nostra riconoscenza
alle anime già sedotte.
Escobar, sotto i nostri colpi,
vedrà le nostre scuole distrutte.
Al Papa rendete tutti i suoi diritti;
lasciateci i vostri beni e portate le nostre croci.
Noi siamo, noi siamo i Gesuiti;
tremate tutti, francesi: vi benediciamo.

E poi sculacciamo
e risculacciamo
i bei bambini, i bei ragazzi.

22/3/2013 - 20:53




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