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Všechno jde! (Terezínský marš)‎

Karel Švenk
Language: Czech


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(Karel Švenk)


‎[1942]‎
Dallo spettacolo di cabaret intitolato “La tessera annonaria perduta” (non sono riuscito a trovare il ‎titolo originale in ceco) di Rafael Schächter e Karel Švenk.‎
Parole e musica di Karel Švenk.‎

Canzone della cui esistenza ho appreso sfogliando l’edizione inglese del libro “Music in Terezín ‎‎1941-1945” di Josef "Joža" Karas (1926-2008), musicista e compositore di natali polacchi, ceco ‎d’adozione, ebreo, sopravvissuto alla prigionia a Theresienstadt e poi emigrato negli USA.‎

61MJ9sNluDL. SL500 AA300

Recentemente riproposta al grande pubblico dal basso baritono tedesco Christian Gerhaher e dalla ‎mezzo-soprano svedese Anne Sofie von Otter nella raccolta intitolata “Terezín/Theresienstadt”, ‎pubblicata nel 2008 dalla Deutsche Grammophon.‎

“Tutto è possibile!”, più semplicemente conosciuta come ‎‎“Marcia di Terezín”, è una delle prime canzoni originali composte a Theresienstadt. Il ‎ghetto-campo fu allestito alla fine del 1941 dalle Aufbaukommando, squadre di lavoro ‎composte dai primi prigionieri. Tra di loro c’erano soprattutto artigiani, muratori e carpentieri, ma ‎anche personaggi come il direttore d’orchestra e pianista ‎‎Rafael Schächter ed il regista teatrale, ‎egli stesso musicista, Karel Švenk, entrambi ebrei cecoslovacchi.‎






All’inizio del 1942 Schächter e Švenk riuscirono a mettere in scena il primo spettacolo di cabaret a ‎Terezín, intitolato "La tessera annonaria perduta” (“The Lost Food Card” è il titolo così ‎come tradotto in inglese dal ceco), un varietà divertente ma intriso di amara satira sulle condizioni ‎di vita dei prigionieri, già molto difficili benchè all’epoca la propaganda nazista mostrasse – ‎falsamente - Theresienstadt come un campo modello, quasi un centro residenziale ebraico. Lo ‎spettacolo si concludeva con questa canzone dalla melodia assai orecchiabile e nel cui testo ‎ciascuno degli internati poteva riconoscersi, cosicchè la “Marcia di Terezín” divenne ‎l’inno del campo, riproposto in ogni spettacolo successivo:‎

“Si può fare tutto, basta la buona volontà. Diamoci la mano e sulle rovine di questo ‎ghetto un giorno noi rideremo”

Non abbiamo paura di voi, non riuscirete ad annientarci, non ci strapperete la dignità e nemmeno il ‎buon umore, e un giorno “una risata vi seppellirà”, maledetti assassini! Questo ‎volevano dire Karel Švenk e Rafael Schächter guardando con fierezza negli occhi i loro carnefici e ‎tendendo la mano con un sorriso ai loro fratelli, compagni di sventura…‎

Karel Švenk fu deportato ad Auschwitz nel settembre del 1944 e poi destinato a lavorare in una ‎fabbrica della Hugo Schneider AG (HASAG) a Meuselwitz dove pochi mesi dopo, nell’aprile del ‎‎1945, morì di fatica e di stenti.‎
Anche Rafael Schächter fu mandato ad Auschwitz nell’ottobre del 1944 e probabilmente morì nel ‎corso della “marcia della morte” del gennaio 1945, quando i nazisti, a causa dell’avanzata sovietica ‎in Polonia, costrinsero 60.000 prigionieri a spostarsi a piedi, in pieno inverno, verso Wodzisław ‎Śląski per essere poi smistati in altri campi. Almeno 15.000 deportati morirono sul cammino.
Jarní bouře ozvěnu kdo přehluší,‎
komu smích byl do kolébky dán,‎
komu plakat bez příčiny nesluší,‎
kdo zná lásku a je milován,‎

každý, ať už taký nebo onačí,‎
zkrátka kdo je na tom světě rád,‎
ten se nikdy na nikoho nemračí,‎
vesele si zpívá častokrát:‎

Všechno jde, když se chce,‎
za ruce se vezmeme,‎
navzdor kruté době
humor v srdci máme,‎

den co den stále jdem,‎
sem a tam se stěhujem,‎
a jen ve třiceti slovech
smíme psát.‎

Hola zítra život začíná
a s ním se blíží čas,‎
kdy si sbalíme svůj raneček
a půjdem domů zas.‎

Všechno jde, když se chce,‎
za ruce se vezmeme,‎
a na troskách ghetta
budeme se smát.‎

Kdo po městě nad Vltavou zatouží,
komu tuřín s kávou nestačí,
komu česká píseň srdce rozbouří,
kdo se jako otrok plahočí.
Ať už je to taký nebo onaký,
zkrátka kdo tu vůbec není rád,/zkrátka kdož tu příliš není rád,
ten si jistě najde důvod nějaký,
aby si moh´ s námi zazpívat.

Kdo kavalec třetí patro obývá,
komu vadí temný hradeb stín,
komu žena někde v OD zahýbá,
kdo prožívá kasárenský spleen.
Každý, ať už věří nebo nedoufá,
že i pro nás bude slunce hřát,
ten si ani tentokráte nezoufá,
když slyší marš terezínský hrát.

Contributed by Dead End - 2012/10/4 - 10:55




Language: German

Traduzione tedesca dal programma di sala per “Terezín/Theresienstadt”, con Anne Sofie von Otter ‎‎(mezzo-soprano), Bengt Forsberg (pianoforte), Daniel Hope (violoncello), Bo Nordenfeldt ‎‎(contrabbasso, chitarra, accordéon)‎
ALLES GEHT! (THERESIENSTADT-MARSCH)‎

Wer das Echo eines Frühlingssturms
brechen kann,‎
Wem das Lachen
in die Wiege gelegt wurde,‎
Wem grundloses Weinen
gar nicht steht,‎
Wer geliebt wird und wer Liebe kennt,‎

Wer auch immer, samt und sonders,‎
Jeder, der gerne auf dieser Welt weilt,‎
So einer schaut nie düster drein
Und singt haufi g frohlich vor sich hin:‎

Alles geht, wenn man nur will,‎
Wir fassen uns an der Hand,‎
Den schweren Zeiten zum Trotz
Bewahren wir Humor im Herzen.‎

Jeden Tag marschieren wir weiter,‎
Ziehen hin und her,‎
Unsere Briefe dürfen wir
Nur in dreisig Worten schreiben.‎

Holla, morgen fängt das Leben an,‎
Und damit ruckt auch der Tag näher,‎
An dem wir unsere Ranzen packen
Und wieder nach Hause gehen.‎

Alles geht, wenn man nur will,‎
Wir fassen uns an der Hand,‎
Und auf den Ghettotrümmern
Werden wir lachen.‎

Contributed by Dead End - 2012/10/4 - 10:59




Language: French

Traduzione francese dal programma di sala per “Terezín/Theresienstadt”, con Anne Sofie von Otter ‎‎(mezzo-soprano), Bengt Forsberg (pianoforte), Daniel Hope (violoncello), Bo Nordenfeldt ‎‎(contrabbasso, chitarra, accordéon)‎
TOUT EST POSSIBLE! (MARCHE DE TEREZÍN) ‎

Celui qui fait taire l’écho d’un orage printanier,‎
Qui est né en riant,‎
A qui point ne sied de pleurer sans raison
Amoureux et aimé,‎

Quiconque, en bref, chèvre ou chou,‎
Se felicité d’ être au monde,‎
Celui-là jamais ne fait grise mine‎
Et chante souvent avec entrain:‎

Tout est possible, avec de la bonne volonté,‎
Donnons-nous la main,‎
Malgré la cruauté des temps,‎
Gardons le coeur plein d’humour,‎

Toujours en marche jour après jour,‎
Emmenés de-ci de-là,‎
Et on ne nous permet
Que des lettres de trente mots.‎

Hé quoi! Demain aussi il fera jour,‎
Un de moins qui nous sépare
Du moment de faire notre balluchon
Pour rentrer enfin a la maison.‎

Tout est possible, avec de la bonne volonté,‎
Donnons-nous la main,‎
Et sur les ruines du ghetto
Un jour nous rirons.‎

Contributed by Dead End - 2012/10/4 - 10:59




Language: English

Traduzione inglese parziale da “Music in Terezín 1941-1945” di Josef "Joža" Karas
EVERYTHING GOES (TEREZÍN MARCH)‎

Everything goes, if one wants,
United we'll hold our hands.
Despite the cruel times
We have humor in our hearts.
Every day we go on
Moving back and forth,
And can write letters in only thirty words.
Hey! Tomorrow life starts over,
And with it the time is approaching,
When we'll fold our knapsacks
And return home again.
Everything goes, if one wants,
United we'll hold our hands
And on the ruins of the Ghetto we shall laugh.‎

Contributed by Dead End - 2012/10/4 - 11:00


Scopro sul sito ufficiale del Museo ebraico di Praga dei materiali interessantissimi relativi alla produzione artistica all'interno del campo di concentramento di Terezín, che possono a distanza di qualche anno aggiungere preziose informazioni a questa pagina. Sembra, infatti, che questa canzone, così com'è presentata nella pagina, è finora rimasta orfana di altre due strofe, come si può vedere da questo link Jewish Museum Collections con una copia dattiloscritta della canzone. In realtà il testo si vede in due versioni pressoché identiche, con qualche piccola differenza. A conferma del doppio titolo troviamo nella prima versione Všechno jde! (Si può fare tutto!), nella seconda invece Terezínský pochod (Marcia di Terezín, probabilmente un'altra variante ancora al Terezínský marš, con la sostituzione della parola “marš” entrata in ceco attraverso il tedesco, con il sinonimo “pochod” di radice slava).
Se poi si analizzano un po' le strofe aggiuntive, si nota un taglio netto di tono. La prima parte sembra quasi allegra, idilliaca, un'esortazione alla speranza, anche se nel ritornello non manca qualche accenno alle difficoltà vissute dai prigionieri nel ghetto. Nella seconda e terza strofa invece la denuncia si fa più pesante ed esplicita. (Inserisco anche una mia traduzione integrale, visto che comunque finora mancava una versione italiana.)

Queste sarebbero le strofe da aggiungere al testo già presente nella pagina:

Kdo po městě nad Vltavou zatouží,
komu tuřín s kávou nestačí,
komu česká píseň srdce rozbouří,
kdo se jako otrok plahočí.
Ať už je to taký nebo onaký,
zkrátka kdo tu vůbec není rád,/zkrátka kdož tu příliš není rád,
ten si jistě najde důvod nějaký,
aby si moh´ s námi zazpívat.

Kdo kavalec třetí patro obývá,
komu vadí temný hradeb stín,
komu žena někde v OD zahýbá,
kdo prožívá kasárenský spleen.
Každý, ať už věří nebo nedoufá,
že i pro nás bude slunce hřát,
ten si ani tentokráte nezoufá,
když slyší marš terezínský hrát.


In quanto al titolo originale dello spettacolo di cui la canzone faceva parte, menzionato nell'introduzione da Dead End (che approfitto per salutare – se lui o uno dei suoi alter ego ripassano da queste parti...), l'ho trovato ad esempio sulla pagina wikipedia su Karel Švenk: in ceco è Ztratila se menážkarta, in tedesco Die verlorene Essensmarke.

Già che ci siamo, vi chiedo anche di correggere nel titolo della canzone la parola “Terezínský“ da cui sono sfuggiti i segni diacritici, e lo stesso vale anche per la parola “zpívá“ all'ottavo verso che è scritta erroneamente con la a corta. Scusate la pignoleria... :)

Stanislava - 2021/4/24 - 22:57




Language: Italian

Versione italiana di Stanislava
SI PUÒ FARE TUTTO! (LA MARCIA DI TEREZÍN)

Chi riesce a coprire l'eco della tempesta primaverile,
chi nella culla ha ricevuto la risata,
a chi non si addice il pianto senza motivo,
chi conosce l'amore ed è amato;

qualunque sia il suo modo d'essere,
se gli piace stare al mondo,
non guarda mai nessuno con sguardo accigliato
e canticchia spesso con allegria:

Si può fare tutto se c'è la buona volontà,
ci prenderemo per mano,
nonostante i tempi crudeli
abbiamo una vena di umorismo nel cuore.

Giorno per giorno si va
cambiando continuamente posto di qua e di là
e lettere di sole trenta parole
possiamo scrivere [1].

Ehilà, domani inizia la vita
e si avvicina l'ora
in cui prepareremo il nostro fagotto
e andremo di nuovo a casa.

Si può fare tutto se c'è la buona volontà,
ci prenderemo per mano
e sulle rovine del ghetto
rideremo [2].

Chi sente un po' di nostalgia della città sulla Moldava [3],
a chi non basta la rapa con il caffè,
a chi una canzone ceca sconvolge il cuore,
chi si trascina come uno schiavo;
qualunque sia il suo modo d'essere,
se poi non gli piace tanto stare qua/se poi non gli piace per nulla stare qua [4],
sicuramente troverà una qualche ragione
per poter cantare insieme a noi.

Chi dorme sul tavolaccio al terzo piano,
chi è turbato dall'ombra cupa delle mura,
a chi la moglie fa le corna con qualcuno dell'OD [5],
chi vive una malinconia da caserma;
ch'egli abbia o meno la speranza
che pure per noi splenderà il sole caldo,
non si affligge nemmeno questa volta
quando sente suonare la marcia di Terezín.
[1] Secondo le informazioni presenti sul sito del Museo ebraico, agli internati del ghetto-campo era permesso di inviare corrispondenza, tuttavia le regole erano molto rigide: potevano essere utilizzate solamente le cartoline, il testo doveva essere redatto in tedesco e doveva contenere al massimo 30 parole (almeno così era ai primi tempi). Tutto ovviamente era sottoposto a severa censura e non era possibile descrivere le condizioni all'interno del campo.
Jewish Museum Collections

[2] Nella prima versione, l'ultimo verso del ritornello è diverso: “io, te, lui, noi tutti rideremo”, e solo all'ultima ripetizione riprende questa frase: “sulle rovine del ghetto rideremo”.

[3] La più grande città sulla Moldava è Praga, la città di provenienza di molti internati.

[4] Qui è un altro punto in cui le due versioni sul sito del Museo differiscono un po' (diciamo che la prima cerca di usare un eufemismo). Riporto entrambe le versioni sia in originale che in traduzione.

[5] Ordnungsdienst – letteralmente “servizio dell'ordine”, corpo di polizia all'interno dei ghetti reclutato dai nazisti tra gli ebrei, presente anche a Terezín
Jüdischer Ordnungsdienst - Wikipedia

Contributed by Stanislava - 2021/4/24 - 22:59




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